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Autore: _Nazariy_    16/11/2013    1 recensioni
Questo è un estratto del libro che sto cercando di scrivere, diciamo più o meno metà della storia. Tuttavia è una sorta di episodio auto conclusivo quindi ho deciso di pubblicarlo qui. Viktor è un immortale che viaggia e per ''sopravvivere'' fa il mercenario in giro per il mondo.
L'ispirazione l'ho presa da un racconto del Maestro Shigematsu ~
Genere: Avventura, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Tu dormi qui?», chiese Kumiko (come si era presentata a Viktor) non appena avevano attraversato la città ed arrivati su una prateria con un cumulo di rocce in mezzo.
«Sì, non ho bisogno d’altro. Sei sicura di poter dormire qui?», la guardò tristemente.
«Non ti preoccupare! Sono io stessa a preparare i rimedi per la gente che si sente male», rispose la donna sedendosi su una pietra.
Quella notte parlarono a lungo. Dei viaggi di Viktor, ma anche di Kazae. Era un ragazzino ribelle che procurava fastidi a tutti. Per colpa di una delle sue bravate, il padre fu ucciso. Kazae scappò e lasciò Kumiko da sola, che continuò a vivere con la speranza di rivederlo. Quel giorno sarebbe arrivato a momenti.

«Cosa gli dirai, non appena vi incontrerete?», chiese incuriosito Viktor.
«Nulla! Non gli dirò nulla», rispose la donna alzando la testa.
«Lo abbraccerò e basta. E poi gli darò una bella sgridata!», rise in silenzio.
Viktor sorrise e si addormentò. Era mattino. I primi raggi del sole illuminavano il volto di Viktor, che osservava Kumiko stesa a terra. La donna respirava a fatica e sembra che non abbia dormito per tutta la notte. Era sudata e scottava. La febbre era altissima. La donna lo stava silenziosamente guardando. Era la prima volta che non aveva nulla da dire.

«La nave arriverà tra poco, devo andare».
«V-Viktor…», disse la donna ansimante.
«Chiamerò qualcuno, non ti preoccupare», l’uomo la guardò con la coda dell’occhio.
Non era freddo per cattiveria, ma aveva visto così tante persone morire che per lui era un concetto assolutamente normale. La morte.
«Non è questo… io voglio… voglio che porti mio figlio qui se dovessi vederlo», Kumiko lo guardava negli occhi. Viktor non distolse lo sguardo, anzi, si girò verso di lei.
«Come lo riconosco?»
«Ora sarà cresciuto, quindi non so com’è… però… da ragazzo, in una zuffa, si è procurato una ferita sulla guancia destra… gli sarà rimasta la cicatrice…», la donna abbassò lo sguardo.

Ormai Viktor non aveva più dubbi. Non le disse niente, si girò e cominciò a camminare verso il porto. Si fermò soltanto quando sentì la donna singhiozzare. «Ti prego… non ucciderlo…». Viktor riprese a camminare. Possibile che lei l’avesse capito già da prima? Avrebbe fatto meglio a non pensarci. Ecco il porto. La nave si vede già all’orizzonte. Dopo un’ora, il porto brulica di gente.
«È su questa nave», sussurra un uomo incappucciato passando vicino a Viktor.

Era uno dei suoi contatti. L’uomo si alzò dalla panchina, scostò l’abito e strinse l’elsa della katana che era legata alla cintura. Eccolo. Un uomo si stava guardando intorno. Era piuttosto riconoscibile in mezzo alla folla. Aveva i capelli rossi e un fascio nero gli avvolgeva la testa, in modo da tenere le ciocche alzate. Stava camminando sulla strada verso la città, quando Viktor gli si piazzò di fronte. Il volto di Kazae cambiò espressione in un attimo. Spensieratezza, paura, rabbia. Prima stava per fuggire, ma poi si rassegnò ed estrasse la spada dall’elsa che era legata sulla sua schiena. Viktor impugnò la sua katana.
«Merda, nemmeno qui sarò al sicuro. Siete dappertutto, lo sapete?», anche il figlio di Kumiko era un chiacchierone.
«Non parlo con la gente che devo uccidere», disse solo questo e iniziò a correre verso Kazae. I suoi lunghi capelli corvini si muovevano, sollevati dal vento, mentre Viktor parava i due potenti colpi di spada del criminale e affondava la punta della katana nel suo braccio destro. La spada cadde a terra e provocò un forte rumore metallico. Cominciò a riunirsi la folla intorno ai due, ma Viktor minacciò la gente con la katana intimò a tutti di andarsene. La rinfoderò.
«Cazzo fai, non mi ammazzi, idiota?», quello aveva ancora la forza di parlare. In fondo, avrà subito ferite più gravi di questa.
«Perché sei venuto su quest’isola?», Viktor lo stava fissando negli occhi.
«Perché sono… che ti importa? Sono cazzi miei», continuava a fare il duro, anche se poteva farlo solo a parole.
«Cosa dirai a tua madre non appena la incontrerai?», chiese senza cambiare espressione. «Mia madre… tu… come fai…», l’epressione di Kazae invece cambiò. Era come impietrito. «Che cosa le hai…»
«Non le ho fatto nulla, rispondi alla mia domanda», lo interruppe Viktor. Kazae abbassò la testa. Ora era veramente sconfitto.
«Non dirò nulla. La abbraccerò soltanto», delle lacrime apparvero sugli occhi del crudele criminale. Viktor non è un uomo che si fa commuovere da sentimenti altrui, tuttavia per lui la famiglia è un valore importante. Non ne ha avuta mai una sua, o almeno è quello che ricorda. Le ultime persone a lui care vissero più di cento anni fa e da allora Viktor decise di non affezionarsi più a nessuno. Però sapeva cosa avrebbe provato se una di quelle persone fosse miracolosamente tornata da lui. La stessa cosa, più o meno, avrebbe provato la vecchia Kumiko. Viktor porse un sacchetto nella mano sinistra di Kazae.

«Prendi questi e vattene. Porta via tua madre da quest’isola e non farti vedere mai più.» Quell’oro era la metà della taglia di Kazae, l’anticipo che gli avevano dato. La compagnia per la quale lavorava l’avrebbe bollato come traditore, ma non gli importava. Nel cuor suo sentiva che una volta avrebbe dovuto pensare al prossimo. Anche Viktor aveva ucciso tante persone. Uccidere una persona, significa uccidere il figlio di qualcuno. Aveva fatto soffrire tantissime madri e questo era il minimo che poteva fare per ripagare. O forse stava agendo ancora da egoista e l’unico motivo per il quale stava compiendo quell’azione, era quella di sentirsi meglio. Forse non gli importava nulla di Kumiko. Nemmeno lui lo sapeva.
«Ma… allora tu…», Kazae non trovava le parole da dire. Viktor non disse più nulla. Gli indicò solo dove andare e sparì in mezzo alla folla.
  
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