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Autore: Beauty    31/01/2014    7 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Red Hair Under the Sea, part II
 
La Fata Turchina sussultò appena quando Navarre e uno dei suoi sfondarono la porta d’ingresso con pochi ma decisi colpi, tuttavia rimase calma, senza neppure alzarsi in piedi. Voltò appena il capo, seguendo più l’aura che avvertiva che il proprio sguardo.
Dunque, è lui.
Il suo assassino non era altro che un ragazzo. La fata lo guardò: era alto, robusto, biondo, con un volto piacente, e l’espressione tanto istupidita che non le fu difficile comprendere che, ancora, lui non sapeva nulla di ciò che stava per accadere. Pareva piuttosto stralunato, quasi inconsapevole, come se tutto ciò che stava accadendo intorno a lui non fosse niente più di un sogno confuso.
Povero ragazzo.
Navarre lo afferrò per un lembo della casacca, trascinandolo dentro la capanna quasi come se  Gaston fosse stato un sacco vuoto e inerme. Lui cercò di opporre una debole resistenza, ma a nulla servì. Dietro di loro, si fecero strada cinque uomini, tutti soldati di Navarre. Soldati della Regina.
La Fata Turchina si domandò se quel ragazzo sapesse veramente a cosa stava andando incontro, fra le grinfie di chi era capitato. Concluse di no.
Con un sospiro, si alzò in piedi, voltandosi verso i soldati.
- Sta’ attento, ragazzo…- bisbigliò il capitano a Gaston.- Questa donna è molto più potente di quanto sembri…
- Ti ho sentito, Navarre - lo rimbeccò la Fata Turchina, tranquillamente.- Non c’è bisogno che sprechi il fiato in avvertimenti. Non farò nulla. La magia bianca ha delle regole ben precise.
- E quali sarebbero, queste regole?- il tono del capitano voleva essere beffeggiatorio, ma l’espressione si manteneva sospettosa, guardinga.- Vuoi forse darmi a bere che non ti permette di difenderti?
- In effetti, è così. Ma posso rispondere a un attacco solo contro un mio pari. Le arti bianche non consentono l’omicidio, o che un essere umano venga ferito da parte di esse…
- Una bella fregatura, eh?- stavolta, il volto sfigurato di Navarre si distese in un ghigno che gli deformò ancora di più la metà della faccia deturpata dalla cicatrice. Sapeva che le creature fatate avevano l’obbligo di non mentire.
La Fata Turchina rimase impassibile, e drizzò il capo, guardandolo negli occhi.
- Anche se potessi o volessi oppormi, non mi sarebbe possibile. Il Fato ha già scritto il mio destino. Così come ha già scritto quello di questo povero ragazzo…Gaston, vero?
Gaston boccheggiò, apparendo ancora più stralunato.
Come accidenti fa a sapere come mi chiamo?! Chi glielo ha detto?
Mosse istintivamente un passo indietro, senza riuscire a smettere di fissare quella donna che si manteneva tranquilla e posata, come se niente la potesse in alcun modo sfiorare. Improvvisamente, iniziò a intuire di cosa si trattasse la prova a cui Navarre aveva accennato di sottoporlo, e cominciò a sudare freddo.
Quasi a voler dargli una conferma, il capitano gli piantò in mano l’impugnatura di un lungo e affilato coltello, stringendogli le dita intorno al manico per rafforzarne la presa. Lo spinse malamente in avanti, con un grugnito.
- Forza!- lo incitò, sbrigativamente.- Ammazzala.
Gaston si ritrovò faccia a faccia con la Fata Turchina, con il proprio volto a pochi centimetri dal suo. Ancora, lei non sembrava essere toccata da ciò che stava per succedere, dalle frasi di Navarre, dal fatto che lui impugnasse…
…impugnasse un coltello.
Gaston sentì che la presa intorno al manico era diventata umida e scivolosa. Iniziò a respirare affannosamente, sentendo il sangue rombare nelle orecchie. Si voltò, cercando disperatamente con lo sguardo Navarre, trovandolo impaziente e anche innervosito.
- C-che?- balbettò.- Come? Come?
- Hai sentito quello che ti ho detto, femminuccia - il capitano sputò a terra.- Questa sgualdrina è una creatura magica, e sono pronto a scommettere quello che vuoi che è lei che fornisce la polvere di fata a quei bastardi dei rivoltosi. Va tolta di mezzo. La Regina ne sarà molto compiaciuta…
- Ma…ma perché devo farlo io?- sbottò. La scena aveva un che di ridicolo, si rese conto, ma in quel momento si sarebbe anche messo a strisciare ai piedi di Navarre pur di non dover essere lui ad uccidere quella poveretta. L’etica non lo sfiorò neppure un attimo: se quella donna doveva morire, va bene, ma che non tirassero in mezzo lui.
