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Autore: redbullholic    08/01/2014    2 recensioni
Un Haymitch poco più che ventenne alle prese con i primi anni da mentore...
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Dal testo: Katniss è identica a lei. Lei, che non sopporterebbe vederlo in quelle condizioni, e probabilmente minaccerebbe di spaccargli in testa la bottiglia di liquore che ha in mano se non smette di bere quella robaccia.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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-Haymitch… Haymitch svegliati!- Elanor lo chiamava, scuotendolo appena per le spalle -E’ solo un incubo…-.
Haymitch spalancò gli occhi e annaspò in cerca d’aria. Con la mano libera dal coltello si stringeva il ventre e sul suo volto era dipinta un’espressione di puro terrore.
-Calmati, non sei solo- la ragazza gli  posò una mano sulla guancia -Hai solo fatto un brutto sogno-.
Ma il suo giovane mentore non accennava a calmarsi. A quel punto Elanor lo abbracciò di nuovo, come la sera prima. Lo strinse forte contro il suo corpo e inizio a cullarlo piano, avanti e indietro, finché non sentì il respiro di Haymitch regolarizzarsi.
-Shh- sussurrava al suo orecchio -Era solo un incubo, ora sei qui e non sei solo, ci sono io-.
Haymitch lasciò andare il coltello e, tremante, ricambiò la stretta. Quel calore era così piacevole, così rassicurante, che non voleva che Elanor lo lasciasse andare. E lei non lo fece.
-Ti va di parlarne?- chiese dopo un po’ la ragazza.
Seguì un silenzio che interpretò come una risposta negativa, e decise di non infierire ulteriormente. Stava per proporgli di stendersi di nuovo e provare a rilassarsi, quando Haymitch parlò.
-Sono nell’arena…- esordì, la voce roca e incrinata -Come tutte le notti. Sto correndo, per salvarmi la vita…- si interruppe e deglutì, nel tentativo di sciogliere il nodo che sentiva in gola. Era la prima volta che parlava dei suoi incubi e della sua esperienza nell’arena con qualcuno -Sono arrivato al limite dell’arena. C’è… un campo di forza. Solo io lo so. Sento che sto per morire, sono ferito…- si portò una mano al ventre, nel punto in cui era stato colpito -La ragazza dell’1 mi insegue… è l’unica rimasta, oltre me- continuò -Ha un’ascia, e io non ho niente. Ma anche lei è ferita gravemente… ha diversi tagli e… le manca un occhio- a quelle parole Elanor rabbrividì; sapeva ciò di cui stava parlando Hayimtch, aveva visto quell’edizione, la seconda Edizione della Memoria. Aveva fatto di tutto per dimenticare quelle scene, tra le più cruente che avesse mai visto. Aveva solo tredici anni, ed era alla sua seconda Mietitura, quell’anno.
 -Io sono a terra, non ho più forze… lei mi lancia l’ascia, ma non mi colpisce. L’ascia urta il campo di forza e…- un fremito scosse il corpo di Haymitch.
-Sì, so com’è andata a finire…- lo tranquillizzò Elanor.
-E poi… quando non riesco a svegliarmi...- proseguì lui -Torno a casa, e loro non ci sono più…- le ultime parole vennero distorte da un singhiozzo.
-Loro?- domandò Elanor, senza capire. Dopo aver vinto gli Hunger Games non aveva saputo più nulla di Haymitch, solo che il Distretto 12 avrebbe finalmente avuto un altro mentore, dopo che l’altra vincitrice era morta.
-La mia famiglia- il ragazzo tremava incontrollabilmente, stava per scoppiare. Sciolse l’abbraccio per poter fissare Elanor negli occhi -Li hanno uccisi… per punirmi-.
Elanor continuava a non capire, ma non disse nulla. Lasciò che fosse lui a raccontare, e si limitò a stringergli le mani tremanti.
-Hanno detto che è stata una fuga di gas. Una scintilla… ma no, non ci ho mai creduto… li ha uccisi Capitol City… mia madre, mio fratello e la mia ragazza…- a quel punto scoppiò in lacrime e si appoggiò alla spalla di Elanor, che tornò a stringerlo senza parlare, lasciando che si sfogasse.
Improvvisamente ricordò. Erano da poco finiti gli Hunger Games quando ci fu una violenta esplosione nel Giacimento. Una casa saltò in aria, e non ne rimase niente. Per i tre occupanti non ci fu via di scampo, morirono prima ancora di rendersi conto di cosa stesse succedendo. Era la famiglia di Haymitch. Elanor sentì una stretta al cuore mentre rimetteva insieme i pezzi della vita del suo mentore. Usando il campo di forza come arma aveva sfidato inconsciamente Capitol City. E loro lo avevano punito. Gli avevano tolto tutto ciò che aveva di più caro al mondo, lo avevano lasciato da solo, senza più nessuno. Provò ancora più odio nei confronti della capitale, alla quale evidentemente spesso non bastava mandare a morte ventritre ragazzini all’anno.
