Missing Moments Quest
Emma Smith e il servizio da
tè stregato
« Si occupa di oggetti di Babbani,
appartenenti a maghi che li hanno
stregati per impedire ai Babbani di usarli di nuovo. L’anno
scorso, per
esempio, è morta una vecchia strega e il suo servizio da
tè è stato venduto a
un negozio di antiquariato. Lo ha comprato una Babbana, se lo
è portato a casa
e ha cercato di servirci il tè a degli amici. È
stato un incubo… papà ha dovuto
fare straordinari per settimane intere ».
« Che cosa è successo?
»
« La teiera era impazzita e schizzava
tè bollente dappertutto, e un
signore è finito in ospedale con le pinze per lo zucchero
appese al naso. Papà
ha lavorato come un pazzo, in ufficio ci sono soltanto lui e un vecchio
stregone di nome Perkins, e hanno dovuto fare Incantesimi di Memoria e
ogni
sorta di artifici per mettere a tacere la cosa… »
♠
Emma
Smith aveva trentacinque
anni, un lavoro soddisfacente alla H.C. Clements e un villino piccolo
– ma
accogliente – nella periferia di Londra, che i suoi genitori
le avevano
lasciato prima di trasferirsi nello Yorkshire. Tutto sommato non poteva
lamentarsi della sua vita, nonostante l’assenza di un
compagno si facesse
sentire a ogni risveglio.
Già,
Emma Smith era felice di
passare le giornate divisa tra il lavoro e i gatti che accudiva nel
giardino –
e che misteriosamente crescevano di numero almeno una volta al mese.
C’era solo
una cosa che non sopportava e sapeva che non avrebbe mai imparato a
farlo: le
visite degli amici.
♠
Quando
Emma andava al college, si
era circondata di un gruppo di quattro ragazze meno emarginate di lei.
Le era
sempre pesato sentirsi anonima, con
quegli occhiali spessi e quei monotoni capelli castani che le
ricadevano sulla
schiena come spaghetti crudi, e la sua timidezza finiva inevitabilmente
per
costringerla a passare le feste seduta in un angolo o a seguire le
lezioni
senza alcuna compagna con cui chiacchierare. Era per questo che, anni
dopo,
aveva cominciato a sentirsi in dovere di invitare le sue amiche del
college a
prendere il tè ogni tre mesi esatti, per ringraziarle di
essere state le uniche
a farla sentire amata.
Tuttavia
quelle visite erano
ormai da tempo divenute più che fastidiose per Emma, che
aveva cominciato a
sospettare, col senno di poi, che le quattro inseparabili amiche
l’avessero
accettata nel gruppo solo per evitare di decidere quale fra loro fosse
la più sfigata. Da
quando altri quattro
buoni partiti “avevano messo loro l’anello al
dito”, Miriam, Rachael, Naomi e
Kelly avevano smesso di chiamare Emma per uscire a fare shopping
– non che a
lei questo recasse troppo dispiacere – o per lamentarsi al
telefono di quanto
il ragazzo di turno le facesse soffrire perché
«Non mi vuole comprare un
delfino, capisci?!» La conseguenza peggiore dei loro
matrimoni, però, era
l’eccessiva euforia con cui le quattro amiche non
dimenticavano mai di
raccontare i loro stralci di vita quotidiana: quanto i loro mariti le
amassero,
quali regali avessero ricevuto il precedente Natale, dove avrebbero
passato le
vacanze estive… E, di nuovo, quanto fossero amate.
Se
era massacrante per Emma mantenere
il sorriso durante i loro eccitati resoconti, però, lei non
poteva che
ritenersi fortunata di ascoltarli; infatti le uniche occasioni in cui
le donne
tacevano era quando si presentavano con l’intera famiglia,
elargendo baci e
altre effusioni d’affetto ai “perfetti e
straordinari” mariti.
Quel
giorno, un luminoso
pomeriggio primaverile, Emma stava preparando il salotto per accogliere
i suoi
numerosi ospiti. Aveva comprato il nuovo servizio da tè in
un piccolo negozio
dalle parti di Piccadilly Circus, un acquisto che le aveva dato
quell’orgoglio
che non poteva ottenere dal compagno che la vita ancora non le aveva
presentato. Sistemò con attenzione la teiera e le tazze sull'unico vassoio
d’argento che possedeva, pregando in silenzio che le
porcellane fossero al
sicuro dall’assalto delle piccole pesti che le coppie
avrebbero portato con sé.
