Quando Rodolphus Lestrange
lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da
dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di
cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene.
Sarebbe stato difficile
attribuirgli un’età precisa, il suo sguardo pareva aver visto tutta la storia
del mondo, ma il suo aspetto di ragazzino lo smentiva.
I capelli bianchissimi, poi,
erano un bizzarro contrasto con il verde quasi innaturale degli occhi grandi
che studiavano e guardavano tutti.
L’ultimo Dumbledore sulla
terra si guadò attorno regalando un’occhiata di superiorità ai mangiamorte
impietriti e tremanti e una fredda e scrutatrice al piccolo esercito
dell’Ordine della Fenice schierato e altrettanto basito.
Gli occhi smeraldo si
abbassarono sul lungo lenzuolo che lo ricopriva e Devlin scosse la testa: solo
più tardi, riflettendo su quel dettaglio, sia Draco che Harry avrebbero
confermato che Silente stesso non avrebbe fatto cosa diversa, infatti, toccando
appena la stoffa bianca, questa cominciò a modellarsi su di lui fino ad
assumere le sembianze di un abito decisamente più comodo.
Quando rialzò la testa,
pareva che il giovanetto avesse risolto tutti i suoi problemi e che la presenza
massiccia degli adepti di Lord Voldemort ancora lì non costituisse un dettaglio
di cui preoccuparsi.
Solo allora gli occhi verdi
si spostarono su Draco, appoggiato fiaccamente al tavolo riverso che ansimava a
fatica, ma che, tuttavia, stava ghignando come solo lui sapeva fare, quasi
rispondesse un po’ all’aria strafottente che lo stesso ragazzino albino aveva
stampigliata sul volto dalle fattezze ancora un po’ infantili.
Devlin si mosse per la sala
senza che nessuno osasse fiatare o muoversi, né buoni e né cattivi, si accostò
allo Slytherin e piegò le ginocchia per arrivare all’altezza di quest’ultimo.
-
Credo che tu, tra
tutti, sia l’unico che sa davvero chi sono – gli sorrise e quel gesto gli parve
molto diverso dagli altri che aveva rivolto, come se volesse bene a Draco
Il biondo annuì a fatica,
dopodiché Devlin scostò appena i lembi della camicia dell’altro e posò una mano
sul petto, il Caposcuola verde-argento sussultò a quel contatto, come se per un
attimo gli fosse mancato il respiro, dopodiché le ferite che aveva sul corpo e che
gli erano state procurate dagli schiantesimi di sua zia cominciarono a
scomparire, lentamente.
-
Chi sei? Che cosa
stai facendo? – urlò esagitata Bellatrix brandendo la bacchetta e più si
rendeva conto che la situazione diventava critica per loro, più diventava
isterica
-
Mi pareva di
averti già detto il mio nome. – rispose glaciale Devlin senza neppure
guardarla, ma continuando in quello che stava facendo – avresti fatto meglio a
ricordartene allora – aggiunse ancora.
Faceva uno strano effetto
essere arrivati sull’orlo della distruzione totale e sapere che a salvare il
tutto era stato un ragazzino un po’ sfrontato.
E il fatto che stesse
rimettendo in piedi il figlio di sua sorella non giocava a loro favore, Draco
Malfoy era senz’altro una persona pericolosa tanto quanto lo era la sua totale
imprevedibilità.
Era fin troppo intelligente e
per di più adesso militava tra le fila di Silente.
Doveva fare qualcosa.
In un impeto di follia lanciò
contro i due, apparentemente indifesi, la prima maledizione che le giunse alla
mente, la scagliò con tutte le forze che aveva in corpo nel tentativo di
distruggerli per sempre, poco importava che andasse contro le regole della
cavalleria, visto che non potevano difendersi ed erano impreparati all’attacco,
erano mangiamorte, dopotutto, il loro unico codice era quello che li univa al
loro signore.
Ma fu tutto vano, per quanto
potente e odiato, l’incantesimo andò ad infrangersi contro una barriera
invisibile intorno alle due figure.
E l’attimo seguente il nipote
di Albus Silente voltò verso di lei la testa, sembrava che avesse a che fare
con un moscerino fastidioso e l’aria era decisamente molto seccata.
-
Sei una persona
molesta, Bellatrix Black. E credevo che tu avessi abbastanza cervello per
preservare la tua integrità, ma mi rendo conto che non è così.
-
Stai zitto! – gli
gridò furibonda la donna, più scarmigliata che mai
Nel frattempo Malfoy si
rimise in piedi, non era proprio come nuovo, ma quel ragazzino sapeva davvero
compiere miracoli con quella bacchetta e non dubitava certo che la maggior
parte del merito fosse dei suoi grandissimi poteri: figlio di Ariana Silente e
di Grindewald… chissà che aura magica immensa possedeva… in parte capiva perché
i mangiamorte fossero così restii ad ucciderlo, che atrocità avrebbe commesso
una persona simile se indottrinata a dovere con il credo di Voldemort?
Già da solo non sembrava
proprio uno stinco di santo, con le dovute manipolazioni, se mai fossero
riuscite a fargliene e non fosse accaduto il contrario, sarebbe diventato un
autentico Signore del Male.
Lo guardò e provò quasi un
sentimento fraterno nei suoi confronti, qualcosa che per nessun altro aveva mai
provato, poi qualcosa lo colpì: dalla camicia linda del ragazzo, che portava
con i primi tre pomelli rigorosamente sbottonati, pendeva una catenella dorata
che reggeva senz’altro un ciondolo nascosto dalle pieghe del tessuto.
In un primo momento credette
che fosse il medaglione che Silente aveva mostrato loro, quello contenente lo
spirito della Elder Wand, quello che nessuno poteva toccare e che Devlin
avrebbe dovuto avere sempre con sé, ma c’erano un paio di dettagli che non
quadravano.
Innanzi tutto il preside
aveva detto loro che, alla sua more, Alys, la fantomatica feycoocu che abitava
la Bacchetta di Sambuco, si sarebbe ricongiunta al legno dal quale era stata
separata alla nascita di Devlin, dunque, dato che Silente era morto e suo
nipote stava combattendo, ella doveva già essere tornata alla sua “casa”.
Eppoi… come non riconoscere
quelle maglie sottili che formavano il complicato intreccio della catenella?
Quella era senz’altro la Giratempo di Hermione!
Devlin intercettò il suo
sguardo, come se la scenata di pazzia di Bellatrix non richiedesse la sua
attenzione per un secondo di più e neppure un possibile incantesimo scagliato all’improvviso
-
Ringrazia la tua
dolce metà se sono qui – gli disse ghignando e a Draco quel ghignò ricordò
molto il proprio
-
Hermione? –
domandò incredulo – Hermione è… viva?
Il ragazzino parve riflettere
in modo teatrale sulla questione, liquidandola con un
-
Ne parliamo più
tardi
Detto ciò si voltò finalmente
verso l’iraconda seguace di Voldemort e la squadrò da testa a piedi, quando la
sua ispezione fu terminata sul suo viso si leggeva perfettamente un’espressione
terribilmente annoiata: Bellatrix non suscitava certo il suo interesse.
-
Giunta l’ora di
morire eh, Bella? – la schernì – sei pronta? Hai fatto l’esamino di coscienza?
-
Tu, stupido
bamboccio saputo – sibilò pericolosa lei riuscendo a strappargli un sorrisetto
ironico – non credere di potermi uccidere così facilmente…
-
Io invece penso
di sì – rispose con naturalezza lui rigirandosi il legno chiaro tra le dita –
non sei dotata di nessuna caratteristica particolare, i tuoi poteri sono
qualcosa di cui vergognarsi, più che altro, e al momento riesci pensare solo
alla rabbia. – una bella analisi psicologica - Ma dopotutto, tu volevi la bacchetta di Albus…
forse è il caso che io ti dia effettivamente una dimostrazione di cosa può fare
Gli occhi verdi si spostarono
sulla figura bionda in piedi lì accanto che lo stavano ammonendo di non fare
troppo il gradasso, più che altro perché il ruolo non si confaceva molto al suo
aspetto fanciullesco e Draco questo lo sapeva bene, non tanto perché sua zia
potesse davvero ucciderlo.
Esattamente come avrebbe
fatto un fratellino desideroso di mostrare la propria abilità al fratello
maggiore, Devlin sorrise, per una volta gaiamente, al Serpeverde.
-
Allora, sei
pronta? – le chiese portandosi la lunga asta parallela alla linea mediana del
volto e fissandole gli occhi sul viso
Reggendo l’impugnatura
elaborata proprio sotto il mento, la parte di legno separava in due metà
perfettamente speculari il volto del ragazzino, l’unica cosa asimmetrica era il
ghigno un po’ bieco che storpiava le sue labbra.
Bellatrix deglutì e si
preparò al duello in posizione di difesa.
