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Autore: Cathy Earnshaw    15/01/2014    1 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Aveva finito per saltare la cena, ma ne era valsa la pena, oh sì. Era notte fatta quando Liam si era diretto, quatto quatto, alla propria stanza. Passando davanti alla porta di Irthen si lasciò scappare un sospiro. Chissà se quella cameriera mezza matta sarebbe tornata da lui…
La luce della luna entrava dalle finestre , illuminando i corridoi del palazzo ormai deserto. Finalmente, le nuvole si stavano diradando. Si fermò ad osservare il cielo, prima di andarsene a dormire, consapevole di quanto ogni notte di luna limpida gli ricordasse le battute di caccia sui Giganti.
Un rumore dietro all’angolo poco lontano attirò la sua attenzione. Doveva esserci qualcun altro insonne quanto lui, nonostante l’ora ormai tarda. Incuriosito, seguì l’istinto di controllare. Oltrepassò senza rimpianti la propria porta e svoltò nel corridoio attiguo.
C’era buio, ma la luce tenue della luna illuminava una figura. I gomiti erano appoggiati al davanzale della finestra aperta, e un filo di aria fredda faceva fluttuare qualche ciuffo pallido attorno a lei. Liam sorrise: una volta tanto, Jonna non sembrava la regina delle nevi. Avrebbe anche potuto piacergli, se solo fosse stata meno incline ad arroccarsi sul suo piedistallo… Si allontanò in silenzio, del tutto intenzionato a non farsi scoprire a spiarla. Ma una mattonella sconnessa schioccò sotto ai suoi piedi, e la ragazza sobbalzò.
«Chi è? C’è qualcuno?» sussurrò.
Liam alzò le mani, imprecando mentalmente, e fece dietrofront.
«Sono Liam» rispose.
Jonna si lasciò scappare un sospiro.
«Mi hai spaventata.»
«Non era mia intenzione. E comunque, chi mai avrebbe potuto essere? Siamo nel quartier generale di Ruben,  probabilmente non esiste posto più sicuro di questo, al momento.»
Jonna si strofinò le mani sul viso.
«Sì, probabilmente…» mormorò.
Lanciò un’ultima occhiata fuori dalla finestra, poi aggiunse:
«È meglio che vada. Si è fatto tardi.»
Liam annuì, e la guardò allontanarsi lungo il corridoio buio, fino a svoltare l’angolo e sparire dal suo campo visivo.
Uno spiffero gelido gli ricordò che la finestra era rimasta aperta. Da quell’angolazione, in lontananza, si vedevano il Lago di Nebbia e le navi ormeggiate in porto, che dondolavano dolcemente. Tutto era avvolto da una leggera foschia spettrale. Niente vento, stranamente, quella sera. Forse, anche Jonna stava pensando la stessa cosa prima che arrivasse lui a disturbarla.
Scuotendo il capo, cercò di scacciare quell’inquietudine improvvisa che l’aveva assalito senza apparente motivo.
 
Nonostante fosse vigile e in attesa, quando la serratura scattò Irthen fece un salto. Qualcosa lo aveva reso assolutamente certo che Yu sarebbe tornata, e tuttavia una parte di lui aveva sperato di sbagliarsi. Senza salutare, la ragazza si richiuse la porta alle spalle e si infilò sotto alle coperte.
«Io e te dobbiamo fare un discorsetto» sussurrò Irthen, deglutendo a fatica.
Lo stomaco gli si era improvvisamente chiuso.
«Non possiamo parlare domani? Adesso ho sonno…» rispose Yu.
«No, non possiamo. Io non…non voglio essere crudele con te, ma rischio di non riuscire  ad evitarlo, Yu, e mi dispiacerebbe.»
Yu si puntellò sul gomito e lo guardò storto.
«Temo mi sfugga il punto» disse.
Irthen sospirò, incapace di organizzare i pensieri in un discorso coerente.