♠
«Emma,
tesoooooroooo!»
Infondendosi
una gigantesca dose
di calma e coraggio, Emma si lasciò stritolare
dall’abbraccio di Naomi, mentre
i suoi cuccioli di chihuahua scattavano nel villino alla ricerca di
gatti da
mandare imperiosamente via. Subito dopo Naomi comparve Rachael, mano
nella mano
con i due gemelli di sei anni che imbronciati si mettevano le dita nel
naso e
tentavano di togliersi dalle grosse orecchie a sventola tutto il cerume
possibile; un altro respiro profondo ed Emma si chinò a
lasciare sulle loro
guance rosse un paio di baci, che i bambini si sbrigarono a
“cancellare” con
una rapida passata di mani. Miriam si complimentava con Kelly della
nuova
misura del suo seno e si lamentava di avere raggiunto la taglia 42 a
causa del
parto, ricordandosi in quel momento di avere lasciato in auto la povera
neonata; dietro di loro la fila dei mariti chiudeva il corteo, tutti
troppo
impegnati a parlare di football per salutare la loro ospite.
«Come
stai, carissima?» chiese
Kelly, posando una guancia coperta di fard su quella di Emma.
La
padrona di casa si sforzò di
sorridere mentre si sistemava gli occhiali. «Molto bene. In
ufficio mi hanno appena
dato una prom-»
«Hai
visto che ottimo lavoro ha
fatto il dottor Bosomy? Tocca pure, ho messo questa scollatura
vertiginosa apposta
per farti sentire com’è sodo il mio seno
adesso!»
Emma
si morse le labbra e, suo
malgrado, si costrinse a posare la punta di due dita sul petto di
Kelly, che
pareva avere l’intenzione di scoppiare da un momento
all’altro.
«Sono,
ehm… È un ottimo lavoro,
già.»
«Se
solo il Chelsea non avesse…
Ehi, cosa stai facendo a mia moglie?»
«Scusa,
Rob, volevo solo…»
«L’hai
costretta a toccarti le
tette, eh?» Il marito di Kelly la baciò sulle
labbra, ridendo, ed Emma si
chiese quanto dovesse essere fastidioso togliersi tutto il rossetto che
sarebbe
finito anche sulla sua bocca.
«Mamma,
ho fame!» piagnucolò uno
dei due gemelli di Rachael, tirando la gonna della madre.
Emma
si chinò, riflettendo
attentamente su quale dei due potesse essere, poi notò il
neo sul mento del
bambino. «Adesso ti porto un po’ di biscottini,
Will.»
Per
tutta risposta, il piccolo
William aggrottò la fronte, si nascose dietro la gonna di
Rachael e le fece una
linguaccia. Emma sospirò: aveva cercato di essere gentile
con una di quelle due
piccole pesti e tutto ciò che aveva ottenuto era stata una lingua rossa e piena di
saliva. La prossima
volta avrebbe direttamente servito la testa di William sul vassoio del
tè.
Rachael
ridacchiò e mise tra le
mani di Emma la nuova borsa di Gucci, prima di urlare ai due gemelli,
che
avevano già cominciato a correre per la casa:
«William! Harry! Andiamo nel
salotto, così la zia Emma vi dà una fetta di
torta!»
«Rachael,
io non ho nessuna…»
«Oh,
ma lo so: è per questo che
ho mandato mio marito a comprarne una prima di arrivare qui. So che non
possiedi alcuno spirito di organizzazione.»
E,
con quelle ultime parole
condite da uno sguardo di compatimento, Rachael seguì gli
altri invitati in
salotto, lasciando Emma a rimuginare sulla grandezza del vassoio da
comprare
per il giorno in cui avrebbe servito a se stessa le teste delle sue amiche.
♠
La
casa di Emma era più grande
degli appartamenti in cui vivevano le sue compagne di college, ma loro
potevano
sempre vantare una seconda abitazione al mare o in montagna
– oppure al mare
e in montagna. Tuttavia lei non
avrebbe scambiato quel villino a schiera con nessun’altra
casa al mondo, che
fosse a Piccadilly Circus o nelle splendide Costwolds. Amava abitare
lì, tra
quella carta da parati con i fiori – così kitsch,
la riteneva Naomi mentre metteva i suoi due chihuahua nella borsetta
– e la
cucina anni settanta; era gelosa di ogni parte di quella casa e vederla
assaltata,
ogni tre mesi, da quella tribù scalmanata e con la puzza
sotto il naso la
rendeva inquieta, facendola sospirare più del dovuto.
