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Autore: Agapanto Blu    02/01/2014    4 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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37. Il racconto di una vecchia storia

“Donna, Hyperversum non risponde.” sussurrò, “Siamo bloccati qui.”
Non l’avesse mai detto…
 
Nell’istante in cui Daniel terminò la frase, ci fu un flash luminoso che strappò un urlo spaventato ad Isabeau e Jodie. Daniel si voltò, sconvolto, per ritrovarsi davanti al viso una piccola, innocente, innocua mela rossa intenta a girare pigramente su se stessa.
Ma mi prendi per i fondelli?!
Daniel faticò a sopprimere l’impulso di aggredire la mela e ci riuscì solo perché ricordò che era impalpabile e non avrebbe toccato nulla. Meglio attendere di essere di nuovo a casa, controllare la custodia del gioco e poi andare ad fare un salutino all’ideatore di Hyperversum. Con una delle mazze di Martin.
“Credevo…” iniziò Donna ma Daniel le ringhiò contro.
“Sì, anche io!” sibilò, offeso, poi però fece correre lo sguardo verso Alex, “Non so cosa stia succedendo, Donna: se perdiamo questa occasione, potremmo non…”
“Non dirlo nemmeno!” Donna era così presa dal piano che stava progettando mentalmente per giustificare la sparizione degli altri che non ragionò e tirò una sberla a Daniel. Oh beh, pazienza, aveva la testa dura e sarebbe sopravvissuto. “Prendi Alex e Jodie e andate via da qui! Io ed Isabeau penseremo a tutto…” …in qualche modo.
Daniel corse al fianco della figlia e le prese una mano mentre lei ancora urlava per il dolore, la staccò a fatica dal lenzuolo e la portò verso la mela che lo aveva docilmente seguito verso il letto. Jodie si mise accanto a lui e allungò la mano a sua volta.
Quando incrociò lo sguardo di Isabeau, la donna annuì.
“Spiegherò io ad Ian la situazione.” lo rassicurò, “Andate.”
Daniel annuì e iniziò a scandire il codice per il salvataggio e l’uscita d’emergenza. A mano a mano che pronunciava cifre e lettere però notò che Isabeau stava sempre più sbiancando, il suo contegno che ancora veniva meno di fronte alla ‘magia’ straniera, e mentre ordinava al gioco di chiudersi non riuscì a fare a meno di chiedersi come la loro sparizione avrebbe peggiorato la situazione di Ian.
Poi fu la solita sensazione e i guanti sulle mani e il visore sulla testa.
Senza pensare ad altro, Daniel si strappò via gli arnesi di dosso e afferrò la figlia.
“Jodie, guidi tu.” ordinò sollevando la piccola Alex in agonia e ignorando totalmente suo fratello che li fissava sconvolto.
 
***
 
Martin avrebbe preferito vedere un esercito medioevale spuntare dal computer, piuttosto che ritrovarsi davanti sua nipote con il viso coperto di sangue. Stava per chiedere spiegazioni, ma la furia e la disperazione sul volto di suo fratello lo fecero tacere. Senza contare che Daniel permise a Jodie di guidare, cosa che non avrebbe mai fatto in una situazione normale che non comprendesse macchine da rally e una strada più che dritta e più che deserta.
“Fatemi sapere.” disse piano a Jodie mentre lei prendeva le chiavi dell’auto dal mobile accanto alla porta.
Lei annuì, gli gridò un mezzo ringraziamento e corse fuori.
Martin rimase a guardare, incerto, e per un po’ rimase fermo sulla porta a passarsi le mani tra i capelli, in ansia, fino a che non sentì qualcosa squillare in casa. Gli ci volle un attimo per capire che era il cellulare di Alex nello studio, ma quando lo prese e l’occhio gli cadde sul mittente non poté fare a meno di sospirare.
“Jas?” chiese, rispondendo.
Per un attimo il ragazzo non rispose, sorpreso, ma poi imprecò.
Non ha funzionato?!” chiese, “Com’è possibile?! Qui funziona!
“Ha funzionato, Jas. Sono tornati.” ammise Martin, cauto.
… Che cosa non ha funzionato, allora?” chiese il ragazzo dopo un secondo, “Perché qualcosa non ha funzionato per forza, altrimenti Alex mi avrebbe risposto.
“Non so cosa sia successo, ma quando sono arrivati qui Alex stava sanguinando. Daniel la sta portando all’ospedale dove l’hanno operata.” Attese un attimo, sperando di ricevere una qualsiasi risposta, ma sentì solo silenzio. “Jas? Jas mi senti?”
Tolse il cellulare dall’orecchio per controllare e scoprì, con sorpresa, che il ragazzo gli aveva riagganciato in faccia mentre parlava.
Forse non era stata poi così una bella idea avvisarlo…
 