«Il punto è che sono stanco di fare il bambolotto. Non mi sta più bene di essere sballottato qua e là senza sapere perché, facendo il carino con tutti, tenendo tutte le domande per me in attesa che siate voi a centellinarmi le informazioni. Il mio maledettissimo istinto mi ha messo in guardia dal primo momento nei confronti di Abigail, ma da vero idiota l’ho represso, giorno dopo giorno, perché desideravo ardentemente che sbagliasse. Desideravo fidarmi, e guarda che casino ho fatto! Mi ha fatto irrazionalmente comodo chiudermi nelle mie scuse, nell’ingenuità e nell’inesperienza, ma adesso sono stanco di essere la zavorra e la marionetta di tutti quelli che passano…»
Yu lo guardava senza battere ciglio, così riprese:
«Sei stata gentile con me, ma è chiaro e lampante come tu, non appena ho abbassato le difese, abbia sfruttato le mie debolezze per servirti di me. E anche ora lo sta facendo, senza il minimo rispetto e senza la minima vergogna. Perciò ora ti chiedo: che cosa ci fai qui?»
Yu rabbrividì.
«Non…non puoi farmi sentire una persona orribile…» farfugliò.
«Non è quello che voglio» rispose Irthen freddamente.
«Che cosa vuoi allora?» domandò la ragazza ritrovando l’autocontrollo.
«Voglio sapere chi è veramente Yu. Io non sono mai stato bravo a mentire, e inizio a pensare che sia una cosa di cui andare orgoglioso…tuttavia, ho la sensazione che tanta parte del mondo che mi circonda non sia altro che una menzogna costruita nel minimo dettaglio. Adesso sono stanco, e voglio vederci chiaro. So di non poter smantellare tutte le falsità che mi ruotano attorno, ma credo di avere il diritto di sapere che cosa c’è dietro al sorriso dolce della ragazza che mi perseguita…Vuoi sapere che cosa penso?»
Yu si lasciò cadere sul cuscino, gli occhi socchiusi, un sorriso amaro sulle labbra.
«Penso che tu non sia nulla più che una maschera, che dietro al tuo sorriso ben costruito ci sia un vuoto immenso, fatto di confusione e di dolore, ma riesci a celarlo alla perfezione, anche se non so davvero come tu faccia…»
Una lacrima scivolò giù dalla guancia di Yu.
«Come puoi dire una cosa simile?» balbettò.
Irthen si avvicinò e le prese il viso tra le mani. I loro nasi si sfioravano.
«Guardandoti negli occhi riesco a vedere ogni singola crepa del tuo cuore. Io riesco a vedere attraverso la tua maschera» mormorò, sentendosi precipitare.
«Come?» disse in un sussurro.
Irthen sorrise amaramente, colpito da una certezza improvvisa.
«Forse perché è pressappoco quello che provo io. Tu ed io siamo uguali, Yu, qualcosa in noi non funziona più bene. Solo che…io l’ho accettato.»
Una grossa lacrima scivolò giù dalla guancia pallida della ragazza e si perse nei suoi capelli.
«Mi permetti di condividere il mio vuoto con il tuo, almeno per un po’?» domandò dolcemente.
 
Quando Irthen posò le labbra sulle sue, Yu credette che si sarebbe allontanato non appena si fosse reso conto di quanto quel gesto fosse ardito. Ma si rese subito conto di essere in errore. Lo capì quando la pressione aumentò e le labbra del ragazzo si schiusero. Il suo respiro caldo era, in qualche modo, confortante.
«Mi sto ancora servendo di te» precisò, faticando ad articolare, con il cervello in pappa.
«Se non altro, questa volta è reciproco» rispose Irthen, gli occhi ridotti a due fessure verde opale, e una vena vagamente crudele nella voce.
Istintivamente, Yu si strinse a lui e stette al suo gioco, desiderosa soltanto che quel maledetto dolore, anche se solo per poco, fosse lenito.
 
«Sveglia!» latrò Konstantin. «Svegliatevi subito!»
Aqua si svegliò di soprassalto e balzò in piedi.
«Cosa? Che succede? Ci attaccano? Ci…?» farfugliò.
Hailie si stropicciò gli occhi.
«Ma che ti prende, Stan? Sei impazzito?»
Konstantin lanciò a ciascuna di loro un’occhiataccia e puntò il dito verso una finestra.
«La vedete quella?» sibilò.
Aqua rabbrividì. Konstantin furioso era uno spettacolo che si sarebbe persa volentieri. Seguì il suo dito e capì: la finestra era accostata.
«Cosa?» ripeté Hailie.
«Non l’hai aperta tu immagino…» mormorò Aqua.
