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Autore: Feel Good Inc    05/06/2008    7 recensioni
"Lui è sempre stato il mio migliore amico, sempre al mio fianco, sempre pronto ad aiutarmi e consolarmi. [...] Ed è strano per me pensare che in tutto questo tempo mi abbia nascosto di provare qualcosa per me..."
Della serie: come comportarsi quando sai che un tuo amico è cotto di te?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David 'Gordo' Gordon, Elizabeth 'Lizzie' McGuire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“IL MIO MIGLIORE AMICO”

Ecco a voi il secondo capitolo… Innanzitutto ci tengo a fare dei ringraziamenti: a Bellafifi1986, Chefame93, Juju210 e PikkolaGrandefan, per avere inserito questa fic tra i loro preferiti… E inoltre un ringraziamento doppio a Juju210 e PikkolaGrandefan per le loro recensioni (a proposito, niente paura, PikkolaGrandefan, è OVVIAMENTE una Lizzie/Gordo, anche se loro due ne dovranno passare di tutti i colori prima di poterlo capire!).

E ora, sperando che questo capitolo sia di vostro gradimento, vi auguro una buona lettura…

 

 

IL MIO MIGLIORE AMICO

2. Il ballo di fine anno

 

Ma chi accidenti me l’ha fatto fare?

Mi guardo allo specchio per l’ennesima volta. I capelli mi sembrano l’unica cosa decente. Pensare che ero tanto soddisfatta, quando ho prosciugato la mia paghetta per comprare questo completo. E ora, invece, mi sembra che lo specchio rifletta semplicemente l’immagine di una totale idiota.

Del resto, però, che razza di migliore amica sarei se non facessi questo favore a Miranda? Mi ha praticamente implorato in ginocchio.

Matt entra nella mia stanza e mi osserva con aria critica. Mi sento talmente sfinita che non ho neanche voglia di urlargli contro di bussare prima di entrare.

«Sembri una scema agghindata a festa, sorellina», sogghigna.

Mi viene voglia di strozzarlo.

«Ma davvero? Si dà il caso che nessuno abbia chiesto il tuo parere, fratellino

«Ecco, è esattamente questo tuo brutto atteggiamento a sfigurarti, credo», aggiunge Matt. «Magari, se provassi a rilassarti un po’…»

Buffo. Stavolta la peste ha detto qualcosa di sensato.

Dal piano di sotto mi giunge il suono del campanello. Mi precipito giù per le scale e apro la porta prima che possano farlo i miei.

Miranda indossa un bel vestito azzurro, con la gonna lunga e non troppo stretta. Ha i capelli neri sciolti sulle spalle e mi squadra da capo a piedi.

«Uao, Lizzie, stai benissimo! Mica come me, che sembro una totale idiota…»

È proprio strano: i nostri pensieri riguardo noi stesse sono praticamente identici, però scambiati di posto. Mi liscio nervosamente i pantaloni in velluto.

«Sei tu che stai benissimo», le assicuro con sincerità. «Ehm… Allora andiamo?»

Annuisce e dal suo silenzio capisco che è psicologicamente distrutta. Grido un saluto alla mamma e al papà, mi chiudo la porta di casa alle spalle ed esco con Miranda.

Ci incamminiamo lentamente, in direzione della scuola.

«Grazie per essere venuta con me», esordisce Miranda dopo una lunga pausa di silenzio. «Non ce l’avrei fatta a farmi accompagnare da Tudgeman. Sarà già dura al ritorno, quando non potrò evitarlo in alcun modo… Pensa che imbarazzo se si fosse presentato a casa dai miei!»

«Non c’è problema», dico automaticamente, anche se il problema c’è, eccome.

Non avevo intenzione di andare a quel ballo, cavolo!

Arriviamo a scuola fin troppo presto. Le finestre della palestra sono illuminate: è lì che si terrà il ballo. La musica ci raggiunge e comincio a sentirmi fuori posto.

Larry Tudgeman è in piedi nel cortile, con un gran mazzo di strani fiori in mano. Indossa uno smoking scuro che sembra risalire come minimo a trent’anni fa e, nonostante l’eleganza, sembra più fuori posto di me.

