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Autore: Terre_del_Nord    14/12/2013    5 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.022 - L'Impostore

IV.022


Sirius Black

Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972

Era strano muoversi sotto quell’affare: James era al mio fianco, un passo dietro a Remus, loro fuori dal Mantello, io sotto. Mi ero specchiato mentre Potter me lo sistemava sulle spalle e per diversi minuti avevamo fatto le prove: avevo valutato il passo perché non sporgessero i piedi, avevo messo fuori prima una mano, poi la testa che pareva galleggiare nell’aria, finché Peter, per qualche strambo motivo tutto suo, aveva iniziato a gridare, come se la mia testa fosse stata staccata sul serio dal corpo. Ora James mi guidava attraverso il dormitorio, diretti fuori dalla stanza: agli altri studenti forse sembrava che stesse punzecchiando Remus, in realtà mi faceva prestare attenzione a tutti quei piccoli dettagli per me insignificanti che invece rischiavano di rivelare la mia presenza.
Era caldo là sotto o forse ero solo agitato, la mente tornava sempre al pensiero che Alshain fosse morto e con lui Deidra e addirittura i bambini. Eppure, nonostante fossi abbattuto per il mio padrino e preoccupato per Meissa, c’era una parte di me che si sentiva potente, esaltata, come accadeva quando organizzavo qualcosa di “forte” con i miei amici. Un po' me ne vergognavo, tuttavia non potevo negare di volere uscire dal dormitorio non solo per andare da Meissa ma anche per provare le straordinarie emozioni offerte dal Mantello di James: muovermi per il castello senza essere visto, affrontare qualche avventura inaspettata, combinare qualche scherzetto ai danni di Snivellus.

    Ecco, quello magari lo riserverei a un'altra occasione...

Sentivo in testa la voce irridente e bonaria di Alshain, lo immaginai al mio fianco ed io...
Non capivo perché mi sentissi così, al tempo stesso affranto e galvanizzato, non avrei dovuto, non era il momento di fare lo stupido ma sembrava che riuscissi a reprimere il dolore solo pensando a quali spaventi avrei potuto far prendere a gradassi slytherins come Goyle o McNair. Alla fine, per distrarmi e non far preoccupare ancora di più i miei compagni, avevo condiviso quei propositi bislacchi con James il quale, sollevato nel vedermi più reattivo, invece di calmarmi aveva suggerito almeno altre venti idee per approfittare del Mantello. Solo l'intervento di Remus, esasperato dalla nostra follia, ci aveva riportato con i piedi per terra, ricordandoci il piano originale.
Dopo aver letto quel dannato giornale ed essere rimasto alcuni istanti in stato catatonico, infatti, i miei amici, preoccupati per me e decisi ad aiutarmi, avevano messo insieme materiale e idee e confezionato un progetto geniale che mi avrebbe permesso di vedere Meissa e farle sapere – subito stavolta - che le ero vicino, che non mi sarei fatto fermare nemmeno dall'ennesima punizione da scontare. Era rischioso, l'impazienza e l’inesperienza mi avrebbero reso più imprudente di quanto già non fossi, ma ero sicuro che sarebbe andata bene, perché accanto a me c'erano i miei amici.
Giunti sull'uscio, il Prefetto del quinto anno si avvicinò a Lupin e Potter chiedendo loro dove pensassero di andare, visto che James era, come al solito, in punizione; io riuscii ad evitare che la ragazza m'inciampasse addosso ma, facendo un passo indietro, rimasi impigliato con il Mantello su uno spigolo e rischiai di mandare subito tutto a monte. James dovette accorgersi del mio problema, perché si mosse rapido sul lato opposto, così da distrarre l'attenzione del Prefetto dal punto in cui mi trovavo, poi iniziò a far sfoggio dei suoi modi adorabili, quelli che facevano sciogliere in risatine e sorrisi tutte le femmine della Casa, piccole o grandi che fossero. Ghignai.

    Tutte, tranne una certa rossa che ti rifugge come la peste e il temibile Prefetto Meadowes, a quanto pare!

    «Non volevo uscire, ma Remus ha mal di pancia. Lo giuro sul… Puddlemere... »
    «Puddlemere, eh? E chi era, l’altro giorno, che correva per il dormitorio e saltava sul divano come un capretto con i gagliardetti dei Tornados? Non ti è bastata la punizione di oggi, Potter?»
    «Ehm... sì, è vero, ma... sul serio... DEEEEVO accompagnarlo! Non può andare da solo!»

Avevo sistemato il Mantello mentre James recitava la sua parte e Remus non aveva difficoltà ad andare in iperventilazione, già solo per la gaffe del Puddlemere: era evidente, infatti, che James non intendeva rispettare il piano ma stava mettendo in atto un’altra delle sue idee balzane, nonostante avesse davanti una ragazza che non permetteva a nessuno di prenderla per il naso. Il Prefetto guardò storto James, poco convinta, poi diede un'altra occhiata al pallore di Remus, senza sospettare che quello fosse “terrore puro al pensiero dei guai in cui mi sta cacciando James-catastrofe-Potter”.

    «Pallido, occhi lucidi, forse un po' di febbre: no, il tuo amico non può andare da solo… »

Rabbrividii persino io, vedendo lo sguardo sornione e compiaciuto che Potter riservò a Lupin e che, di sicuro, avrebbe scoccato anche a me, se non fosse stato troppo pericoloso guardare dalla mia parte. Il Prefetto li fissò con sguardo severo, poi tornò dalle sue amiche intente a parlottare intorno al caminetto. James, Remus ed io filammo di corsa alla porta, felici di averla fatta franca.

    «Fermi! Vi accompagno io, di sotto! E tu non combinare danni come tuo solito, Prewett!»
    «Pensi sempre male, Meadowes, non è giusto! Si può sapere cosa ti ho fatto? Ahahah… »

Da sotto la frangetta corvina, Dorcas Meadowes scoccò l'ennesima occhiata eloquente a Fabian Prewett, intento a confabulare con i suoi compari, poi passò una mano sulla spalla di Remus e ci scortò tutti e tre fuori: James non l’aveva messo in conto, lo capii dall’aria preoccupata, Remus, se possibile, iniziò a tremare anche di più, recitando alla perfezione la parte del malato. Io mi accodai agli altri e uscii per ultimo, diretto alla scalinata come un condannato al patibolo, consapevole che di lì a poco saremmo stati scoperti e che, entro il mattino seguente, ci saremmo ritrovati ognuno a casa propria. Rabbrividii all’idea di mia madre, di Grimmauld Place, della pubblica fustigazione domestica e di tutti gli altri rischi non calcolati cui ci esponeva James con la sua brillante idea ma, a parte tutto questo, che era già grave, avevo motivi ancora più seri per innervosirmi e avercela con Potter e la sua “genialità”. Merlino solo sapeva quanto avessi bisogno della “saggezza” di Remus, non volevo essere lasciato a rimuginare in silenzio, per tutto il tragitto, sulle sorti di Sherton e su cosa dire a Meissa. La presenza di quell'intrusa, invece, avrebbe scombinato tutto.

    «Come vi sono sembrate queste prime settimane a Hogwarts?»

Sbuffai, esasperato, mimai l'espressione da bravo bambino di James che rispondeva tutto compiaciuto con la sua vocetta querula, poi, mesto, iniziai a seguire i miei compagni lungo le scale.

***

XY

Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972

    «... e a quel punto, ascoltato il Patronus di Orion Black, sono corso qui... »

Ero giunto al termine del racconto dei fatti di quel giorno e all'improvviso, senza fare commenti, senza esprimere sentimenti o pareri personali, tacqui, in attesa della reazione del mio ospite, continuando a rigirare il bicchiere colmo del Firewhisky che mi era stato offerto.
Non mi sentivo a mio agio in quei panni: non era la prima volta che assumevo la Polisucco, certo, di solito, però, non ero costretto a utilizzare materiale vecchio o deteriorato e, soprattutto, mi ero sempre attardato a studiare ogni dettaglio, in particolare se la missione prevedeva complicazioni. E stavolta, per arrivare all'obiettivo, dovevo farmi passare per un uomo sfuggente che conoscevo appena, superando indenne l'esame del più pericoloso Mago dei nostri tempi.

    L'uomo che ha sconfitto Gellert Grindelwald...

No, non era facile, ma non c'erano stati margini per fare di meglio, perciò non avevo nulla da rimproverarmi: gli eventi, pur prevedibili, si erano succeduti rapidi e improvvisi ed io ero dovuto entrare in azione subito, improvvisando e accontentandomi del poco che c'era a disposizione. Ora, dopo una giornata infinita, attendevo il momento della verità seduto su un'antica poltrona, circondato da oggetti affascinanti che un tempo mi avevano incuriosito e incantato, risvegliando gli antichi retaggi ravenclaw che generazioni addietro avevano contaminato il mio sangue slytherin.
   
    E ora sei qui... al cospetto del famigerato “vecchio in palandrana”!

Cercai di reprimere il sorrisetto sghembo che si era affacciato agli angoli della mia bocca, inadatti al momento e al soggetto che volevo interpretare, mentre ricordavo quelle quattro o cinque disavventure che mi avevano portato di fronte a Dumbledore, anni addietro. Fu un bene: ripensare a quegli istanti tesi, spaventosi, imbarazzanti era il modo migliore per ribadire con me stesso quanto fossi diverso dall’imbranato di allora. Mi sistemai il colletto della camicia, impaziente, mentre il vecchio mi dava le spalle, intento a occuparsi della sua Fenice: già da alcuni minuti era calato il silenzio tra noi, attendevo che prendesse una decisione. Avevo fretta, molta: il capello che avevo usato era troppo deteriorato, c'era il rischio che la Polisucco finisse il proprio effetto molto presto. Sfiorai con la mano il panciotto, sovrappensiero, sentii la consistenza delle due boccette di scorta: valutavo se fosse il caso, appena Dumbledore si fosse spostato, appena il suo volto non fosse stato più rivolto verso una superficie specchiante, di rischiare e assumerne un'altra dose. Non capivo perché ci mettesse tanto a valutare la notizia che gli avevo dato, già solo le conseguenze immediate imponevano risoluzioni rapide e decise

    … ma forse...

Dalla faccia che aveva fatto ascoltando il mio racconto, era chiaro che non ne sapesse ancora nulla. Non solo, era anche impreparato a quella notizia. Albus Dumbledore, il grande macchinatore, era stato colto alla sprovvista, come tutti noi.

    Si resta sempre attoniti di fronte ai mutamenti repentini della sorte...

Cercai di mascherare meglio la mia impazienza, osservai Fawkes che si muoveva lenta sul trespolo: doveva essere pronta per il suo periodico falò, perché era lontana dal pieno splendore che ricordavo.

    Tutto avviene all'improvviso, persino la mia vita è cambiata in una sola notte...

    «Le notizie che mi hai portato, Phelan, sono assurde e spaventose.»
    «Spaventose, certo, ma non assurde: il Lord aveva già tentato il colpo poche settimane fa, a Herrengton, se ricordate… ma tutti erano occupati a dare addosso agli Sherton per accorgersene… »
    «Certo... certo… ero convinto anch’io che Sherton stesse solo... mercanteggiando... sul prezzo della propria integrità, non che la sua opposizione fosse così… sincera… da causare tutto questo.»

