Come
promesso, eccomi tornata prestissimo con il sesto capitolo! Accidenti, ragazze,
siete a dir poco fantastiche, non mi aspettavo che questa storia sarebbe stata
tanto seguita!! Un milione di grazie in particolare a Gabry Sweettosa per
averla inserita tra i preferiti (è buffo, ogni volta che torno a
pubblicare c’è qualcuno che l’ha messa tra i preferiti nel
frattempo!!) e altrettanti ringraziamenti a Juju210, PikkolaGrandefan, Zerby, Selhin, Machy e ancora a Gabry Sweettosa per le recensioni (sempre di più!!). Grazie
veramente a tutte voi, è una vera gioia leggere i vostri commenti, sono
commossa!! ^///^
Allora, adesso
devo avvisarvi che questo capitolo sfocia un pochino nel drammatico, anche se
alla fine c’è una scena piuttosto dolce e romantica… Ma la
drammaticità c’è solo qui, per questo non ho inserito la
voce ‘Drammatico’ nel genere riportato nell’introduzione…
Ad ogni modo, fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo moltissimo!!
Con tanto affetto e tanta gratitudine, vi auguro come sempre la buona
lettura…
“IL MIO MIGLIORE AMICO”
6. Incidente
«Scusa il
ritardo…»
«Non preoccuparti. Dai,
andiamo.»
Gordo allontana la schiena
dal muretto che circonda il giardino di casa mia e si incammina lungo il
marciapiede. Io mi affianco a lui allegramente.
«Sono proprio contenta
che Miranda sia tornata», dico, «mi è mancata molto in
queste due settimane.»
«Già, anche a
me», sorride Gordo.
Lo guardo. È sereno e
tranquillo, finalmente il solito Gordo.
Se ripenso alla tensione
accumulatasi negli ultimi tempi, mi sembra quasi incredibile che ora siamo qui
a parlare e ridere e camminare insieme verso casa Sanchez. Eppure le cose
sembrano tornate come sempre, e dalla sera della cena a casa mia Gordo non ha
più manifestato alcun fastidio all’idea del mio pedinamento ad
Ethan Craft. Vero è che io stessa ultimamente ho messo da parte i miei
propositi di incontrare Ethan di continuo. Insomma, se devo fare
‘chiarezza’, come mi sono riproposta, devo cercare di essere
totalmente lucida nel tempo che passo con Gordo… Ma al momento il ritorno
di Miranda dal Messico è più importante. Finalmente il trio
è di nuovo riunito, e il divertimento è assicurato: è come
se le vacanze iniziassero solo ora. Il resto, mi spiace, deve aspettare.
Arriviamo a piedi a casa di
Miranda. È una vera gioia vedere di nuovo l’auto dei Sanchez in
cortile. Gordo va a suonare il campanello e io lo raggiungo sulla soglia.
«Vado io, mamma!»
Lo strillo di Miranda oltrepassa il muro, unito ad uno scalpiccio di passi
affrettati. «Devono essere Lizzie e Gordo!»
Un secondo dopo, la mia
migliore amica spalanca la porta e si getta letteralmente addosso a noi,
abbracciandoci.
«Ragazzi! Oh, non avete idea di quanto mi siete mancati!»
«Miranda, sto
soffocando», ride Gordo.
«È bello
rivederti», esclamo io ricambiando la stretta.
Parliamo tutti e tre
contemporaneamente. Quando ci lascia andare, Miranda ci guarda radiosa.
«Abbiamo molte cose di
cui parlare. Perché non andiamo a fare un giro? Così riprendo
confidenza con i dintorni e nel frattempo ci raccontiamo tutto.»
Sbircio la porta aperta oltre
le sue spalle.
«Ma dovremmo almeno
salutare i tuoi genitori…»
«Oh, loro stanno
svuotando le valigie, ne avranno fino a stasera.» Fa un cenno vago con la
mano, poi si volta e urla attraverso la porta. «Mamma, noi
usciamo!»
«Bueno, tesoro», grida di rimando la signora Sanchez.
«Salutami tanto i tuoi amici. Non fate tardi!»