Non aveva mai ammazzato nessuno. Certo, quando Mike Cartwright era finito in galera per aver procurato un trauma cranico a Jake Turner gli era sembrato che quello fosse stato un gesto da vero uomo, ma…fra il pensare di uccidere qualcuno e il farlo veramente c’era di mezzo un oceano.
Non era sicuro di farcela…
-Perché?- il volto sfregiato di Navarre si contrasse in una smorfia rabbiosa.- Perché, mollusco? Te l’ho già spiegato: mors tua, vita mea. Hai dimostrato di essere un soldato scadente e una pallida imitazione di guerriero*…Non ho nessun motivo per tenerti ancora in vita, a meno che tu non riveli di avere almeno le palle per essere un assassino. A te la scelta, Gaston: se ammazzi lei, tu resti in vita. Se non lo fai, ci penserò io a fare fuori entrambi.
- No!- la supplica uscì dalla gola di Gaston come un singulto, e un attimo dopo il ragazzo iniziò a singhiozzare. Tremava da capo a piedi, era completamente sudato e si sentiva sul punto di dare di stomaco.
La Fata Turchina, per contro, si manteneva seria e calma, di una calma che trasudava insieme risolutezza e rassegnazione dignitosa.
- No! No, vi prego!- singhiozzò Gaston.- Non fatemi fare questo…! Vi prego, tutto ma questo no…!
Navarre digrignò i denti, stufo di tutta quella sceneggiata. Lo afferrò per il collo della tunica, scuotendolo violentemente e gettandolo in avanti, più vicino alla Fata Turchina. Gaston prese a emettere dei singulti e dei mugolii isterici, fra le lacrime.
- Codardo!- ringhiò il capitano.- Vigliacco! Vali meno dello sterco! Non sei neanche in grado di ammazzare una donna che neppure si difende…!
- Codardo?- fece eco la Fata Turchina, alzando gli occhi su Navarre.- Codardo, dici, Navarre? Rispondimi: chi è più codardo? Il codardo o chi lo costringe a commettere un delitto al posto suo?
- Zitta tu!- abbaiò l’altro.- Fra poco non avrai più occasione di parlare. Tu e la tua fottuta magia bianca, non può neppure salvarti la pelle!- ghignò.
- Forse non hai capito - la Fata Turchina si avvicinò a lui e a Gaston.- La magia e le sue regole c’entrano ben poco. E’ il Fato che ha deciso che io debba morire oggi, così come ha già scritto il futuro di questo ragazzo…- inaspettatamente, guardò Gaston. Questi smise per un istante di singhiozzare, e alzò lo sguardo su di lei.
La Fata Turchina non sorrise, non pianse, ma neppure lo fissò con rabbia o rancore. Pareva piuttosto indifferente, come se tutto ciò non la riguardasse affatto.
-Gaston - chiamò.- Gaston, ascoltami: il Fato tiene le redini di questo mondo, è vero, ma ciò non significa che non possa essere contrastato. Esso agisce in base alle nostre scelte alle nostre azioni. Per me non c’è più speranza, ora, ma tu puoi ancora salvarti. Vedi…- la Fata Turchina esitò un attimo, apparentemente in difficoltà, ma poi si decise a proseguire. - Chi uccide un essere magico è destinato a portare un marchio. Immagino che questo il capitano Navarre non te l’abbia detto. E’ il marchio dell’infamia, poiché nessun essere fatato può essere ucciso senza che la mano che gli ha tolto la vita resti impunita. La magia di chi è stato vittima si disperderà nel nulla, ma una piccola parte di essa, quella che reca il segno del crimine che è stato compiuto, resterà per sempre come marchio su colui che l’ha perpetrato. Gaston…Ora tu mi ucciderai, perché così ha voluto il Fato, ma quando il marchio ti verrà impresso nella carne e nell’anima, starà a te decidere se accoglierlo o meno. Bada bene, sarà un’impresa difficoltosa, ma…
- Ora basta!- tuonò Navarre.- Smettila di parlare a vanvera! Stai zitta!
- E’ questo il tuo obiettivo, non è vero?- la Fata Turchina si rivolse nuovamente a lui, imperiosa.- Hai intenzione di aiutare la Regina a portare a termine il suo piano, vero? Intendi fare di questo poveretto il Vendicatore di cui parla la leggenda?
- Ma di che state…- boccheggiò Gaston, ma la fata non gli diede il tempo di terminare, e si chinò verso di lui, improvvisamente concitata.
- Gaston, ti prego di ascoltarmi: esiste una leggenda, una leggenda che profetizza il ritorno dei fratelli Grimm. Quando questi risorgeranno, a schierarsi con loro non saranno solo le forze del Male, ma anche un essere terribile. La leggenda narra di un Vendicatore giunto da una terra sconosciuta, che si è macchiato del crimine di una creatura magica guadagnandosi eternamente il marchio dell’infamia…Gaston, per me non c’è più speranza, ma quando il marchio comparirà, tu non devi assolutamente cedergli! Ne va della salvezza di questo mondo, del tuo, di te stesso! Devi cercare di opporti al Male con tutte le tue forze, non devi in alcun modo lasciare che…