Miranda geme lievemente quando Larry si volta verso di noi. Il suo viso si illumina come un albero di Natale. Si avvicina a grandi passi.

«Miranda! Sono così felice che tu sia qui…» Intuisco che non ci credeva nemmeno lui, e non saprei dire chi è più sorpreso dalla cosa, tra lui e Miranda. «Questi sono per te», aggiunge, porgendole i fiori.

«Grazie, Larry», fa lei, imbarazzata.

Se non altro, il suo è stato un bel gesto. Ho imparato a conoscere Larry Tudgeman e ho capito che non è male, come ragazzo… Beh, almeno in linea di massima.

«Andiamo?»

Vedo Miranda farsi coraggio e affiancarsi a Larry, che non mi ha nemmeno salutato. Ripensandoci, ci sono molti punti negativi, in questo tipo…

Entro anch’io e mi guardo intorno con ammirazione. La palestra è tutta addobbata e l’insieme è davvero carino: rinfresco, pista da ballo e perfino un dj.

Qualcuno sta già ballando, ma non sono dell’umore giusto per unirmi a loro. Dato che non posso godere di altre distrazioni, mi dirigo alla tavola imbandita e mi caccio svogliatamente in bocca una manciata di popcorn. La serata non promette un gran divertimento, esattamente come previsto.

Mi siedo su una panca accostata ad una parete e scorro la pista con lo sguardo. Non c’è traccia di Claire, che certamente sta ancora digerendo il rifiuto di Ethan Craft. Kate, al contrario, è impettita al margine della pista, tirata a lucido nel suo abitino rosso da almeno trecento dollari e stretta al braccio di Ethan. Li fisso e noto con piacere sadico che Ethan sembra più interessato al rinfresco che a Kate.

«Ehi, ciao.»

Sussulto e mi volto. Mi ritrovo a guardare Gordo.

«Ciao», ribatto, sorpresa. «Credevo che non volessi venire… Qualcosa a proposito di una dimostrazione dei tuoi ideali o cose del genere, no?»

«Effettivamente no, non volevo», sorride con aria un po’ impacciata. «Ma mi sono detto che non era giusto lasciare sola la mia migliore amica.»

Ricambio il sorriso con infinita gratitudine.

«Grazie, Gordo. Davvero.»

Si siede accanto a me e mi guarda ironico.

«Ehi, cos’hai capito? Io parlavo di Miranda…»

Gli mollo un pugno leggero sul braccio, ridendo.

«Brutto scemo.»

«Almeno ti ho fatto ridere. Non è una buona cosa?»

Scuoto la testa continuando a sorridere. Certo che è una buona cosa.

Parliamo del più e del meno e non mi rendo neanche conto del passare del tempo. Miranda continua a battere la pista con Larry, scoccandoci spesso degli sguardi imploranti.

Improvvisamente la musica cambia e le luci si abbassano. Le coppie cominciano a ballare un lento. Mi volto verso Ethan e Kate e li vedo abbracciati. Vorrei sprofondare, pur di non assistere a questa scena.

«Ci stai proprio male, vero?», mormora Gordo.

Mi accorgo che ha seguito il mio sguardo e ha percepito il mio fastidio. Beh, del resto è un po’ difficile non notarlo.

Cerco di fare finta di niente.

«Ma no, la cosa non mi tocca neanche.»

Bleah. Che bugia debole.

Gordo si volta a guardarmi.

«Non hai bisogno di mentire con me, Lizzie. Credi che non ti conosca abbastanza da capire come ti senti? Sto solo cercando di farti capire che, se vuoi, puoi sempre sfogarti con qualcuno. Tutto qui.»

Annuisco lentamente e alzo lo sguardo su di lui. Improvvisamente capisco qual è la prossima cosa da dire.

«Balleresti con me, Gordo?»

Per un istante mi fissa stupito. Poi sorride timidamente, si alza e mi porge la mano.