***
 
Daniel si passò una mano sul viso e si lasciò cadere pesantemente su una delle sedie di plastica messe in fila contro un muro. Aveva la sensazione che il corridoio dove li avevano lasciati ad aspettare si stesse rinchiudendo su di loro, soffocandoli. Anzi, soffocando lui, perché Jodie non sembrava presa dalla sua stessa smania di fare avanti e indietro come un ossesso. Si prese la testa tra le mani e strinse i propri capelli con le dita fino a farsi male.
Signore, ti prego, non di nuovo… Non avrebbe retto un’altra volta l’angoscia dell’incidente, il sentirsi ripetere in continuazione che ci sarebbero volute ancora alcune ore prima che potessero dare un verdetto, prima che potessero dirgli se sua figlia sarebbe sopravvissuta. Passare la notte, all’epoca era stato quello il mantra che si era sentito ripetere fino alla nausea: deve passare la notte, se passa la notte allora è salva, bisogna vedere se passerà la notte… Dio, quanto aveva detestato quella notte. E anche dopo, per tre settimane si era svegliato dai suoi incubi per correre nella camera della figlia e controllare silenziosamente che respirasse ancora.
Rialzò la testa e si voltò verso Jodie, per chiederle…qualcosa, qualsiasi cosa che potesse spezzare il silenzio, ma prima che potesse aprire bocca lei, giratasi verso di lui in attesa della sua domanda, alzò gli occhi su qualcosa alle spalle di Daniel e la sua espressione apatica si trasformò in una di enorme sorpresa.
“Jas?” chiese, saltando in piedi, “Cosa ci fai qui?”
Daniel si voltò in tempo per vedere il migliore amico di Alex percorrere a grandi falcate il corridoio fino a raggiungerli. L’espressione sul suo viso era di totale angoscia.
“Come sta?” chiese.
Niente ‘cos’è successo?’, niente ‘dov’è?’. Jas non se ne rendeva nemmeno conto, ma aveva l’istinto di mettere sempre il bene di Alex al di sopra del resto. Cosa di cui Daniel era maledettamente grato.
Tuttavia, scrollò le spalle alla domanda del ragazzo, poi sospirò.
“È ancora in sala operatoria. Devono toglierle le cornee e impiantargliene delle altre, sperando che queste non causino di nuovo un rigetto.” spiegò, apatico.
Jas impallidì per un attimo, ma poi ritornò in sé. Annuì come se non fosse nulla poi incrociò lo sguardo di Daniel.
“Le dispiace se aspetto che finiscano?” chiese.
A Daniel scappò un piccolo e molto mesto sorriso mentre annuiva e si sedeva di nuovo, questa volta con Jas che lo imitava al suo fianco.
Sapeva bene che, anche una volta che i dottori avessero finito, Jas non si sarebbe mosso fino a che non avesse visto Alex di nuovo sveglia.
 