- Ho detto basta!- sbraitò Navarre, fuori di sé. Afferrò nuovamente Gaston per il collo della casacca, ma stavolta sguainò la spada, e premette la punta della lama contro il dorso del ragazzo; questi sussultò, ricominciando a lacrimare, disperato.- Stammi bene a sentire: se non l’ammazzi adesso, io ammazzo te, qui e ora!- ruggì. Lo lasciò andare malamente.- Forza, adesso!
Gaston riprese a singhiozzare, e le spalle vennero scosse da fremiti. Alzò gli occhi annebbiati sulla Fata Turchina: questa lo guardava con tutta la compassione che si potesse provare.
Navarre strinse le dita intorno al polso del ragazzo, lo stesso della mano che impugnava il coltello.
-Avanti!- sibilò.
Gaston guardò nuovamente la Fata Turchina. Deglutì, incapace di smettere di piangere ma, al contempo, conscio che non esisteva altra soluzione se non quella.
Era la sua vita, o quella di una sconosciuta.
Mors tua, vita mea.
E lui voleva vivere. Voleva vivere disperatamente.
Non si accorse neppure se fosse stato lui ad affondare il colpo oppure Navarre a guidarlo, ma gli sembrò di vivere in un sogno quando la lama affondò nel ventre della Fata Turchina.
La fata emise un gemito soffocato, a metà fra il dolore e la sorpresa. Sgranò lievemente gli occhi quando Gaston ritrasse il coltello sanguinante, ancora in lacrime.
- Forza! Di nuovo!- lo incitò il capitano.
- No…
- Muoviti!
Gaston singhiozzò, quindi chiuse gli occhi e senza voler pensare più a nulla, e iniziò a colpire. Avvertiva la lama del coltello affondare nella carne della fata senza vedere né sentire nulla, neppure un grido di dolore, una supplica. L’unica cosa che udiva era il rombo del proprio sangue nelle orecchie.
- Ancora!- urlò Navarre.
Gaston aprì gli occhi, ma non smise di colpire. In un attimo si ritrovò in ginocchio accanto al corpo martoriato della Fata Turchina, completamente ricoperto di sangue talmente scuro che, in alcuni punti, pareva quasi nero.
Trasse un lungo sospiro quando finalmente smise di accanirsi su di lei, ma non smise di piangere. Guardò lo scempio che aveva compiuto, ora riverso a terra in un lago di sangue e inchiostro.
La Fata Turchina rantolò, sentendo la magia e le forze vitali abbandonarla.
- Ben fatto! Sapevo che non eri del tutto inutile!- esclamò Navarre, compiaciuto.
Gaston urlò istericamente, prendendosi il capo fra le mani e imbrattandosi i capelli biondi di sangue, continuando a singhiozzare senza freno, senza controllo.
La Fata Turchina roteò gli occhi ormai vitrei, fino a guardare il capitano.
- Hai poco da gioire, Navarre…- soffiò.- La leggenda non mente: quando la Salvatrice giungerà, i Grimm verranno spodestati…e tutte le loro vittime saranno riportate alla vita…
Nonostante tutto, a Gaston parve quasi innaturale che l’ultima parola di quella donna prima di morire fosse stata proprio vita.
Ma subito questo pensiero venne spazzato via quando, non appena la Fata Turchina ebbe chiuso per sempre gli occhi, il suo intero corpo martoriato si squagliò letteralmente in una pozza di inchiostro che andò a imbrattare tutto il pavimento della capanna.
Alcuni soldati arretrarono disgustati, ma Navarre rimase impassibile. Gaston si alzò velocemente dal pavimento, arretrando come di fronte a dell’acido muriatico. Aveva smesso di singhiozzare, e ora ciò che aveva fatto lo stava investendo in tutta la sua consapevolezza come un vento di morte, un vento che avviluppava e trascinava via.
Per un attimo, ebbe come la sensazione di non trovarsi più nemmeno in quella capanna, che tutto quel che era accaduto non fosse altro che una visione, una scena di un film o di un videogame in cui lui poteva spegnere la televisione o riporre il joystick quando voleva, senza alcuna conseguenza.
Ma non è così. Hai ammazzato una persona. Non si torna indietro.
Ripensò alla sensazione della lama che affondava nella carne, agli schizzi caldi di sangue che gli erano spruzzati sul volto, a come tutto quanto malgrado tutto fosse stato maledettamente facile.
Aveva avuto paura, e ora avrebbe dovuto provare rimorso, forse, colpa, ma…
Strano. Era tutto molto strano. Nonostante avesse appena ucciso una donna, non si sentiva colpevole, e nemmeno dispiaciuto.
Anzi, pensò, in fondo non era nemmeno così grave.
Impercettibilmente, Gaston sorrise.
 