Tacqui. Continuai a fissare il mio bicchiere, senza bere neppure un sorso, mascherando meglio che potessi l'irritazione causata da quelle parole. Avevo raggiunto l'Aula Dieci, camuffandomi da inserviente per entrare, poi usando un Incantesimo trasfigurante non molto lecito ero riuscito ad assistere al processo a porte chiuse di Williamson, addirittura fino alla conclusione, mentre tutti gli altri spettatori e persino i testimoni erano stati costretti ad andarsene. Avevo sentito con le mie orecchie le parole di Moody in difesa di Sherton, avevo visto con i miei occhi l'espressione compiaciuta del vecchio Preside nel momento in cui era stata svelata la verità e Mirzam era stato scagionato. Dumbledore stava mentendo: era consapevole che Herrengton non aveva mercanteggiato un bel niente con il Lord, anzi, aveva fatto di tutto per sostenere il defunto Ministro Longbottom. Quella parte non era stata approfondita ma solo uno stolto non avrebbe capito, ormai, che con i suoi intrighi, stavolta, Alshain Sherton si era spinto troppo oltre. M'impedii di replicare, era il genere di reazione che avrebbe fatto saltare la mia copertura e fallire la missione; conoscevo Dumbledore, mi stava sondando, qualcosa non lo convinceva nelle mie parole o nei miei gesti e mi stava tendendo delle trappole per smascherarmi. Dovevo fare molta attenzione.

    «Non frequentavo la famiglia di mia sorella così assiduamente da conoscere i pensieri profondi e le intenzioni di suo marito. E anche se l'avessi fatto, Preside, dubito che Alshain Sherton avrebbe parlato con sincerità di argomenti simili proprio con me. Sapeva che non ero felice di quel matrimonio, fin dall’inizio. I fatti mi hanno dato ragione, purtroppo… e ora, se sono qui... »
    «... è solo per assicurarti sulle condizioni dei ragazzi... lo capisco... »
    «E non posso dire di essere felice di quanto ho saputo! Non mi aspettavo certo che mio nipote fosse spedito in infermeria da un gradasso o che rischiasse di morire assiderato nel bosco!»
    «Temo che i fatti di oggi siano tutti collegati, Phelan. Un'unica regia, nulla di casuale... »
    «E nessuno ha intuito che la storia del processo avrebbe creato divisioni nella Casa? Salazar! Non m'interessano la politica, la Confraternita e il Ministero, o se fosse intenzione di McNair farsi buttare fuori! La mia è una famiglia antica, certo, ma siamo semplici e pragmatici, senza tanti grilli in testa. Quei due ragazzini sono tutto ciò che resta di mia sorella, hanno solo me, ora. Voglio vederli, voglio che siano informati da un familiare di quanto accaduto, non che sappiano da altri... »
    «Naturalmente, Phelan... Non mi aspettavo di vedere te, certo, piuttosto Rebecca o... D'accordo. Il ragazzo in questo momento sta riposando, viste le sue condizioni, direi di procedere con cautela con lui; la bambina invece è andata a scrivere ai genitori: la farò convocare qui.»
    «Preferirei vederli insieme: convocate anche lei in infermeria, per favore.»
    «Ne sei sicuro? Non è il momento adatto per il ragazzo, ma… d’accordo, come preferisci.»

Feci un gesto di stizza, le sue parole non sortivano effetto, lo studio iniziava a distrarmi troppo, mi sentivo un topo tra le zampe di un gatto, volevo finirla il prima possibile. Non dissi altro, il vecchio annuì poco convinto e si avvicinò a uno dei quadri per comunicare con Horace Slughorn, inspiegabilmente, però, la conversazione si fece lunga e l'espressione del vecchio divenne via via più fosca. Non sapevo che cosa, ma doveva essere accaduto qualcos'altro di spiacevole. A me non interessavano le beghe scolastiche, ne avevo più che a sufficienza dei miei trascorsi, in attesa del ritorno del Preside, perciò, raggiunsi l'ampia finestra, benché ormai non ci fosse più nulla da vedere, tanto era buio. Lì l'emozione, a lungo trattenuta fin dal mio arrivo, giunse traditrice a travolgermi: ricordai il vento che increspava il Lago Nero, i colori vividi della primavera, il profumo dei fiori, i miei amici ed io che studiavamo sotto gli alberi, le interminabili sedute di Quidditch.

    … E lei...

Dumbledore mi fu accanto proprio nel momento della mia massima vulnerabilità, mentre ero preso dai miei ricordi di adolescente: non l'avevo sentito avvicinarsi, per questo sobbalzai e ringraziai Merlino di non aver fatto in tempo a estrarre la boccetta per bere la Polisucco, il vecchio malefico mi avrebbe sicuramente scoperto, visto che si muoveva ancora, nonostante l'età, rapido e silenzioso come un gatto. Era meglio sbrigarsi, scendere di sotto e finirla con quella pagliacciata.

    «Ti chiedo di portare ancora un po' di pazienza, Phelan, purtroppo Horace mi ha appena detto che è necessario sistemare un'altra questione, tutt'altro che piacevole… »
    «Merlino santo! Non vi rendete conto della gravità della situazione? I ragazzi... »

Mi chiesi subito se avessi risposto con eccessiva veemenza, rispetto al vero Phelan Llywelyn, quando percepii un'occhiata interrogativa del vecchio. In realtà, lo sfuggente fratello maggiore di Deidra Sherton era noto per essere un uomo schivo e di poche parole, una persona concreta, sbrigativa e, soprattutto, poco paziente, per cui non doveva essere strano mostrarsi così contrariato al termine di una giornata simile. Quando mi ero intrufolato nel disastro e nella devastazione di Essex Street, confondendo con la Magia Maghi e Babbani che entravano in contatto con me, ero riuscito a raggiungere lo studiolo di Sherton in mansarda, dove il Mago del Nord custodiva la famigerata dispensa, con una ricca scorta, tra l'altro, di reperti utili per preparare la pozione Polisucco. Avevo trovato la stanza invasa dalle fiamme e buona parte delle ampolline a terra, distrutte; andai alla ricerca di qualcosa che riconducesse a Phelan e Rebecca Llywelyn, i fratelli di Deidra, ma era andato tutto perduto; stavo per rinunciare ai miei propositi, contrariato, quando avevo trovato una piccola fialetta con alcuni capelli dell'uomo. Un'inaspettata fortuna: Phelan, infatti, era in missione in Cappadocia, irraggiungibile. Ed io ero tra i pochissimi a saperlo.
Mi avvicinai lentamente alla poltrona che m’indicava il preside, trascinando la gamba sinistra quasi del tutto inutilizzabile dopo un incidente di Magia occorso a Llywelyn da ragazzo, guardai con ostilità il vecchio che tornava nell'anticamera, a occuparsi di alcuni studenti indisciplinati spediti da Horace, chiedendomi come fosse possibile che li considerasse più importanti della questione che gli avevo sottoposto io. Tesi l'orecchio per tentare di capire, senza riuscirci. Rassegnato, aspettai.
Fu allora che sentii un crepitio alle mie spalle. Mi voltai: il fumo e l'odore di bruciato già pervadevano l'aria e di Fawkes rimaneva solo un cumulo di cenere ai piedi del trespolo.

***

Sirius Black
Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972

A mano a mano che scendevamo verso l'Infermeria, al primo piano, mi resi conto che la presenza del Prefetto non era catastrofica come avevo immaginato, anzi ci salvava da una serie d’intoppi che non avevamo preso in considerazione nel nostro piano geniale. Avere con noi Dorcas Meadowes, ragazza brillante, stimata dagli insegnanti e rispettata dagli altri studenti, si rivelò un prezioso lasciapassare non solo al “posto di blocco” che Mastro Filch e la sua pestifera gatta avevano approntato dietro la statua di Boris il Basito, non lontano dal bagno dei Prefetti, ma anche di fronte alle domande dei Prefetti delle altre Case e di alcuni professori troppo zelanti che incrociammo. E, soprattutto, la sua presenza ci preservò dagli agguati che avremmo di certo subito da qualche testa calda degli Slytherins, tutti evitati solo grazie al timore che il nostro Prefetto incuteva loro.
Tutta quella sorveglianza era giustificata: non sapevo se fosse successo qualcos'altro o se fosse la normale reazione ai gravi fatti riportati sul Daily Prophet, scendendo, però, notai che c'era molta confusione, soprattutto tra gli studenti slytherins e ravenclaw. La maggior parte dei ragazzi che incontrammo si radunava sui pianerottoli delle scale o faceva capannelli lungo i corridoi, a gruppetti più o meno numerosi, e parlottavano tra loro in modo concitato, rendendo spesso difficile il passaggio. La Meadowes, risoluta, non si fece distrarre né fermare, solo in qualche occasione, per guadagnare tempo ed evitare altre scocciature, fu costretta ad avvicinarsi ai Ritratti e a sfruttare i passaggi segreti che lì si celavano: in almeno tre casi, vidi scorciatoie che non conoscevamo ancora.
Dorcas mi piacque fin da subito. In quelle prime settimane, in Sala Comune, avevo sentito spesso le sue compagne spettegolare sul fatto che tra lei e Gedeon Prewett ci fosse stato del tenero: a me, pur importando poco, sembrava impossibile, perché lui era un vulcano di simpatia, un manigoldo impenitente, un vero genio degli scherzi, mentre lei era sempre così seriosa e “minacciosa” da apparirmi antipatica e scostante, anche se, non avendole mai parlato, non avevo fondati motivi per giudicarla in quel modo. Nei pochi minuti passati insieme, invece, compresi di aver ragione solo nel considerarla una “tipa straordinariamente tosta”, quanto al resto era tutt'altro che antipatica, non si dava arie neppure con noi che, oltre a essere dei mocciosi del primo anno, ci stavamo rendendo tristemente famosi presso i Gryffindors solo per le punizioni che rimediavamo e per i punti che facevamo togliere alla nostra Casa. Aveva qualcosa che mi ricordava Andromeda, al tempo stesso autorevole e accogliente, qualcosa che mi faceva apprezzare la sua compagnia. Dall’ostilità iniziale, senza accorgermene, passai presto a una sorta d’invidia verso i miei amici perché, pur avendo ben chiari i motivi per cui dovevo stare sotto quel Mantello, sarebbe piaciuto anche a me partecipare alla conversazione, invece di dovermi impegnare a non farmi notare, limitandomi a seguirli e ad annotarmi i passaggi che non conoscevamo. Remus, con la sua passione per lo studio, guadagnò subito la simpatia e l’attenzione della ragazza, il miglior risultato ottenuto da James, invece, fu non farsi prendere troppo sul serio; in seguito, impegnato a esagerare per fare colpo su di lei e sembrarle simpatico e galante, Potter finì con l’avvitarsi in alcune delle sue abituali e sgangherate gaffe da spaccone che indisposero del tutto la Meadowes nei suoi confronti. Ghignai, perfido, soddisfatto per come James riuscisse sempre ad apparire un imbranato pallone gonfiato.
Preso tra l’ammirazione per la Meadowes, la voglia di partecipare e la ridicolaggine di Potter, mi distrassi un po’ dal triste motivo che mi spingeva a scendere in infermeria. Anche vedere il pericolo di essere scoperto affievolirsi, mentre il momento di riabbracciare Meissa si avvicinava sempre più, finì con il tranquillizzarmi e a far nascere in me un’idea senza fondamento, forse, ma alla quale volevo aggrapparmi con tutte le forze: la buona riuscita della prima parte del piano mi sembrava il chiaro segno di un Destino benevolo che m’invitava a non disperare neanche su tutto il resto.