Non sapeva chi fosse
quell’esserino pestifero né da dove fosse sbucato fuori e, di sicuro, alla sua
età non ci si poteva aspettare che sapesse combattere con una bacchetta in modo
da tenere testa ad una persona dotata di molta esperienza quale lei stessa era,
ma… c’era qualcosa in lui che lo rendeva molto pericoloso.
La logica avrebbe suggerito
quanto sopra, ma aveva come la terribile sensazione che lui sarebbe davvero
stato in grado di ucciderla. Se lui avesse cominciato, con ogni probabilità
sarebbe riuscita a stento a sopravvivere.
-
Pronta? – le
chiese come se si stesse divertendo da matti e la punta della bacchetta si
colorò di un’aura verdastra
Come un tredicenne sapesse
richiamare a cuor leggero un’Avada Kedavra era un mistero; o il piccoletto non
era a conoscenza della potenza distruttiva di quell’incantesimo, ma francamente
ne dubitava, o erano di fronte a qualcuno che la storia non aveva mai visto e
che di sicuro più che appartenere ai libri, l’avrebbe SCRITTA la storia.
Vide gli occhi verdi, prima
puntati su di lei spostarsi leggermente di lato e si accorse di un piccolo
dettaglio, ovvero la mano di Draco posata sulla spalla del ragazzo, poco più
basso di lui.
Malfoy scosse la testa
-
Non dovremmo
abusare della nostra magia in questo modo – incominciò paterno - abbiamo tutti
e due poteri troppo grandi per la nostra età, io stesso ho appena pochi anni
più di te, ma… è giunto il momento che mi assuma la responsabilità di quanto mi
è stato dato, per presto che sia. A tempo debito regolerai i tuoi conti
Devlin aspettò in silenzio,
ragionando sulle sue parole, e quel modo di fare allo Slytherin ricordò quello
della sua nuova tutrice, Mana, non avrebbe saputo dire se Devlin avrebbe ucciso
Bellatrix a sangue freddo o se quel gesto l’avrebbe perseguitato per tutta la
sua esistenza, ma era giunto il momento di mettere la parola fine a quella
faccenda e toccava a lui, da dove tutto era cominciato.
-
D’accordo – disse
infine il ragazzino, Draco gli regalò un sorriso riconoscente – ma lo faccio
solo perché è una questione tra te e lei
Sarà stata un’impressione, ma
quella piccola peste gli ricordava molto se stesso alla sua età…
-
Devlin?
Una voce dall’esterno chiamò
il nipote del preside e subito dopo, affaticata, nel vano della porta comparve
-
Oh, sia grazie al
Cielo, meno male, credevo di averti perduto nelle correnti temporali
Lo sguardo di Minerva pareva
stranamente preoccupato, come se quello con cui stava parlando fosse il suo
nipotino anziché un perfetto estraneo che aveva conosciuto da meno di un anno.
Gli occhi azzurri erano umidi
e si stava sorreggendo con una certa fatica allo stipite mentre il pugno della
mano sinistra, chiuso, era poggiato sul petto.
-
Uno come me non
può morire a quel modo – rispose con naturalezza il diretto interessato
Draco guardò quella scena, un
piccolo quadretto familiare distrutto come il suo, anzi, come entrambi i suoi:
quello di cui faceva parte come figlio e quello che avrebbe voluto costruire
come marito e come padre.
Scosse la testa cercando di
scacciare l’immagine serena della mezzosangue prima di chiudere gli occhi per
sempre, se l’avesse rammentata ancora si sarebbe messo a piangere e non era il
caso visto che c’era ancora da sistemare una ventina di mangiamorte e sua zia.
Accidenti, sua zia!
Distratto com’era stato dalla
comparsa della vicepreside si era completamente dimenticato di Bellatrix!
Si voltò appena in tempo per
vedere l’Avada Kedrava dall’inconfondibile colore fosforescente partire dalla
bacchetta della maga diretta non a Devlin o a lui, bensì alla McGranitt!
Cazzo, se la McGranitt fosse
morta a quel modo avrebbe liberato un mostro!
Perché faceva tanto lo
sbruffoncello, ma anche Devlin, stranamente, voleva bene a quella burbera
professoressa e c’era da chiedersi come mai visto che non erano stati insieme
che poche ore prima dell’inizio della battaglia…
Un “nooooo!!!” gridato con
tutta la forza che aveva in corpo gli uscì involontariamente dalla bocca
mentre, più veloce che poteva, si lanciava verso l’insegnante che si era
accorta solo in quel momento della magia appena partita e non le avrebbe dato il tempo di scansarsi.
Spiccando probabilmente il
salto più spettacolare della sua vita, col cuore che batteva a mille nel petto,
come quando faceva l’amore con la mezzosangue, lo sguardo terrorizzato degli
occhi verdi di Devlin che gli vorticava nella mente, si gettò più veloce che
poté sulla professoressa cercando di scaraventarla lontano.
Sentì un dolore fortissimo
colpirlo al fianco sinistro mentre stava ancora volando a mezz’aria.
Quando guardava quegli
sceneggiati babbani, mentre era a Londra, si chiedeva spesso perché a metà
della scena clou i registi decidessero sempre di mettere il rallentatore alle
immagini, beh, adesso lo capiva: in quel momento era come se il tempo stesse frenando,
come se tutto scorresse molto più lentamente, i movimenti parevano a scatti, i
suoni che riusciva ad udire divennero concitati e confusi, le immagini
cominciarono a sfuocarsi nella sua mente.
Udì in lontananza le grida
dei suoi compagni.
Atterrò malamente sul
pavimento di pietra graffiandosi con lo scempio di cocci e vetri infranti e
riconobbe la sagoma allarmata di Potter quando aprì appena gli occhi cercando
di non perdere conoscenza.
-
Malfoy! Malfoy! –
stava chiamando Potty con un’agitazione che non gli si addiceva molto
Se fosse stato in salute (e
qualunque minuto della sua vita poteva dichiarare di essere stato meglio di
ora) gli avrebbe risposto per le rime, Potty non era certo una bella donna a
cui dedicare l’attenzione degli ultimi attimi della sua vita… se fosse stata la
mezzosangue di certo avrebbe fatto uno sforzo diverso. Perché non lasciava
avvicinare la Greengrass? Almeno avrebbe visto qualcosa di bello prima di
andare per sempre all’Inferno…
Un grido disumano gli rimbombò
nelle orecchie, ma non riusciva a distinguerlo, voltò la testa verso la
direzione da cui proveniva cercando di mettere a fuoco la scena leggermente
sgranata, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi stanchi non lo sorprese.
I mangiamorte avevano il pregio
di essere mossi sempre da grandi emozioni che li scuotevano e spingevano nelle
loro idee, ma altrettante ne suscitavano nei loro rivali e quando il proprio
avversario è uno come Devlin Dumbledore, la cui madre aveva immensi poteri
magici, ma altrettanto incontrollabili e il proprio padre era nientemeno che il
mago più spietato del mondo magico, beh, qualsiasi cosa avesse visto non
l’avrebbe stupito.
Sua zia al momento era
intrappolata in un cerchio magico che la stava investendo di scariche
decisamente poco piacevoli mentre il fautore di tutto quello se ne stava in
piedi attorniato da un’aura omicida che colorava perfino l’aria di quel rosso
vermiglio che aveva accompagnato anche la sua venuta in quel mondo.
Gli occhi verdi avevano le
iridi dilatate mentre le pupille sottilissime stavano fissando lo scempio di
vita che causavano.
I capelli bianchissimi quasi
ritti sulla testa dalla violenza della magia che senz’altro scorreva nelle mani
di quel ragazzino al momento, erano testimoni della sua rabbia.
Quanto faceva paura,
nonostante fosse poco più che un bambinetto, ma dopotutto, recentemente lo era
stato anche lui e…
Non aveva la forza di
continuare a pensare e riflettere, eppure doveva fare qualcosa!
Allungò una mano, doveva
fermarlo, se non lo faceva lui chi altri…
-
Devlin! –
richiamò una voce – adesso basta!
Dalla stessa porta da cui era
entrata la McGranitt arrivò un’altra sagoma vestita di scuro muovendosi con
passi lenti e cadenzati.
Tutte le teste intorno a lui
si voltarono a guardare, fissare quasi con sconcerto, cercò di girarsi anche
lui nonostante il dolore, avvertì la camicia nuovamente zuppa di sangue e
maledisse quel giorno in cui era la seconda volta che rischiava di morire per
mancanza di emoglobina, se fosse sopravvissuto avrebbe fatto un’ordinazione “in
serie” di camicie al suo sarto di fiducia.
La persona appena giunta
aveva un’aria stranamente familiare, indossava una gonna della divisa della
scuola, era del Grifondoro, inconfondibile, i loro colori sarebbero saltati
agli occhi perfino ad un cieco…
Anche la camicia pareva dei
grifoni e i capelli mossi le cadevano sulle spalle…
Doveva trattarsi di una
ragazza, ma con la vista che si ritrovava avrebbe scambiato Hagrid per Miss
Inghilterra.