***
 
Il rombo di un altro tuono risuonò nell’aria, più vicino, e subito venne seguito da altri. Il cielo divenne ancora più scuro, mentre la nave iniziò a ondeggiare meno stabilmente sull’acqua.
Tremotino si ritrasse ancora di più nella penombra, in un angolo vuoto e seminascosto dove nessuno, specialmente in quel momento, avrebbe potuto accorgersi di lui. Si avvolse ancora più strettamente nel mantello, e calò il cappuccio fino agli occhi. Sollevò un angolo della bocca in un sorrisetto sghembo quando la Jolly Roger ondeggiò più forte; qualcuno si lasciò sfuggire un’esclamazione sgomenta.
Non male, pensò lo stregone. Ma si può fare di meglio…
Un secondo dopo, un’alta onda s’infranse violentemente contro un lato dello scafo, facendo imbarcare alla nave un po’ d’acqua. Il mare era sempre più agitato, il cielo completamente nero era illuminato solo dai lampi iridescenti. Cominciò a piovere a dirotto.
Una seconda onda si sollevò dalla superficie marina, così alta da dare l’impressione di voler inghiottire l’intera Jolly Roger e i suoi passeggeri. Stavolta fu la prua a venire colpita, e la punta della nave s’impennò pericolosamente, facendo imbarcare altra acqua.
Hadleigh arretrò, sentendo il ponte levatoio scivolare sotto la suola delle scarpe. Si aggrappò saldamente a una delle sartie della nave. Si accorse solo in quel momento di essere bagnato fradicio. Il vento gli sferzava i ciuffi della frangia di fronte agli occhi, facendogli schizzare gocce di pioggia sul volto. Jones si aggrappò a sua volta, inginocchiandosi sul ponte per reggersi meglio e non scivolare via.
- Che si fa quando c’è una tempesta?- urlò.
- Non lo so!- gridò Hadleigh di rimando.- Speri di uscirne vivo…
Una terza onda, ancora più alta delle precedenti, cozzò contro lo scafo, inondando metà del ponte della nave. Hadleigh vide diversi pirati cadere a terra, altri aggrapparsi all’albero maestro oppure alla balaustra di legno per non venire sbalzati in mare.
Capitan Uncino raggiunse a fatica la plancia di comando, completamente bagnato: aveva perduto il cappello e la casacca rossa era sbottonata sul petto, i capelli appiccicati al cranio, ma l’espressione, più che sgomenta o impaurita come quelle del resto della ciurma, era furiosa.
- Cosa state aspettando, branco di buoni a nulla?!- sbraitò.- Ammainate quelle vele! Ognuno ai posti di comando, allontaniamoci da qui!
Più o meno celermente, alcuni pirati presero ad arrampicarsi sugli alberi della nave, armeggiando con le funi per ammainare le vele. Hadleigh e Jones rimasero a guardare, stralunati, non sapendo bene cosa fare. Spugna li raggiunse incespicando; afferrò il capitano per il cappotto, piantandogli in mano una delle funi e facendo lo stesso con Nathan.
- Avanti, voi due! Datevi da fare!- abbaiò.
Richard dovette praticamente avvolgersi la fune intorno alle braccia perché questa non gli sgusciasse via dalle mani a causa del vento o, più importante, perché gli sbalzi della nave non lo facessero volare fuori bordo. Entrambi i poliziotti si scambiarono una rapida occhiata, quindi iniziarono a tirare le funi con quanta forza avevano, aiutando i pirati ad ammainare le vele.
Capitan Uncino si pose accanto al timoniere, guardando preoccupato il mare in tempesta: era come se qualcosa stesse intenzionalmente cercando di scatenare la furia della natura contro di loro.
 
***
 
Ariel si vide costretta ad arretrare un poco di fronte alla violenza di un’onda che la sospinse fino a quasi farle colpire gli scogli affilati alle sue spalle. Agitò la coda di pesce color smeraldo quanto più poteva per poter mantenere un poco di autocontrollo sul proprio corpo, ma a ogni minuto che passava trovava sempre più difficile far fronte alla furia del mare.
Annaspò, cercando di riguadagnare il terreno perduto, ma i flutti non facevano altro che colpirla in pieno viso e rallentare la sua avanzata. Aveva intuito che quella tempesta non avesse a che fare con la natura, ma ora le stava veramente sorgendo il dubbio che suo padre c’entrasse in quella storia: re Nettuno era un sovrano saggio che non scatenava la furia del mare per un nonnulla come una disubbidienza da parte delle sue figlie. Certo, se avesse saputo che lei saliva in superficie per spiare un umano molto probabilmente avrebbe fatto questo e altro, ma Ariel non aveva rivelato a nessuno il suo segreto, neppure alle sue sorelle, quindi non c’era modo che suo padre ne fosse a conoscenza.
Doveva esserci lo zampino di qualcun altro.
Ariel abbandonò il suo tentativo di combattere contro le onde, e si limitò a impiegare le proprie energie per mantenersi a galla, quanto più poteva con il capo fuori dall’acqua, ma anche quello ormai le riusciva parecchio difficile. Le balenò per la mente il pensiero di reimmergersi in acqua: lì sarebbe stata al sicuro, e sarebbe anche stata la scelta più intelligente da fare, ma non voleva. Teneva lo sguardo puntato sulla Jolly Roger distante alcune centinaia di metri da lei, che continuava a ondeggiare sulla superficie del mare senza mostrare di avere un minimo di stabilità o di controllo, completamente in balia della pioggia, del vento e delle onde.
E non riusciva a pensare cosa sarebbe potuto accadere se queste avessero avuto il sopravvento.
Inspirò a fondo e s’immerse completamente, iniziando a nuotare sott’acqua per avere meno ostacoli, avvicinandosi ancora di più alla nave.
 
