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Autore: saraviktoria    11/01/2014    1 recensioni
"ehm... ciao... io sono Jackson e dovrei essere vostro zio"
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone, Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13- diciottesimo compleanno

 Senza che nessuno ci facesse caso passarono due anni, e una fresca mattina che annunciava l'arrivo della lunga primavera californiana, Jackson si svegliò con l'impressione di doversi ricordare qualcosa di veramente importante. Era tornato solo due giorni prima dai Vancouver Studios, dove avevano dato vita a Eclipse ma gli bastò un'occhiata al calendario per ricordarsi: era il compleanno di Cassie. Solo la sera prima Uncle Larry gli aveva fatto presente che avevano ordinato una torta in pasticceria. Dolce che sarebbe stato consegnato proprio quella mattina. Cassandrah compiva diciotto anni, si era diplomata solo il mese prima, con una votazione a dir poco eccellente, anche se continuava a frequentare corsi a scuola. A Jackson non venne in mente che ormai la nipote era maggiorenne.

Scese appena in tempo per vedere il fattorino della pasticceria parcheggiare davanti casa. Gli aprì la porta prima che potesse suonare. Mise la delizia di pasticceria sul tavolo -tante volte Randee gli aveva fatto notare che non si mangia una torta del genere a colazione, ma a lui non era mai andata a genio l'idea di dover aspettare il pranzo - e preparò latte caldo, the e caffè. Man mano la casa riprese vita, le Scarlett iniziarono a svegliarsi e a scendere per la colazione, seguiti poco dopo dai membri della band. Cantarono 'tanti auguri a te ' con un bel sorriso sulle labbra e Jerad si trovò a convincere le ragazzine delle medie che la panna al mattino non faceva ingrassare

"perché poi hai tutto il giorno per smaltirla" concluse, sicuro che il suo ragionamento fosse a prova di bomba.  Martha  alzò gli occhi al cielo. Poi lei, Laure e Kendra si alzarono , diedero i loro regali alla sorella e annunciarono che dovevano prepararsi per la scuola, guardando la torta come se le stesse minacciando. Qualcuna più gentilmente disse che al mattino preferiva brioche o cereali, mentre Cassie e Lizzy, per rimediare alla mancanza di tatto delle altre, si diedero da fare per far sparire due generose fette di torta. Vedendole prendere gli zaini e salire sulla macchina di Ben G, la maggiore al volante, Jackson si accorse, dopo tanto tempo, di non conoscerle affatto. E la cosa gli rovinò l'umore per il resto della giornata. Tornò a casa poco dopo pranzo e fu decisamente sorpreso di trovare Cassandrah intenta a lavare per terra

"e tu cosa ci fai a casa?" chiese, squadrandola

"assemblea sindacale, te l'avevo detto ieri" fece notare lei, cercando di non darci peso "più tardi vado a prendere le altre" in quel momento Jay si rese conto di cosa stava facendo la nipote.

"e no! Oggi sei la festeggiata, non puoi metterti a pulire" le tolse lo spazzolone dalle mani per sostituirlo con il regalo che le aveva comprato quella mattina. Sperava di aver azzeccato, si era accorto che oltre a non conoscere le nipoti, non aveva idea di cosa regalare a un'adolescente per il suo compleanno. Lei scartò il pacchetto in fretta, cercando di mantenere il sorriso qualunque cosa avesse trovato. Ne rimase piacevolmente sorpresa: era una bella camicetta azzurra.

Quella sera c'era aria di battaglia: solo qualche ora prima Kate e Celine -che a quasi tre anni era una bella peperina - avevano litigato per una cavolata. A tavola regnava il silenzio, parola di cui molti si erano scordati il significato.

Le Scarlett, come loro abitudine, lavavano e asciugavano i piatti come una catena di montaggio molto funzionale.

"zio?" mormorò titubante Cassandrah. Jackson si girò, tornando in sala da pranzo. Cassie aveva messo subito il suo regalo, ma c'era qualcosa che non andava.

"dimmi"

"senti.. È un po' che te ne volevo parlare … abbiamo deciso di tornare a Londra" disse tutto d'un fiato, tenendo gli occhi bassi. Le sembrava quasi una cattiveria, verso quell'uomo che le aveva accolte e cresciute per due anni, in un certo senso .

"lo immaginavo"

"davvero?"

"sì, si vede che qui non state bene"

"ah … io.. Mi dispiace, davvero … ma … " la fermò con una mano

"non ti devi scusare. La vostra vita è in Inghilterra. E poi, posso sempre venirvi a trovare, no?" le diede una pacca sulla spalla, poi di corsa in camera.

Erano anni che Jackson non piangeva. Ma quella sera versò tante lacrime, tanto da pareggiare il bilancio. Non sapeva nemmeno lui il perché, sapeva che sarebbe successo, se lo aspettava, si era preparato da tanto a quel momento. Ma non ne poteva fare a meno. Perché si era abituato ad avere quelle ragazzine esuberanti e allegre per casa, perché  sapevano farlo ridere dopo una giornata no, con i loro litigi stupidi. Perché, anche con le loro cavolate, i loro capricci, le loro lacrime, l'avevano fatto crescere, ora si sentiva grande, un uomo. Lui, che si era sempre considerato un ragazzino con la testa di un adolescente.  Ed erano le lacrime di un bambino quelle che solcavano il suo volto, quella sera. Lacrime di un bambino che ancora non capiva, che non voleva capire. Che sapeva ma non poteva accettare.

"stupido! Deficiente! " si disse, a bassa voce "davvero credevi che fossero rimaste per sempre con te?" serrò le mani intorno allo schienale della sedia, cercando di riprendere il controllo. Avanti Jay, si disse, non ha senso disperarsi così, tornano in Inghilterra, non vanno mica in guerra.

 

 

   
 
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