Sperava solo che il nuovo
servizio da tè sarebbe stato al sicuro dalle manacce di quei
bambini irrequieti
e dal seno prorompente di Kelly.
Gli
ospiti sedevano nel salotto del
villino, occupando i divani, le poltrone e anche le sedie,
cosicché Emma era
costretta a stare in piedi; ogni tanto rivolgeva un’occhiata
ai chihuahua che
rincorrevano i suoi gatti, desiderosa di far cadere per sbaglio il
tè bollente
sui loro fastidiosi testoni, ma alla fine demordeva per evitare che il
marito
di Naomi – illustre avvocato – le facesse causa per
il male fatto alle “loro
adorate bestioline”. Quello che stavano soffrendo i suoi
gatti, però, non
pareva essere degno di una causa in tribunale.
«Hai
sentito di Caroline? Santo
cielo, non so come le vengano certe idee per attirare
l’attenzione» disse
Kelly, chinandosi per afferrare una pasta dal tavolino. Il suo seno
minacciò di
straripare dalla scollatura e attirò l’attenzione
famelica dei mariti delle sue
amiche.
«Che
le è successo?» chiese Emma.
Ricordava Caroline come la ragazza più pettegola del
college, in grado di
sapere tutto di tutti e non riuscire a tenere per sé
neanche ciò che la
riguardava.
«Oh,
adoro questa storia!»
esclamò Naomi, sistemandosi meglio sul divano di tweed
verde. «Va in giro a
raccontare che suo figlio è in grado di muovere gli
oggetti.»
«Ma
lo può fare anche Lola!»
Miriam sgranò gli occhi, sorridendo e indicando la neonata
che teneva tra le
braccia.
Naomi
sospirò. «Non toccandoli.
Secondo quella matta il
figlio ha fatto volare dalla finestra lo stereo, perché
“non gli piaceva la
musica che ascoltava la madre”.»
Gli
occhi di Miriam erano
incredibilmente diventati più grandi. «Ma
non è possibile!»
«No,
certo che no, per questo si
sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa pensa che sia
suo
figlio, un mago?»
«Devo
scriverlo subito a Tom.»
«Ehm…
Miriam…» disse Emma,
guardando il marito di Miriam che sedeva dall’altro lato
della stanza, immerso
in una discussione con gli altri uomini – quando il seno di
Kelly non attirava
la loro attenzione. «Non credo ci sia bisogno di mandargli un
messaggio.»
Ma
Miriam aveva già estratto il
cellulare dalla tasca e, tenendo in bilico la sua bambina come se fosse
una
bambola di pezza, stava componendo il numero del marito. Tom ricevette
immediatamente il messaggio e, dopo averlo letto, ridacchiò
come un gorilla e
si immerse di nuovo nella discussione.
«Uomini:
quando c’è di mezzo il
football non si accorgono di altro» si lamentò
Kelly, che dal modo in cui aveva
accavallato le gambe nude sembrava invece più che
consapevole di poter spostare
l’interesse maschile su di sé in poche semplici
mosse. «A proposito di uomini,
Emma…»
“Oh,
no.”
«Già»
la interruppe Rachael. «Che
ci racconti di bello? Harry, lascia stare quel gatto, probabilmente ha
la
rogna!»
«Pallino
non ha la rogna!» sbottò
Emma.
«E
allora come spieghi quelle
macchie rosse?»
«Quella
non è rogna, è il suo
pelo!»»
Naomi
storse il naso. «Che brutto
gatto ti sei scelta, tesoro. I miei amorini sono bianchi e lisci come
questa
porcellana, non hanno neanche un’imperfezione.»
“Oltre
a somigliare un topo con
la testona di un imbecille?”
«Uh,
a proposito, eccoli lì:
cuccioli, smettete di fare la pipì sul tappeto della zia
Emma, altrimenti dovrà
pulire ben due volte prima della nostra prossima visita… Non
aspetti nessun
altro qui, vero?»