Eppure quel qualcuno sembrava
familiare, anche la sua voce, nonostante non avesse più parlato.
E gli occhi… così caldi e
dorati… si stavano spostando meccanicamente da lui al bambino di fronte che,
forse, si stava calmando un poco.
Se quella era la fine, beh,
era meglio di quanto ricordasse, perfino lui si sarebbe calmato se qualcuno
l’avesse guardato con tanta severità.
Eppure quando incrociava
quelle iridi così piene di tristezza e di paura… così prossime alle lacrime…
Hermione!
Quella era Hermione!
Hermione Jane Granger!
No, non era possibile! Stava
sognando o forse era qualche allucinazione causata dalla sua ferita di cui
tutti parevano essersi dimenticati…
Hermione era morta! L’aveva
vista lui stesso mentre si addormentava per sempre tra le pieghe del lenzuolo…
All’improvviso, anche se non
lo vide, riuscì ad avvertire la forza magica di Devlin diminuire
progressivamente.
Chiuse gli occhi, qualunque
cosa facesse gli costava fatica, anche pensare a LEI, viva o morta che fosse.
Il suono martellante del suo
cuore coprì a poco a poco tutti gli altri.
Aprì ancora una volta gli
occhi, sentendo le palpebre tanto pesanti come se fossero fatte di pietra,
dopodiché, tra i tanti visi più o meno familiari, casualmente Potter sempre in
primo piano a rovinare la visuale, spiccava anche quello della Granger.
Hermione era il ritratto
della paura e le lacrime si stavano accumulando fino ad offuscare le sue iridi,
sentì che anche i suoi occhi erano umidi.
Le sorrise, come meglio
poteva e allungò una mano ad accarezzarle i riccioli ribelli che le
incorniciavano il volto.
Facendosi violenza mise tutta
la sua forza nella mano avvicinando il capo della ragazza al suo, se non lo
avesse detto, se non lo avesse fatto…
DOVEVA!
Non poteva andarsene per
sempre senza dirglielo!
La bocca si avvicinò
all’orecchio, le spostò una ciocca sfuggita alle forcine e parlò
-
Ti amo. Sposami
Hermione Granger
Dopodiché, con le sue ultime
forze, la bocca percorse quel breve tratto di pelle che separava l’orecchio
dalla bocca e posò un castissimo bacio sulle labbra di lei.
Non aveva la forza di fare
altro, non riusciva neppure a stringerla a sé, non riusciva a vederla,
avvertiva solo il contatto dei suoi capelli e della sua pelle.
Udì appena una voce gridare
il suo nome, sapeva essere la mezzosangue.
Avvertì sulla bocca una
lacrima, salata come quelle che aveva assaggiato la prima volta che si erano
baciati, la prima volta che lei baciava qualcuno.
Beh, era meglio di quanto
riuscisse ad immaginare.
Presto anche il suo udito
sarebbe scomparso.
-
Fate largo,
branco di stupidi! – gridò qualcun altro, quella, decisamente, non era la voce
della Regina dei Gryffindor, lei non avrebbe mai sbraitato a quel modo, come
una pescivendola, eppoi il lessico era decisamente fuori questione
Gli sembrava più se stesso
che la sua bella e rediviva Hermione.
Anche l’udito scomparve,
sostituito dal nulla.
Presto sarebbe scemata anche
la consapevolezza.
Non avrebbe resistito che
mezzo minuto.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci…
Qualcosa, come una scarica,
lo costrinse ad uno scatto e riaprì improvvisamente gli occhi.
La prima cosa che vide fu una
serissima e quantomai arrabbiata faccia fanciullesca dai capelli bianchi che lo
fissava con un cipiglio incazzoso che avrebbe fatto invidia al proprio.
-
Vedi di
svegliarti, non ne ho voglia di stare qui a questo modo ancora un po’!
Stava dicendo il soggetto in
questione.
Con una certa fatica allargò
il suo campo visivo e riuscì ad avvertire altri sensi oltre la vista e l’udito:
il tatto era uno di questi.
Le mani del ragazzino erano
poste sul suo petto come quando gli aveva curato le ferite, subito dopo essere
arrivato, solo che in quella circostanza aveva usato solo la sinistra mentre
ora entrambe erano appoggiate sulla sua pelle
-
Che cosa staresti
facendo, razza di invertito?! – sbraitò con tutta la rinnovata forza che
sentiva in corpo alzandosi un po’
-
Ti sto salvando
la vita, sottospecie di ingrato! – rispose a tono l’altro mentre Draco si
rimetteva a sedere
-
E per farlo devi
proprio spogliarmi?! – aggiunse il biondastro
-
Sai che bello
avere a che fare uno come te! – sibilò pericoloso Devlin
-
E dì un po’, per
curarmi dovevi proprio sbottonarmi i pantaloni?! – aggiunse lo Slytherin
tirando i lembi per la cintura di pelle e riabbottonando il pomello, in realtà
solo quello era stato slacciato, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva
leggermente, eppoi non poteva darla vinta a quel piccoletto
-
Guarda che sono etero!
– sbraitò il piccolo Dumbledore – mi fanno schifo quelli che vanno con gli
uomini
-
Ma stai zitto,
razza di moccioso!
-
Moccioso lo vai a
dire a qualcun altro – sbuffò
-
Ma cosa siete,
fratelli? – propose qualcuno non meglio identificato dalla piccola platea di
studenti in piedi che si era venuta a creare lì intorno
Draco e Devlin si voltarono a
fulminare con lo sguardo chiunque avesse parlato.
Malfoy passò in rassegna i
volti e gli ci volle meno di un secondo per identificare la provenienza della
voce nel suo migliore amico lì in piedi con le braccia incrociate e un
sorrisetto divertito sulle labbra.
Blaise!
Santo cielo, ma allora era
vivo! Allora il piccolo saputello lo aveva davvero salvato!
Accanto a Zabini c’era Pansy
con l’aria sollevata, divertita dalla scena, poco distante Potter sospirò e si
aggiustò gli occhiali rotondi sul naso nascondendo una risatina.
E lì davanti a loro, sul
pavimento con le ginocchia sbucciate, la sua piccola mezzosangue con il petto
che si alzava e abbassava agitato e le lacrime che le rigavano le guance.
Farfugliò qualcosa di
inintelligibile e subito dopo lei gli si lanciò tra le braccia.
Rimase un po’ stupito da
quella reazione, più che altro perché era il primo ad essere scioccato di stare
ancora in quel mondo: era VIVO!
Spostò gli occhi su Devlin
mentre accarezzava piano la testa della giovane Gryffindor; il nipote di
Silente se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento antico dondolando
ritmicamente la bacchetta più potente di tutto il mondo magico e quando i loro
occhi s’incrociarono sbuffò scuotendo la testa.
* * *
Qualcuno dietro il piccolo
gruppetto riunito tossicchiò significativamente e un varco si formò tra gli studenti:
-
Avrei qualcosa da
ridire circa i suoi metodi – dichiarò leggermente a disagio Minerva – ma devo
ringraziarla
Draco boccheggiò, caspita che
giornata! Perfino un ringraziamento della vicepreside!
Poi un pensiero lo colse
vedendo la gonna lunga di lei e il piccolo Silente lì affianco
-
Professoressa, il
professor Silente?
La donna aprì la bocca, come
per dire qualcosa, stupita da quella affermazione, ma la richiuse subito dopo e
abbassò gli occhi oltre le lenti rettangolari.
Si voltò verso gli altri che,
con ogni probabilità, non avevano colto tutti quei dettagli
-
Cominciamo a
rimettere a posto – disse all’indirizzo degli allievi – professor Vitius –
aggiunse poi indicando l’insegnante – rinchiuda i prigionieri nelle celle di
Hogwarts e metta delle sentinelle; signorina Tatsumiya – Mana comparve dal
nulla col suo fucile di precisione appoggiato per il calcio sul pavimento, le
braccia che si reggevano, apparentemente come se si stesse annoiando, alla
canna, le gambe leggermente divaricate negli stivali camperos di pelle – vuole
occuparsene lei?
Mana annuì svelta, fece un
segno di vittoria a Draco, gli strizzò l’occhio e seguì il prof di Incantesimi
ricaricando la sua arma dopo la battaglia, seminando lungo il suo percorso
bossoli vuoti.
Dopo aver sistemato tutti,
Minerva si voltò nuovamente verso Draco, Hermione e il piccolo Devlin
-
Riesce a
camminare, signor Malfoy? – domandò, l’altro fece un paio di prove per
rimettersi in piedi, poi accennò un assenso – molto bene, seguitemi – e si
diresse veloce verso l’uscita della Sala Grande ridotta ad un campo di
battaglia.
Malferret si voltò un’ultima
volta, fotografando con precisione quell’immagine nella sua mente: quando vi
avrebbe rimesso piede tutto sarebbe stato diverso, probabilmente ogni cosa
sarebbe tornata al suo posto come ricordava essere sempre stata, ma era giusto
ricordare che cosa si era consumato tra le antiche pareti della sala maggiore
della scuola.
