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Autore: Hastatus    13/12/2013    2 recensioni
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un vulcano spento. Non gli aveva più strillato in faccia, non l’aveva più chiamato stupido ma solo per nome; non aveva più né sbuffato né imprecato. Cionondimeno, parlava. Shinji aveva temuto che lei si asserragliasse in un fortino di mutismo, ma non era successo. Gli parlava come una persona viva e sanguigna.

 

“Dovremo andarcene di qui” – esordì Asuka. Tentava di lavarsi i capelli usando un mozzicone di saponetta e una bottiglietta d’acqua.

 

Shinji le porse un asciugamano sfilacciato. “Non hai torto, ma dovremo camminare molto prima di raggiungere un posto abitabile”

 

“Sempre che esista” – disse Asuka. Spostò i capelli davanti alla testa e li strizzò come un canovaccio. “Ma non possiamo stare qui. Non voglio rischiare che finiamo di nuovo in salamoia”

 

“Allora ce ne andremo domani”

 

Asuka scosse i capelli all’indietro e allungò il collo come una tartaruga per fissare Shinji negli occhi.

 

“Beh” – si schermò il ragazzo – “Dobbiamo mettere insieme una scorta di viveri, sperando di trovarne. E dobbiamo anche portarci un paio di tubi e un telo, nel caso dovessimo passare la notte all’addiaccio”

 

Asuka sgranò gli occhi. “Hai ragione” – disse – “Meglio così. Ma fino a domattina non avviciniamoci troppo alla riva”

 

La ragazza afferrò l’asciugamano quando il braccio di Shinji era ormai intorpidito. Il ragazzo la fissò senza battere ciglio, l’espressione piatta. Asuka lo squadrò con gli occhi semichiusi.

 

Shinji … stai bene?”

 

A quelle parole il ragazzo spalancò gli occhi e si scosse come fosse esplosa una bomba a pochi passi da lì.

 

“Certo!” – esclamò. “Sì, certo, sto bene. Stavo solo pensando”

 

“A che cosa?”

 

“Al mare”

 

Asuka piegò la testa da un lato, osservandolo ancora. “Il mare? In che senso?”

Shinji corrugò le sopracciglia e guardò in basso. “Pensavo che quella del mare, dopotutto, non è solo acqua. C’è un sacco di sangue, e ci sono anche chissà quali schifezze che vengono da quella maledetta testa che marcisce”

 

La ragazza contorse le labbra come se avesse il mal di mare. “Non hai di meglio da fare che parlare di quella cosa immonda? Mi disgusta e mi spaventa”

 

“Scusami. Il punto è che oltre a tutto questo … lì dentro c’è una marea di LCL”

 

“E quindi?”

 

“Come ‘ e quindi’? Questo significa che quel mare è pieno di persone … persone che ci hanno parlato”

 

La ragazza socchiuse le labbra e trattenne il respiro. “Le voci!” – annaspò.

 

“Già. Hanno cercato di renderci un tutt’uno con loro. Se vogliamo rimanere vivi come siamo adesso, non dobbiamo cedere” – Shinji trattenne il fiato – “alla tentazione”.

 

“Mia madre è un demonio”

 

Asuka pronunciò quelle parole guardandosi la punta dei piedi. I capelli le coprivano il volto, ma le sue mani chiuse a pugno tremavano come se stessero subendo una violenta scossa elettrica.

 

“Tua madre … un demonio? Asuka –“

 

“E’ stata mia madre a chiamarmi!” - eruppe la ragazza, mantenendo il capo chino. “E’ stata lei a chiamarmi nell’acqua, ieri. È stata lei a dirmi di stare tranquilla, che sarei stata bene, è stata lei a dirmi di stendermi sul fondo e aspettare, è stata lei a cercare di uccidermi, un’altra volta!”

 

Lo disse urlando a pieni polmoni, sputando le parole una a una come se le stesse vomitando. Shinji era bloccato come una statua di sale e il suo cuore batteva all’impazzata contro l’interno della gabbia toracica, facendo vorticare il sangue come le acque di un torrente agitato.

 

“Non ha mai smesso di volermi morta!” – gridò ancora Asuka, gocciolando lacrime e saliva come una bambina disperata. “Anche adesso che se ne sono andati tutti, lei vuole ancora uccidere me! Basta, non ne posso più!”. Calciò il suolo lanciando ciottoli tutto intorno, e alcuni colpirono le gambe di Shinji, ancora immobile.

 

“Sono stufa marcia di dover scappare da lei, sono stufa marcia che lei mi odi, sono stufa marcia di dover odiare tutti e che tutti odino me! Basta!”. Alzò la testa con uno scatto, fissò il ragazzo negli occhi e gli afferrò le spalle.

 

Shinji, aiutami!”

 

Il cuore del ragazzo accelerò tanto da fargli temere che potesse esplodere. Fissò di rimando gli occhi bagnati di lacrime di Asuka. Il sangue gli salì alle tempie; strinse le spalle della ragazza, la tirò contro di sé e la baciò a piene labbra. Strizzarono entrambi gli occhi a quel contatto. Si ressero l’uno con l’altra, affondandosi le dita nelle clavicole e tremando per lo sforzo della presa.

 

Shinji ruppe il contatto ansimando e si riguardarono negli occhi. Anche Asuka era ansante; aveva gli occhi spalancati di sorpresa e il volto infiammato come se fosse stato riarso dal Sole, che stava tramontando alle loro spalle.