***
 
Le vele erano state ammainate, e a Uncino per un attimo parve che la nave avesse riacquistato un poco di stabilità, ma subito si dovette ricredere. Anche se il vento non colpiva più le vele, sospingeva l’intera mole della Jolly Roger facendola ondeggiare ancora di più.
Il timoniere, accanto a lui, faticava a governare l’imbarcazione, investito dalla pioggia battente che stava facendo loro imbarcare sempre più acqua. Se continuavano così, realizzò Uncino, sarebbero certamente finiti a fondo, o si sarebbero capovolti.
La tempesta peggiorava, sempre di più. Era come se qualcuno la stesse guidando, la stesse scatenando contro di loro con l’unico obiettivo di ammazzarli tutti, fino all’ultimo.
Tremotino sollevò lo sguardo verso la plancia di comando, scorgendo il giovane capitano della nave aggrappato alla balausta mentre urlava qualcosa al timoniere. Aggrottò le sopracciglia, contrariato, e un attimo dopo un’altra onda investì la Jolly Roger.
Uncino fece appena in tempo a vederla che subito questa investì sia lui che il timoniere: entrambi scivolarono sul ponte, finendo contro la balausta opposta.
Il timoniere si accasciò a terra. Il timone iniziò a girare vorticosamente in senso antiorario, senza più alcun controllo, facendo inclinare la nave sempre di più.
Uncino tossì, ingoiando un fiotto d’acqua; sgranò gli occhi quando vide il vorticare impazzito del timone. Si rialzò da terra in preda al panico, raggiungendolo di corsa e cercando di fermarlo. Piantò l’uncino nel legno e afferrò il timone con l’altra mano con tutta la forza che aveva, cercando di raddrizzare la nave. Ci riuscì un poco, ma le onde erano sempre più alte e governare la Jolly Roger stava diventando impossibile.
Tremotino sollevò nuovamente lo sguardo, e stavolta fu con ira che guardò Uncino aggrappato al timone, ancora in piedi, ancora vivo.
- Non vuoi proprio morire, eh?- ringhiò.- Vediamo adesso…
Immediatamente, un’altra onda si sollevò verso la Jolly Roger. Era molto più alta, più grande, imponente delle altre, come se fosse stata una bocca pronta a spalancarsi e a divorarli tutti.
I pirati trattennero il fiato, pronti al nuovo impatto, mentre Uncino continuava a cercare di governare la nave. Hadleigh e Jones si aggrapparono ancora di più alle sartie.
Tremotino sorrise, mente l’onda si faceva sempre più grande.
E adesso…
L’onda si abbatté come una furia sulla Jolly Roger; i suoi passeggeri si aggrapparono a tutto ciò che riuscirono a trovare.
…andrai…
Capitan Uncino sollevò gli occhi, sgranandoli per lo sgomento. Ma fu solo un attimo, prima che la furia del mare si abbattesse su di lui.
…giù!
L’onda lo travolse.
Uncino fece appena in tempo a rendersi conto dell’impatto con l’acqua che lo strappava dalla presa al timone. Quando riuscì a comprendere qualcosa, era stato sbalzato fuori bordo, e in secondo avvenne un secondo impatto, quello con l’acqua del mare.
Tremotino rise.
Il timoniere si sollevò a fatica dal ponte, affacciandosi oltre la balaustra.
- Uomo in mare!- urlò, dando l’allarme.
- Chi?- gridò Spugna.- Chi è?
- Il capitano! Il capitano è stato sbalzato fuori bordo!
Tremotino si sporse appena per poter guardare le acque marine in cui Uncino era appena scomparso. Sogghignò, lasciando che il furore della tempesta si attenuasse un poco.
Salutami il coccodrillo…!
 