Lo conduco sulla pista, lascio che le sue braccia mi circondino la vita e lo abbraccio all’altezza delle spalle. Gli sfioro appena la spalla con una guancia, chiudo gli occhi e mi rendo improvvisamente conto di aver già vissuto una scena simile a questa…

È stato quando Matt ha istituito una sorta di pub nel cortile di casa nostra. Anche allora la scuola aveva organizzato un ballo. Anche allora non ero riuscita ad andarci con Ethan. Ricordo che Gordo non aveva ricevuto nemmeno un invito: in quell’occasione erano le ragazze a invitare. E ricordo che non siamo andati al ballo, che ci siamo rifugiati in cortile con Matt e Miranda e che io ho invitato Gordo a ballare.

È buffo il modo in cui la storia si ripete.

No, aspettate un momento… Qualche differenza c’è. Quella volta io ero un po’ più alta di Gordo. Adesso non è più così. Ehi, ma quando diavolo è cresciuto? Io dov’ero? E poi… E poi, quella volta, non abbiamo ballato così… Non eravamo così… abbracciati

Apro gli occhi: la mia testa è reclinata sulla spalla di Gordo, quasi contro la mia volontà, e siamo tremendamente vicini. Riesco quasi a sentire i battiti del suo cuore.

Sollevo di poco la testa, sentendomi improvvisamente a disagio. Vedo Miranda stretta nella morsa di Larry: cerca di divincolarsi e guarda verso di me, negli occhi un misto di terrore, disgusto e… invidia?

La musica finalmente cessa e le luci tornano normali, mentre il dj inserisce un pezzo rock. Mi allontano lentamente da Gordo. Ci sorridiamo, ma vedo bene che è incerto e confuso quanto me.

«Fa un po’ caldo, qui dentro», dice, distogliendo lo sguardo.

«Sì, hai ragione. Sarà meglio uscire», convengo io.

Sgattaioliamo fuori dalla pista e ci dirigiamo verso la porta. A metà strada finisco addosso a qualcuno che sembra sbucato dal nulla.

«Oh, chiedo scusa…»

Alzo la testa e mi blocco all’istante. È Ethan.

«Lizzie?», fa lui con tono quasi incredulo, mandandomi in ebollizione. «Stai benissimo, stasera!»

«Grazie, Ethan», sorrido scostandomi i capelli dal viso, cercando di indurlo a dirmi qualcos’altro di carino.

Ma all’improvviso appare Kate accanto a lui.

«Ah. McGuire», pronuncia a mo’ di saluto, fissandomi dall’alto in basso. Poi si volta e mi ignora. «Vieni, Ethan, andiamo a prenderci qualcosa da bere.»

Mi lancia uno sguardo trionfante mentre lo trascina via con sé. Ricambio con un’occhiataccia.

«Che smorfiosa.» Gordo mi prende per un braccio e mi fa voltare. «Dai, lasciala perdere.»

Sospiro e mi lascio guidare fuori, all’aperto.

L’aria fresca mi sembra un toccasana. Il cielo è limpido, senza una nuvola; la luna è piena e le stelle brillano. Per qualche istante smetto di pensare a qualsiasi cosa.

Mi siedo su una panchina nel cortile e guardo la luna, puntando i gomiti sulle ginocchia e poggiando la testa su una mano.

«È bellissima», mormoro.

Gordo mi siede accanto e mi guarda.

«Sì. Fantastica.»

Sposto lo sguardo su di lui e vedo che il suo viso è ben illuminato dalla luce proveniente dalla finestra alle nostre spalle. Che strano… Non mi sono mai soffermata sui suoi occhi. Non ho mai davvero notato che sono chiari e limpidi. All’improvviso capisco che ci sono molte cose del mio migliore amico a cui non ho mai pensato.

Continuo a guardarlo senza parlare. Indossa uno smoking simile a quello di Larry, eppure sta benissimo. È… Oddio, non avrei mai pensato di poter definire Gordo in questi termini, ma… Sì, è carino, a modo suo.

«Lizzie…» Mi sembra di vederlo arrossire, ma non ne sono sicura. «Ecco, c’è… C’è una cosa che… vorrei dirti.»