Emma
era stanca. Era stanca delle
insinuazioni delle sue amiche, era
stanca dei topi che spaventavano i
suoi gatti, era stanca di quei demonietti vestiti da bambini che si
lanciavano le
cornici con le foto della sua famiglia… Era stanca e pronta
a dirne quattro a
tutti loro, prima di cacciarli da lì con un calcio sul
sedere – avvocati,
dentisti e figli di papà – e molto probabilmente
lo avrebbe fatto, se la teiera
che Tom aveva in mano non si fosse messa a fischiare.
Gli
sguardi di tutti si
spostarono su di lui. Tom scrutava la teiera con
un’espressione confusa, ma la
sorpresa non gli impedì di riprendere a versarsi da bere.
Fu
allora che lo spettacolo ebbe
inizio.
Tutto,
per Emma, avvenne con
estrema lentezza. Il tè schizzò dal beccuccio e
colpì Tom in pieno volto,
facendolo gridare, poi la teiera cominciò a ruotare su se
stessa e a mandare
liquido bollente addosso agli altri invitati. Uno dei chihuahua di
Naomi trovò
l’uscita del villino e si salvò, ma
l’altro fu messo al muro da una tazza
apparentemente furiosa che minacciava di colpirlo sulla testona quando
lui
tentava di scappare o ringhiargli contro; un’altra tazza
aveva preso di mira
Kelly, rovesciando il tè sul suo seno appena rifatto.
Miriam, che le sedeva
accanto, schizzò in piedi terrorizzata ed Emma ebbe la
prontezza di afferrare
la piccola Lola prima che cadesse a terra; senza preoccuparsi della
figlia, Miriam
era schizzata via come il cane di Naomi, strillando e agitando le mani
fra i
capelli tinti di biondo. Rob, insieme agli altri due uomini ancora
illesi,
tentava di salvare la situazione, ma le pinze per lo zucchero lo
avevano preso
di mira e si erano lanciate contro il suo naso, che ora stringevano
sempre più
forte. Rachael nel frattempo gridava alla ricerca dei suoi bambini, che
ritrovò
infine in lacrime, spaventati dalla teiera che volava sopra le loro
teste.
Emma
osserva la scena nascosta
dietro il divano, con Lola tra le braccia e un solo pensiero in testa:
“Sto
diventando più pazza di Caroline!”
♠
Quarantacinque
minuti dopo la
situazione sembrava essere stata domata. Il seno di Kelly aveva di
nuovo
bisogno del dottor Bosomy, uno dei chihuahua risultava ancora disperso
e Rob
era stato portato via d’urgenza perché le pinze
non accennavano a lasciare il
suo naso, ma le urla erano cessate. I due uomini di mezza
età che si erano
presentati come “funzionari del Ministero della Magia,
Ufficio per l’Uso
Improprio dei Manufatti dei Babbani” avevano stipato in
cucina tutti gli ospiti
per calmarli e puntare contro di loro un bastoncino di legno; si erano
occupati
anche del servizio da tè “stregato”
– questa era una loro definizione –
finché
non erano riusciti a renderlo innocuo.
«Ci
ha chiamati la sua vicina»
aveva spiegato a Emma l’uomo con i capelli rossi.
«È una strega.»
Emma
non riusciva ancora a
comprendere perché quel funzionario avesse dovuto chiamare
la sua vicina
“strega”, dal momento che invece le aveva fatto un
grande favore; d’altronde
erano parecchie le cose che non riusciva a capire al momento.
Perché il
servizio da tè fosse impazzito, come mai la sua vicina
avesse il numero del
Ministero della Magia, cosa diavolo fosse il Ministero della Magia e
perfino se
la storia di Caroline su suo figlio fosse vera.
Quando
il funzionario più anziano
entrò nel salotto per riparare con un colpo di bastoncino i
danni che la
teiera, le tazze e l’agitazione generale avevano provocato,
trovò Emma sul
divano, intenta a cullare la piccola Lola: sua madre era in cucina,
più
interessata allo stato della sua borsetta che a quello della bambina, e
suo
padre recava un’ustione di primo grado sul viso – e
per questo si stava facendo
spalmare una crema dall’uomo con i capelli rossi.
«Va
tutto bene?» le chiese il
funzionario, sistemandosi gli occhiali e avvicinandosi a lei.
«Non
ci sto capendo un cazzo.