    È con questo spirito che devo presentarmi a Meissa e farle coraggio! Il Daily racconta solo bugie, se fosse successo davvero qualcosa, sarebbe venuto qualcuno a scuola per parlare con loro!

Restai via via più indietro rispetto agli altri, immerso nei miei pensieri e occupato a carpire qualche conversazione, James continuava a fare gli occhi dolci alla nostra accompagnatrice, sembrava non capire che la Meadowes non intendeva “filarselo”; Dorcas, da parte sua, chiacchierava con Remus e fingeva che Potter non ci fosse, a parte quando doveva riprenderlo, e lo faceva sempre con una certa pungente soddisfazione. Lupin, infine, era troppo impegnato a “riportare a casa la pelle” e a prevenire altri disastri di Potter, cercando di dirottare l’attenzione del Prefetto su di sé, per rendersi conto di che cosa stessi facendo io. Alla fine, quando m’immisi nel corridoio per scendere al terzo piano, dietro e davanti a me non c’era più nessuno di loro: stavo per raggiungere la scala e sporgermi per capire quanto fossi stato distanziato, quando vidi apparire Goyle, l’idiota che si divertiva a prendere di mira noi matricole, dalla galleria che conduceva in Biblioteca. Immaginai fosse diretto a uno dei bagni e pregustai tra me l’opportunità di fargli uno scherzetto, innocuo, certo, ma mortale per la sua dignità, confidando nella protezione del “Mantello dell’Impunità”, come l’avevo ribattezzato in quel momento: punzecchiarlo senza essere visto, terrorizzarlo, ridurlo a un ammasso piagnucolante e tremante che tutti avrebbero preso in giro per anni, era una prospettiva che trovai subito molto allettante. Corsi a controllare il corridoio da cui era sbucato, dovevo assicurarmi che saremmo rimasti soli per qualche minuto, per rendere lo scherzo più divertente e avere una via di fuga per cavarmela; visto che era vuoto, andai ad affacciarmi anche sulle scale, che nel frattempo erano cambiate, per vedere se dal basso o dall'alto si avvicinasse qualcuno: dalla torre, dietro di me, e dal terzo piano non si notava alcun segno di vita.

    Perfetto!

Ero pronto a colpire Goyle con un Incantesimo che lo facesse inciampare sui suoi piedi e, rimbalzando sul fondoschiena paffuto, ruzzolare sotto una vecchia armatura, quando, da dietro uno specchio, si aprì un passaggio da cui uscì il professor Pascal con un ospite.
Un ospite che conoscevo troppo bene, un ospite che poteva avere un solo motivo per trovarsi a scuola, quella dannata sera.

    Merlino, no, non è vero! Se papà è qui, allora… il giornale ha ragione: Alshain è davvero...

Non sapevo se fosse la cosa giusta da fare né in quanti guai mi sarei cacciato, ma avevo l'occasione più unica che rara di spiare mio padre senza essere visto e, soprattutto, sentire cosa doveva dire al Preside. Conoscendolo, di fronte ai ragazzi non sarebbe stato sincero su Alshain, mentre forse con Dumbledore... Con un brivido mi chiesi come si sarebbe comportato con i miei amici: di solito con i figli di Sherton uscivano aspetti di mio padre a dir poco insospettabili, ma temevo che, uomo tutt’altro che abile a trattare con i sentimenti, in quella circostanza avrebbe provocato solo altro dolore.
Ed io? Sarei stato in grado di aiutare Meissa? Il cuore mi si strinse dalla paura al pensiero di correre da lei. Che cosa sarebbe successo veramente una volta che l’avessi raggiunta? Sarei riuscito a esserle vicino e consolarla o, messo di fronte alla realtà ormai inevitabile, avrei ceduto al dolore e sarei stato io stesso bisognoso di conforto, quindi di nessuna utilità per Meissa?
Sospirai e cercai di reagire. Diedi un'ultima occhiata nella direzione presa da Remus e James, pregando che andasse tutto bene e che i miei amici non se la prendessero troppo, quando si fossero accorti di quello che avevo fatto. Poi mollai Goyle al suo destino e iniziai a seguire mio padre.

*

Il passo nervoso e pesante di papà risuonava nel corridoio deserto, su al settimo piano, e come tutto il resto, i capelli leggermente spettinati, il mantello ripiegato in modo sbrigativo sul braccio, la cravatta appena allentata, rivelava quanto avesse fretta, quasi avesse il diavolo alle calcagna. Era scuro in volto, ma non capivo se quel silenzio e quello sguardo celassero un dolore profondo o invece una rabbia repressa. Mi ostinavo a osservarlo con attenzione, tentando di carpire qualcosa dal suo modo di agire, ma era impossibile trarre indizi sui suoi pensieri: zio Alphard, una volta, mi aveva detto che se osservi un uomo senza essere visto, puoi apprendere molte cose, ma che anche per quella regola esisteva un'eccezione. E l'eccezione in casa Black era costituita proprio da papà.

    «Fin da quando eravamo solo dei ragazzini, noi cugini lo chiamavamo Orion la Sfinge… »

Quando l'avevo raccontato ad Alshain, quell'estate, il mio padrino si era messo a ridere di gusto poi si era fatto serio e mi aveva rifilato un'altra frase altrettanto sibillina.

    «Alphard Black è un uomo geniale, peccato sia un Black e resterà sempre tale... ahahah… »

Sentii il cuore stringersi, mentre la risata del mio padrino si spegneva nella mia testa. Sospirai e cercai di non pensarci, fissando l'attenzione sull'altro personaggio presente sulla scena, il professor Pascal: pochi passi davanti a mio padre, cianciava con voce nasale dei fatti di quel giorno, come se si trattasse di un qualsiasi argomento di cui spettegolare e non la tragedia che aveva spinto Orion Arcturus Black, uomo poco propenso ad avere a che fare con “infidi Mezzosangue della risma di Dumbledore”, come ripeteva sempre, a raggiungere Hogwarts a quell'ora tarda della sera.
Non ricevendo la soddisfazione di una risposta, l'“essere importuno” si decise a tacere, pochi minuti più tardi raggiungemmo il gargoyle che celava la scala per l'ufficio del Preside: il professore tentò di nuovo di parlare d’inezie, papà, però, ottenuta la parola d'ordine necessaria a salire, lo congedò con modi spicci, rimanendo finalmente solo di fronte all'ingresso, che però non ne voleva sapere di aprirsi. Definire mio padre alterato - più del solito e più del lecito - era poco: borbottava da solo, ripetendo la parola “Malfoy” inframmezzato da due o tre imprecazioni per volta, il che mi lasciò esterrefatto, perché papà era sempre attento a non scadere nel gretto insulto, preferendo l'arguta derisione, persino le rare volte che l'avevo visto lasciarsi andare, di fronte al caminetto, con i suoi sigari pregiati e, naturalmente, la compagnia anticonvenzionale dell’amico Alshain.

    «Phineas l'ha avvisato che stavo arrivando e quell’infido babbione che cosa fa? Mi fa scortare da un patetico buono a nulla, un incapace, un matusalemme! Mi rifila una parola d'ordine vecchia di chissà quanti anni, senza nemmeno un Elfo a provvedere alle mie necessità! Inaudito! Inaccettabile! Con tutti i soldi che lascio a questa dannata scuola! Salazar! Ma se scopro che questa è un’altra delle diavolerie orchestrate da quel bastardo di Abraxas, giuro su Merlino, io... »

Al decimo tentativo, finalmente, la parola d'ordine suggerita da Pascal funzionò, mio padre si ostinava, infatti, a ripeterla con la consueta inflessione autoritaria, mentre scoprimmo che “gorgosprizzo” andava appena sussurrata: il gargoyle ruotò, lasciando in vista la scala a chiocciola e papà iniziò a salire. Con un balzo che quasi mi fece perdere il mascheramento, mi accodai a lui cercando di non farmi notare, tanto meno distanziare, tenendo sotto controllo le mie scarpe e sistemandomi il Mantello meglio che potessi, così che fosse a meno di un dito da terra, come mi aveva raccomandato James. In breve, ci ritrovammo sul pianerottolo di fronte allo studio, a pochi centimetri l'uno dall'altro, tanto vicino da sentirne il respiro corto e con la paura folle che lui si accorgesse del mio; il profumo noto di tabacco pregiato, che si diffondeva dalle sue vesti, mi mozzò il respiro e subito mi sentii pervaso dal pensiero soffocante e malinconico di casa, di mamma e papà, di Regulus... Mi chiesi come avrebbe reagito mio fratello e cosa ne sarebbe stato di noi senza il nostro padrino; rischiavo di scoppiare in lacrime e non potevo permettermelo, lo sapevo, ma solo con molta fatica riuscii a soffocare quei pensieri.
Papà bussò con educata moderazione, poi, sentendo voci di studenti provenire da dietro la porta, con sempre maggiore veemenza, sibilando quanto fosse inaudito che lui, Orion Arctururs Black, dovesse attendere “i comodi di brufolosi studentelli di certo generati dalla feccia!”. Come risposta ai suoi sproloqui, la porta si aprì e dalla stanza uscirono Waldan McNair, il volto tumefatto e un incisivo rotto, suo padre, rosso come un peperone e adirato come un'erinni, Lucius Malfoy serafico come sempre e, a chiudere la fila, un malconcio Rabastan Lestrange che si teneva un fazzoletto pregno di sangue sulla bocca. Ghignai tra me, erano proprio tutti fulgidi esempi di progenie babbana, come aveva intuito mio padre! Lo vidi osservare disgustato i figli dei suoi “amici” mentre borbottava parole incomprensibili, quando poi il signor McNair gli passò accanto senza degnarlo di un saluto, si lasciò andare a un’altra sana dose d’improperi, incapace ormai di trattenersi ancora. Dumbledore infine si affacciò alla porta, sorridendo ospitale, e l’invitò a entrare, scusandosi, mio padre, però, era così furibondo che non accettò nemmeno di stringergli la mano.

    «Mi dispiace averti fatto attendere, Orion... E purtroppo devo chiederti di pazientare qualche altro minuto, qui in anticamera… ho ancora una questione da risolvere.»
    «Non ci penso proprio! Non dopo aver saputo che cosa è successo al mio figlioccio stamani! Questa sarebbe una scuola rispettabile? Ragazzi che si azzuffano, che si perdono nel bosco e… »
    «Suvvia, Orion, nulla di diverso da quanto facevate tu e Sherton da giovani! Se non ricordo male, quando avete tentato di scappare attraverso la Foresta Proibita, tu stesso hai rischiato di… »

    Che cosa avrebbe fatto mio padre? Ha tentato di fuggire dalla scuola passando per la Foresta?