Oh, oh. Di botto tutte le parole di Kate che ho sempre voluto ignorare mi ripiombano addosso. Non è possibile. Gordo sta davvero per dirmi che io gli piaccio? Davvero ha una cotta per me? Non capisco più niente.

«Certo, dimmi», mormoro, sperando di non farfugliare.

Gordo si passa una mano dietro il collo, senza guardarmi; poi torna a voltarsi verso di me.

«Beh… Io…»

Qualcuno o qualcosa sfreccia fuori dalla palestra e piomba sulla panchina. Alzo lo sguardo, confusa.

«Ah, eccovi qui», ansima Miranda. «Vi supplico, aiutatemi: Larry mi sta facendo impazzire! Nascondetemi! Portatemi a casa! Almeno voi, abbiate pietà!»

«Miranda!»

Larry appare alle sue spalle. Miranda si irrigidisce.

«Ecco dov’eri!», sorride Larry. «Dai, vieni dentro, ti stai perdendo la festa.»

Miranda mi guarda supplichevole, ma con lo sguardo le faccio capire che non posso farci niente. Dopotutto è stata lei a cacciarsi in questa situazione: avrebbe potuto semplicemente rifiutare l’invito di Larry.

Mentre tornano dentro, mi volto di nuovo verso Gordo.

«Allora… Cosa stavi dicendo?»

Non so perché, ma ho proprio voglia che le cose si chiariscano, tra noi. Anche se non ho idea di come reagirei se lui ora mi dicesse che… Aiuto, non so cosa fare!

Gordo mi guarda e infine scuote la testa.

«Niente, lascia stare.» Si alza di scatto dalla panchina. «Dai, torniamo dentro anche noi.»

 

***

 

Siamo in piedi nel parcheggio della scuola. Il ballo è finito da una buona mezz’ora. Miranda è andata via con Larry, come gli aveva promesso. Gordo si è offerto di farmi compagnia finché non arriverà mio padre.

Avevo pensato che, durante la serata, avrebbe ripreso il discorso lasciato in sospeso. Ma non l’ha fatto. Questa, poi, sarebbe l’occasione adatta per parlare. Invece siamo qui già da dieci minuti e non è successo proprio nulla. Non so più cosa pensare.

Finalmente l’auto del papà entra nel parcheggio e si ferma davanti a noi. Mio padre esce con la testa dal finestrino.

«Ehi, Gordo. Sali, ti do un passaggio.»

«Grazie mille, signor McGuire.»

Gordo apre la portiera posteriore. Io mi siedo accanto al papà e mi allaccio la cintura.

«Allora, tesoro», esordisce il papà mentre riparte, «ti sei divertita?»

«Per niente», ribatto. «Finché non è venuto qualcuno a farmi compagnia.»

Mi volto verso Gordo e gli sorrido. Lui ricambia, poi si gira a guardare fuori dal finestrino.

Durante il tragitto parliamo tranquillamente del più e del meno. Ben presto arriviamo davanti a casa Gordon.

Gordo ringrazia del passaggio e io scendo per salutarlo.

«Beh, ‘notte, Lizzie.»

«Ehi», lo fermo prima che rientri in casa. «Grazie per stasera. Davvero. Ti ringrazio tanto.»

«E di cosa?»

Gordo sorride impacciato. Per un istante ho l’impressione che stia per aggiungere qualcosa, ma poi sembra rinunciarci e scuote leggermente la testa.

«Allora buonanotte», lo saluto.

Poi, prima che possa rendermi conto di ciò che sto facendo, avanzo verso di lui e lo bacio su una guancia.

Gordo rimane immobile a guardarmi. Lo vedo arrossire nella penombra e all’improvviso avverto tutto l’imbarazzo del gesto che ho appena compiuto.

Mi volto e torno velocemente alla macchina.

Mentre rimette in moto, il papà mi fissa a lungo, in silenzio. Mi chiedo che cos’abbia visto. Sfuggo ai suoi occhi e appoggio una guancia rovente al vetro gelido del finestrino.

È assurdo. È semplicemente assurdo. Io non ho una cotta per Gordo.

Ma allora perché ho questo vuoto allo stomaco?

   
 
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