Ops, scusi.» Emma arrossì, poi sorprendendo
perfino se stessa scoppiò a ridere.
L’uomo
aggrottò la fronte.
«Cosa…? Perché ride?»
«Oh,
doveva vedere la faccia di
quelle oche! E i mocciosi che si sono pisciati addosso, poi!
Dovrò ripulire, ma
ne è valsa la pena!»
«Sapeva
che quel servizio da tè
era stregato?»
«Non
so nemmeno che cosa intende
lei per “stregato”. So solo che questa è
stata la migliore ora del tè da anni!
Naomi e le altre smetteranno di farsi vedere da queste parti per un bel
po’…»
«Non
ricorderanno niente.»
Emma
si interruppe. «Scusi?»
«Il
mio collega e io stiamo
facendo ai suoi ospiti un Incantesimo di Memoria, in modo che possano
dimenticare l’esistenza di un mondo magico oltre a quello
Babbano.»
«Ba-che?»
Il
funzionario sorrise. Sembrava
esausto, ma quel sorriso stanco fu un toccasana per Emma.
«Babbani, coloro che
non hanno la magia.»
«Quindi…
Quello era davvero un
servizio da tè stregato?»
«Già.»
«E
lei è un…»
«Mago,
sì.»
Emma
rimase in silenzio,
riflettendo. «Anch’io dovrò dimenticare
tutto?»
«Temo
di sì.»
«Ma…
perché?»
«Sono
le regole del Ministero: la
magia deve rimanere nascosta ai Babbani.»
«A
tutti?»
«Beh,
ad alcuni di loro.»
«Quindi
non a tutti, signor…»
L’uomo
sorrise ancora
stancamente. «Perkins. John Perkins.»
«E,
signor Perkins… Non potrebbe
fare un’eccezione per me? Le prometto di tenere la bocca
chiusa!»
«Senta,
io non…»
«Sono
solo una trentacinquenne
che vive con otto gatti, che interesse avrei a farmi prendere ancora di
più per
matta? La prego, voglio ricordare questo giorno, non mi divertivo
così tanto da
una vita.»
Emma
lo fissò negli occhi chiari,
sperando intensamente che John Perkins esaudisse il suo desiderio, ma
mentre
l’uomo stava per aprire bocca il suo collega comparve sulla
soglia del salotto.
«Hai
finito, Perkins? Sto
portando i Babbani fuori di qui: ho eseguito gli incantesimi su alcuni
di loro
per rimandarli a casa, però per gli altri ho bisogno di te.
Alcuni devono anche
essere portati al San Mungo insieme all’uomo con le pinze sul
naso. Oh, Molly
sarà furiosa: mi aveva preparato il roast beef per
cena!»
«Devo
solo fare un Incantesimo di
Memoria sulla padrona di casa, poi ti raggiungo» Quando
l’altro ebbe lasciato la
stanza, John si piegò su Emma e sussurrò:
«Sono stanco e sto già facendo gli
straordinari, non posso perdere tempo a discutere. Goditi un paio di
giorni di
ricordi… beh, felici… Poi tornerò per
farti l’incantesimo. Siamo d’accordo?»
Emma
annuì, soddisfatta.
«D’accordo. Ah, questa bambina non è
mia, appartiene all’uomo con la faccia
ustionata!»
John
afferrò Lola, sorrise e uscì
dalla casa.
♠
Emma
ricevette una visita da John
Perkins tre settimane dopo.
Lo
aveva visto arrivare dalla
finestra della cucina. In quei venti giorni, si era preparata a
dimenticare
tutto l’imbarazzo provato da quelle oche che per anni aveva
considerato amiche,
senza neanche appuntarsi una parola di ciò che era accaduto
per non rischiare
di prendere se stessa per una folle visionaria, e ora era pronta ad
aprire la porta
e a perdere un pezzetto di memoria. John, tuttavia, si tolse il
cappello e si sedette
in salotto, discutendo del più e del meno, del tempo e della
sua famiglia, del
lavoro di Emma e della disposizione dei mobili finché, alle
sette di sera, non
se ne andò senza portare a termine il proprio compito.
«Sono
di corsa, mia moglie mi
aspetta. Tornerò un’altra volta per farti
l’incantesimo» disse con un sorriso.
