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Autore: Trick    28/01/2014    2 recensioni
«Il mondo non è diviso in brava gente e Mangiamorte».
Raccolta di drabble, flash-fic e one-shot di mediocre pretesa spudoratamente a caso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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So che Lavanda dovrebbe essere sopravvissuta all'attacco di Greyback, ma ci tenevo a fare del dramma con nomi conosciuti, chiedo perdono. (:




*
«Chiunque salvi una vita, salva il mondo intero», Schindler's List
Regulus Black, Ninfadora Tonks (pre-saga)
280 parole

All'improvviso nella sua testa c'è solo silenzio.
Ed è strano, pensa, perché Diagon Alley è in fiamme, la gente grida, i vetri esplodono, e c'è chi cade e si rialza e chi cade e non si rialza... ma all'improvviso – strano davvero – tutto tace.
Guarda la bambina.
Cinque, sei, quanti anni potrebbe avere? Conta fra sé gli anni trascorsi dal giorno in cui sua cugina Andromeda è fuggita con il maledetto Sanguesporco.
Sono sei.
Sei anni in cui il mondo che conosceva ha avuto tutto il tempo di ribaltarsi.
Guarda la bambina.
Sei anni, smarrita nel caos dell'attacco dei Mangiamorte, con il piccolo viso sporco, le lacrime sulle guance. Piange mentre lo guarda, lo guarda e continua a chiamare il suo papà – quel maledetto Sanguesporco.
Regulus alza la bacchetta.
«M-mamma...».
Guarda la bambina.
Ha gli occhi neri che brillano e i capelli neri che spuntano da sotto il berretto colorato e la carnagione chiara e delicata – è come guardare i ritratti dei suoi antenati.
All'improvviso nella sua testa c'è solo il rumore di qualcosa che si spezza, e mentre corre via da quel vicolo e le grida e le esplosioni tornano a rimbombargli nella testa, la bambina gli piange ancora davanti agli occhi.
E sono neri, sono neri come i suoi, e come quelli di sua madre e di sua zia.

Diagon Alley sarebbe stata diversa un giorno – un giorno che né Regulus né la bambina avrebbero mai potuto vedere. Qualcuno l'avrebbe chiamata giustizia, qualcun altro disgrazia. Ma ci sarebbe stato un ragazzino, quel giorno in cui Diagon Alley sarebbe stata diversa, e i suoi occhi sarebbero stati neri e brillanti quanto quelli di sua madre.



*
Tazzina di tè
Minerva McGranitt
187 parole

Non aveva mai pensato che sarebbe diventata Preside.
Albus era il Preside – era sempre stato il Preside, e perfino quando non era che il suo professore di Trasfigurazione era stato qualcosa di più importante, di più vitale.
Ma oggi la Preside è lei.
La Preside Minerva McGranitt, seduta sulla ricca poltrona che ha accolto maghi e streghe probabilmente più valorosi di lei. Uomini e donne d'onore che non avrebbero mai permesso alla guerra di distruggere la scuola, gli studenti, le loro vite.
Porta alle labbra la tazzina di tè, ma le mani tremano troppo, non si placano, la fermano e le ricordano quanto sia arduo invecchiare nei rimpianti. Silente – il Preside Silente – non avrebbe mai permesso niente del genere.
Minerva non ha dimenticato nessuno di loro.
Colin Canon, Lavanda Brown, Kevin Smith, Rosemary Carroll...
Ci sono sere in cui ripete ognuno dei loro nomi fino a tre, cinque, mille volte. Ci sono sere in cui fa meno male, in cui ricorda solo la nostalgia delle fotografie del piccolo Canon o le risatine divertite della giovane Brown, e sere più infelici in cui è semplicemente troppo.
La tazzina di tè le scivola dalle mani e si infrange a terra.
«Minerva...» mormora il triste eco della voce di Albus dal suo ritratto. «Te ne prego...».
Ma lei ha già ripreso a chiamarli per nome – di nuovo, di nuovo, di nuovo.
Colin Canon, Lavanda Brown, Kevin Smith, Rosemary Carroll...



*
La persistenza della memoria, Salvador Dalì
Amos Diggory
185 parole

Cedric sfreccia nell'ingresso di casa Diggory e irrompe come un uragano nel salotto dove Amos sta leggendo la Gazzetta del Profeta.
«Papà!» lo chiama entusiasta, «papà, vieni a giocare!».
Amos inarca appena un sopracciglio.
«Dove hai lasciato le scarpe? I tuoi piedi sono tutti sporchi di terra... la mamma si arrabbierà».
«Vieni a giocare, papà!».
Insiste con un largo sorriso, si aggrappa alla manica della giacca del padre e la tira con tutta la sua energia di bambino. Tira, tira, tira... ma Amos resta seduto e lo guarda.
Guardare il viso di suo figlio è sempre più difficile.
«Papà, vieni a giocare!».
Ripete sempre la stessa cosa.
«Vieni a giocare!».
Non cambia mai.
«Vieni, papà!».
Attraverso le lacrime che gli riempiono gli occhi, Amos vede solo il suo bambino – il suo ragazzo, il suo ragazzo morto...
«Papà, vieni a giocare».
Non c'è – sa che non c'è davvero e se tendesse la mano non abbraccerebbe che il nulla – ma in quella casa non riesce a vedere altro che il suo bambino – il suo ragazzo, il suo ragazzo morto.
È ovunque.
   
 
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