Strinsi i pugni, sorpreso, incuriosito, affamato di verità, come ogni volta che si squarciava il velo sulla natura di papà, di cui Alshain vagheggiava e mio padre, invece, taceva con fredda ostinazione.

    «Ti pare questo il momento di rivangare il passato? Pretendo di vedere i miei figliocci, ora!»

    Appunto…

    «Ti accompagnerò personalmente tra qualche minuto… ora, però, ho di là... »
    «Abraxas Malfoy, immagino! Ti avverto! Qualsiasi cosa dica, può scordarsi di accampare diritti su quei ragazzi! Quell’uomo non ha alcun titolo per trovarsi qui, la parentela con loro è… »
    «Malfoy? No, no, ti sbagli. La questione è la stessa che vuoi sottopormi tu, ma al contrario di te, Phelan Llywelyn è lo zio materno dei ragazzi. Tra l’altro sei stato tu ad avvisarlo con il Patronus, no? Converrai che ha lui la precedenza, in questo frangente.»
    «Phelan Llywelyn? Phelan il fratello maggiore di Deidra Sherton?»
    «Esattamente! Devo finire con lui, poi potremo scendere di sotto insieme.»

Mio padre scoppiò a ridere, una risata tagliente che non aveva nulla di gradevole e che presto, infatti, si spense, lasciando sul suo volto una maschera di collera e di odio.

    «E tu avresti il coraggio di vantarti di essere un castigatore di Maghi Oscuri, vecchio? A parte il fatto che non ho mandato il mio Patronus a NESSUNO, Deidra Sherton mi ha raccontato, non più tardi di questa mattina, che suo fratello è in missione, irraggiungibile, in Cappadocia! Ben lontano, quindi, dal tuo ufficio! Ora dimmi… com’è possibile che l’uomo che ha il compito di proteggere mio figlio e i miei figliocci si faccia abbindolare in questo modo da un impostore

Sentii il cuore scoppiarmi nel petto per l’agitazione, ero esterrefatto dalle parole di papà, turbato per il loro significato e le conseguenze che si prospettavano, ma ancora di più dal fatto che Dumbledore non sembrasse colpito dalla piega presa dalla conversazione, anzi ne era quasi rasserenato. Mentre si avvicinava all’ingresso contro il quale mi ero appiattito io, il vecchio invitò mio padre a sedersi nell’anticamera, dopo avergli offerto del Firewhisky, che papà, ostinatamente in piedi e avvelenato, aveva rifiutato; quando chiuse la porta dietro di noi, il Preside mi passò così vicino e fissò con tale intensità il punto in cui stava la mia faccia che temetti fosse consapevole della mia presenza e decidesse di smascherarmi. Non so come riuscii a mantenere il controllo, in quei secondi interminabili, trattenni il respiro, terrorizzato, finché Dumbledore si decise a darmi le spalle ed io riuscii a scivolare lungo la parete, fino a una specie di nicchia, tremante.

    Fai attenzione, Sirius, non farti scoprire... non ora che siamo al momento della verità…

    «Salazar! Tu ne eri consapevole, è così? Che cosa diavolo stai architettando stavolta?»
    «Avevo qualche sospetto perché per giustificare il suo arrivo tempestivo ha tirato in ballo te, come se sapesse… Eppure conoscendo Sherton e conoscendo te, dubito che… siano in molti a conoscenza di… quella pergamena che hai con te, Orion. Sherton, riluttante, me ne ha fornito una copia, mesi fa: “nel caso mi dovessero accadere cose spiacevoli, affidati a Orion!” mi disse.»

Dumbledore mosse le mani nell’aria e, con un incantesimo non verbale, una pergamena, fornita di sigillo in ceralacca spezzato, si materializzò su un piccolo scrittoio; la porse a mio padre che la lesse avidamente, dopo di che, lo sguardo sospettoso, anche papà tirò fuori una pergamena dal panciotto e la porse al Preside. Si scambiarono un altro sguardo eloquente, che sottintendeva chissà quali segreti, mi chiesi perché non si parlassero apertamente, poi pensai ai Ritratti e immaginai che temessero una “fuga di notizie”.
O forse il vecchio sapeva che c’era qualcuno lì con loro?

    «Ti sarei grato se questa informazione restasse riservata!»
    «Molte persone renderanno la vita difficile a entrambi e avanzeranno le loro pretese sui tuoi figliocci, se non renderai pubblica questa pergamena, Black… capisco che sia impegnativo ma… »

Papà non disse nulla, riprese di malagrazia ciò che era suo e si avvicinò alla porta, il volto tirato, di sicuro non gli faceva piacere che il segreto, contenuto nella pergamena, fosse noto al Preside, ancor meno che Dumbledore mettesse in dubbio il suo impegno verso i figli di Alshain.

    «… devi prenderti le tue responsabilità, quei ragazzi non possono sentirsi abbandonati a se stessi… Il Daily Prophet ti ha preceduto, Orion... Avrai bollato come “sciocca diatriba tra ragazzi” la scaramuccia che hai visto, poco fa, ma quella è la prima conseguenza delle notizie riportate da quel giornale… I figli prendono quasi sempre le idee dei padri, Orion… ora può accadere di tutto.»
    «Voglio sperare che i ragazzi non siano stati informati… nessuno ne aveva il diritto… »
    «È strano vederti interessato ai ragazzi, quando ci sono aspetti della questione molto più... »
    «Non m’interessa parlare con te di ciò che reputi strano, ti ho fatto una domanda! Voglio sapere come stanno i ragazzi, voglio sapere se sono stati informati e pretendo di vederli subito!»
    «Ti dico subito che non puoi vederli... »
    «Starai scherzando? Come sarebbe a dire, non posso? Hai appena letto la pergamena, Dumbledore! Ammesso che Rigel stia riposando, perché non dovrei vedere almeno la bambina?»
    «Perché anche lei è in infermeria, adesso: le hanno detto che cosa è accaduto a Londra… »
    «Salazar santissimo… Merlino! Adesso come sta? È stato McNair, non è così?»

Lo sguardo che il preside riservò a mio padre non aveva bisogno di commenti. La collera maturò dentro di me fino al punto di scoppiare, mi morsi la mano, per evitare di prendere a pugni qualcosa. Se avessi potuto, sarei saltato alla gola di quel bullo schifoso e l’avrei dato in pasto a un Mannaro!

    «Come hai potuto vedere, è appena stato allontanato dalla scuola... »
    «Alla buon’ora! Dopo tutto quello che ha combinato da settembre a questa parte!»
    «Ascolta, Orion, capisco la tua collera ma ora dobbiamo occuparci di altro… con Pascal non sono sceso nei dettagli, non era il caso, non sa essere discreto, ma è necessario che tu sappia… il ragazzo… ha perso forza, se capisci cosa intendo… devo trovare Fear, visto che ormai il padre... »
    «Niente Fear, lo detesto! Puoi consultare il mio Guaritore personale ogni volta che ne avranno bisogno: da questo momento, qualunque siano le loro necessità, provvederò io a tutto… come fossero figli miei… »
    «Questo lo so, Orion, ma… Credo che tu non abbia capito… ricordi come hai conosciuto Alshain Sherton, quasi trent’anni fa? Temo che sia di questo che stiamo parlando, ora… »

Mio padre sbiancò, andò a sorreggersi allo schienale della poltrona più vicina, sembrava avesse preso un duro colpo alla schiena; si scolò in un solo sorso il Firewhisky che aveva disdegnato fino a quel momento, poi, un poco ripreso, zittì il Preside, con il suo sibilare rancoroso.

    «Siete un folle, vecchio! Non intendo parlarne qui, a pochi metri da un impostore! Anzi… non voglio più sentirne parlare in assoluto… mai più! Chiaro? Ci manca solo che chi ha fatto tutto questo capisca a quale di quei due poveri ragazzini deve dare la caccia!»
    «D’accordo, forse hai ragione, non ne parleremo più… ma prima è necessario prendere contatto con una persona fidata della Confraternita, perché io non so come curarlo!»
    «Credi ancora che ci si possa fidare di qualcuno? Credi che quanto è accaduto oggi non sia opera di una spia nascosta tra quei dannati Maghi del Nord? Sai che cosa si dice nel giornale? Che sia stato il fratello! Il fratello, capisci? Oggi è stato dimostrato che Mirzam Sherton non era coinvolto con il Signore Oscuro nei fatti di Herrengton, ma questo non significa che Mirzam sia dalla parte di suo padre. Le Terre si divideranno in fazioni, Albus, e quei ragazzini si troveranno in mezzo!»

Di nuovo lo stomaco mi andò sottosopra. Non potevo credere che Mirzam ripagasse in quel modo l’amore di sua sorella e la stima di suo padre. Non riuscivo a far conciliare tutto quello che ero venuto a sapere su di lui in quegli ultimi giorni, con il giovane che mi aveva aiutato, quando Rodolphus Lestrange aveva cercato di minacciarmi a Grimmauld Place per un anello. Forse però, e solo allora iniziavo a capirlo, erano diversi i loro metodi, non la crudeltà che si nascondeva dietro.

    «Chi altri lo sa?»
    «L’interessato ed io… e ora tu… dobbiamo trovare una soluzione… »
    «Non voglio scoprire se la tua intuizione è fondata, è meglio per la mia famiglia e per i ragazzi che io non sappia; e non lo saprà nessun altro… anzi… lo dimenticherai persino tu! E ora… ho bisogno di togliermi almeno la soddisfazione di smascherare quel fottuto impostore!»
    «Orion… »

Mio padre gli diede le spalle e si avvicinò alla parete dello studio: lo conoscevo, il discorso per lui era chiuso, le osservazioni di Dumbledore per lui erano inezie. Io, che non avevo capito nulla di cosa stessero parlando, infervorato com’ero contro Mirzam, mi tenni pronto per seguirli, volevo infilarmi nella stanza appena il Preside avesse aperto la porta. Se l’impostore fosse stato Abraxas Malfoy, come pensava papà, o Mirzam, come temevo io, sarebbe accaduto di tutto, ma io volevo sapere, dovevo sapere, non potevo continuare a vivere con il dubbio che mi perseguitava da settimane, anche perché era ingiusto che Meissa continuasse a soffrire per una persona, suo fratello, che non meritava nulla, tantomeno il suo affetto. Volevo le prove, poi le avrei raccontato tutto e l’avrei convinta: era meglio che Mirzam rimanesse per sempre lontano da lei.
Non pensai neanche per un istante che entrare nello studio fosse pericoloso, dovevo e volevo sapere. Rimasi perciò di sasso, deluso e infuriato, quando il Preside chiuse la porta prima che io riuscissi a passare.
Di nuovo intercettai il suo sguardo e fui certo che mi sapesse lì, in piedi davanti a lui.

***

XY
Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972
    «Spero per voi che le interruzioni ora siano finite, Preside!»

Mi ero alzato in piedi e avevo ripreso il mio mantello, appena avevo sentito schiudersi la porta dietro di me, quando mi voltai, però, rimasi sorpreso e disorientato nel vedere, davanti a Dumbledore, Orion Black. Mi sfuggì un mezzo sorriso tirato: avevo commesso una leggerezza imperdonabile affermando di aver ricevuto un Patronus da lui, come uno sciocco non avevo tenuto conto che quel pavido damerino londinese si sarebbe precipitato a Hogwarts, entro sera, e che, visto il tempo sprecato, molto probabilmente sarebbe arrivato a scuola quando ancora mi trovavo anch’io nel castello. Potevo dire addio alla mia copertura, ormai, ma dovevo tentare di arrivare ugualmente fino in fondo.