Ma anche la visita successiva
se
ne dimenticò, e quella dopo e quella dopo ancora. Al termine
dell’anno, Emma sedeva
sulla poltrona di fronte ai suoi grandi amici maghi John e Polly
Perkins,
sorseggiando con loro una tazza di liquido caldo e dorato –
servito in una
teiera acquistata da Mark & Spencer, che di magico avevano ben
poco.
A un anno di distanza, pubblico la storia della seconda edizione della MMQ... però ce l'ho fatta, è questo l'importante, no?
Mentre scrivevo mi erano venute in mente diverse cose da scrivere nelle note e, ovviamente, ora non me le ricordo più. Se non che ai Whovians può suonare familiare "H. C. Clements"... il luogo in cui lavorava Donna Noble. Donna, un'umana la cui vita viene "sconvolta" dall'incontro con un alieno, con un Signore del Tempo, che quando vuole passare per terrestre risponde al nome di John Perk- ehm, Smith. John Smith - uh, che strano, come il cognome della protagonista di questa storia! In fondo la magia non è una forma di "vita aliena"? Conoscere la magia non equivale a scoprire l'esistenza di un nuovo mondo, di nuove potenzialità (anche se non provenienti da se stessi)? Non spoilererò niente a chi non è ancora arrivato al termine della quarta stagione di Doctor Who, ma c'è un altro elemento in comune tra Donna/Ten ed Emma/John (e, vi prego, non intendete queste diciture come "coppie amorose")...
Emma, infine, è stato scelto perché stavo leggendo il libro di Jane Austen, all'epoca.
E... basta così, credo. Spero di aver detto tutto e soprattutto spero che la storia vi sia piaciuta! :)
Medusa, a Lannister
6°
(parimerito) Med- Emma Smith e il servizio da tè stregato
Autore: MedusaNoir
Titolo: Emma Smith e
il servizio da tè
stregato
Giudizio
Shnusschen
Grammatica
e sintassi 8,65/10
-Da quando
altrettanti quattro(altrettanti
quattro non si dice -0,30)
- Aveva
acquistato il nuovo
servizio da tè in un piccolo negozio dalle parti di
Piccadilly Circus, un
acquisto che le aveva dato(acquistato…
acquisto,
ripetizione. Sarebbe stato meglio sostituire il primo con comprato
-0,15)
-Sistemò
con attenzione la teiera
e le tazze su l’unico(sarebbe
più corretto “sopra
l’unico” o, al massimo,
“sull’unico” -0,10) vassoio
d’argento che
possedeva,
- La casa di
Emma era più grande
degli appartamenti in cui vivevano le sue compagne di college, ma loro
potevano
sempre vantare di una seconda abitazione al mare o in montagna (le forme corrette sono o
“potevano vantare una..” oppure “si
potevano vantare di una..” -0,20)
- in grado
di sapere tutto di
tutti e da (di -0,15) non
riuscire a tenere per
sé neanche ciò che la riguardava.
-Gli occhi
di Miriam erano
incredibilmente diventati più grandi. «Ma
è impossibile!»
«No,
certo che no, per questo si
sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa pensa che sia
suo
figlio, un mago?» (così costruito questo
dialogo
è sbagliato, in quanto nella prima parte della frase sembra
che Naomi stia
dicendo che è effettivamente possibile
muovere gli oggetti senza toccarli. Perché il dialogo sia
corretto Miriam
avrebbe dovuto dire “Ma non è possibile”
perché in questo modo il “No” di Naomi
sarebbe risultato solo enfatizzante non una negazione di quanto
affermato
dall’amica, come invece risulta. -0,45)
Stile
e punteggiatura 9,70/10
- Le era
sempre pesato sentirsi anonima,
con quegli occhiali spessi e quei monotoni capelli castani che le
ricadevano
sulla schiena come spaghetti crudi, e la sua timidezza finiva(virgola prima della congiunzione -0,10)
- In quei venti giorni,(la virgola è
superflua -0,10)
A parte
queste due sviste di
punteggiatura ho trovato lo stile che hai usato particolarmente
azzeccato. Hai
dato alla storia un buon ritmo comico senza strafare, con uno stile
molto british che ben si sposa con
il tipo di
umorismo leggero che hai usato.
