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Autore: Angie Mars Halen    13/11/2013    3 recensioni
Nikki sta attraversando il periodo più buio della sua vita e ha l’occasione di incontrare Grace. Dopo il loro primo e burrascoso incontro, tra i due nasce una profonda amicizia e Grace decide di fare del suo meglio per aiutare e sostenere il bassista. Inizialmente Nikki è felice del solido rapporto che si è creato tra lui e questa diciassettenne sconosciuta, ma subentrerà la gelosia nel momento in cui lei inizierà a frequentare uno dei suoi compagni di band. Mentre dovrà fare i conti con questo, Grace, che è molto affezionata a lui e quindi non vuole abbandonarlo, dovrà fare il possibile per non essere trascinata nell’abisso oscuro di Sikki.
[1987]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11) GRACE

Non sapevo come definire con precisione lo strano rapporto che c’era tra me e Nikki, e forse non c’era nemmeno bisogno di dargli un nome. Nonostante mi sembrasse strano perché pensavo che le persone famose avessero centinaia di amici, Nikki mi era sembrato un tipo molto solo, così tornai a trovarlo per vedere come se la stava cavando. Approfittai della bella giornata per uscire a piedi con il mio walkman e andai fino a casa sua. Peccato che, proprio un attimo prima che potessi suonare il campanello, una voce cupa richiamò la mia attenzione.

“Tu saresti...?” disse qualcuno alle mie spalle con tono per niente affabile.

Ritrassi lentamente il dito e mi voltai, trovandomi di fronte un tizio non tanto alto e dall’aspetto un po’ strano: scarpe da ginnastica logore, jeans blu attillati con frange di pelle nera che penzolavano dalla cintura e capelli scuri lunghi fino ai gomiti. Se ne stava immobile con le braccia incrociate sul petto in attesa che sparissi, ma ero troppo impegnata a studiare ogni suo particolare per reagire. Quando si accorse che non reagivo, sollevò i grandi occhiali da sole sulla testa e mostrò le iridi glaciali. “Ti ho fatto una domanda.”

“Cercavo la persona che abita qui,” risposi indicando il giardino.

Il tizio si limitò a sollevare le sopracciglia. “Sembri una tipa troppo a posto per essere una di quelle che bazzicano da queste parti. Lavori in qualche locale?”

“No, vado all’università. Perché?”

“Oh, dio…” biascicò il tipo passandosi entrambe le mani sul viso pallido. “Adesso Sixx se la fa anche con le studentesse? Giuro che non so più cosa fare... ho già troppe cose a cui pensare, non posso mettermi a badare anche lui, che cazzo.”

“Ci tengo a precisare che in realtà Nikki e io siamo meno che amici. Ci siamo incontrati per caso e ogni tanto passo per salutarlo, niente di più,” dissi cercando di assumere un tono che sembrasse abbastanza degno di rispetto.

Il tizio si scoprì il volto e si grattò vigorosamente i capelli palesemente tinti. “Se le cose stanno veramente così, allora mi sento meglio.”

“Scusa, ma tu chi sei?”

Lui smise improvvisamente di parlare e si fermò restando con le mani sospese a mezz’aria, la bocca socchiusa e gli occhi fissi su di me come se lo avessi appena insultato.

“Il chitarrista della sua band,” rispose sottovoce e con una certa fierezza.

Sobbalzai. Mi trovavo davanti a Mick Mars e non l’avevo neanche riconosciuto. Fui tentata di dirgli quello che pensavo di lui e del suo modo aggressivo di suonare la chitarra, ma la mia parte razionale ebbe la decenza di prevalere e mi fece tenere la bocca chiusa.

“Ti hanno mangiato la lingua?” fece Mick, le braccia ora di nuovo incrociate e sulla difensiva. “Ti consiglio di passare in un altro momento. Sono venuto fin qui per parlare con il tuo amico di cose molto importanti senza nemmeno averne voglia, per cui non ho intenzione di lasciarti passare, aspettare come un deficiente che facciate i vostri comodi e poi entrare.”

Sbuffai e mi allontanai rassegnata dal cancelletto. “D’accordo, come vuoi. Mi dispiace solo aver camminato mezz’ora per arrivare qui, ma non ha importanza.”

Ormai rassegnata alla mia sorte, tornai a indossare le cuffie del walkman, premetti play e mi rimisi in cammino verso casa. Dopo aver fatto un paio di passi, cominciarono a cadere delle gocce di pioggia, e io non avevo né un ombrello né il cappuccio, così mi portai la borsa sopra la testa per non bagnarmi troppo.