    Sai cosa c’è in ballo, a questo punto non puoi evitare di giocarti anche la carta della bacchetta…

Avevo approfittato dell’assenza di Dumbledore per assumere altra Polisucco, contenuta in una fiaschetta per l’Idromele, non correvo rischi immediati, certo, però dovevo sbrigarmi, perché per me la giornata non era ancora finita e mi restava pochissima scorta per la seconda parte della missione. Il Preside mi venne incontro, tenendo fisso su di me uno sguardo tutt’altro che bonario, Black rimase alle mie spalle, davanti alla porta, dopo avermi rivolto un saluto impercettibile, stretto tra i denti. Fu un solo istante ma, prima che il Preside chiudesse la porta, mi parve di vedere anche qualcos’altro, qualcosa di strano, una specie di pezzo di tessuto svolazzante, quasi attaccato alla porta: doveva trattarsi di un’allucinazione, o di un gioco di ombre, perché durò un solo istante.

    A meno che…

In breve non ci pensai più: mentre mi rimettevo seduto,
infatti, la mia attenzione fu catturata da Dumbledore che, già alla scrivania, ruotava la propria bacchetta in mano, indeciso sulla mossa da fare. Continuai a fissarlo in silenzio, mentre la tensione saturava l'aria e la presenza alle mie spalle di Black mi rendeva via via più nervoso.

    E invece devi assolutamente calmarti!

    «Ora che siamo tutti, compreso Black… che cosa stiamo aspettando? Avrei una certa fretta.»
    «Non ne dubito, Phelan. Al contrario di te, però, ritengo la pazienza la migliore alleata.»
    «Mi duole darvi ragione, Albus, ma è così. È tutta una questione di tempo, Llywelyn... »

Black si staccò dalla porta e avanzò, minaccioso, fermandosi a pochi passi da me, Dumbledore fece scivolare gli occhi sul mio volto, assumendo un'espressione indecifrabile: quando i miei occhi smisero di fissare i suoi, tornando alle mani, puntava la bacchetta contro di me. D’istinto, serrai la mia, nascosta nella tasca interna del mantello; Black, all’istante, mi piantò la propria tra le scapole.

    «Mi dispiace, “Phelan”, devo chiederti di consegnarmi la bacchetta, sono sorte delle… complicazioni... Cerca di capire, è per il bene dei ragazzi: data la situazione, le precauzioni... »
    «… sono d'obbligo… naturalmente... »

Estrassi la bacchetta e gliela diedi, ruotando il capo verso Black perché vedesse la mia espressione tranquilla e collaborativa: nonostante rischiassi di restare pressoché indifeso, dovevo farlo, una volta smascherato era fondamentale dare a Dumbledore un motivo per credere ancora alle mie parole e alle mie intenzioni. Rifiutare un atto come la consegna della bacchetta, che tutelava i ragazzi, solo per portare alle lunghe una posizione ormai compromessa, era fuori questione.
Lo studio era immerso nel silenzio, il Preside ruotava il legno tra le dita, studiando gli intarsi e fermandosi ogni tanto, cercava nella memoria un dettaglio che gli sfuggiva. Immaginai la sua mente analitica al lavoro, le sue conoscenze che si ricomponevano mentre valutava la bacchetta di ottimo cipresso, gli inserti argentati dell'impugnatura che la collegavano a famiglie slytherins, i tratti antichi tipici di una bacchetta “ereditata”, pratica in uso solo nelle famiglie pureblood di nobile lignaggio.

    Hai in mano la bacchetta di una famiglia slytherin, antica e nobile, legata agli Sherton: tutto ciò può ricondurre ai Llywelyn, certo, ma c’è quel piccolo, impercettibile dettaglio, proprio sotto i tuoi occhi, così in vista eppure così sfuggente, che ti manda in confusione il cervello…

Immaginai di sfiorare la piccola Runa impressa sulla punta del legno, un vezzo consueto, da secoli, solo presso i membri della Confraternita, che non accettavano altrimenti di servirsi delle bacchette.

    … tutti sanno che i Llywelyn, pur vivendo da secoli a Doire, sono tra le poche famiglie irlandesi a non essersi mai assoggettate alla consuetudine e alle leggi delle Terre del Nord…

La soddisfazione cresceva dentro di me mentre percepivo la confusione del Preside, fu difficile trattenere un ghigno compiaciuto quando mi accorsi che aveva trovato la Runa, restandone turbato.

    Ora tenterai di identificarla e quando avrai capito… stenterai ancora di più a crederci…

Dumbledore mi stampò addosso il suo sguardo indagatore: c’era arrivato subito, sapeva a quale famiglia appartenesse la Runa, ma non lo riteneva possibile e, soprattutto, si guardò bene dal dirlo ad alta voce. Se quella era la verità, si trovava nella stanza con una persona di troppo.

    … e quella persona non sono certo io…

    «Una Runa della Confraternita… ma i Llywelyn non ne fanno parte, mio caro PHELAN!»

Sorrisi a Orion che, trionfante, credeva di avermi smascherato; continuai a fissare il vecchio, che a sua volta mi rimandò un’occhiata strana. Ero curioso di vedere cosa avrebbe fatto.

    «Hai ragione, Orion, nessuno di loro ne fa parte, oltre Deidra. Quando quest'uomo mi ha dato la notizia dei fatti accaduti a Londra, mi sono chiesto quanto tempo avrebbe impiegato la Confraternita prima di muoversi e se sarebbe venuta fino a Hogwarts... Non immaginavo certo… »
    «… che saremmo arrivati per primi? Mi stupisco che ne siate sorpreso, Dumbledore: custodite i figli di Sherton, a Hogwarts. Dovevamo ottenere rassicurazioni e, soprattutto, fornirle.»
    «Non credete a una sola parola, Albus! Non lasciatevi convincere, quest’uomo mente! Cala la maschera, impostore! Se fossi membro della Confraternita, non avresti motivo di ricorrere a una buffonata!»
    «Solo i familiari possono avvicinare i ragazzi, in mancanza di documenti che stabiliscano diversamente: è questo il motivo. Mi dispiace aver tentato di ingannarvi, Albus, ma la Confraternita deve sapere. Questo stratagemma mi pone in cattiva luce, lo so, ma non c’era tempo da perdere!»
    «… e se avessi avuto cattive intenzioni, avresti preso ogni precauzione per non tradirti... »
    «Siete impazzito? Gli state credendo? È inaudito!»

Dumbledore non smetteva di fissarmi, l’espressione indecifrabile, Black, a sua volta, si era messo a controllare la bacchetta, che aveva strappato dalle mani del Preside senza tanti riguardi, solo per contestarmi. Quando mi fissò, allarmato, capii che aveva riconosciuto anche lui la Runa dei MacPherson e che, al contrario di Dumbledore, ci credeva, sebbene ne fosse deluso. Mi chiesi divertito chi si aspettasse di smascherare, di sicuro qualche avversario in affari, perché sembrava un bambino cui avessero appena negato una fetta di torta. Nessuno dei due ebbe il coraggio di chiamarmi con il “mio” nome, ad alta voce. Nessuno dei due, pur per motivi diversi, voleva ammettere che Fear avesse avuto la sfrontatezza di entrare a Hogwart. Ghignai, soddisfatto.

    «Ammesso creda a tutto questo, e non è detto che sia così, come hai detto tu, Phelan non hai titoli per informarti sui ragazzi… non posso farti avvicinare a loro, non ne hai alcun motivo! »
    «Lo farete, Albus, è interesse vostro e soprattutto dei ragazzi. Eravate insegnante di Trasfigurazione quando Alshain Sherton ha avuto quello strano incidente a scuola, tanti anni fa. E voi, Black, siete stato coinvolto in quella vicenda, vostro malgrado. Sapete entrambi di cosa sto parlando. Visto quanto è avvenuto oggi, potrebbero sorgere complicazioni simili, ammesso non si siano già verificate: potreste trovarvi, Preside, a dover intervenire e non sapere da che parte iniziare... Forse voi stesso, oggi, dopo quello che mi avete raccontato, avreste voluto contattarmi, se solo aveste saputo come fare… può non piacervi, lo so, ma avete bisogno di aiuto! Il mio aiuto… »

Vidi un'ombra passare sul volto del vecchio: avevo indovinato? Gli incidenti occorsi a Rigel, di cui mi aveva parlato, non erano di secondaria importanza come aveva tentato di farmi credere? L’erede di Hifrig si era manifestato a Hogwarts, quando Alshain Sherton si era trovato a un passo dalla morte? Non poteva trattarsi del piccolo Wezen, l’avevo visto vivo e in salute nel capanno di Amesbury, con la sorellina, mentre seguivo e spiavo Black. E non poteva essere Mirzam, altrimenti sarei già stato informato e invitato ad agire. Poteva essere solo uno dei fratelli che si trovavano a Hogwarts, di sicuro il ragazzo. Dovevo averne la prova, però, la posta in gioco era così alta che non potevo accontentarmi di una deduzione. Sbagliare, in quel momento, poteva rivelarsi fatale. Dovevo giocarmi il tutto per tutto. Misi mano al panciotto ed estrassi l'anello, lo sollevai finché fu colpito dal bagliore del candelabro, che si rifranse creando una raggera di luce dalle tonalità verdastre.

    «Ecco le mie “credenziali”, Dumbledore: l’anello del Custode di Herrengton. Confido nella vostra autorizzazione ad agire, Black: so che tenete in tasca un documento autografo di Sherton che vi nomina tutore legale, fino alla maggiore età, dei figli minorenni, siete andato a ritirarlo dal magisNotaio poco prima di venire qua, pertanto, qualsiasi decisione spetta a voi… »
    «Come diavolo fai a sapere cos’ho in tasca? Dannazione, io… »
    «Quel documento vi obbliga a fare tutto ciò che è in vostro potere per il benessere dei vostri figliocci, ovvero, in questo momento, curarli come prevede la tradizione. Avete difficoltà a riconoscere l’anello, Black? Guardatelo, è lo stesso di cui vi siete servito poche settimane fa… »
    «Non so di cosa stai parlando!»
    «Strano, l’avete giurato addirittura davanti al Wizengamot, stamani! Non perdiamo altro tempo, Black! Vi ho fatto seguire per tutta Londra da una persona fidata: prima ha assistito alla vostra testimonianza nell’Aula Dieci, poi siete andati insieme a Essex Street, lì vi siete separati… »
    «Salazar! Quel dannato Warrington! Dovevo capirlo che c’era del losco, sotto!»

Dumbledore non seguiva i nostri battibecchi, aveva preso l'anello, lo controllava con gli occhi e con il tatto, finché si fermò, pallido: non sapevo se l'avesse mai visto di persona, il fatto che per anni fosse stato in mano a Fear mi portava a credere di no, ma forse ne aveva letto un’approfondita descrizione in qualche tomo del Reparto Proibito, perché era chiaro che l’avesse riconosciuto.