* * *
La professoressa li condusse
nel proprio studio e fece sedere i tre sulle poltroncine di fronte alla
scrivania con un gesto della mano, poi si accomodò a sua volta nella poltrona
dietro.
Hermione, che tremava come
una foglia, continuava a tenere la mano del biondo senza lasciarla e gli occhi
bassi sul pavimento.
-
Mi ha chiesto di
Albus Silente – commentò quasi con tristezza la McGranitt
-
Infatti – rispose
Malfoy – se Devlin riesce a usare la Bacchetta il preside deve essere per forza
morto – tatto zero.
Nessuno ne sapeva tanto
quanto lui sulle Reliquie, il vecchio mago stesso gli aveva detto tutto ciò che
conosceva in proposito e, a differenza delle altre grandi famiglie coinvolte in
quella questione: i Black, i Potter, i Gaunt e i Malfoy, i Dumbledore non
avevano la pessima abitudine di dimenticarsi le cose importanti per strada.
Ovviamente poi aveva fatto un
po’ di ricerche per conto suo e di sicuro sapeva che il potere di una Reliquia
veniva trasmessa all’erede della famiglia solo quando il capofamiglia stesso
moriva.
-
E’ vero? –
domandò il bambino albino puntando gli occhi smeraldini sull’anziana donna,
Minerva sospirò drammaticamente, si tolse gli occhiali incrinati dalla caduta,
li appoggiò sulla scrivania, li pulì con un panno e se li mise, il tutto con
esasperante lentezza
-
Lasciate che
prima vi spieghi che cosa è successo, oppure, se vuole può farlo
-
Silente è morto
davvero? – questa volta il biondo rivolse direttamente a lei le sue domande
Hermione annuì con tristezza,
continuando a tenere gli occhi fissi sul parquet
-
Ma non sono stati
i mangiamorte – aggiunse in un sussurro appena udibile
-
È vero? – indagò
ancora lui girandosi verso l’insegnante che annuì
-
Lasciate che vi
spieghi.
-
Non aspetto
altro.
Se c’era una cosa che Draco
Malfoy non capiva era come quelle due donne così fedeli all’Ordine avessero
lasciato che Silente morisse, non lo riteneva umanamente concepibile, anzi,
assurdo!
-
Lei certamente sa
che, quando
-
Sì, ricordo –
confermò
-
Sono entrata
nella mente della signorina, subito dopo che ve ne siete andato – aggiunse –
avevo la necessità di trovare una risposta che mi premeva particolarmente
-
Quale? – Minerva
McGranitt si irrigidì contro lo schienale e indurì gli occhi
-
Non sono cose che
la riguardano – rispose altera e Draco avvertì una piccola stretta alla mano da
parte di Hermione – ad ogni modo, la signorina mi ha fornito l’autorizzazione
per prendere
-
Ma se era morta,
poteva farlo benissimo – era a conoscenza del fatto che nessuno potesse
toglierle quell’oggetto senza il suo specifico consenso
-
Non è esatto.
L’incantesimo che si è scatenato quando lei ha assorbito la sua energia magica
– e la scena si ripresentò con prepotente urgenza alla mente del ragazzo – non
ha effettivamente ucciso la nostra studentessa, bensì l’ha lasciata in uno
stato comatoso. Se la caposcuola di Grifondoro fosse effettivamente morta
sarebbe stato impossibile anche per me entrare tra i suoi pensieri
-
E dunque?
-
Ho preso la
Giratempo e ho riflettuto su quello che andava fatto, ma quando sono tornata
alla realtà l’infermeria non era più vuota
Si fece silenzio, tra i
presenti, mentre si entrava nel vivo della narrazione
-
Il professor
Silente, con ogni probabilità, era venuto a conoscenza del gesto sconsiderato
che si era compiuto, sia da parte mia che della signorina. Mi presentò una
seconda Giratempo, poi si avvicinò al letto e donò la sua energia magica alla
nostra allieva, esattamente come a sua volta aveva fatto con lei
-
Spero che lei
abbia tentato di impedirglielo – esclamò quasi indignato il biondastro
-
Signor Malfoy! –
tuonò irosa la donna – ritengo che il nostro stimato preside sia grande a
sufficienza e dotato di senno in quantità bastante per badare alla propria
esistenza senza una balia che gli dica cosa fare. Non approvo la sua decisione,
lo sappia, ma non spetta certo a me dirgli ciò che è giusto e ciò che non lo è!
-
Vada avanti –
rispose altrettanto seccato il ragazzo
-
Prima di
infondere in lei – e con un gesto del capo indicò la ragazza – la sua energia,
mi spiegò la sua idea: dovevamo recarci entrambe nel passato e modificare ciò
che è stato. Quando mi ha detto questo la battaglia in Sala Grande era appena
cominciata
-
E quindi?
-
Quando
-
Credo di non
seguirla
-
Lo immagino.
Quando il signorino Devlin – e qui indicò il bambino – è nato, il professor
Silente, per preservarlo dalla minaccia di Voldemort appena creatasi lo ha
portato cinquant’anni nel futuro sperando di salvarlo. Parlando con se stesso,
lo pregò di prendersi cura di quella creatura mentre lui doveva pensare alla
sua vita di allora
-
Ce ne ha parlato
-
Sì, c’ero anche
io. Noi siamo arrivate dal Silente di un anno fa, quando aveva appena ricevuto
la visita del suo se stesso più giovane e gli abbiamo spiegato la situazione,
dopodiché abbiamo preso nuovamente la Giratempo e abbiamo viaggiato undici anni
indietro ancora, spiegando al Silente di allora tutta la questione e
affidandogli il bambino in modo che se ne occupasse.
-
Quindi è come se
Devlin fosse nato undici anni prima di come lo conosciamo… adesso lui avrebbe
-
Undici anni –
puntualizzò la vicepreside – il signorino Devlin ha undici anni e, dovrebbe
entrare a Scuola il prossimo settembre – aggiunse con un pizzico di disappunto
immaginandosi i guai che un tipetto simile avrebbe potuto causare
-
Quindi è per
questo che è cresciuto all’improvviso, durante la battaglia
-
Sì. Quando siamo
arrivate undici anni indietro e abbiamo lasciato lì la cesta dopo aver parlato
con Silente, il corso degli eventi è stato leggermente distorto.
-
Dunque si spiega
perché abbia agito così, lui sapeva già che Devlin sarebbe arrivato – commentò
Hermione, leggermente confusa
-
Credo che lo
abbia fatto per permettermi di usare la Bacchetta - aggiunse ancora – se
l’avessi adoperata quando lui fosse stato viso, probabilmente il suo effetto
sarebbe stato minore, invece, essendo morto…
-
È una possibilità
– ammise il biondo
-
Ad ogni modo,
credo che sia giunto il momento di far tornare in vita Silente
-
Ma-ma… puoi farlo
davvero? – chiese esterrefatta la prof alzandosi in piedi e dimenticandosi le
dovute cerimonie che usava con gli allievi
-
Non ho bisogno
della Bacchetta io, è meglio se torna a lui e gli ridà i suoi poteri, dopotutto,
essendo vissuto in un’epoca dove Silente era ancora vivo, ne possiedo una mia.
Eppoi posso cavarmela benissimo anche senza poteri supplementari, ne ho
d’avanzo dei miei. – modesto come sempre
Lei fece per dire qualcosa,
ma appena aperto bocca si ritrovò nell’infermeria della scuola.
-
Ho solo
accelerato un po’ gli spostamenti – concesse il piccoletto stupendola
Il ragazzino le regalò un
sorriso a trentadue denti molto innocente. Proprio come quello di uno squalo.
* * *
Silente giaceva su una delle
brande di Madama Chips, l’aria serena di chi sa di aver fatto la cosa giusta.
-
Alys – chiamò
Devlin stendendo la bacchetta magica di fronte a sé e la piccola feycoocu che
la abitava comparve con i suoi capelli verdi e gli occhi fucsia
-
Ciao Devlin – lo
salutò come se si conoscessero da una vita – sei proprio sicuro di cosa stai
facendo? – gli domandò
-
Come fa a
saperlo? – chiese curiosa Hermione a Draco
-
Le Reliquie hanno
un rapporto molto stretto col loro proprietario, agiscono in base al suo
volere, senza incantesimi
E Alys, infatti, sapeva già
cosa Devlin aveva intenzione di fare di lei.
-
Se ridarai la
magia ad Albus non potrai tornare nella tua epoca e noi non ci incontreremo che
tra un bel po’ di anni – aggiunse
-
Nella mia epoca è
tutto a posto, andrà come è andata in questa perché Silente si prenderà cura
del bambino che è arrivato dopo che io sono partito – il piccolo Devlin abbassò
la testa e baciò appena la chioma turchese della fata, sorridendole, poi annuì
– Non preoccuparti - aggiunse
Alys sorrise e scomparve in
una nuvoletta brillante che finì nella bacchetta poi questa, animata da spirito
proprio, si mosse appena sopra il corpo anziano di colui che era stato uno dei
maghi più potenti.