“Ehi,” chiamò Mick da sotto la tettoia del cancello con tono vagamente dispiaciuto. “Piove. Vuoi un passaggio?”

Agitai una mano in aria e accelerai il passo. “No, grazie.”

Non volevo far scomodare Mick Mars in quel modo, ma mi convinsi ad accettare solo dopo aver centrato una pozzanghera piena di melma con una scarpa, ritrovandomi con il piede destro completamente bagnato e la tela della mia Converse ricoperta di fango e chiazze d’acqua sporca. Feci dietrofront, spensi il walkman e implorai Mick Mars di darmi uno strappo fino a casa. Lui sogghignò, contento di averla avuta vinta, e mi fece cenno di seguirlo fino alla sua macchina, una Corvette rossa decapottabile che non sarebbe passata inosservata agli occhi dei miei vicini. Presi posto sul sedile del passeggero e Mick mi squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle mie Converse un tempo color panna con un cipiglio severo.

“Con quelle cazzo di scarpe infangate mi insudicerai tutta la macchina,” brontolò mentre metteva in moto. “È una Corvette del ‘76, questa, e non merita certo di essere trattata come una jeep da safari.”

“Vuoi che viaggi con il piede fuori dal finestrino?”

“Dovresti, ma non ti chiedo di farlo perché sono una brava persona.”

“Oh, grazie!” esclamai sarcastica.

“Di niente... com’è che ti chiami?”

“Grace.”

“Bene. Senti un po’, Grace, che ne dici di indicarmi la strada prima che continui ad andare dove mi dice l’istinto?”

Mi alzai appena per puntare un dito verso la fine del viale. “Laggiù gira a sinistra, poi a destra, e alla fine lasciami al secondo parcheggio che trovi.”

Mick annuì e premette il piede sull’acceleratore, costringendomi a tornare seduta e ad aggrapparmi alla maniglia della portiera.

“Paura, eh?” disse con tono piatto, lo stesso che utilizzava sia per le battute che per lamentarsi delle mie scarpe sporche. Sarà anche stato un grande musicista, ma non mi sembrava poi così simpatico.

Lo fulminai con un’occhiataccia. “Non me l’aspettavo.”

Mick sghignazzò in una maniera strampalata e soffocata poi abbassò gli occhiali da sole sul naso. “Hai paura di una macchina che fa gli ottanta chilometri orari ma non di entrare in casa di Nikki Sixx? Sei strana.”

“Da che pulpito!” esclamai sottovoce, ma Mick riuscì a sentirmi nonostante il rombo del motore mi stesse impedendo di cogliere con precisione ciò che diceva.

Si voltò di scatto verso di me e mi incenerì con lo sguardo. “Vacci piano con le risposte. Da quel che mi sembra di capire, devo avere almeno il doppio dei tuoi anni.”

Avrà anche avuto il doppio dei miei anni, o forse qualcosa in meno, però non se li portava molto bene. Nonostante i vestiti cazzuti, i capelli lunghi e neri, e gli occhiali da sole, la stanchezza e gli eccessi erano ben visibili sul suo viso e nei suoi movimenti lenti e pacati.

Mick si tornò a voltare verso di me ridacchiando in quella sua maniera strana e diede una leggera botta sul volante rosso dell’auto. “Sai che tutti dicono che dimostro più anni di quelli che ho?”

Mi finsi stupita per non fargli capire che era esattamente quello che avevo pensato, poi non dissi più nulla finché non arrivammo vicino alla mia destinazione e dovetti indicargli il parcheggio. Mick si fermò e mi disse di scendere, accompagnando le parole con un gesto teatrale che voleva essere più una presa in giro che un atto di cortesia.

“Grazie, Mick,” dissi acida. Il chitarrista abbozzò un sorriso divertito ma allo stesso tempo amaro.

“È stato un piacere. Spero di non trovarti mai più a casa sua.”

“Perché dici così?”

Mick appoggiò un gomito al finestrino e si portò gli occhiali da sole sulla punta del naso per guardarmi da sopra la montatura nera. “Nikki non è una brutta persona, però sta attraversando un momentaccio. Nemmeno io vado spesso a trovarlo a casa. Anzi, in realtà, oggi è la prima volta che lo faccio.”