    … e nel dubbio, è sufficiente osservare l'espressione atterrita di Black per esserne certi…

    «È inutile perdere tempo, Preside! È il bastardo che dice di essere: l’anello non si ottiene con la forza né con l’inganno, esercita il proprio potere solo se è ceduto volontariamente e in piena coscienza. D’altra parte, chi potrebbe divertirsi a farsi beffe di noi in un momento simile? Mentre l’erede, chiunque sia, sta lottando da solo contro la Magia di Habarcat? L’ho visto all’opera, quella notte, se non fossi intervenuto io, avrebbe lasciato morire Rigel Sherton, con la sua follia. E purtroppo, ora che nessun altro sa come affrontare questa prova, dobbiamo affidarci proprio a questo soggetto

Dumbledore annuì, sovrappensiero, ma continuò a riflettere, qualcosa lo tratteneva e non si trattava solo di sospetto nei miei confronti. Di quale altra prova aveva bisogno per fidarsi di me?

    «D’accordo. Voglio però delle rassicurazioni… »
    «Di che natura? Che cosa pretendete voi, Albus, se il tutore legale si è detto d’accordo?»
    «Voglio sapere che ne sarà dell'altro figlio e assicurarmi che la notizia non trapeli… »
    «Chiunque abbia visto Rigel in Infermeria farà le dovute deduzioni, sperare che la notizia non trapeli è pura utopia, ormai… il mio compito, poi, è solo somministrare le cure del caso.»
    «Che cosa significa? Che ve ne laverete le mani, dell’altro figlio?»
    «Non dite sciocchezze, Black! Entrambi i ragazzi sono sotto la tutela della Confraternita… »
    «Vi sbagliate, legalmente sono sotto la mia! Inoltre, fatemi capire, a che titolo ragionate come se per Alshain Sherton non ci fosse più speranza? Sembrate un branco di lupi pronti a spartirvi una carogna! Io, che sono stato sul posto, posso dire con sicurezza che i corpi recuperati non erano degli Sherton, ma di un uomo misterioso, un Mangiamorte forse, e di Emerson!»
    «Emerson? O Merlino, no! Altri due ragazzi rimasti senza padre... che terribile tragedia!»

Black mi aveva stupito parlando di Alshain in quel modo, ero certo che avrebbe subito accampato diritti sui ragazzi, se non altro aizzato da quell’arpia della moglie, al contrario le parole del vecchio mi riportarono alla realtà e a un’espressione disgustata, la stessa che avevo ogni volta che sentivo parlare di quel traditore di Emerson. Speravo tra me che stesse bruciando all’inferno.

    «Quell’uomo se l’è cercata… »
    «Cercata? Possibile che non abbiate rispetto neppure dei morti, malefico individuo? »
    «Rispetto? Per Emerson? Quanto accaduto oggi non sarebbe stato possibile senza una spia, Black! O credete che Mirzam Sherton abbia fatto ciò di cui l’accusano i giornali? Erano mesi che Alshain sospettava di Emerson, per questo è stato più semplice prendere… Quanto alla mia premura… trent’anni fa, il figlio si vide marchiato col segno di Salazar, benché il padre fosse ancora vivo. Se è come temo, Habarcat sta torturando quel ragazzino da troppe ore… »
    «E voi avete fatto di tutto per farci perdere ancora più tempo con i vostri intrighi!»

La rabbia di Black si acquietò subito, li guardai scambiarsi delle occhiate preoccupate, sentivo che la parte ardua era finita, con quell’ultima argomentazione ero sicuro di aver abbattuto le loro ultime resistenze. Orion continuò a fissare la bacchetta, rimasta in mano sua, pareva che da quel pezzo di legno potesse trarre le risposte a tutte le domande della terra. Dumbledore si era avvicinato al trespolo di Fawkes, come se si fosse accorto solo in quel momento della morte della Fenice. Lo vidi toccare la cenere, scavarci dentro con le dita, fino a far emergere la superficie liscia del nuovo uovo.

    «E se vi dicessi che entrambi i ragazzi sono stati coinvolti in episodi poco chiari?»
    «Impossibile! Non può avvenire che… aspettate: cosa significa? Cos’è accaduto a Meissa?»
    «Poco fa la bambina è stata portata in Infermeria, le hanno detto cos'è successo a Londra! Nessuno dei due stava bene fin da stamani, a causa degli avvenimenti occorsi a Herrengton, e nessuno dei due sta reagendo bene, oggi… per questo pretendo rassicurazioni per entrambi.»
    «Tutti i figli di Sherton hanno valore per la Confraternita… se voglio capire chi è tra loro, non è per escludere gli altri, ma per… ragioni di… semplice sicurezza… »
    «Ditemi… È possibile che non sia nessuno dei due?»

Black mi rese la bacchetta, doveva essere giunto a qualche conclusione, perché finalmente, dopo improperi, insulti, sarcasmo sembrava avere intenzione di sfruttare la mia presenza con argomenti logici.

    «… che entrambi abbiano solo dei normali malesseri causati dallo stress subito? E… se invece aveste ragione… potreste istruire il Preside su cosa si deve fare, senza indagare oltre?»
    «Certo, ma non ne vedo il motivo… »
    «Voi non lo vedete, eh? Meno persone scoprono l’identità, meglio è… Non credete?»
    «Lo sapremo noi tre, Black, visto che, a quanto pare, abbiamo tutti a cuore quei ragazzi!»
    «No, Black ha ragione, meno persone sanno, meglio è. Sarebbe bene che lo sapessimo solo noi due, Duncan: non voglio mancarti di rispetto, Orion, e non voglio contrastare le decisioni di Sherton, ma… nel tuo stesso interesse… è difficile arrivare a me, ancora di più a Fear, e non abbiamo neppure una famiglia di cui occuparci… mentre tu hai due figli da proteggere, oltre ai tuoi figliocci.»

    Finalmente un intervento utile, che mi consente anche di capire quanto possa fidarmi di Black… voglio vedere se coglierà l’occasione di fare ciò che è meglio per i ragazzi o per se stesso!

    «Perfetto! Perché io non lo voglio sapere. Non voglio guardare uno dei due in modo diverso rispetto all’altro. Se dovessi trovarmi nella situazione di dover aiutare uno solo dei due, non voglio essere costretto a scegliere in nome della Confraternita. Non ci riuscirei. Perciò fate ciò in cui riuscite meglio, i vostri dannati intrighi, io aspetterò qui fuori a controllare che non arrivi quel damerino di Malfoy… Sappiate, però, che d’ora in poi vigilerò su ognuno di voi e sui ragazzi… E sbrigatevi, che voglio vederli entrambi, il prima possibile!»
    «Molto bene… Avete la mia parola, Black… grazie dell’aiuto… e della comprensione

Sospirai sollevato, quando vidi Orion Black uscire dalla stanza. Fear mi aveva detto che cosa Black aveva fatto, la notte della battaglia a Herrengton, come si era scontrato addirittura con lui, solo per garantire la salvezza di Rigel. Se non fosse stato per Black, probabilmente quel ragazzino non si sarebbe salvato. Il Signore di Herrengton si fidava di quell’uomo e finora Black non aveva dato motivi per ritenere quella fiducia mal riposta, era corso ad Amesbury, a occuparsi di Deidra, aveva raccolto le raccomandazioni di Alshain e si era subito recato a Hogwarts, senza rivelare a Dumbledore cosa aveva visto. Proprio come aveva giurato di fare. E anche in quel momento, davanti a me, sembrava voler tutelare in primo luogo i ragazzi. Alshain sarebbe stato felice di sapere che la sua fiducia in quell’uomo era stata un buon investimento.
Io, al contrario, continuavo a non fidarmi, non per lui, ma per quello che la famiglia Black rappresentava per la Confraternita, per i loro antichi trascorsi e, soprattutto, per la pericolosità di certi suoi attuali membri. Rabbrividii.

    No, non è il caso di abbassare la guardia con i Black... soprattutto, non adesso!

***

Sirius Black
Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972

    «Che fine avevi fatto, sciagurato? Non ti avevo detto di controllare sempre le caviglie?»

Rischiai un infarto mentre mi muovevo guardingo, rasente la parete del corridoio del terzo piano, il Mantello sempre addosso, quando vidi ergersi un’ombra minacciosa da dietro una statua, decisa a pararsi davanti a me e a bloccarmi la strada. Di colpo mi sentii spogliato, quando James Potter levò la mano di fronte a me e tirò via il Mantello, rendendomi di nuovo visibile.

    «Salazar santissimo, James, hai deciso di farmi morire?»
    «È il minimo che meriteresti, pezzo di un incosciente… Sei stupido o cosa? Pensa se ti avessero beccato con addosso il Mantello di James!»
    «Gli dai manforte pure tu, Remus? Ma cosa vi prende?»
    «Hai pure il coraggio di chiedere e di protestare? Ti rendi conto?»
    «Bell’amico sei! Ecco cosa mi prende! Noi ti aiutiamo e tu te la fili senza dirci nulla, facendoci prendere un accidenti quando ci siamo accorti che eri sparito!»
    «Vi siete accorti subito, vedo! Tutti presi dall’adorabile Prefetto Meadowes! Gnè gnè gnè… »
    «A te invece la dolce principessina delle serpi non interessa più molto, visto che ti trovi a ben due piani da lei… sei solo un… »

Spintonai James, Potter si difese e mi spinse a sua volta, rosso in volto, ed ebbe pure la meglio.

    «Basta!»

Remus ci sibilò contro, poi ci prese per la collottola, uno per parte, e ci portò fin dietro la statua della Strega Orba, tirandoci via dal corridoio pochi istanti prima che passasse Amos Diggory, impegnato nella ronda. Mentre, attonito, cercavo di capire come avesse fatto a sentirlo, prese dalla tasca di James il Mantello e lo aprì in tutta la sua lunghezza, poi se lo gettò sulle spalle, nel tentativo di coprirci tutti e tre.

    «Venite qua sotto e state zitti! I conti li facciamo dopo, in dormitorio!»
    «No, io con questo qui, di sopra, non ci torno! Sei solo una serpe infame, Black!»
    «Smettila, James! È avvilito a sufficienza, deve essere accaduto qualcosa, guardalo!»
    «Fa sempre così, è abituato a fingere, visto i geni “nefasti” che ha… »
    «Te li do io i geni nefasti!»

Lo presi per il bavero, Remus cercò di mantenerci separati e al tempo stesso tenere alto il Mantello sopra la sua testa, in pochi secondi fummo un unico intreccio informe di mani spiaccicate sul naso, capelli tirati, tessuti stropicciati e piedi che spuntavano in ogni direzione.

    «Basta!»

Lupin, con il fiatone e uno strano colorito porpora che stonava con il pallore abituale, riprese il controllo, ci rifilò due sberle di ammonimento poi ci costrinse a nasconderci meglio sotto il Mantello in attesa che Diggory girasse l’angolo e prendesse il ramo di scale verso l’alto. Premuti contro la base della statua, sentimmo un lieve cigolio e mi parve che la gobba si muovesse.