«No. Non l’ho fatto. E nemmeno ieri sera. Perciò deve essere stata una di voi due. Non vi sembra che la situazione sia abbastanza rischiosa senza bisogno di commettere certe imprudenze? Non sappiamo che grado di protezione ci offrano gli incantesimi di Storr, perciò non sognatevi mai più – mai più – di dimenticare una finestra aperta, sono stato chiaro?»
Aqua si rabbuiò. Era assolutamente certa di non aver aperto alcuna finestra, aveva passato il pomeriggio a studiare il funzionamento del sistema di canalette, la finestra non le serviva. Guardò Hailie, che scuoteva risolutamente il capo, facendo rimbalzare i riccioli biondi a destra e a sinistra.
«No, Stan, ti sbagli, ma io non ho aperto quella finestra. Se ben ricordi, ho svolto i miei esperimenti nel salone principale, quello che si affaccia sul cortile interno, e non qui. E…beh, non credo che ad Aqua servisse una finestra» disse, voltandosi verso di lei.
Aqua annuì, e disse:
«Se non l’hai aperta tu…»
Konstantin si era fatto via via più pallido.
«Ne siete sicure? Completamente sicure?» domandò.
Entrambe annuirono.
«Non può essersi aperta da sola» mormorò in tono lugubre.
«Stan…è entrato qualcuno? O qualcosa?» domandò Aqua rabbrividendo.
Konstantin sospirò.
«In questo momento non c’è nessuno, qui, tranne noi tre. Ma non posso sapere se qualche creatura si sia introdotta nel palazzo durante la notte, per poi andarsene prima del mio risveglio. In ogni caso, siamo ancora vivi e vegeti, e questo mi fa pensare che non si trattasse di qualcosa di ostile.»
Hailie scosse ancora il capo.
«Non mi piace. Non mi piace per niente. Forse dovremmo fare dei turni di guardia…»
«Abbiamo l’intera giornata per organizzarci» concluse Stan chiudendo la finestra.
 
Chloé sopirò, guardando la nave allontanarsi dal porto di Natìm. James la salutò con un cenno formale del capo e si ritirò in coperta. Salpavano per Riva, che nella notte era stata attaccata da un contingente di orchi. La notizia era giunta prima dell’alba, e Ruben non aveva perso tempo: aveva organizzato una squadra di sostegno per gli uomini che erano rimasti là a difesa della propria città, e aveva affidato il comando a James.
Ancora non riusciva a capacitarsi di essere stata lasciata lì a penare… Non poteva sopportare l’idea che lui fosse impegnato sul fronte, che una parte delle infermiere da lei stessa addestrate potesse seguirlo, e che lei invece dovesse aspettare le notizie ufficiali per sapere se il suo uomo fosse vivo o morto. Aveva provato in tutti i modi a convincere lui e il Maestro, ma entrambi erano stati irremovibili.
“Il quartier generale è inquietantemente sguarnito, ormai, e preferisco averti qui”, aveva detto Ruben.
“Combatterò più tranquillo sapendoti a casa”, aveva aggiunto Jamie.
Strana scelta terminologica, pensò Chloé, casa. Natìm non era affatto casa sua. Poteva forse esserlo per James, ma non lo sarebbe stata mai per lei. Casa era Pothien, nient’altro. Nemmeno James avrebbe potuto cambiare quel fatto, era una certezza inscalfibile.
Tornò lentamente al palazzo, domandandosi che cosa sarebbe successo se i draghi avessero sorvolato la Piana di Thann, il Lago, e avessero attaccato direttamente Natìm. Probabilmente, la città e i suoi abitanti avrebbero subito la stessa sorte di Madian, che sei anni prima era stata quasi rasa al suolo. Ma se era davvero così semplice, perché non l’avevano già fatto? Forse, perché senza l’effetto sorpresa sarebbe stato più rischioso? C’era qualcosa in tutta quella storia che le sfuggiva. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno che fosse ben informato sui fatti. E dal momento che Ruben era inavvicinabile, con tutte quelle riunioni strategiche che lo tenevano occupato, che Aqua e Stan erano lontani, che Jonna non le ispirava simpatia, l’unica che forse poteva sapere qualcosa era Amina. Anche se sapeva che spingerla a ricordare sarebbe stato peggio che pugnalarla.
 
Yu bussò alla porta dell’appartamento di Ruben prima di entrare. Il Maestro tamburellava nervosamente con le dita sulla mappa spiegata sulla scrivania. Non alzò nemmeno gli occhi quando la ragazza richiuse la porta.