 

“Andiamo via. Io non voglio morire”

 

“Non moriremo” – disse il ragazzo. Tremava come una foglia al vento. “Ti toglierò le bende. Porteremo via quello che riusciremo e ce ne andremo questa notte”

 

L’effetto dell’adrenalina cominciava a svanire e, mentre il suo battito cardiaco tornava quieto, Shinji pensò che era lei quella che stava crollando. Asuka lasciò la presa sulle spalle del ragazzo e le braccia le caddero sui fianchi. Come un bambino stringe istintivamente ogni oggetto che gli venga porto, così Asuka si strinse le cosce finché le sue nocche divennero bianche.

 

“Va bene”

 

*

 

Davanti a loro, scuri profili di monti sconosciuti; dietro di loro, una rossa linea di morte. Il terreno rosso sangue se illuminato dalla luce del sole era ora viola scuro. Un’unica pozza di luce bianca si spandeva su una serie di tralicci dell’alta tensione sghembi e accavallati come le stecche di un gigantesco Shangai. Shinji inciampò: era la quarta volta da quando erano partiti e ormai sentiva i sassi pungergli la pianta dei piedi da dentro le scarpe. Si fermò e guardò dinanzi a sé. Pareva che non vi fosse niente e nessuno tra loro e i monti, ma forse l’oscurità nascondeva degli edifici. Shinji pensò di aver formulato quel pensiero solo per autoconsolarsi.

Riprese la marcia e raggiunse Asuka in pochi passi, rischiando di cadere di nuovo. Alzò la testa e cercò con lo sguardo la Stella Polare, nella costellazione dell’Orsa Minore. Ricordava di avere imparato i nomi delle stelle e delle costellazioni più importanti a scuola, e anche a leggere delle semplici mappe stellari. Gli parve che fossero passati decenni. Trovò la stella ed ebbe un moto di euforia che lo spinse a volerlo annunciare ad Asuka, ma scemò subito. Anche se avessero saputo che stavano procedendo a Nord, come avrebbero potuto sapere se avrebbero trovato qualcosa o qualcuno?

Le corde del sacco di fortuna che portava sulle spalle cominciavano a irritargli la pelle, che già si era arrossata. Si era accollato il fardello più pesante, quello che conteneva qualche tubo arrugginito per poter montare un semplice riparo, il cibo in scatola e una bottiglia d’acqua con l’etichetta scolorita, l’unica loro fonte di liquidi. Una goccia di sudore scivolò dalla sua fronte fino a dentro la camicia che ancora indossava, insinuandosi fino all’addome e solleticandolo; con il dorso della mano destra ne asciugò un’altra dalla fronte che minacciava di fare la stessa fine e alzò lo sguardo verso Asuka.

Shjinji si rallegrò che lei indossasse ancora la plugsuit: avrebbe patito di meno il freddo che avrebbero percepito quando si sarebbero fermati. Sapeva di essersi assunto una gravosa responsabilità, e cioè quella di occuparsi di lei in quel mondo disastrato.

 

Asuka ansimò. Calcò gli ultimi passi e si fermò poggiando le mani sulle ginocchia. “Fermiamoci, non ce la faccio più”

 

Shinji annuì. Posò il fagotto a terra ed estrasse i tubi, sporcandosi le dita di ruggine. Montò un largo quadripiede e dovette alzarsi sulla punta dei piedi per legare alla bell’e meglio le estremità, graffiandosi il palmo delle mani con l’unico sfilaccio di spago che erano riusciti a trovare. Gettò il telo che Asuka gli aveva porto sopra quello scheletro di capanno e lo tese agli angoli. Quando vi entrarono, Shinji si sentì simile a un topo che si rintana nel suo buco, perché tutto lo spaventava: il suolo disseminato di ruderi, l’orizzonte ignoto e la volta del cielo fredda e distante.

Tre latte aperte e ammaccate ammucchiate in un angolo indicarono che rimanevano ben pochi viveri, e la visione della bottiglia d’acqua già mezza vuota fece pensare a Shinji che sarebbe stato conveniente viaggiare di notte, quando il caldo lasciava spazio a un vento che faceva venire la pelle d’oca.

 

“Senti … vuoi tenere tu la plug-suit?”

 

“Come?”

 

Asuka guardò Shinji con il mento piegato verso il basso. “Fa freddo. Mi chiedevo se non volessi tenere tu la plug-suit

 

Il ragazzo strabuzzò gli occhi. “Figurati, tienila tu. Io mi sono portato questo” – disse, ed estrasse dal fagotto ormai vuoto un drappo dello stesso tessuto plasticato con cui aveva eretto il rifugio. “Comunque, dovrebbe bastare per tutti e due”

 

“Non lasciarmela solo perché credi che io sia indifesa”

 

Shinji la guardò e sorrise. “Non penso che tu sia indifesa, so che sai cavartela. Davvero. Però tieni la plug-suit, ok?”

 

Asuka non rispose e non sorrise. Si morse il labbro inferiore e strizzò gli occhi. Riaprì gli occhi e la bocca un momento dopo, con un breve sospiro esasperato. Si avvicinò a Shinji e gli si accovacciò un’altra volta contro, come un gatto. Le braccia e il torso del ragazzo si irrigidirono al contatto, ma riuscì comunque a coprire entrambi con il telo.

 

Asuka?”

 

La ragazza già dormiva.

 

“Ehi, Asuka

 

Mmh. Che c’è?”

 

“Guarda là”

 

La ragazza si voltò nella direzione che il dito indice di Shinji mostrava. Aveva ancora gli occhi cisposi dal sonno e inizialmente vide solo una massa di macchie offuscate e confuse, ma dopo qualche secondo mise a fuoco l’immagine. Era la parete interna della tenda, e non sembrava diversa da prima.

 

“Ma che … ?”

 

Era diversa, tuttavia. Era più chiara del resto, come se fosse …

 

“C’è una luce!”

 

*

 

  
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