«D’accordo.»
Miranda si chiude la porta
alle spalle e si volta a sorriderci.
«Ecco fatto. Allora,
dove si va?»
***
«Bene, e così io
vi ho detto tutto della mia vacanza. Ma voi che mi dite? Che è successo
da queste parti?»
Siamo appena usciti dal Digital Bean, dopo essere già
stati al parco e al centro commerciale. Miranda mi prende sottobraccio dopo
avermi posto l’ultima domanda.
Io e Gordo ci scambiamo un
rapido sguardo.
«Niente di
speciale», rispondo io, alzando le spalle.
«Sì,
l’unica cosa degna di nota è che Lizzie ha preparato un nuovo
piano strategico per conquistare Ethan Craft», spiega Gordo con aria
cospiratoria a Miranda; ma mi sembra di vedere che nasconde un qualcosa sotto il sorriso ironico.
«Ma dai, allora fai sul
serio», mi fa Miranda, colpita, voltandosi a guardarmi bene in faccia.
«Non ti passerà mai, eh? Se continui a sperarci anche dopo che lui
ti ha detto chiaramente che ti vede solo come un’amica…»
Le lancio uno sguardo
inceneritore.
«Scusa», dice lei
alla fine. «Sto rigirando il coltello nella piaga.»
Alzo gli occhi al cielo. Non
ha capito, non può capire. Lei non sa di tutti i dubbi che ho in questo
periodo…
Istintivamente sbircio Gordo,
ma lui guarda fisso davanti a sé, e cammina spedito sul marciapiede, con
le mani in tasca.
Continuo a camminare in
silenzio, sulla carreggiata, visto che il traffico a quest’ora è
praticamente inesistente.
All’improvviso si sente
un orribile sibilo di pneumatici in fondo alla strada. Miranda mi tira il
braccio.
«Lizzie, vieni,
togliamoci da…»
Non sento l’ultima
parola, non ne ho il modo.
Sento solo, indistintamente,
la voce di Gordo che grida qualcosa, mentre un dolore indicibile al fianco e
giù per la gamba mi scaraventa a terra, lontano da Miranda.
***
Non ricordo di essermi
addormentata.
Non ricordo affatto.
Apro lentamente gli occhi.
Non riconosco la stanza in cui mi trovo; sembra tutto irrealmente bianco. Sono
distesa supina e sono tutta indolenzita. Metto meglio a fuoco: questa è
una camera d’ospedale. La situazione comincia a preoccuparmi nel momento
in cui mi accorgo di non avere alcun sentore della parte sinistra del mio
corpo.
«Lizzie!»
È una voce familiare.
Muovo la testa di poco, mentre nel mio campo visivo entrano una massa di
capelli castani e un paio di occhi azzurri preoccupatissimi.
«Gordo?»,
articolo debolmente.
«Non parlare.» Lo
sento sedersi sul letto accanto a me. Lo guardo meglio: è pallido e
teso. «Accidenti, Lizzie, mi hai fatto preoccupare da morire!»
Mi porto la mano destra,
l’unica che riesco a sentire,
sul viso.
«Che… cosa…
è successo?»
«Beh…»
Gordo abbassa gli occhi, a disagio. «C’è stato un incidente.
Quella macchina… È successo tutto così in fretta… Non
siete riuscite a…» Si interrompe e sospira profondamente. Non
l’ho mai visto così turbato e scosso. «I tuoi sono di
là, stanno parlando con i medici. Tu pensa solo a stare tranquilla.
Andrà tutto bene, vedrai.»
È veramente comico
pensare che sono le stesse parole che mi ha rivolto prima che io incontrassi
Ethan al parco… Peccato che non ci sia nulla da ridere.
«Non ho
sensibilità nella parte sinistra, Gordo», obietto in un mormorio
piatto.
Finalmente torna a guardarmi,
lievemente esasperato.
«Dai, Lizzie, ti ho
detto di stare tranquilla. I medici hanno detto che non hai nulla da temere. Ti
prego, ti prego, non andare nel
panico. Perché se tu vai nel panico, io non saprò più che
fare.»