«Ben?»
«Avvicinati, bambina.»
Yu sospirò e obbedì.
«Che cosa vedi?» disse Ruben facendole posto davanti alla cartina.
Yu si scostò i capelli dagli occhi. Accidenti ad Irthen, le aveva fatto fare tardi, e quando Ruben l’aveva mandata a chiamare non era neanche lontanamente presentabile.
Una serie di segni di vari colori e forme costellava la Terra dei Tuoni. Cerchi verdi per indicare le città alleate, cerchi rossi per i domini di Micael, croci nere i fronti di combattimento. Un’enorme freccia puntava su Cyanor.
«A parte un delirio di inchiostro di dubbia coerenza?» domandò confusa.
Ruben rise tra i denti.
«Sì, a parte questo.»
Yu continuò ad osservare.
«Mi dispiace davvero, ma continuo a non capire» disse infine.
Ruben puntò il dito sulla cittadina di Riva.
«Questa notte, gli orchetti hanno attaccato Riva. Ho inviato Jim in aiuto con una squadra, ma non mi è ancora chiara la gravità della situazione. Quello che mi preoccupa è che ci stanno accerchiando, oltre che costringendo a frazionare il nostro esercito in modo pericoloso. Il Nord del Lago di Nebbia è la zona più popolosa della Terra dei Tuoni, uno scontro qui sarebbe un massacro. Devo trovare il modo di spostare tutto questo…disastro da qualche altra parte.»
«Dove?» domandò Yu.
«Ancora non lo so» sospirò.
«Come posso aiutarti, Ben?»
Ruben si rabbuiò e scosse il capo. Gli occhi azzurri la trafissero.
«Perché sei sempre convinta che debba esserci un secondo fine nelle mie convocazioni? Non posso mandarti a chiamare per sapere come stai?»
Fiutando un raggiro, Yu si fece circospetta.
«Negli ultimi giorni ci siamo visti poco, ragazza mia. Certo, l’arrivo di Jonna mi ha complicato un po’ la vita, e mi ha fatto piacere sapere che hai continuato a frequentare il giovane Irthen. Alla tua età è giusto passare del tempo con i coetanei, temo di essere stato un padre adottivo pessimo sotto questo punto di vista…»
Sentendosi sempre più un animale braccato, Yu deglutì a vuoto, cercando di mantenere un’espressione calma. Mai Ruben le era sembrato tanto pericoloso come in quel momento, per qualche oscura ragione sentiva il bisogno di scappare a gambe levate.
“È questo l’uomo che ami?”, si domandò.
Il mago non notò il suo conflitto interiore, e tornò a guardare la mappa.
«Questa tua nuova amicizia è interessante, mia cara Yu. Non mi fido completamente di Liam, è impulsivo e incline a fare cose sciocche quando ci sono di mezzo certe persone. Ora che il tuo amico cammina sulle proprie gambe, ho perso parte del potere che esercitavo su suo fratello, e, di conseguenza, su Amina, su Chloé, e di riflesso anche su James. Sembra che, in un modo o nell’altro, Liam stia raccogliendo intorno a sé un folto gruppo di simpatizzanti, e questo non mi fa dormire sonni tranquilli. Sarebbe bene che tu tenessi occhi e orecchie aperte: potresti scoprire qualcosa di interessante, frequentando quei due fratelli senza partito…magari un punto debole, chissà.»
Yu lasciò la stanza di Ruben con lo stomaco sottosopra. Ancora una volta non si era sbagliata, ancora una volta l’aveva rabbonita con parole gentili per poi inviarla a fare il lavoro sporco al posto suo. La sola idea le dava la nausea. Non si era mai sentita tanto disturbata dal proprio ruolo di spia. Non credeva che Liam avesse intenzione alcuna di soffiare il comando a Ruben, e il solo pensiero di dover tradire Irthen la faceva stare male. Ma aveva alternative, se a chiederglielo era Ruben?
 
Il sole entrava dalle finestre aperte della stanza di Chloé, ma l’umidità che saliva dal lago rendeva l’aria soffocante. Liam stava seduto sul davanzale, fingendo di ascoltare il lungo ragionamento che la bionda aveva iniziato a ricostruire dopo essere andata a requisire lui e suo fratello, frutto di un discorso che doveva aver tenuto impegnate lei ed Amina per parecchio tempo, quella mattina presto.