***
 
Uncino rischiò quasi di perdere i sensi quando finì sott’acqua. Rimase inerme per qualche istante, fluttuando sott’acqua come il cadavere di un annegato, lasciando che quell’improvvisa calma lo avvolgesse insieme ai flutti che gli si insinuavano fra le vesti e i capelli.
Si sentiva come addormentato, quasi morto, e fu solo quando la mancanza d’aria divenne insostenibile che riuscì a riscuotersi. Spalancò gli occhi, dimenandosi sott’acqua per risalire in superficie.
Cacciò fuori il capo di scatto, inspirando a fondo. La tempesta sembrava starsi attenuando, ma i flutti e le onde erano ancora violenti e molto alti, faticava a stare a galla.
Uncino si guardò intorno, in preda al panico: era stato sbalzato molto distante dalla posizione della sua nave, e ora era da solo in mezzo al mare in tempesta, e non avrebbe retto ancora a lungo.
Un flutto lo colpì in pieno volto, facendolo andare nuovamente a fondo. Uncino riemerse tossendo furiosamente, quando udì un rumore in lontananza.
Tic tac…tic tac…tic tac…
Il panico divenne puro e autentico terrore.
Uncino sobbalzò, vedendo la sagoma scura e minacciosa del coccodrillo nuotare sull’acqua a poca distanza da lui; certamente doveva averlo avvertito, doveva aver fiutato la sua carne.
Tic tac…tic tac…tic tac…
Il suono ossessivo dell’orologio che aveva ingoiato insieme alla sua mano si faceva sempre più vicino. Uncino cercò di nuotare lontano, disperatamente, ma prima che potesse farlo un’onda lo investì con violenza, facendolo finire di nuovo sott’acqua e scaraventandolo indietro, fino a farlo cozzare contro degli scogli affilati.
Il capitano della Jolly Roger sbatté violentemente il capo contro le rocce, e subito la vista gli si annebbiò. Tutto il mondo di fronte ai suoi occhi divenne buio. Rapidamente, il mare, le onde, la sagoma lontana della sua nave e anche quella del coccodrillo parvero scomparire.
Uncino si lasciò andare, avvertendo come ultima cosa il peso del suo corpo scivolare contro gli scogli e finire nuovamente sotto la superficie del mare in tempesta…e un paio di mani che lo afferravano saldamente.
 
***
 
Ariel annaspò, avvolgendo le braccia intorno alla vita del pirata e tirando con tutte le sue forze in modo da riportarlo in superficie. Il corpo inerte di Uncino ricadde mollemente contro di lei non appena la sirena lo strinse a sé in modo da rendere la presa ancora più salda.
Nuotò velocemente in superficie prima che fosse troppo tardi, fino a che il capo di entrambi non fu fuori dall’acqua.
- Ti ho preso!- esultò Ariel, pur sapendo che lui non poteva sentirla.
In quel momento, si sentì felice come non mai per non aver dato ascolto al buon senso e non essersene andata. Era rimasta a osservare la tempesta che si accaniva contro la Jolly Roger senza poter fare altro se non attendere con trepidazione che tutto quanto terminasse, quando aveva visto chiaramente uno degli umani venire sbalzato giù dalla nave e finire in acqua.
Sulle prime non aveva capito che quell’umano fosse il giovane capitano con un uncino al posto della mano, ma poi si era sentita morire quando l’aveva visto riemergere e annaspare alla ricerca di un appiglio, di una via di salvezza.
Aveva esitato non poco, domandandosi se fosse il caso di aiutarlo – benché non lo ammettesse nemmeno sotto tortura, tutte le paranoie di suo padre riguardanti il Mondo Di Sopra di tanto in tanto si facevano sentire anche con lei –, ma poi aveva rotto ogni indugio quando l’aveva visto tentare di fuggire terrorizzato dal coccodrillo – anche se non aveva compreso il perché, era un cucciolone così simpatico, certo, a volte un po’ brontolone, ma quando erano piccole giocava sempre con lei e le sue sorelle – e sbattere il capo contro gli scogli.
A quel punto aveva compreso che, se non l’avesse aiutato, sarebbe morto, e nel salvarlo aveva infranto in un colpo solo almeno un migliaio di regole paterne, ma beh, non poteva pretendere tutto dalla vita.
Ariel fece poggiare la nuca di Uncino contro la propria spalla, in modo da tenergli la testa fuori dall’acqua cosicché potesse respirare. Lo guardò: pareva estremamente indifeso, inerme…
La sirena non perse tempo e reggendolo con entrambe le braccia prese a nuotare in direzione della riva, mentre il mare prendeva a calmarsi.
Ancora, Ariel era certa che non si fosse trattato di un tifone qualsiasi, e nemmeno di uno di quelli scatenati da suo padre. Qualcun altro doveva averci messo la mano, e sicuramente con nessuna buona intenzione.
In ogni caso, non era quello il momento di pensarci.
Ringraziò mentalmente che le fosse toccato quel giovane snello e slanciato da salvare – se si fosse trattato del pesce palla umano, ad esempio, avrebbe avuto parecchie difficoltà in più – continuò a nuotare verso la riva reggendo Uncino fra le braccia e, quando la raggiunse, la tempesta era ormai passata, e il cielo aveva preso a rischiararsi. Ariel fece stendere il pirata sul bagnasciuga, ancora privo di sensi. Avrebbe voluto portarlo più in là, sulla sabbia bianca e asciutta, ma quella coda di pesce le impediva di allontanarsi troppo dall’acqua.
Lo fece distendere supino, togliendogli di dosso la casacca rossa in modo che si asciugasse più in fretta. Gli scostò alcune ciocche di capelli dagli occhi, notando con sollievo che respirava regolarmente.
Voltò il capo in direzione del mare: la Jolly Roger si stagliava in lontananza, non troppo vicino alla riva ma neppure troppo distante. Ariel si chiese se qualcuno si fosse già accorto che il capitano non era più a bordo, se lo stessero cercando oppure no.
Tornò a guardare Uncino.
Non aveva ancora ripreso conoscenza. Era addormentato sul bagnasciuga, come se fosse stato tranquillo e rilassato.
Faceva quasi tenerezza a vederlo così.
Ariel si morse il labbro inferiore per trattenere un sorrisetto, ma non riusciva a smettere di guardarlo. Si chiese quanti anni avesse, certo, pensò, non doveva essere più che ventenne. L’aveva spiato tante volte di nascosto a bordo della sua nave, eppure non le era mai sembrato così…così…tenero come in quel momento.
Accostò il proprio volto a quello del pirata, sperando che non si svegliasse proprio ora.
E se gli dessi un bacio? No, non posso, sarebbe indicibile! E’ un umano…sì, ma in fondo chi lo verrebbe mai a sapere?
Stava giusto iniziando a vergognarsi di se stessa per questi pensieri, quando Uncino cominciò a svegliarsi. Il pirata sbatté a fatica le palpebre, lasciandosi sfuggire un mugolio dalle labbra prima di mettere a fuoco l’immagine che gli stava di fronte.
Era in controluce, e la sua vista era annebbiata, quindi non riusciva a distinguere molto bene ciò che stava guardando. Ancora intontito, gli parve di vedere un volto femminile a forma di cuore incorniciato da una chioma di capelli rossi, e dei grandi e vispi occhi azzurri.
Ma, in quel momento, quegli stessi occhi gli sembrarono castani, così come anche i boccoli della ragazza.
Wendy…, riuscì ad articolare nella sua mente, senza quasi rendersene conto.
Ariel scattò all’indietro non appena si accorse che era sveglio, e subito si tuffò di nuovo in mare, più veloce del vento, e nuotò in direzione degli scogli.
 