L’istante successivo questi
aprì gli occhi ritrovando il piccolo gruppo schierato di fronte: Minerva,
commossa fino alle lacrime, Draco ed Hermione, praticamente basiti, e suo
nipote, Devlin, che aveva coscienza di aver avuto.
Il figlio di sua sorella
stava in piedi affianco del letto e poteva immaginare cosa aveva fatto per
farlo risvegliare.
Per tutta risposta, da sotto
la camicia, il ragazzino estrasse una bacchetta scura, quasi nera, l’esatto
opposto della Bacchetta di Sambuco. Era la SUA, quella che gli era stata
destinata, non imposta dalla sete di potere di un antinato folle.
Fu felice per lui.
Quando tutta lo scompiglio si
fosse placato avrebbero dovuto fare un lungo discorso.
Ringraziò che lo avesse
svegliato perché morire prima di avergli confidato tutta la storia sua e di sua
sorella andava contro i suoi principi, ma forse, un principio era sacrificabile
per il bene di un intero pianeta…
* * *
-
Prova a rifarlo e
questa è la volta che mi mandi davvero all’altro mondo!
Hermione storse la bocca
seduta sul letto dell’infermeria e fissò il vuoto, Draco non era stato molto
contento della sua decisione di sacrificarsi perché potesse combattere.
-
Dico, ma come ti
è saltato in mente una cosa del genere? COME?
-
Mi sembrava la
cosa più giusta… - mormorò lei sentendosi in parte colpevole e in parte
accusata ingiustamente
-
Ma giusta per
cosa? Ti prego, spiegamelo perché io non capisco!
-
Smettila di dire
tanto! – proruppe lei – cosa credi che abbia provato quando sono tornata alla
mia età normale e tu invece eri ancora un bambinetto? Cosa credi che abbia
visto nei tuoi occhi?
-
Vorrei proprio
saperlo! – sbraitò lui accendendosi una sigaretta dal nervoso
-
Volevi andare a
combattere, guarda che lo so, non sono stupida! Volevi la tua battaglia, la tua
guerra e la tua vendetta e avevi pure ragione!
-
Ma tu sei più
importante della mia battaglia, della mia guerra e della mia vendetta!
-
Pensavo… credevo…
che saresti stato felice di combattere per ciò che credevi
-
E in cosa dovrei
credere, sentiamo! Per una volta, dico una nella mia vita che credo in una persona,
questa preferisce morire piuttosto che starmi accanto! Non ero certo arrabbiato
per non poter combattere! – sbuffò mentre la sigaretta era ormai quasi alla
fine
-
E per cosa?
-
Per te, razza di
stupida! Come potevo proteggerti in quelle condizioni?
-
Per me? Ma io so
badare a me stessa! – sottolineò lapidaria
-
Su questo ho
qualche dubbio.
-
Tu e la tua idea
di proteggermi. Non capisco perché la fai tanto grossa, non occorre che
qualcuno mi protegga, so usare la magia per difendermi a sufficienza
-
Evidentemente,
allora, non sai usare la testa
-
Questo non lo
devi dire, Draco Malfoy! – aggiunse pericolosa – tu non mi devi proteggere!
-
Sì invece! L’ho
promesso a Silente e l’ho giurato a me stesso
-
Non m’interessa!
Mi pare che, forse, tra i due sia io quella che deve proteggerti
-
Non dirlo,
Granger, non provarci, sai?
-
E comunque non
capisco perché stiamo ancora qui a litigare, è andato tutto bene!
-
Tutto bene?!
Tutto bene un accidente! Quando mi hai toccato lo sapevamo tutti e due che
saresti morta, anzi, tutti e tre! Lo sai che cosa hai fatto passare a quella
strega della McGranitt?
-
Ma sentitelo!
Adesso prendi anche le parti della prof!
-
Non prendo le
parti della prof, ma tu stavi morendo! Quando ti ho lasciata tu eri come MORTA!
È solo per un miracolo santissimo se invece sei ancora qui a voler avere
ragione!
-
Ah, e così sarei
io quella che vuole avere ragione?
-
Perché, non è
forse così?
-
NO!
-
Io invece dico di
sì.
-
E comunque non
conta cosa ha passato la vicepreside, Silente sapeva che sarebbe andato tutto a
posto, probabilmente me lo avrebbe impedito se le cose sarebbero andate male…
-
Granger, cazzo,
non possiamo sempre essere tutti qui a guardare quello che fai! Non posso
vivere con una persona che so che tenterà di ammazzarsi alla prima occasione
per una stupidaggine! Hai minimamente, anche solo vagamente idea d cosa mi hai
fatto passare?
-
Tu mi stai
facendo passare un brutto quarto d’ora!
-
Al diavolo!
Credevo di morire! Come puoi pensare che io possa continuare a vivere senza
di te!
-
Il tempo guarisce
tutte le ferite – citò apatica
-
Un corno! È una stronzata!
Non pensarlo neppure, lo sappiamo entrambi che non è vero perché le nostre
ferite sono ancora tutte aperte. Le mie e anche le tue. Dovresti smetterla di
contare balle a te stessa per convincerti di aver fatto la cosa giusta! Tu e
questa mania di voler avere sempre ragione e di fare “la cosa giusta”!
-
Perché tu fai
sempre quella giusta, invece!
-
No
Silenzio.
-
Ad ogni modo… -
incominciò lei titubante, sentendo che era giunto anche il momento delle sue
scuse
-
Non farlo mai
più, d’accordo? Tu non sai che cosa ho passato, tu non sai quanto ero contento
quando mia zia stava per uccidermi. Andare all’Inferno era preferibile che
rimanere su questa terra senza di te, soprattutto sapendo che l’avevi fatto per
me.
-
Non dovresti dire
certe cose…
Draco la ignorò e si
avvicinò, abbracciandola stretta.
-
Hai promesso di
non lasciarmi, giusto?
Tra le tante parole che aveva
usato, quelle l’avevano colpita più delle altre perché lei non avrebbe mai
voluto che Draco l’abbandonasse, quando fosse stata in vita, sapeva che ci
sarebbe stata male, che ci avrebbe sofferto, terribilmente. Perché solo in
Draco aveva trovato qualcuno con cui aprirsi davvero, qualcuno a cui poter
parlare liberamente, senza nascondersi.
Draco era come lei, alla fine
si somigliavano più di quanto piacesse loro ammettere.
E come lei sapeva che sarebbe
stata malissimo a perderlo perché era la persona più cara al mondo, perché ne
era innamorata… beh, forse ora comprendeva perché lui sembrava così furioso.
Se Draco fosse morto, sarebbe
riuscita a trovare qualcun altro a cui confidare le proprie paure?
No, lo dimostrava la sua
reazione, quando arrivata in Sala Grande lui era praticamente moribondo sul
pavimento.
Anche il quel momento avrebbe
dato la sua ritrovata vita per lui.
Ma ciò che voleva era solo
vederlo felice.
Perché era innamorata e la
gente fa sempre cose pazze quando è innamorata.
Chi l’avrebbe detto che
sarebbe finita ad amare uno come Draco Malfoy… chi l’avrebbe detto che, dal
quel giorno della visita al Giornale Scolastico, il loro rapporto sarebbe
cambiato tanto.
Ora capiva meglio.
Gli strinse le braccia al
collo, non voleva perderlo. MAI.
-
Andrò da Silente
a ringraziarlo per averti ridato
Lei sorrise.
-
Non sei l’unica
persona sulla faccia della terra, mi pareva di avertelo già detto; devi pensare
anche a chi ti vuole bene.
-
Tu mi vuoi bene,
Draco? – chiese sottovoce, lui annuì, accarezzandole i capelli, piano
-
Non sei più sola,
adesso. E se non ti ammazzi, non lo sarò neppure io.
La baciò dolcemente sulle
labbra.
-
Un giorno ti
chiederò di sposarmi, Hermione Jane Granger, perché voglio passare con te tutta
la mia vita ed ogni singolo istante da adesso all’eternità.
* * *
Epilogo
Tutta Hogwarts stava danzando
nella consueta festa organizzata dopo gli esami.
Gli studenti dell’ultimo
anno, tra lacrime di gioia e di disperazione, si abbracciavano dicendosi addio
dopo sette anni trascorsi assieme.
Qualcuno beveva per
dimenticare di dover lasciare gli amici di sempre, altri rammentavano le belle
esperienze e quelle un po’ meno idilliache.
Sul palco d’onore, posto al
centro, stavano i quattro Caposcuola che presto sarebbero stati rimpiazzati da
altrettanto validi studenti per il prossimo ciclo di studi.
Draco ed Hermione, in onore
di una momentanea tregua tra le loro Case, che comunque non aveva risparmiato a
Milicent di ritrovarsi “casualmente” con i capelli in fiamme, erano stati
costretti ad occupare i due posti centrali vicini e avevano passato tutto il
loro tempo a battibeccare rumorosamente.