“Credo che un po’ di compagnia non gli dispiaccia,” ribattei scrollando le spalle, ma in realtà nemmeno io sapevo cosa piacesse a Nikki con esattezza perché a volte avevo l’impressione che, per quanto dicesse di sentirsi solo, mi accogliesse in casa sua controvoglia.

Mick fece una smorfia. “Quel tipo di compagnia non gli dispiacerebbe neanche se fosse sano.”

“Smettila di insinuare che ci sia qualcosa tra me e lui,” il mio tono suonò arrogante e me ne pentii subito, anche perché Mick se n’era accorto. “Non so nemmeno se vogliamo diventare amici.”

“Non serve essere amici per certe cose,” continuò senza abbandonare quell’odiosa vena di sarcasmo. “Senti, fa’ quello che vuoi, ma vedi di non cacciarti nei guai. Lo dico per te. Se dovessi aver bisogno di qualcosa, per favore faccelo sapere”

“A chi dovrei dirlo, scusa?”

“A me, o a uno di noi,” rispose Mick con tono ovvio, neanche ci telefonassimo tutti i giorni.

“Della vostra band conosco solo Nikki.”

Mick annuì e accese il motore. “Allora, visto che qualcosa mi dice che ci vedremo ancora, dillo a me. Ciao, bella! Guarda dove metti i piedi e attenta alle pozzanghere.”

Ripartì senza nemmeno darmi il tempo di rispondere, lasciandomi da sola in mezzo al parcheggio deserto che distava un centinaio di metri da casa mia. Aveva smesso di piovere e stava tornando il bel tempo, e l’umidità si sollevava dall’asfalto insinuandosi ovunque, sotto i vestiti e tra i capelli rendendo la pelle appiccicosa. Mi misi in cammino per tornare a casa, ma appena girai l’angolo mi ritrovai di fronte Elisabeth, le mani sui fianchi e un’espressione tutt’altro che rilassata. Deglutii a vuoto perché avevo già intuito il motivo della sua rabbia.

“Scommetto che quello che ti ha accompagnata fino a qui era il tipo della Villa,” esclamò a bassa voce per non farsi sentire da chi era nei paraggi. Quantomeno si era degnata di non fare il nome di Nikki.

“Era un suo amico, ma non–”

“Adesso conosci ed esci anche con i suoi amici?” continuò lei, interrompendomi. “Grace, quella è gente strana. Dico, lo hai visto quello che era in quella macchina?”

“Sì, Beth, l’ho visto!” ribattei con stizza. “Quello che mi ha accompagnato è uno di loro. È un po’ acido, ma è stato gentile con me. Credo sia una brava persona.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “È quel ‘credo’ che non mi convince. Santo cielo, Grace, cosa ti ha preso ultimamente? Sono tua amica e ti voglio troppo bene per vederti in giro con quelle persone.”

“Smettila con questi pregiudizi. Non puoi giudicare la gente senza conoscerla e, per favore, evita di essere così tragica.”

Feci per scansarla e passare, ma lei mi afferrò per le braccia. “Sei tu che devi smetterla di essere così testarda. Non so cosa ti porti ad andare a casa di quel tipo, ma sono convinta che non è necessario che tu lo faccia.”

“Forse non è necessario, ma credo di star facendo la cosa giusta,” ribattei, poi ripresi a camminare verso casa incurante di Elisabeth che continuava a parlare mentre mi seguiva. Sapevo già cos’avrei fatto quel pomeriggio: avrei aspettato un paio d’ore poi sarei andata a trovare Nikki, sperando di non ritrovarmi davanti Mick Mars per la seconda volta.




N. d’A.: Buonasera!
Avete visto che è arrivato Mick? Il resto della band sta cominciando a comparire anche se lentamente... spero che la mia versione di Mars vi sia piaciuta; sono stata ispirata da un video che ho trovato, girato nell’Ottantasei, in cui Mick veniva intervistato a bordo di una Corvette rossa. Poi è così che lo immagino: un tipo bizzarro, un po’ flippato (a quei tempi, poi...), ma non lo vedo assolutamente come una cattiva persona, tant’è che nella storia, seppure non comparirà in ogni capitolo, ha un ruolo abbastanza importante.
Mi auguro di aver fatto un buon lavoro! Se avete qualcosa da dire, ne sarei molto felice! :)
Grazie a tutti e viva Mick! ;)
A glam kiss in stile Vince,

Angie

   
 
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