James era partito per Riva, gli orchetti avevano attaccato anche da là, i draghi a Cyanor. Ogni tanto Irthen sbadigliava, e lui non poteva fare a meno di imitarlo.
«Così, ho chiesto a Mina perché Djalmat ha avuto vita tanto facile a Madian. Naturalmente, per l’effetto sorpresa, mi ha risposto. Ma quell’effetto ora non ce l’ha, perché tutti i maghi della Terra dei Tuoni si aspettano un attacco da parte sua» disse Chloé.
«Fin qui, siamo tutti concordi» commentò Liam, distrattamente.
«Qual è il punto?» domandò Irthen.
«Il punto è: perché se Djalmat da solo ha potuto radere al suolo una città, i draghi non attaccano tutti insieme prima Natìm e poi Torat, garantendosi l’egemonia senza tante guerre e strategie snervanti?»
«Non vogliono esporsi?» tentò Irthen.
Con grande sorpresa, Liam notò che sembrava davvero interessato all’argomento. Ancora una volta si domandò che fine avesse fatto suo fratello.
«In un primo momento» intervenne Amina «io e Clo abbiamo pensato che potessero aver scelto di restare a margine per non rischiare perdite e poter, una volta finita la guerra, sbarazzarsi degli alleati scomodi. Magari non addirittura gli stregoni, ma orchi e orchetti. Non penso che combattano gratis, avranno pure qualche tornaconto.»
«Terre, probabilmente» disse Liam.
«Esatto.»
«Tuttavia, questa teoria è debole» riprese Chloé. «Anche se un “tutti contro tutti” sarebbe molto opportuno, per loro, mi sembra comunque troppo improbabile che tutto questo sia stato architettato per risparmiare energie per combattere gli orchi…»
«Così ci siamo dette:» Amina si alzò e iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro «da quanto tempo i draghi non lasciano il territorio del patto? O meglio, da quanto tempo non abbiamo notizie certe di loro?»
«Beh, da quando sono stati confinati nell’estremo Sud credo che nessuno si sia mai realmente interessato» disse Liam.
Iniziava a capire dove volevano andare a parare, e la cosa si faceva interessante.
«Appunto. Sono passati centinaia di anni da quella guerra. Non pensate che in questo lungo lasso di tempo, trascorso in una terra inospitale e non particolarmente ricca di cibo, il loro numero possa essersi ridotto?»
Liam prese a giocherellare con una ciocca di capelli, valutando le implicazioni di una simile possibilità.
«Poniamo che sia così, che i draghi siano pochi» disse Irthen. «Questo che cosa comporterebbe?»
Amina guardò Chloé prima di rispondere.
«Comporterebbe che ogni perdita potrebbe essere una tragedia, e che, soprattutto, potrebbe essere a rischio la loro supremazia sugli stregoni. Formalmente, il loro è un rapporto su pari livello, ma dubito che lo sia davvero. Abigail ha detto che sono i draghi a gestire l’esercito, giusto? Io credo che Djalmat avrebbe tutto l’interesse a tenere celato, agli stregoni in primis, la vera entità del loro numero, anche nella prospettiva di una possibile vittoria. Il rischio di un colpo di mano è troppo alto…»
Liam annuì, piacevolmente colpito dagli scenari che si aprivano loro.
«E come possiamo fare per verificare la vostra teoria?» domandò Irthen.
Chloé si strinse nelle spalle.