Alla fine era cambiato tanto
ed era cambiato poco dall’anno precedente.
Litigare litigavano come
all’inizio dell’anno, peccato che, nascosti dietro il divano, si stessero
tendendo per mano.
Harry e Ginny, desiderosi di
dimenticare che dall’anno prossimo non avrebbero più potuto dividere molto
tempo insieme, stavano danzando a centro pista un lento melodico.
Le gemelle Patil, piangenti
come fontane, avevano acconsentito ad un giro di danze e, non si sa come,
riuscivano a piangere, ridere e ballare (male) tutt’insieme.
Ron era al tavolo del buffet
e si stava riempiendo il vassoio di pollo alla cantonese e insalata di
primizie, oltre ad una generosa dose di carote, tanto per migliorare un po’ la
già disastrosa condizione dei suoi capelli; affianco a lui, sbuffante e che
batteva i tacchi delle scarpe sul pavimento, Lavanda Brown reggeva l’altro
piatto che Weasley aveva appena terminato di riempire e, nel mentre, gli stava
facendo una bella paternale sull’ingordigia che lo contraddistingueva: Ronald sollevò
appena gli occhi dal cibo, alzò le spalle con noncuranza e continuò a servirsi.
Luna Lovegood, invece, era
alla postazione musicale e stava scegliendo il prossimo disco da inserire.
Blaise e Pansy erano stesi su
un elegante triclinio accanto alla grande finestra a vetri e, guardando la
luna, si stavano coccolando dolcemente.
Neville e Daphne erano
misteriosamente assenti.
-
Non è una festa
meravigliosa? – annunciò sorridente Hermione prendendo dalle mani di Ernie
McMillan un piatto colmo di prelibatezze mandatele direttamente da Ron
-
Sì, certo, uno
spasso – borbottò acido il Principe delle Serpi sprofondando di più nel sedile
del divano, il fatto che avessero impedito ai Caposcuola ogni attività vitale
come alzarsi, ballare e quant’altro non lo metteva di buonumore, tantomeno
rimanersene in mostra come un salame su quel divanetto scomodo
Hermione scosse la testa
sconsolata e lui, per tutta risposta, prese dalla tasca dei pantaloni una
sigaretta e se l’accese.
La popolazione femminile di
Hogwarts tacque per un istante quando lui tirò la prima boccata e, subito dopo,
una nuvoletta chiara e tornita si librò nell’aria formando una voluta sottile.
Ecco che cominciava la caccia
alle farfalle, chissà come dovevano essere contente le ragazzine degli altri
corsi a sapere che dall’anno prossimo Malferret non sarebbe più stato il loro
idolo.
-
Di sicuro –
annunciò piano il biondastro – preferirei un altro genere di “festa” le disse
piano
Lei sbuffò.
Avevano già ampiamente
parlato della questione, anche se si era trattato di un argomento secondario
paragonato alla scenata che Draco le aveva fatto quando aveva liberato tutta la
sua rabbia per quel gesto incosciente che aveva compiuto. Con ogni probabilità
era stato più arrabbiato con lei che con sua zia.
Poi, proprio quando era lì lì
per scusarsi con lui sentendosi davvero in colpa, lui le aveva messo il broncio
dicendole che non si sarebbe mai dovuta comportare ancora come se fosse stata
l’unico essere vivente sulla terra perché adesso erano in due e i problemi
andavano discussi insieme e non si prendevano le decisioni così, su due
piedi, soprattutto se queste erano FOLLI e AVVENTATE.
Lei non poteva saperlo perché
non era stata dentro di lui durante quella terribile battaglia, sia la vera
battaglia che quella interiore e anche raccontarla era una cosa diversa, ma lui
era stato davvero molto male.
Era bravo Draco a raccontare
stupidaggini, fin troppo. Rischiava quasi di credergli, soprattutto perché era
stato dolcissimo e l’espressione che aveva sul viso davvero sconvolta.
Da allora era passato un po’
di tempo e, insieme, avevano fatto dei progressi in una vita a due che non
erano abituati a portare avanti.
Quando tutto quanto era
terminato, Silente, Draco e Devlin si erano recati a Malfoy Manor per spegnere
il Fuoco che Brucia in Eterno che circondava la casa e lo stesso erano dovuti
correre a fare a Londra dove lo Slytherin aveva appiccato quel piccolo falò
all’ingresso del covo dei mangiamorte.
Per quel che rimaneva di
Fenrir Greyback, invece, c’era poco da fare.
Si guardò intorno.
Le sarebbe mancato tutto
questo: sia la scuola che la sua vita che i suoi amici e le avventure. TUTTO.
Draco no perché sapeva che
sarebbero rimasti insieme, glielo diceva qualcosa… il fatto che, mentre lui
credeva di morire, avesse usato le sue ultime forze per dirle ciò che davvero
sentiva.
E che glielo avesse detto più
esplicitamente quando avevano risolto i loro contrasti.
Avevano parlato anche di
quello.
E di tanto altro.
Avevano fatto l’amore, prima
di andare alla festa, e questa volta era stato… era stato… non riusciva a
trovare un modo per definirlo, ma al solo pensiero le si imporporavano le
guance e Draco lo sapeva, maledetta serpe, lui lo sapeva e ghignava
strafottente, cingendole di nascosto le spalle e accarezzandola dolcemente.
Maledetto.
Una studentessa del quarto
anno con un grosso album di fotografie si presentò al Principe degli Slytherin,
aprendoglielo davanti
-
Potrebbe firmare
il mio annuario con la foto di quest’anno, Caposcuola Malfoy? – chiese questa
tutta mielosa
Come no!
Questa di sicuro non le
sarebbe mancata, vivere a Hogwarts ed essere la ragazza segreta del furetto
aveva i suoi lati negativi.
-
Ma certo –
rispose invece la serpe prendendo dalle mani un po’ tremanti della tipa una
stilografica e apponendo il suo prezioso nome. Dopodiché le rivolse un sorriso
La ragazza quasi svenne e si
ritirò molla come una gelatina, stringendo al cuore il libro.
-
Potresti anche
fare un po’ meno il cascamorto
-
Era solo una
ragazza – cinguettò lui, ghignando a modo suo
Hermione alzò le sopracciglia,
se aveva voglia di provocarla, ben venga, sapeva come ripagarlo.
-
E a me,
Caposcuola Malfoy – chiese tutta zuccherina – potrebbe firmare anche a me
l’annuario?
La guardò mentre, dal nulla,
faceva comparire un quaderno molto spesso di pelle rossa e dorata e questo si
apriva alla pagina dove troneggiava una grossa fotografia che immortalava
l’attimo di qualche anno prima in cui lei gli aveva tirato un pugno.
Draco sospirò e la guardò,
lei invece gli rivolse un sorriso perfido
-
Sei gelosa,
Granger? – le chiese sadico, ostinandosi a chiamarla col cognome
-
Certo che no! –
rispose lei, infiammandosi
-
Ah, è così, eh?
Lui ghignò mentre il sorriso
di lei si smorzava un poco non riuscendo a prevedere la sua prossima mossa
-
D’accorso, so che
cosa vuoi… - le disse sottilmente, poi a voce più alta – ehi, Canon, vieni un
po’ qui!
Colin Canon, impegnatissimo a
scattare fotografie alle coppie danzanti, si fiondò come un razzo sul piccolo
palco avvicinandosi a Sua Maestà il Principe delle Serpi.
Aveva imparato a sue spese a
non intralciare mai più il suo cammino, soprattutto dopo che Draco aveva
mandato contro di lui una spedizione punitiva di cui avvertiva ancora qualche
dolorino come “fautore” del casino dell’articolo sul bacio di beneficenza.
-
Canon, potresti
fare una foto a me e alla Granger? Un ricordo di quest’anno, insomma…
-
Certo! – esclamò
il piccoletto preparando l’attrezzatura, non avendo sperato in tanta fortuna e
magnanimità
Draco ed Hermione si misero
in posa sul sofà, lui le passò un braccio dietro la schiena e lei cercò di
sorridere nel modo più naturale possibile.
Cosa diavolo aveva in mente
quella subdola serpe?
Colin si posizionò con il
marchingegno magico tra le mani inserendo l’autoscatto e aspettò che i due si
assestassero.
I secondi passarono in attesa
che la foto venisse scattata, poi…
-
Guarda bene,
Canon – disse, all’improvviso Draco – perché questa immagine la voglio vedere
domattina sulla prima pagina della Gazzetta di Hogwarts
E prima che il giovane
Grifondoro potesse dire qualcosa, prima ancora che Hermione riuscisse ad
elaborare che si stava per consumare una follia che solo Draco era stato in
grado di concepire, sentì la mano di lui sulla pelle che gli voltava
leggermente il viso verso e, l’attimo seguente, la sua bocca sulla sua che la
baciava con passione.