***
 
Donna de Sancerre si era sempre ritenuta una donna forte, cocciuta e tenace. Anche se l’esperienza del monastero aveva fatto vacillare le sue convinzioni, si era poi ripresa e aveva scelto di vivere per amore nel posto che le aveva portato tanti incubi. Ai suoi occhi, sebbene ancora non si fosse liberata di certi brutti sogni, era la prova che era ancora la stessa testarda capace di tutto, se convinta della necessità di questo. L’unica differenza: adesso era un po’ più saggia e un po’ meno frivola, ma non le dispiaceva più di tanto.
Pertanto, non si fermò nemmeno un istante di fronte alla porta del salone di Chatel-Argent, ma ne spalancò le porte prima ancora che le guardie potessero pensare di fermarla.
Luigi il Santo alzò su di lei uno sguardo confuso e forse anche seccato, prima di riportare i propri occhi ai documenti che aveva fatto posare sul tavolo del salone. Accanto a lui, Guillaume de Ponthieu sembrava rigido e teso mentre tutti gli altri nobili circondavano la tavolata sebbene ora fossero voltati verso la nuova arrivata.
Un’occhiata bastò a Donna per scoprire che Ian non era tra loro e dedurre, dall’espressione di Isabeau e dei suoi figli, che era stato nuovamente arrestato.
Ehi, HYP: ma lasciarlo un po’ in pace?, inviò sarcasticamente al gioco mentre continuava ad avvicinarsi ai nobili.
Si inchinò rapidamente, salutando il sovrano, poi attese che quello le desse la parola. Il re continuò a leggere le pergamene, apparentemente senza intenzione di ascoltarla. Donna si costrinse ad attendere però, quando Luigi spostò un foglio e lei riuscì a intravedere una figura disegnata e il nome Jean de Ponthieu, un brivido le corse lungo la schiena. Dovevano essere le prove della colpevolezza di Ian portate da Dammartin.
“Monsieur Daniel e la sua famiglia hanno lasciato il palazzo.” disse, gettando fuori l’unica notizia che sperava attirasse Luigi più del ‘caso Ian’.
Il sovrano, in effetti, sollevò la testa di scatto.
“Che cosa?!” chiese.
“La giovane Alexandra ha contratto un morbo molto raro, probabilmente prima di venire qui.” spiegò Donna, sforzandosi di mentire con tranquillità, “La malattia ha iniziato a consumarla solo ora, ma nelle isole di Monsieur Daniel cresce una pianta che può curarla. Essendo l’unico farmaco conosciuto che possa salvare la vita di madmoiselle Freeland, sono partiti nella speranza di raggiungere casa prima che per lei sia troppo tardi.”
Non erano tutte bugie e Donna non si sentì in colpa nel riferirle. Luigi, tuttavia, aggrottò la fronte.
“Credevo il viaggio fosse molto lungo.” commentò.
“Per questo ho pensato fosse meglio farli partire e occuparmi io di riferire a vostra maestà la situazione.” replicò, al limite della maleducazione, Donna, con un piccolo inchino.
Luigi la fissò in modo strano, tanto che lei non era sicura non stesse semplicemente pensando di sbatterla in una cella, ma poi tornò ai suoi fogli annuendo tra sé e sé.
“Pregherò perché si salvi.” rispose solo, asciutto, senza più guardarla.
Donna sentì il forte impulso di tirare uno schiaffo al ragazzino, ma si trattenne.
“Sire, se posso, credo…”
“Madame,” la interruppe lui, “ci sono questioni che richiedono la precedenza su altre.”
Quello fu il pungolo che fece imbizzarrire il carattere fremente di Donna, la quale perse ogni remora e sollevò il mento.
“Monsieur Daniel è il fratello di Monsieur Ian.” sibilò, prima di dare le spalle alla tavolata di nobili che in quel momento le stavano sull’anima e avviarsi alla porta senza preoccuparsi dell’effetto della bomba che aveva appena gettato.
Non fece nemmeno metà corridoio prima che Luigi si riprendesse abbastanza da richiamarla.
Donna si concesse un mezzo sorriso prima di voltarsi di nuovo verso il sovrano.
“Sire?” chiese, apparentemente calma.
Sentiva l’occhiata ansiosa di Guillaume perforarle la testa e quella arrabbiata, chissà perché, di Etienne incenerirla dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Oh, pace, sarebbe sopravvissuta.
Luigi sembrava seccato, ma le fece gesto con il braccio di avvicinarsi alla tavola e di sedere su uno scranno. Chissà perché, mentre obbediva Donna ebbe un flash di una moderna sala interrogatori, di quelle che vedeva nei telefilm gialli.
“Voi come lo sapreste?” chiese Luigi sollevando un sopracciglio con fare scettico.
Donna, però, non era intenzionata a giocare con regole che non fossero le sue.
“Vi faccio una richiesta, Sire.” disse, seria, “Ascoltate il mio racconto fino alla fine, permettetemi di mostrarvi come realmente siano andate le cose e dopo decidete cosa fare. Tanti nomi sono più o meno legati a quello di Ian Maayrkas: promettetemi che non ci saranno conseguenze per coloro di cui vi parlerò. Se deciderete che ci sono dei colpevoli, vi rifarete solo ed esclusivamente su me ed Ian, nessun altro.”