«Con un po’ di fortuna, saranno le nostre spie a Cyanor a confermarlo. Per il momento conviene aspettare…»
 
L’aqua di quei condotti proveniva dal lago di Nebbia, e si diramava per tutta la Piana, fino al Bosco Lossar verso Ovest, e fino a Torat ad Est. A Sud sfiorava la città di Pall. Non era niente male come campo di indagine, pensò Aqua.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul liquido gelato che le intorpidiva le dita. Seguendo il fluire del suo elemento, poteva catturare immagini e suoni di tutto ciò che vi entrava in contatto, ma l’intensità della connessione andava diminuendo in proporzione all’aumentare della distanza. In cima alla lista delle priorità c’era Cyanor e i suoi occupanti, così non permise alla sua mente di divagare…
Il buio freddo della tubatura scendeva diramandosi tra le pietre del Palazzo. Decine di sussurri, grugniti, presenze. Orchi e orchetti, un numero imprecisato che si muoveva nell’edificio. Principalmente concentrati tra il primo piano e il piano terra, forse non amavano l’altezza. Oppure le scale. Nessun drago all’interno delle mura. Probabilmente non c’era spazio a sufficienza. Allargando, nuove biforcazioni, che si estendevano in tutta la città. Altri orchi, dislocati qua e là. Sentinelle. Ogni tanto, la luce del sole e la brezza fresca. Fontane. Cyanor ne era piena. Nell’estremo Ovest della città, un grande spiazzo, con l’aspetto di un anfiteatro. Tutto attorno, palazzi abbattuti, case bruciate, piante estirpate, lastre di pietra frantumate. L’immagine vivida di una zanna e di un occhio smeraldino, dalla pupilla verticale. Il fluire dell’acqua rallentò, per poter osservare meglio. Nell’anfiteatro c’erano tre grandi draghi. Conosceva due di loro: Djalmat e suo figlio Raj. Il terzo era il più piccolo, nero. Sembrava che comunicassero tra di loro, ma nessun suono particolare turbava la corrente. Attorno all’anfiteatro, altre presenze simili. Riducendo al minimo la velocità, cercò di contarle, ma era difficile. Non vedeva bene, poteva basarsi solo sulle vibrazioni prodotte dai loro movimenti. Uno, due, tre…sei draghi, forse. Solo sei? Potevano essercene altri, in giro? Forse ancora nella Terra dei Draghi?
«Aqua!»
Aqua sobbalzò e tornò nel proprio corpo. Era madida di sudore.
«È successo qualcosa?» domandò.
Hailie si lasciò cadere per terra di fronte a lei.
«Ho scoperto una cosa incredibile, scandagliando la città! Sai quanti draghi ci sono, a Cyanor?»
Aqua ghignò.
«Nove?»
Hailie sgranò gli occhi.
«Come cavolo fai a saperlo?!» esclamò battendo il palmo della mano per terra.
«È quello che ho appena visto anch’io. Credi che siano così pochi? Oppure che ce ne siano altri?»
Scosse il capo.
«Chi lo sa… Bisognerebbe cercare notizie a Sud, ma i miei poteri non mi consentono di arrivare così lontano. E nemmeno i tuoi, credo. L’unico che può capirci qualcosa è Stan.»
Aqua annuì.
«Dov’è, ora?»
«Chiuso nell’ultima stanza. Credo stia cercando il modo di tenere sotto controllo i movimenti nel Palazzo.»
Uno schiocco secco proveniente dalla stanza accanto le fece balzare in piedi.
«Cos’è stato?» sussurrò Hailie.
Aqua si avvicinò cautamente alla porta del bagno. Nel salone attiguo, uno specchio giaceva infranto sulle pietre.
«E quello?» mormorò Aqua.
Hailie si avvicinò e si nascose dietro alla sua schiena.
«Che cos’è stato?» ripeté.
«Lo specchio. Deve essersi staccato dal suo gancio.»
Si guardò attorno e andò a raccogliere lo specchio. L’anello che lo sosteneva era intatto.
«Non capisco…»
Konstantin comparve dall’altro ingresso. Aveva il fiatone.
«Uno specchio?» domandò.
«Sei…sei certo che siamo soli, qui?»
Stan annuì lentamente.
«Ti rendi conto, vero, che è altamente improbabile che sia caduto da solo?» insistette Aqua.
«Potrebbe essere colpa di Storr» disse.
«Storr è morto da centinaia di anni!» farfugliò Hailie.
«Intendevo della sua magia! Smettila di frignare per qualunque cosa, Hailie!» sbottò. «Forse tutta la magia che ha ammucchiato in queste stanze, a distanza di tanto tempo e senza manutenzione, inizia a fare le bizze…»
«Quindi potremmo improvvisamente trovarci scoperti? Ottimo» commentò Aqua.
«Potremmo anche saltare in aria, se è per questo» precisò Stan. «Sentite, cerchiamo di raccogliere più informazioni possibile, e leviamo le tende prima che sia troppo tardi.»
Aqua e Hailie annuirono. Anche se non si era ancora parlato di come avrebbero fatto a lasciare il Palazzo di Storr.



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Ok, non uccidetemi :)
   
 
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