Quando Haymitch si fu calmato, i due tornarono a raggomitolarsi sotto le coperte, senza sciogliere l’abbraccio. Il ragazzo si addormentò quasi subito, mentre Elanor riuscì a prendere sonno solo qualche ora prima dell’alba.
 
La mattina dopo Elanor scese in palestra con la testa appesantita dalla stanchezza e dagli avvenimenti di quella notte. Dopo pranzo ci sarebbero state le sessioni private con gli Strateghi, e tutti i tributi sembravano su di giri solo a pensarci, mentre il suo unico pensiero era rimanere abbastanza lucida fino a fine giornata per ottenere un punteggio decente. Essendo il tributo femmina del Distretto 12, lei sarebbe stata l’ultima.
La maggior parte dei tributi trascorse la mattinata a sedere in qualche angolo nascosto della palestra; evidentemente si sentivano sicuri e volevano conservare il più possibile le forze per il pomeriggio. Elanor invece si allenò al suo solito ritmo, attirando l’attenzione degli altri. C’era chi la guardava con superiorità, compatendola forse per il suo fisico troppo minuto e esile, e chi invece azzardava uno sguardo di ammirazione.
Pranzò come gli altri giorni da sola e lontano da tutti, persino da Mikah, che invece si sedeva sempre con i tributi del Distretto 11. Dopo un tempo che parve fin troppo breve -il pranzo di Elanor era ancora quasi tutto nel vassoio, complice anche il suo scarso appetito- i tributi vennero radunati in una piccola sala d’attesa, mentre il ragazzo del Distretto 1 veniva chiamato per la sessione privata.
Elanor si appoggiò alla parete dietro di lei e chiuse gli occhi. Là dentro avrebbe trovato sicuramente lance e coltelli, e probabilmente qualche bersaglio. Sarebbe riuscita a sorprendere gli Strateghi? Probabilmente no, ma l’importante era ottenere un punteggio non troppo basso, per gli sponsor era importante. La parola ‘sponsor’ deviò immediatamente i suoi pensieri verso il suo mentore. Le tornò in mente il racconto di quella notte, e cosa Capitol City aveva fatto ai suoi cari. Lo immaginò completamente solo, nella sua casa nel Villaggio dei Vincitori. Quell’immagine fece scattare qualcosa nella sua testa, una sensazione del tutto nuova. Era determinata a vincere gli Hunger Games. Per la prima volta da quando il suo nome era stato estratto, aveva qualcosa, o meglio qualcuno, per cui valeva la pena lottare, oltre suo padre: un amico. O qualcosa del genere. Non era sicura di poter considerare Haymitch un vero e proprio amico, ma l’amicizia era la cosa che più si avvicinava al loro rapporto.
-Elanor Graves, Distretto 12- gracchiò una voce metallica, riportandola ai suoi pensieri. Riaprì gli occhi e si accorse di essere rimasta completamente sola nella saletta. Era il suo turno. Fece un respiro profondo ed entrò.
Gli Strateghi la osservavano da una specie di balconata, comodamente seduti in morbide poltroncine e circondati da vassoi di cibo di ogni genere. Elanor provò un’ondata di disgusto, ma la sua attenzione venne subito attirata dal piccolo tavolo al centro della stanza, sul quale erano allineati coltelli d’ogni forma e dimensione e qualche lancia. Prese un coltello e lo strinse saldamente in mano, soppesandolo; aveva una lama affilata e tagliente ma non troppo lunga, e l’impugnatura che sembrava essere stata fatta apposta per lei. Soddisfatta della sua prima scelta, si guardò intorno ma non vide nessun bersaglio. Nessun manichino. La stanza era completamente vuota. Guardò in direzione degli Strateghi con aria interrogativa, proprio mentre uno di loro premeva un pulsante su una specie di telecomando. In quel momento un ologramma dalle forme umane comparve a pochi metri da lei, lasciandola per un istante paralizzata, incerta sul da farsi. Fortunatamente si riscosse in fretta e lanciò con decisione il coltello, colpendo l’ologramma che correva verso di lei nel punto esatto in cui ci sarebbe dovuto essere il cuore. Un altro olgramma comparve alle sue spalle, questa volta più veloce. Rapidissima afferrò un’altra arma e gliela scagliò contro. Ne comparvero altri ancora, anche più di uno alla volta e sempre più vicini a lei, alcuni armati di arco e frecce che le sembravano vere quando le passavano a pochi centimetri dal volto, finché la ragazza non ebbe utilizzato anche l’ultima lancia rimasta. Era ansimante e grondante di sudore quando le venne dato il permesso di lasciare la stanza.
Raggiunse l’ascensore trascinando i piedi. I punteggi sarebbero arrivati di lì a qualche ora. Mentre l’ascensore saliva lentamente fino all’attico, nella mente di Elanor rimbalzava una sola domanda: era stata in grado di convincere gli Strateghi?
   
 
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