    «Dite che qua dietro potrebbe esserci un altro passaggio segreto?»
    «Magari! Così potremmo chiuderci dentro Black e liberarci finalmente di lui!»
    «Andrei pure in capo al mondo, pur di non vedere più il tuo brutto muso da quattrocchi
    «Smettetela! Insomma, si può sapere cosa diavolo vi prende? Sirius! Eravamo d’accordo che saremmo andati di sotto da Meissa e Rigel… perché ci hai lasciati a metà strada?»

Repressi un singhiozzo, James e Remus si guardarono confusi; Potter, che dopo la zuffa aveva incrociato le braccia sul petto in segno di ostilità, si era avvicinato e mi aveva passato un braccio attorno alle spalle, per farmi coraggio. Lo fissai, non c’era più rabbia nei suoi occhi nocciola.

    «Avanti Sirius, siamo qui, dicci cos’è successo… »
    «È arrivato mio padre… Per un momento mi ero illuso che la notizia fosse falsa, non avevano ricevuto alcuna visita, non se n’era saputo nulla, ma quando me lo sono trovato di fronte… è finita… è davvero finita, capite?»

La voce mi s’incrinò, non volevo farmi vedere così, ma ero al colmo della disperazione.

    «Mi dispiace, Sirius… Scusami: dovevo immaginare che… so che ci tieni tanto a lei… doveva essere successo per forza qualcosa di… grosso… se… »
    «No, scusatemi voi, sono stato un idiota: prima di vedere mio padre era già un po’ che stavo approfittando del Mantello per muovermi per i cavoli miei… volevo fare uno scherzo a Goyle e… »
    «GOYLE? Sei veramente… Ok, Remus, ok… mi dispiace per il resto, però sei un imbecille, Black!»
    «Hai ragione, comunque ho lasciato perdere e ho seguito mio padre e Pascal dal Preside… »
    «Godric! Dal Preside? Fin dal Preside? Con il suo Mantello? Merlino!»

Chinai il capo, pronto a un’altra raffica d’insulti di James: solo ora che la stavo raccontando mi rendevo conto del casino che poteva accadere, dei guai in cui avrei messo non solo James ma anche suo padre se il Preside avesse saputo che i Potter avevano introdotto un oggetto simile a scuola.

    E visto come mi ha fissato, non è escluso che…. No, non voglio pensarci…

    «Beh… però questo dimostra senza alcun dubbio che mi sbagliavo… voglio dire… solo un vero Gryffindor avrebbe avuto le palle per compiere un’impresa simile!»
    «Non ti metterai a elogiarlo, spero! Potevate essere espulsi entrambi! E tuo padre?»
    «No, non lo elogio, resta sempre un idiota, certo, un irresponsabile, ma è un grande, dai! Vi rendete conto? L’ha fatta in barba a Dumbledore, mica a Pascal!»
    «Voi siete due folli, due pazzi, due sciagurati! Anzi no… siete proprio due assassini
    «Inoltre, se ha passato il test “Dumbledore”, significa che il Mantello è perfetto, io lo sapevo già, ora ne avete la prova anche voi: potremmo farci tutto quello che ci passa per la testa!»
    «Che cosa? Vuoi ripetere un’esperienza simile, James? Se te la sei quasi fatta sotto, prima, quando non lo trovavamo più!»
    «Ora, però, so che non è successo nulla, anzi… Pensaci, Lupin: possiamo andare ovunque! Cominceremo domani stesso, proprio da qui! Cercheremo notizie su questa statua, in Biblioteca, e se davvero c’è un passaggio segreto, col Mantello vedremo dove arriva. Porteremo anche Peter, così sarà il Battesimo dei Marauders!»
    «Non contare su di me! Non mi farò cacciare da scuola perché tu hai le rotelle fuori posto
    «Ci conto, invece! E ora avanti Black, che cosa hai sentito dire da tuo padre e dal Preside?»

Non avevo quasi sentito niente dei discorsi di James, tanto ero turbato e Potter, rendendosene conto, cercò di farmi tornare tra loro, coinvolgendomi in un nuovo progetto folle, assurdo, ma che soprattutto ci vedeva tutti insieme. Gliene ero grato, anche se avevo difficoltà a dimostrarlo.

    «… che quel bastardo di McNair è stato sbattuto fuori dalla scuola… »
    «Era ora!»
    «Sì, ma prima ha aggredito di nuovo Meissa! Che cos’è quell’occhiata che vi siete scambiati? Che cosa avete saputo voi due? Anzi, ora che ci penso... come mai siete in corridoio invece che in infermeria? E la Meadowes?»
    «La Meadowes è rimasta giù, a parlare con alcuni Ravenclaw… è successo di tutto Sirius. Non siamo riusciti a raggiungere l’infermeria, perché c’era una specie di tumulto che saliva dai sotterranei, chi era più in basso, risalendo, ci ha detto che quella tua specie di cugino, quel Rosier, aveva portato in infermeria Meissa, svenuta… »
    «Non solo... nel giornale noi abbiamo guardato solo la prima pagina… ma dentro… »
    «… pare che nella casa degli Sherton abbiano trovato morto il padre degli Emerson… »
    «Salazar!»
    «Dorcas ha spiegato il problema di Remus a Slughorn e lui ci ha procurato una pozione contro il mal di pancia, quindi ci hanno detto di tornare in Dormitorio… quando ti abbiamo visto… »
    «Perché la Meadowes non è con voi? È rimasta di sotto?»
    «Sì, pare sia amica della Emerson, è rimasta di sotto a consolarla… ci ha rispediti in Dormitorio, facendoci giurare che non ci saremmo messi di nuovo nei guai!»

Li guardai, ci guardammo, una strana idea stava aleggiando tra noi: eravamo di nuovo insieme, avevamo il Mantello, che evidentemente sapeva il fatto suo… ed io non avevo ancora visto Meissa.

    «Devo andare da lei… stavo scendendo in infermeria sperando di poterti dire che era tutto a posto e che non ti avevo cacciato nei guai… ma anche per lei… ora più che mai… deve sapere… »
    «Che cosa?»
    «Mio padre ha detto che forse è stato Mirzam… ed io non voglio che Meissa continui a soffrire e a piangere per quel bastardo

***

XY
Hogwarts, Highlands - sab. 15 gennaio 1972

    «Mi avete stupito, Fear, parlare dei fatti della Confraternita con questa leggerezza, di fronte a estranei! E pensare che Alshain Sherton ha sempre riposto in voi una sconfinata fiducia… »

Dumbledore trafficava intorno al trespolo, aveva liberato l’uovo della Fenice dalla cenere e ora se ne stava in quieta contemplazione, succhiando una delle sue dannate Api Frizzole. Io non sapevo più come contenere la mia impazienza, nel giro di mezzora avrei dovuto assumere altra Polisucco. E, anche per tutto il resto, il tempo stringeva: era necessario intervenire prima della mezzanotte.

    «Vi stupite che mi fidi di Black? Si è meritato la mia fiducia, dannandosi quella notte, nel castello, e battendosi oggi in tribunale!»
    «Ne parlate come se l’aveste visto con i vostri occhi… »
    «Io l’ho visto con i miei occhi, quella notte… »
    «Credevo vi riferiste al tribunale: anche lì, oggi, si è battuto. Ed è strano, non trovate? Di solito i Black si mostrano distaccati persino verso i propri stessi figli! Sarebbe stato consolatorio, per Sherton, rendersi conto di aver scelto così bene: ha puntato molto, se non tutto, durante l’intera vita, sulla fedeltà di quell’amico. Veramente strana la loro alchimia, considerando che, in passato, la famiglia Black è stata per gli Sherton tutt’altro che un’alleata di cui fidarsi… »
    «La preistoria non m’interessa, Dumbledore, il passato è passato, i meriti e le colpe sono personali. Quanto a me, poi, non è compito mio fare domande, il mio ruolo m’impone di prendere decisioni persino contrarie al mio sentire, se sono quelli i dettami del Signore di Herrengton… devo confidare nella sua capacità di riconoscere i veri amici e di capire ciò che è meglio per le Terre… »
    «Non sarà facile, d’ora in poi: se il testimone è passato a uno dei ragazzi, ci vorranno anni prima che diventi una guida per le Terre e non soltanto un giovane da istruire e da guidare. Ci sarà molto potere concentrato nelle mani di chi se ne prenderà cura e a quanto pare questo qualcuno sarà proprio un Black. Nonostante tutto, la Confraternita dovrà valutare attentamente la… preistoria… »
    «Eventi straordinari richiedono azioni straordinarie, persino alleanze straordinarie... »
    «Occorre fare molta attenzione con le alleanze, quando c’è in gioco una posta simile: è stata letale, per Sherton, la decisione di allearsi con un Ministro babbanofilo come Longbottom… un uomo come voi, Mac Pherson, fanatico cultore del Sangue Puro, sarà rimasto a dir poco inorridito!»
    «Come Mago del Nord, è vero, non apprezzavo l’apertura di Sherton al Ministero, fatto d’individui capaci solo di recare danno alla Confraternita e mettere a rischio i diritti dei Maghi purosangue… Non tutti, però, sono uguali, persino voi, che non siete esattamente un esempio di rispettabilità ai miei occhi… vi ho apprezzato oggi, la vostra onestà nel cercare di aiutare un innocente ingiustamente perseguitato... Allo stesso modo, pur a malincuore, come molti altri di noi, ho apprezzato il tentativo di Sherton e Longbottom di far convergere le nostre strade diverse, quasi opposte, verso un fine comune... »
    «Stento a credere che potesse esserci un fine comune, tra voi… »
    «Ne siete sicuro? Herrengton vuol tenere il Signore Oscuro lontano dalle Terre: non sarebbe interesse anche vostro? Non sarebbe, questo, un argomento su cui trovare punti d’accordo?»
    «Credevo fosse compito della Confraternita abbracciare l'erede di Salazar e riaccoglierlo a Herrengton: il Signore Oscuro si propone proprio come l’erede di Salazar Slytherin. La brama di potere si era così radicata in Sherton da mettere fine a una lealtà millenaria e tentare di sovvertire l’ordine delle cose? Ora capisco perché ha scatenato il tradimento di alcuni dei suoi confratelli!»
    «Erede di Salazar Slytherin il Signore Oscuro? Lo credete davvero, Dumbledore? Nessun erede di Salazar annovererebbe tra le sue fila lupi mannari e altri abomini del sangue! Nessun erede di Salazar avrebbe alzato la mano contro i figli di Herrengton! È per questo che le Terre non si aprono a lui come dovrebbero di fronte all'erede, anzi… Habarcat non lo riconoscerà mai! È indegno delle Terre, delle antiche tradizioni, di tutto ciò che rappresentiamo... il Signore Oscuro è solo un impostore assetato di sangue e di potere... Un impostore che va fermato!»

Dumbledore andò a rimestare il fuoco nel caminetto, pensieroso, poi si avvicinò, mi fissò, mi offrì ancora una volta qualcosa dal suo dannato cestino dei dolcetti, che io rifiutai, irritato.