Se all’iniziò provò anche a
resistergli, vale a dire per i primi tre secondi, dopo di allora seppe che era
tutto inutile e si lasciò andare.
Poco male, tanto prima o poi
qualcuno l’avrebbe scoperto…
Udì in lontananza il rumore
dell’autoscatto, l’urlo disumano di Ron che aveva anche lasciato cadere il
piatto con le vivande, la risata di Blaise e immaginò che Harry si stesse
sistemando nervosamente ed in imbarazzo gli occhiali, sospendendo
momentaneamente i suoi volteggiamenti.
Quando riaprì gli occhi, e
non le sembrava che fosse passato così tanto tempo, la platea di fronte a loro
era ammutolita, ferma, zitta e immobile mentre gli altri due Caposcuola si
erano rintanati agli angoli del divanetto, il più lontano possibile, tanto per
non spezzare l’atmosfera o quella sarebbe stata davvero la volta che Malfoy
avrebbe spaccato loro la faccia a suon di sberle.
-
E, Canon – disse
il biondastro al piccolo Gryffindor basito con la macchina tra le mani – fanne
avere una copia a me e una alla signorina Granger, come ricordo, sai?
Colin annuì meccanicamente e
scappò via a rotta di collo per andare a sviluppare in tempo di record la
fotografia del secolo.
-
Beh, cosa è
successo alla musica? – domandò poi lo Slytherin, stupito da tanto silenzio
Piuttosto aritmicamente il
quartetto di archi che suonava il lento si rimise a suonare, un po’ fuori ritmo
e le coppie ripresero a danzare completamente scoordinate, merito dello shock
che quei due erano riusciti a somministrare loro anche quella volta.
-
Questo invece è per
te – aggiunse porgendo alla Regina dei Gryffindor, rossa come un pomodoro, il
suo album fotografico, la cui copertina le faceva concorrenza per tonalità
vermiglia.
Nella pagina che lei gli
aveva aperto prima, sotto la foto famosa, stava ora una scritta in diagonale,
tracciata con l’inchiostro nero della stilografica più costosa in circolazione
che, sapeva, Draco portava sempre con sé nella tasca interna della giacca.
Forse
è cominciato tutto da allora…
Draco Malfoy Y
Recitava la dicitura e,
subito sotto, la svolazzante firma di Draco, austera e regale, e un cuoricino.
* * *
Silente sorrise alla sfera di
cristallo di fronte a lui e la donna in piedi fece altrettanto; l’istante dopo
l’immagine si dissolse e sparì.
-
Il signor Malfoy
è senza dubbio la persona più imprevedibile che abbia mai conosciuto
Affermò senza dubbio il
preside
-
Anche
-
Beh, ad ogni
modo, tutto si è risolto per il meglio
-
Volevi espiare le
tue colpe con quel gesto, ridandole la vita, vero? – gli domandò lei facendo
scomparire il vetro magico
-
Non ti posso più
nascondere niente, vero Minerva?
-
No
-
Sai, se fosse
nata una bambina l’avrei voluta chiamare come te – disse distratto, l’altra
scosse la testa
-
L’avresti
chiamata Ariana, come tua sorella
-
Come lo sai?
-
Oh, ero solo una
stupida ragazzetta innamorata del suo professore – ammise sorridendo, ma nel
suo sorriso c’era una vena di tristezza – ma sapevo che c’era un’altra, anche
se non ero a conoscenza del fatto che fosse tua sorella, né di tutto il resto
della storia
-
Eri un’alunna
molto sveglia
-
Per questo non ti
ho portato rancore, quella sera, perché sapevo che, finalmente, eri riuscito a
dimenticarla. Avevi ammesso con te stesso che era morta e io, forse, avevo
ancora una speranza. Sai, hai fatto il suo nome mentre… mentre è successo…
-
Sono stato così
crudele? – indagò perplesso il vecchio mago
-
Sì. Ma è stato
grazie a quello che ho avuto la conferma che Ariana era scomparsa per sempre.
Dicevi che le somigliavo, ma sapevo che non era vero. Eri così bello, Albus,
che tua sorella doveva essere anni luce distante da quello che ero io
-
Hai sempre avuto
la pessima abitudine di sottovalutarti
-
Me lo dicevi
anche allora
-
Lo so
-
Alla fine non è
cambiato molto
-
Abbiamo avuto
nuove esperienze e alla fine anche io sono riuscito a cacciare i fantasmi del
passato…
-
Se non fosse
stato per il signorino Devlin mi sarei ritrovata con uno spettro in più – lo pungolò
la prof di Trasfigurazione
-
Già
-
Beh, a questo
punto, allora, credo che sia giunto il momento di ripetere, finalmente, ciò che
ti dissi quella volta, molto, molto tempo fa
E dolcemente gli si sedette
in grembo, allungando la testa verso l’orecchio, sorrise mentre le labbra si
avvicinavano, l’altra volta erano giovani tutti e due e la pelle che ora era
rugosa e chiara era stata liscia e abbronzata, molto era cambiato.
Appoggiò la mano in modo che
rimanesse un segreto solo tra loro due.
E poi lo disse, appena
sussurrato, mentre sul viso dell’altro si allargava un sorriso finalmente
sereno e non più conciliante
-
Era da tanto che
avrei voluto sentirlo – confessò
-
C’era un prezzo
da pagare – gli fece notare lei, lui annui sapendo che avevano espiato a
sufficienza.
-
Albus?
-
Sì?
-
So che
probabilmente penserai male di me, ma… - Minerva arrossì un poco – ecco, ogni
tanto mi sono anche chiesta come sarebbe stato se… se non fosse successo così,
o se fosse successo dell’altro dopo… sì, insomma…
Si fece silenzio mentre la
mano nodosa del mago andava sistemare una ciocca dietro l’orecchio della donna.
Le forcine collassarono, riversandole sulle spalle una lunga treccia grigia e
bianca che una volta era stata del colore del bosco d’autunno.
-
Povera, piccola
Minerva… solo ora mi rendo davvero conto di quanto ti ho portato via, ma con
tutte le brave persone del mondo… perché non sei andata con qualcun altro?
Perché non ti sei sposata? Perché non hai avuto dei bambini?
-
Non c’era nessun
altro che volessi. Eppoi il mio posto è qui, non vorrai mica mettere Severus a
fare il vicepreside, vero?
-
Tutti questi
anni, tutto questo tempo…
-
A dire la verità,
anche se non posso dire che sia stata un’esperienza piacevole o che la
ripeterei, è stato un bene che sia accaduta.
-
Se solo tornassi
indietro…
-
Ci siamo accorti
quanto è sbagliato cambiare il tempo, credo che sarebbe pericoloso farlo per
qualcosa di così futile
-
Non si tratta di
un cosa futile – ribadì il mago – però ho ancora una carta da giocare
-
Ah sì? Che cosa
vorresti fare? – chiese piuttosto divertita da quelle idee bizzarre
-
Beh, potremmo
tornare momentaneamente giovani, solo per una notte e…
-
Mi rifiuto
categoricamente di bere un filtro, guarda solo che cosa è accaduto hai ragazzi
-
I ragazzi se la
godono più di noi – rispose Silente ritrovando in sé un po’ della sbruffoneria
che lo aveva caratterizzato ai tempi che conosceva Grindewald o che aveva
incontrato Minerva
-
Ma loro sono
giovani
-
Tra poco lo
saremo anche noi – rincarò la dose
-
Assolutamente no!
-
C’è sempre lo
Specchio della Giovinezza
-
Non ci è permesso
di usarlo
-
Solo per una
volta… non volevi soddisfare la tua curiosità? – la McGranitt arrossì sotto le
rughe sentendosi di nuovo una ragazzina
-
No
-
Va bene, ne
parliamo quando siamo di là, ma non garantisco niente, sono passati tanti anni da
allora, credo di aver perso un po’ di pratica…
-
No, Albus,
assolutamente no!
-
Neppure se ti
dicessi che sei stata la mia ultima donna?
Minerva tacque e la porta si
chiuse dietro di loro.
Come Cenerentola: il sogno
solo per una notte che poteva durare fino all’eternità.
* * *
Land’s End, 17 luglio
-
Mi spieghi che
cosa ci facciamo in questa catapecchia cadente? – domando un bambino dai
capelli bianchi scendendo dal cocchio nero con una valigia per ogni mano – non
intendo certo stare in questa topaia! – sbuffò
-
Vedi di chiudere
quella bocca prima che te la chiuda io
-
Come fai con
Hermione? – indagò il bambino
-
Di questo ne
parliamo quando sarai più grande
-
Ma sentilo, il
signor “sono-il-dio-del-sesso-di-Hogwarts”…
-
Meriteresti che
ti lavassi la bocca col sapone, lo sai, piccolo strafottente?
-
Proprio come
hanno fatto con te, immagino – suppose il piccoletto
Draco sospirò tentando di
frenare l’ardente desiderio di schiaffeggiare quella sanguisuga
-
Eppoi vorrei
proprio sapere perché Albus vuole che passi le vacanze insieme a te! Uffa,
Hogwarts è tutta vuota!