Caratterizzazione
dei personaggi 15/15
Avrei voluto
darti 16. Tra le
storie che partecipavano questa è stata la mia preferita per
quanto riguarda la
caratterizzazione dei personaggi. Sei stata bravissima a maggior
ragione
considerando che sono tutti personaggi principali quindi hai dovuto
fare un
lavoro ancora più complesso. Emma è adorabile,
rassegnata ma fino ad un certo
punto, ironica e desiderosa di prendersi una piccola rivincita. Le sue
amiche
sono una meglio dell’altra, ognuna splendidamente
caratterizzata da poche frasi
pungenti ma così precise che sembra di vederle: la svampita
che si dimentica la
figlia, quella fissata con la chirurgia estetica, la snob con i
cani… e lo
stesso dicasi per i mariti e per i figli. Non ti sei dilungata troppo,
non hai appesantito
la storia con lunghissime descrizione che avrebbero solo sviato
l’attenzione
dalla scena ma hai creato veri e propri personaggi, e non solo
comparse, con
pochissime frasi. Tanto di cappello e un bacino sul naso.
Originalità
10/10
La storia di
per sé è
indubbiamente originale: prendendo spunto da cinque righe hai creato
una
dinamica e dei personaggi molto originali. Tuttavia, quello che mi ha
fatto
decidere per il massimo dei voti non è stato questo ma sono
state due piccole
chicche che ho letteralmente adorato: la prima è il
riferimento al figlio di
Caroline, creduta pazza dalle amiche ma che non può certo
sfuggire a chi sa
riconoscere i segnali e che infatti poi non sfugge neanche a Emma; e la
seconda
è stata la nascita dell’amicizia tra Emma e
Perkins, con il finale in cui
finalmente lei si può godere un tè con dei veri
amici.
Si tratta di
due dettagli di poca
importanza ma assolutamente originali e squisiti e che ti hanno fatto
ottenere
un bel dieci.
Gradimento
Shnusschen 4,7/5
Veramente
una bellissima storia,
e io di solito non apprezzo le commedie quindi vale doppio =)
Totale: 48,10/50
Giudizio
Luthien
Grammatica
e sintassi 9.5/10
- “Aveva
acquistato il nuovo servizio da
tè in un piccolo negozio dalle parti di Piccadilly Circus,
un acquisto che le
aveva dato quell’orgoglio che non poteva ottenere dal
compagno che la vita
ancora non le aveva presentato.” Hai usato
“acquistato” e “acquisto” nella
stessa frase. -0,25
- “Gli occhi di Miriam erano
incredibilmente diventati più grandi. «Ma
è impossibile!» «No, certo che no,
per questo si sta coprendo di ridicolo, raccontandolo a chiunque. Cosa
pensa
che sia suo figlio, un mago?»”
A mio
parere, qui c’è un errore di logica, non
grammatica. Se qualcuno dice “è
impossibile” ed io rispondo “no” allora
vuol dire che è possibile -0,25
Stile
e punteggiatura 9.70/10
-
“… sua madre era in
cucina, più interessata
allo stato della sua borsetta che a quello della bambina, e suo padre
recava
un’ustione di primo grado sul viso – e per questo
si stava facendo spalmare una
crema dall’uomo con i capelli rossi.” Hai messo la
“e” dopo la virgola. È un errore che ho
notato due
volte, quindi -0,30
Caratterizzazione
dei personaggi 15/15
Nel tuo caso la caratterizzazione
si fa tosta, per il
semplice fatto che l’unico personaggio che conosciamo bene
è Arthur, che però
compare solo per una battuta.
Valuto quindi il modo in cui hai
caratterizzato
personaggi di cui sappiamo poco. Sei stata davvero brava, i miei
complimenti.
In otto pagine, mi hai fatto capire Emma come se avessi letto di lei
nei 7
libri canonici. Le amiche sono al limite dell’imbarazzante,
cosa che presumo
volessi.
Punteggio pieno.
Originalità
10/10
Considerato che il tuo divieto era
l’angst, direi che
ci sei riuscita. Una nota amara c’è comunque,
quella iniziale, in cui dipingi
Emma come una donna sola, non amata da nessuno. Ma il racconto di
questo
particolare episodio, che la Rowling si limita ad accennare,
è davvero ben
riuscito.
Gradimento
Luthien 4.7/5
Ottima, storia, ottimi personaggi e
sei stata molto
brava nel descrivere e rendere le scene. Complimenti.
TOTALE
48.90
MEDIA:
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