Cerco di sorridergli. Poi mi
ricordo di una cosa.
«E Miranda?»
Gordo passa dalla
preoccupazione al nervosismo.
«Ehm…»
Il cuore mi salta un battito.
Ho un terribile presentimento.
«Beh, lei
è… Ecco, lei… Insomma… Ha riportato delle ferite
più… gravi… e…»
Lo guardo, terrorizzata.
«Dov’è?»,
ansimo.
«In sala
operatoria», sussurra.
No. Non può essere.
Non Miranda. Non può esserle successo questo. Non può rischiare la vita. Non ci credo.
Le lacrime offuscano la mia
vista. Serro le palpebre con forza, ma non c’è verso che quelle
maledette scompaiano.
«Dio, Lizzie, non fare
così…», mormora Gordo, disperato.
«E cosa vuoi che faccia?»,
gemo, senza aprire gli occhi. «Dovrei forse starmene qui tranquilla a
ripetermi che non ho nulla da temere, mentre la mia migliore amica è
sottoposta a un’operazione? Dovrei fare finta di niente, e non pensare
che potrebbe…? È colpa mia, Gordo, è tutta colpa mia, sono
io che camminavo in mezzo alla strada, io…»
Non riesco più a
parlare. Mi mordo le labbra a sangue, ma non posso evitare ancora ai singhiozzi
di scuotermi il corpo.
Due mani si posano sulle mie
guance bagnate, mentre la voce di Gordo risuona più vicina al mio viso.
«Lizzie,
guardami.»
Apro gli occhi. Attraverso il
velo di pianto osservo i suoi occhi chiari a pochissima distanza dai miei.
Forse in altre circostanze proverei dell’imbarazzo, ma ora sono troppo
sconvolta per pensare a qualsiasi cosa che non sia Miranda.
«Non è colpa tua. Chiaro? Non voglio più sentirti dire
una cosa del genere. La colpa è di quel pazzo che vi ha investite, e che
non ha nemmeno avuto la decenza di fermarsi. Tu non puoi farci niente, e
soprattutto non devi pensare di
essere in alcun modo responsabile di ciò che è successo. Adesso
devi solo riposare. Mi hai capito? Non posso sopportare di vederti così,
mi fai male, non immagini quanto. Ora respira profondamente, calmati e poi
riposati. Va bene?»
Sospiro, tremando da capo a
piedi, e annuisco debolmente tra le sue mani. Mi soffermo ancora sul suo
sguardo, ora serio e fermo, sui riccioli bruni sulla sua fronte, e poi sulle
sue labbra, sulla familiare fossetta sul mento… Quand’è che
ho pensato che ero troppo sconvolta per sentirmi in imbarazzo? Sbagliavo…
Poi lui si allontana lentamente, scostando le dita dal mio viso e portandosi
via qualche mia lacrima.
«Bene.» Cerca di
sorridere. «Ora… immagino che per te sia meglio restare un
po’ da sola. E poi devo comunque chiamare i miei, perciò… ti
lascio tranquilla. Dirò ai tuoi genitori che stai bene, ok?»
Annuisco di nuovo, ignorando
l’assurdo impulso di chiedergli di restarmi accanto…
«Grazie, Gordo»,
sussurro invece.
Lui sorride ancora, ma poi
torna serio a poco a poco.
«Lizzie…»
Si china di nuovo su di me.
Io resto immobile, il fiato sospeso, mentre il suo viso si fa sempre più
vicino.
«Non voglio più
vederti piangere.»
Le sue labbra si fermano
sulla mia guancia.
Mi dà un bacio leggero
come acqua.
È la prima volta che
fa una cosa del genere.
Nonostante la gravità
di tutti gli altri pensieri, mi sento comunque arrossire.
Gordo si tira indietro, e
vedo il suo viso prendere letteralmente fuoco. Mi sorride impacciato e mi
stringe una mano nella sua; poi, senza dire altro, si alza dal letto e lascia
la stanza.
Io tiro il fiato, chiudo gli
occhi, ed esprimo l’inutile desiderio di dimenticare tutto.