-
Innanzi tutto
vorrei che la smettessi di chiamare Silente “Albus”, eppoi al posto di parlare
tanto potresti usare questi tuoi “grandi poteri” per rammodernare un po’ la
casa
-
Ecco, lo zio mi
manda qui perché mi vengano insegnati i segreti della magia e tu mi sfrutti
come elfo domestico!
Draco rabbrividì a sentire
quel nanerottolo chiamare il mago più potente del mondo magico “zio”, ma
avrebbe dovuto farci l’abitudine…
Un colpo di bacchetta e la
casa fu come nuova.
Pregò che i paesani del
villaggio poco distante, l’ultimo lembo di terra d’Inghilterra, non notassero
più di tanto il vistoso cambiamento avvenuto alla villa sulla collina, Devlin
era avventato come suo solito.
-
Speravo che
almeno mi avresti portato a Malfoy Manor – borbottò ancora il piccolo
Dumbledore – invece mi tocca anche la residenza al mare
-
Non entro più a
Malfoy Manor, adesso vivo per conto mio, zia Mana mi ha lasciato la sua casa,
anche se non ne avevo bisogno, ma ha insistito
-
Ma se non sai
neppure cucinare un uovo!
-
Quanto parli, ma
ci stai un po’ zitto? Eppoi andare al mare ti farà bene, guarda come sei
pallido
-
Senti chi parla!
Eppoi fa parte del mio fascino
Aveva creato un mostro.
Come quel bambino gli
somigliasse tanto era un mistero, visto che si erano conosciuti da poco tempo e
da neonato l’aveva tenuto in braccio solo per salvarlo dalle grinfie degli
adepti del Signore Oscuro che ora marcivano in prigione ad Azkaban;
probabilmente quello era anche il motivo per cui Silente glielo aveva appioppato.
-
Meno male che tra
una settimana arriva Hermione – annunciò contento il ragazzino albino spostando
gli occhi verdi sull’arredamento che aveva fatto spuntare dal nulla, Draco,
appena entrato, cambiò subito alcune cose – ho proprio idea che qui faremo la
fame per quello che sai fare
-
Ordineremo pizze
a domicilio – le odiava, ma tutto pur di non darla vinta al piccolo saputello.
Se quando si trasformava in bambino era stato insopportabile quanto Devlin,
capiva perché Hermione lo detestasse tanto.
-
Ripeto: meno male
che arriva Hermione. Anche se penso che da quel momento mi ignorerete
completamente.
Sfortunatamente il babanetto in questione aveva delle
inusuali vene sadiche che gli permettevano di trovare a ridire in ogni momento,
oppure di infilzare coltelli nelle piaghe a non finire. In più era stranamente
intelligente per la sua età e aveva troppa memoria visiva, oltre che
nessun pelo sulla lingua. Un autentico piccolo demonio, insomma, proprio come
diceva il nome.
-
Oppure… -
aggiunse ghignando alla maniera Malfoy, – potrebbe anche essere che ignorerà te
per tutto il tempo…
Draco si voltò verso di lui
con certo cipiglio dipinto sul viso mentre il ragazzino gongolava
-
Non osare dire
una cosa del genere, chiaro, moccioso?
-
Non credo che
Hermione approverà la parola “moccioso”, sai?
-
Va meglio piccolo
pezzente?
-
Non credo
L’ex principe degli Slytherin
digrignò i denti.
-
Beh, su, datti da
fare, io ho fame!
Adesso lo ammazzava! Che
qualcuno lo trattenesse o gli avrebbe spezzato quell’ossicino del collo che si
ritrovava!
Devlin sorrise.
Lui e Draco erano stranamente
un po’ come fratelli.
Facevano tanto i buffoni,
gonfiavano il petto e mettevano in mostra le penne, ma sotto sotto erano
fragili per la triste storia che li aveva segnati: il passato di Draco, la
storia della nascita di Devlin.
Per questo stavano bene
insieme, entrambi sapevano cosa stava sotto quell’impalcatura di spavalderia.
Per questo aveva chiesto allo
“zio Albus” di poter rimanere insieme a Draco e per questo Draco aveva
accettato.
Draco lo capiva più di ogni
altro.
Lo sapevano entrambi.
Ed anche lui, come il suo
fratellone che invidiava da morire e come suo zio, stava cercando una persona
che riuscisse a comprenderlo fino in fondo e, parola di Devlin Derek
Dumbledore, l’avrebbe trovata!
Fine
* * *
Spazio autrice: dopo 25 capitoli, riuscendo a
rientrare appena nei termini che mi ero imposta, ho messo la parola fine a
questa storia, la terza che pubblico e la mia seconda fanfic lunga a più
capitoli.
Ho faticato molto per
riuscire a rimanere nei paletti che avevo fissato e ammetto che quest’ultimo
capitolo, molto probabilmente, sarebbe stato meglio dividerlo, ma mi sarebbe
spiaciuto separare la fine di tutto dall’epilogo vero e proprio che non
conclude nulla, così ho preferito giuntarli. E, altro, grande motivo, è che
volevo a tutti i costi finirla entro oggi perché… perché oggi è il mio
COMPLEANNO!
(tanti auguri a te, tanti
auguri a te, tanti auguri all’autrice, tanti auguri a teeeeeeeee!!!!!).
Ehm, dopo questa piccola
digressione piuttosto imbarazzante: no, non si tratta di uno scherzo, ma
qualche settimana fa, riflettendo, mi era venuto in mente che, terminando la
fic prima dell’inizio degli esami sarebbe potuto essere un bel pensiero che
coincidesse proprio con la data del mio compleanno e, permettetemi di dirlo, un
po’ perché sono molto felice e un po’ per dell’altro, sono orgogliosa di
esserci riuscita. Dopotutto, l’altra era terminata proprio all’inizio dell’anno
2008, il 1° gennaio, per la precisione e vado molto fiera di queste date.
Scrivere finalmente la FINE
dopo tanto tempo che ci si tiene compagnia dà uno strano sentimento di
nostalgia, come quando si vede la propria figlia lasciare la casa per andare a
sposarsi (paragone poco calzante visto che non ho figli e non intendo sposarmi
a breve, chissà con chi, poi…).
Draco, Hermione e tutta la
vicenda delle Reliquie della Morte riarrangiata dalla vostra pazza autrice di
fanfic suonata lasceranno per un po’ il posto ad una bella pausa di riflessione
per me e per voi.
Sappiate che sono stata molto
felice di avere così tanti lettori anche per questa avventura che, nonostante
non consideri proprio il mio capolavoro (le Relazioni avranno sempre la
precedenza) mi rende comunque orgogliosa come una mammina.
Se nell’altra storia la mia
vena comica alla fine ha preso il sopravvento, qui siamo finiti decisamente sul
drammatico con personaggi tormentati e un po’ più cupi che combattono i propri
mostri dentro di loro più che fuori, tutto merito delle pessime letture degli
ultimi tempi XD
Ringrazio tutti coloro che
hanno seguito questa fic dall’inizio e sono rimasti a leggerla.
Ringrazio tutti quelli che
l’hanno cominciata un po’ in ritardo.
Ringrazio quelli che hanno
commentato più o meno assiduamente, spronando la vostra autrice ad andare
avanti felice di avere un così folto pubblico di ammiratori bugiardi ^^
Ringrazio quelli che, anche
se non me l’hanno propriamente scritto, hanno apprezzato la storia oppure ci
hanno pensato, ogni tanto.
Ringrazio quelli che hanno
inserito la mia storia tra i preferiti e quelli che invece mi hanno assurta a
tale ruolo, grazie!
Ringrazio quelli che con le
loro recensioni mi hanno fatta sognare e io spero di aver fatto sognare un po’
tutti voi con la mia storiella pazzerella.
Mi scuso se ogni tanto la mia
scrittura diventa pesante e monotona, se scrivo mettendo incisi ad ogni parola,
se c’è sempre bisogno di una parola in più e se la storia, andando avanti,
diventa troppo cervellotica, sorry davvero…
Mi scuso anche con quelli che
ho involontariamente tralasciato nei ringraziamenti perché sono una persona
davvero troppo sbadata e svampita, scusatemi, vi ringrazio adesso, chiunque
siate!
Spero che in onore della fine
della storia e anche del mio compleanno anche quelli che sono sempre rimasti
nell’ombra escano allo scoperto e mi regalino un parere a proposito, sono molto
curiosa delle opinioni altri, lo spero davvero!
Sappiate di essere stati davvero un pubblico splendido
e che mentre io scrivo queste parole mi stanno salendo le lacrime agli occhi e
mi sto commuovendo come una bambinetta, Devlin e Draco, invece, non lo
farebbero mai…
Ci rivediamo prestissimo, Vi voglio tantissimo bene!
Con affetto,
Monica
(Nyssa)