***
 
Trascorsero diversi minuti prima che Uncino riuscisse a riprendersi del tutto. Il pirata sbuffò, quindi prese a tossire violentemente, sputando un fiotto d’acqua. Cercando di riprendere a respirare regolarmente, si mise a sedere malamente sul bagnasciuga, ancora frastornato e grondante d’acqua.
Si passò una mano fra i capelli per cercare di raccapezzarsi. Ricordava bene ciò che era successo: la tempesta, la nave, lui che veniva sbalzato in acqua, il coccodrillo…e poi, più niente.
Doveva aver sbattuto la testa, almeno così deduceva dal dolore alla nuca che provava in quel momento. Ma non riusciva proprio a comprendere come fosse riuscito ad arrivare fino a riva. Era stata la corrente a trasportarlo, forse? Poteva anche essere…Eppure era strano…Per un attimo, avrebbe potuto giurare di aver visto una donna, di fronte a lui…
Che fosse davvero Wendy? No, impossibile…Wendy è morta, lo sai bene.
Decise di mettere da parte quei pensieri, e si rialzò a fatica, sentendo gli abiti zuppi appiccicati al suo corpo. Tuttavia, grazie alla pressione contro una coscia, si ricordò anche di avere con sé la propria pistola.
La sfoderò, gettando uno sguardo di fronte a sé: la Jolly Roger era lontana, ma non così tanto da non poterlo vedere.
Tolse la sicura alla pistola, quindi sollevò un braccio e sparò due colpi in aria.
Pochi istanti dopo, vide la nave invertire la propria rotta e dirigersi nella sua direzione.
Sorrise, in attesa che quei bifolchi lo raggiungessero; ma nel frattempo, con la coda dell’occhio vide la propria casacca rosso fiammante abbandonata sulla sabbia accanto a lui. Uncino aggrottò le sopracciglia, pensoso: ricordava di avere addosso la casacca, quando era stato sbalzato fuori bordo, ma non rimembrava di essersela tolta, né di averla perduta durante il naufragio.
Qualcuno doveva aver provveduto a sfilargliela di dosso…
Allora non stavo sognando. C’era davvero una donna, qui.
 