    «Avrei voluto sentire queste parole dalle labbra di Alshain Sherton, ora non ci troveremmo a piangere tanti morti, le tante occasioni perse, le tante opportunità sprecate… »
    «Parlate con cognizione, Dumbledore: la superficialità mostrata in passato con il Lord Oscuro vi brucia ancora, i fatti odierni sono causati anche dalla cecità di allora... Sentite il peso della colpa? Se foste stati tutti più guardinghi, quando quel Mago si è presentato a Hogwarts... Eppure potreste iniziare a redimervi aiutandomi: io sono qui per i ragazzi, ricordate? Non per chiacchierare con voi. Si può sapere che cosa aspettiamo ancora?»

Vidi le sue guance incartapecorite, sotto la folta barba, bruciare di disagio. L’occhiataccia che mi riservò, però, era tipica dell’uomo astuto che sapevo di dover temere.

    «Aspettiamo che la Polisucco che avete assunto mentre ero nell’altra stanza finisca il suo effetto, o che vi stanchiate di perdere tempo e iniziate a giocare a carte scoperte… »
    «Non so quale altra prova della mia sincerità potrei concedervi, Dumbledore: avete visto l’Anello e la Bacchetta, anche Black ha confermato chi sono.»
    «Black era talmente terrorizzato all’idea di trovarsi di fronte il vecchio MacPherson che ha perso di vista alcuni elementi fondamentali. Sincerità e fiducia, dite? Potreste iniziare a mostrare il vostro vero volto, Jarvis Warrington, poi potremo riparlarne!»

Non me l’aspettavo, non mi aspettavo neppure che sarebbe stato così diretto, quando ci fosse arrivato. Non riuscii a reagire subito, se non con una risata nervosa, sentivo il respiro corto come quando Mastro Filch mi aveva scoperto nel sottoscala a…

    «Non so di cosa stiate parlando… »
    «La recita è durata abbastanza, non credete? C’è un ragazzino che ha bisogno del nostro aiuto. Da quello che dite, entrambi vogliamo fare qualcosa per lui. Non solo… voi volete portare avanti anche il progetto di Sherton e di Longbottom contro il Signore Oscuro. Parlate a nome vostro, Warrington, della vostra famiglia, o del Signore di Herrengton? Vi ho posto più di una trappola e mi avete tenuto testa abilmente, non vi credevo così esperto, soprattutto vista la vostra età.»
    «Eppure mi sono tradito… »
    «Non per colpa vostra, ho sempre saputo che eravate voi, fin dal primo momento, grazie a quest’oggetto, un “rivelatore d’inganni”: è uno degli strambi macchinari fabbricati da Moody, è fissato nel voler vedere al di là dell’apparenza… »

Fissai quella che pareva un’antenna da radio babbana, divenni porpora per la stupidità con cui non avevo tenuto conto di una variabile così prevedibile.

    «Dannata robaccia filobabbana! Se sapevate, perché avete sostenuto questa recita fino ad ora? Potevate mandarmi in gattabuia subito o comprendere prima e aiutarmi a risparmiare tempo!»
    «Volevo vedere in quale direzione sarebbe andata la nostra conversazione, volevo valutare la vostra sincerità: di solito i signori di Herrengton si riempiono la bocca di parole altisonanti e non fanno che traviare e manipolare giovani menti... »
    «Parole piene di enfasi, Dumbledore! Perché non fate quest’osservazione a voi stesso? Se il mio Maestro fosse come voi dite, dovreste capirlo: non siete voi un uomo simile? Non perseguite, anche voi, la strada del Bene Superiore? Costi quel che costi? Non siete abituato a traviare e manipolare chi fa l'errore di avvicinarsi troppo a voi?»

Vidi di nuovo un'ombra fosca nello sguardo del vecchio, le mie parole, altezzose e sprezzanti sembravano provocare in lui delle emozioni che non avevo previsto. Sarebbe stato interessante sfruttare quell'isperata debolezza, scavare a fondo e trovare appigli per i miei scopi, ma non c'era tempo. Sollevai la mano e cancellai per alcuni istanti gli effetti della Polisucco, il tempo di confermare la mia identità e subito riprendere la mia copertura: non era a lui che avevo cercato di celarmi, non aveva nulla da temere e nulla avevano da temere i ragazzi, che anzi erano sotto la mia custodia.

    «Sei un giovane onesto e insospettabile, Jarvis… ma appunto... sei molto giovane, ancora… perché la Confraternita ha mandato una persona inesperta e piena di responsabilità verso la propria famiglia come te, per un compito simile?»
    «Non è stata la Confraternita, ma Sherton stesso, il mio Maestro: è stato lui in persona a darmi questo compito, mesi fa, mi ha convocato, in una località molto particolare per la mia gente, ed io sono rimasto sorpreso e incuriosito. Quando ho sentito di cosa si trattava, mi sono anche spaventato, è vero, al punto che ho considerato per giorni l'idea di rifiutare, di sottrarmi; il mio nome e il mio sangue mi avrebbero imposto, prima o poi, una serie di responsabilità, lo sapevo, ma non pensavo che sarebbe avvenuto tanto presto. Non mi sentivo pronto ma, alla fine, ho accettato l'Anello e con esso il mio Destino, non perché fosse un'eredità della famiglia o perché, presto o tardi, sarei stato chiamato. Ho accettato perché era il mio Maestro a chiederlo, l'uomo che mi ha salvato la vita, che mi ha mostrato come guardare dentro me stesso, come far uscire la forza dalla paura e dall'insicurezza… Mi ha scelto, ricordandomi che le forze necessarie erano già in me.»
    «Aveva iniziato a educare personalmente i propri discepoli, dunque… Tutti giovani… tutti molto giovani… lo stesso Mirzam Sherton… che ha sottratto la Fiamma e l'ha nascosta, fuggendo lontano dal Signore Oscuro, non dal Ministero... per far questo aveva bisogno dei servigi del Custode, l'unico che giuri fedeltà a costo della propria vita... Fear è sparito, è partito con lui ed è rimasto con lui... Così serviva qualcun altro a difesa di Herrengton... uno dei nipoti del Venerabile… »
    «Abbiamo finito con le chiacchiere? Avevate detto che mi avreste aiutato!»
    «Sherton aveva previsto tutto, non è così? Nulla di quanto sta accadendo oggi è frutto del caso, lui era pronto e ha lascato indicazioni su come reagire. Più di una volta ti sei interrotto su questo punto, parlando del tradimento di Emerson, del fatto che avesse preso contromisure… persino la pergamena fatta ricevere a me… Agisci come se sapessi…anzi tu sai più degli altri… »

Sorrisi.

    «Preside, per favore, non fingetevi ingenuo… I giocatori in campo sono tre: per il bene dei ragazzi, occorre che Ministero e Signore Oscuro non sappiano i movimenti della Confraternita... caso diverso il vostro, che aiutando Mirzam, di vostra iniziativa, avete lasciato intendere che potreste esserci utile… È vero, Sherton ha approntato accurate misure di difesa, per tutta l’estate ha lavorato nella casa, consapevole che era il punto più indifeso, quello in cui il Lord sarebbe riuscito ad attaccare. Per lo stesso motivo, ho seguito da subito Orion Black, fino al rifugio in cui si nascondono gli Sherton... »
    «Nascondiglio? Sono vivi?»
    «Sì... feriti ma vivi... Tutti... e con loro c’era Black... »
    «Era a lui che ti celavi… era lui che spiavi… ma perché?»
    «Come avete detto… visto quanta fiducia è stata riposta in un Black, in un frangente così importante, è giusto controllare il suo modo di agire, una volta sparito l’amico fraterno… »
    «Comprensibile… dunque sta andando tutto secondo i piani di Sherton, visto che Alshain è vivo... e Black si comporta con lealtà... »

Chinai lo sguardo e infine mi arrischiai a bere un po’ del Firewhisky che mi era stato offerto. Sentii un brivido lungo la schiena. Avevo paura di dire ciò che pensavo, molto più di quanta avevo provata fino a quel momento, recitando quell’assurda parte.

    «Perché sei così preoccupato? Temi l'ira del Signore Oscuro?»
    «Temo… non ci sia motivo d’ira per il Signore Oscuro... »
    «Che cosa vorresti dire?»
    «Temo che il mio Maestro non si sia liberato da solo, ma sia stato lasciato andare dal Lord... Temo sia stato Imperiato o ricattato e se i piani di Sherton, le sue conoscenze, i suoi segreti, fossero ormai noti al Signore Oscuro... allora saremmo tutti in pericolo e Herrengton cadrebbe… »
    «Capisco… L’unica cosa che Sherton non sa è chi dei suoi figli è… ma a questo punto la rosa si è ristretta ai tre più grandi… tu non puoi contattare Fear e sapere che ne è di Mirzam, per non rischiare di compromettere la loro copertura, se qualcuno ti tenesse d’occhio… ma puoi controllare i figli che si trovano a Hogwarts… Hai assunto le vesti di un parente per questo, così se qualcuno ti avesse notato qui… non avrebbe pensato ci fosse qualcosa di strano in questa visita… »
    «Ho bisogno di tutto l'aiuto che potrete darmi, sì… »
    «… perché devi affrettarti a spostare la Fiamma… si trova ancora qui, in Scozia... prima che il Lord sfrutti ciò che ha carpito a Sherton… »

Cercai di guardare il vecchio esprimendo tutto il mio orgoglio e un senso di irridente sfida. Oltre all’urgenza e alla necessità che mi mozzavano il fiato.

    «Non c’è bisogno che sia io a dirvi che cosa accadrebbe a tutti noi se quel folle assassino riuscisse a mettere le mani sia sulla Fiamma sia sull’Erede, Dumbledore. Il piano di Sherton prevedeva che nessuno dei due sopravvivesse… e invece sono entrambi vivi… Ora… io non so cosa sia successo a Sherton, forse è riuscito davvero a fuggire con le sue sole forze, ma devo ragionare e agire secondo le ipotesi peggiori, anche perché ha intimato a Black di non rivelare che è ancora vivo… Questo silenzio, questa incertezza, potrebbe spingere le Terre a dividersi in fazioni, come stamani si è già divisa la Casa degli Slytherins, in occasione del processo… Io vorrei evitare che la Fiamma e i ragazzini finissero travolti dagli eventi o, peggio, attirati dalla parte sbagliata, quando fiamme e sangue incendieranno le Terre del Nord… »


*continua*



NdA:
Saluto tutti e ringrazio per letture, recensioni, seguito, ecc ecc. e approfitto per farvi fin da ora i miei auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Il nostro Impostore è un personaggio su cui da tempo volevo scrivere e ho pensato che fosse la voce migliore per svelare un po' di retroscena su quello che sta accadendo. Come nello scorso capitolo, si stanno dipanando gli schieramenti, in particolare si accenna ai trascorsi tra Alshain e Longbottom e al piano di Sherton di uccidere il Lord (povero illuso)... Come "Dono di Natale" ho inserito le disavventure di Sirius, dando al nostro Felpato modo di sbirciare non visto anche "papino"... spero abbiate apprezzato i cenni ai trascorsi del giovane Orion. Per le indicazioni riguardanti Hogwarts, mi sono servita della pagina di HPlexicon dedicata al castello. Ho inserito anche il personaggio di Dorcas, su cui sto lavorando da alcune settimane, nei prossimi capitoli arriveranno altri personaggi (ma non ci saranno nuovi POV). Un bacione, non strafogatevi di panettone e naturalmente BUONE FESTE!!!
A presto.
Valeria


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