Luigi sembrò sgomento dal fatto che una donna gli stesse dettando delle condizioni, ma la cara vecchia Barrat era tornata e decisa a mettere sotto le proprie splendide scarpe con tacco a spillo i pregiudizi medioevali. Non avrebbe deciso lei della vita di Ponthieu, Isabeau o Martewall, ma non sarebbe rimasta a guardare mentre Ian veniva ammazzato per qualcosa che non aveva fatto.
“Per quale motivo dovrei risparmiare chi manda avanti una donna?” ribatté Luigi, fissandola torvo.
Ragazzino: corona o no, sono molto più vecchia di te quindi non provarci.
“Perché Ian ha fatto giurare loro di non dirvi la verità” rivelò, tranquilla, scrollando le spalle, “e per tanto essi non hanno colpe. Dunque?”
Poteva vedere la lotta nelle iridi di Luigi, la rabbia del doversi piegare e la smania di sapere la verità. Alla fine, sospirò.
“Ebbene, davanti ai miei nobili, avete la mia parola.” cedette.
Nonostante il momento, Donna sorrise mentre chinava il capo in segno di ringraziamento, un attimo prima di rialzarlo e fissare il sovrano dritto negli occhi.
“Innanzitutto, Sire, dovete sapere che io, Daniel, Ian, Jodie e Martin veniamo da alcune isole oltre la Scozia.” Donna si contrò, cercò di ricordare ogni singola menzogna usata e di aggiustare quanti più dettagli possibili: quella era la loro ultima versione e non avrebbero mai più potuto cambiarla. “I genitori di Ian morirono che lui era un ragazzino” sedici anni nel medioevo non sarebbero corrisposti ad ‘un ragazzino’, ma in fondo nessuno la obbligava a specificare, “e il padre di Daniel e Martin scelse di prenderlo con sé. Dunque dovete perdonarmi se non sono stata totalmente onesta: più che fratelli, sono fratellastri.” Luigi le fece un cenno che significava il suo disinteresse nei dettagli e la incitò a continuare. “Anni fa, conobbi Jodie e Daniel e, per motivi di studio, partii con loro e Ian e Martin per un viaggio in mare che ci avrebbe dovuto portare nel Mediterraneo, sulle coste greche.” Tanto, menzogna più, menzogna meno. “Purtroppo una tormenta distrusse la nostra nave, ci divise e ci lasciò sulle coste di Fiandra. Ian, Daniel, Jodie e Martin vi arrivarono prima di me… e di Carl, all’epoca un compagno.” Si aspettava di tutto dopo quella rivelazione, invece Luigi rimase silenzioso, a dispetto dello sguardo acceso dei suoi occhi, e le permise di continuare.
Da quel punto in poi, Donna mentì assai poco. Raccontò con serietà di come gli altri fossero arrivati a Cairs, del supplizio di Ian per proteggere una popolana sconosciuta, della loro fuga nei boschi e poi della rivelazione: la contadina era Isabeau. Luigi guardò con sgomento la castellana, ma quella sostenne lo sguardo con serietà e ostinazione, costringendo il sovrano a far proseguire Donna. Un po’ più dura fu la sua reazione allo scoprire che Guillaume era stato preso in un tale gioco di maschere, ma anche il nobile non si mostrò imbarazzato dalla menzogna.
“Ho mentito al mondo, sire,” disse serio, “ma non al mio re.”
Aggrappandosi all’appoggio del conte, Donna raccontò di come si fosse svolto l’agguato a Couronne, del tradimento del vero Jean e della fuga fino a Béarne solo per scoprire che lo stratagemma usato per scappare si era stretto alla gola di Ian come un cappio, senza lasciargli via di scampo. La rivelazione della complicità di Filippo Augusto nel gioco di maschere scioccò l’intera corte.
“Mentite!” esclamò Luigi, sconvolto, ma Donna gli lesse negli occhi che stava pensando seriamente alla possibilità e lo incalzò.
“Pensate davvero che queste bugie avrebbero retto davanti a qualcuno se vostro nonno non ne fosse stato a conoscenza?” lo mise a tacere, “Sua fu l’idea di far sposare Ian ed Isabeau per mettere al sicuro il casato!”
Donna non si fermò più. Continuò a raccontare ciò che era successo, a Ian o a lei, ed esitò solo un attimo nell’assestare le bugie riguardanti Dunchester e la sparizione di Daniel, ma poi riprese a raccontare della storia dietro Pienne e Gant, senza tacere la lite tra Guillaume e Ian, ma adducendo come scusa di essa un litigio sul defunto Jean de Ponthieu.
Quando ebbe finito, si sentì stranamente vuota. Quel segreto da custodire non c’era più e ora tutto stava nelle mani di un ragazzino di diciannove anni con un regno sulle spalle.
HYP, se metti le mani anche qui e ci tiri addosso anche solo un minuscolo problema, troverò il modo per tornare nel presente e dare fuoco ai circuiti del tuo computer, sciogliere i tuoi CD e distruggere a mazzate i tuoi visori, chiaro il concetto?
Chissà perché, non si sentiva comunque tranquilla.




Avete presente Pena e Panico di Hercules, il cartone della Disney? Ecco, anche io mi sento un "verme verminoso" perché vi faccio aspettare così alla cieca. Scusatemi!
Sono un po' di corsa quindi scappo, ma spero vi continui a piacere questa storia!
A presto,
ciao ciao! ;)
Agapanto Blu

 
  
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