***
 
Tremotino incrociò le braccia al petto, innervosito.
La nave era finalmente giunta a riprendere il suo capitano, ma lui l’aveva lasciata nel momento esatto in cui aveva fatto cessare la tempesta, sicuro di essere riuscito a togliersi di torno il caro James Hook.
Invece il bastardo era ancora vivo, lui aveva sprecato magia inutilmente e non aveva risolto nessuno dei suoi problemi…tutto per colpa di una sirena dal cuore tenero.
Tremotino si costrinse a reprimere l’impulso di andare dalla suddetta sirenetta e prenderla per il collo, dicendosi che, in fondo, avrebbe sempre potuto volgere la questione a proprio vantaggio.
La piccola salvatrice era la figlia minore di re Nettuno, l’aveva riconosciuta; una principessa del mare, in pratica. Una principessa del mare che era stata sul punto di sbaciucchiarsi il pirata privo di sensi.
Sorrise.
Sì, certamente un giorno o l’altro avrebbe potuto cavare fuori qualcosa da lei.
Ma non in quel momento, s’impose.
Aveva altre faccende da sbrigare, e parecchio urgenti. Sarebbe tornato sulla Jolly Roger, certamente – Uncino stava minacciando di rivelarsi un grosso problema, con quel che aveva intenzione di fare; andava eliminato e poi, non doveva dimenticare che su quella nave c’era anche il padre della Salvatrice –, ma ora aveva un altro affare da portare a termine.
Un affare che si era trascinato troppo a lungo, pensò con una punta di rabbia, voltandosi e iniziando ad allontanarsi. Troppo a lungo, ben sedici anni, o forse di più. Un accordo con una piccola, insipida, insignificante figlia di un mugnaio che grazie a lui era diventata regina, e che ingratamente gli aveva rifiutato un pagamento.
Un accordo che era stato mandato a monte da quel vecchio pazzo di Merlino.
Un accordo che aveva tutta l’intenzione di concludere, e che gli avrebbe consegnato, se non la Pietra del Male, l’altro oggetto di fondamentale importanza per riportare in vita i fratelli Grimm.
Guardati le spalle, regina Ginevra…Tremotino sta tornando a Camelot!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*citazione leggermente modificata dal film Disney Pocahontas, il Governatore Radcliffe a Thomas.
 
Angolo Autrice: Ciao a tutti! Finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare…Beh, spero che questo capitolo non vi abbia delusi. Molti di voi avevano già intuito cosa sarebbe accaduto, ma ho comunque aperto delle altre porte che spero v’incuriosiscano abbastanza da voler continuare a seguire questa vicenda ;). Dunque, ringrazio _EllaZaZa_, per aver recensito e per aver segnalato all’amministrazione questa storia per l’inserimento nelle scelte del sito, e SognatriceAocchiAperti, Jessica21, Princess Vanilla, LadyAndromeda e Sylphs per aver recensito :).
Dunque, ora, prendendo spudoratamente spunto da Jessica21, mi piacerebbe stilare una “lista di preferenze” sui personaggi. Chi preferite fra: Anya, Elizabeth, Vincent, la Regina Cattiva, Malefica, Rosaspina, Tremotino, Hadleigh, Jones, Uncino, Biancaneve, Gretel, il Cacciatore, Cenerentola, Ariel, Uncino, Gaston?
Verrà aggiornata a mano a mano che entreranno in scena nuovi personaggi ;).
Ora, il prossimo capitolo sarà incentrato interamente su Camelot e, a questo proposito, vi avevo promesso delle immagini dei nuovi personaggi. Eccole qui:
 
Artù (Eric Bana)
http://i1.ytimg.com/vi/Y8hisp6xElo/hqdefault.jpg
 
Ginevra (Emily Blunt)
http://www.wearysloth.com/Gallery/ActorsB/53821-29116.jpg
 
Odette (Keira Knightley)
http://img335.imageshack.us/img335/7798/keira7ok.jpg
 
Merlino (Donald Sutherland)
http://1.bp.blogspot.com/_lweymjmz4GY/S8N0QV3-w8I/AAAAAAAAPD8/5wjd4aPpbkk/s320/26485_383640335889_353578620889_3731194_1614547_n.jpg
 
Lancillotto (Richard Armitage)
http://richardarmitagecentral.co.uk/RichardArmitageCentral/IMAGES/guyphotoessay/guy1_framed.jpg
 
Galvano (Sean Bean)
http://community.sephora.com/t5/image/serverpage/image-id/62751iCBF1579A63C6D3D1/image-size/original?v=mpbl-1&px=-1
 
Morgana (Lara Pulver)
http://relationworld.com/adrama/files/2010/02/Lara-Pulver.jpg
 
Mordred (Tom Hiddleston)
http://media.tumblr.com/tumblr_m3z4i3i0aX1qcqk83.gif
 
Odile (Emmy Rossum)
http://image.toutlecine.com/photos/p/o/s/poseidon-2006-38-g.jpg
 
Altra cosa. Ho creato un gruppo facebook dedicato a questa storia, dove si possono trovare spoiler, spezzoni di nuovi capitoli, immagini, ecc. Se siete interessati, vi lascio qui il link:
 
 https://www.facebook.com/groups/200738133455063/

Se qualcuno voless iscriversi e avesse dei problemi con la pagina, mi invii un messaggio sulla mia casella di posta qui su EFP con il nome con cui è registrato su fb: ci penserò io ad aggiungerlo :).
Ciao a tutti, al prossimo capitolo!
Un bacio,
Beauty
  
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