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Autore: LeGuignol    07/02/2014    2 recensioni
La stanza buia e spoglia, arredata unicamente dal pc e dalle periferiche collegate, è l’ideale per concentrarsi sul caso al quale sta lavorando. L non chiede di meglio che quell’arredamento minimalista studiato appositamente per evitare qualunque distrazione, in modo da focalizzare l’attenzione esclusivamente sull’obiettivo.
Osserva le immagini delle vittime sul monitor. Gli schizzi di sangue, il bianco dei tendini esposti e gli organi interni visibili dagli squarci slabbrati non lo urtano minimamente; non è quello il punto fondamentale. La sua mente razionale lo spinge a notare solo gli aspetti essenziali per ricavare un quadro completo del modus operandi dell’assassino.
Lavorare sui piccoli particolari è la chiave per giungere alla soluzione, e lui ci riuscirà, come ogni volta. Anche questa sfida sarà vinta.
(Per chiunque fosse interessato, questa storia è interrotta; ma riprenderà presto sull'account di MissChiara, che si è gentilmente offerta di proseguirla. Grazie a tutti per avermi seguito fin qui ^^)
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Linda, Nuovo personaggio, Watari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'alfabeto della Wammy's House'
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PROLOGO – IL DONO
 
Attenzione! Questa storia è sospesa. In futuro la riprenderò, ma può darsi che i capitoli scritti finora subiscano drastiche modifiche. Se volete comunque continuare a leggere siete i benvenuti, ma sappiate che ciò che leggerete NON E' la versione definitiva. Se foste interessati ad ricevere notizie sugli aggiornamenti, non avete che da chiedermeli ^^
 
La stanza buia e spoglia, arredata unicamente dal pc e dalle periferiche collegate, è l’ideale per concentrarsi sul caso al quale sta lavorando. L non chiede di meglio che quell’arredamento minimalista studiato appositamente per evitare qualunque distrazione, in modo da focalizzare l’attenzione esclusivamente sull’obiettivo.
L’unico lusso che si è concesso è il pavimento di legno al posto delle piastrelle fredde, molto più adatto ai suoi piedi scalzi.
Il ragazzo osserva le immagini delle vittime sul monitor. Gli schizzi di sangue, il bianco dei tendini esposti e gli organi interni visibili dagli squarci slabbrati non lo urtano minimamente; non è quello il punto fondamentale. La sua mente razionale lo spinge a notare solo gli aspetti essenziali per ricavare un quadro completo del modus operandi dell’assassino.
Lavorare sui piccoli particolari è la chiave per giungere alla soluzione, e lui ci riuscirà, come ogni volta. Anche questa sfida sarà vinta. Questo è l’unico obiettivo.
Gli aspetti etici e morali li lascia a giornalisti, psicologi, criminologi e conduttori di talk-show che, a caso risolto, si butteranno come avvoltoi per arraffare momenti di gloria insieme a compensi ben più concreti, grazie ai ricavi dalle vendite di libri, articoli su rotocalchi scandalistici e puntate su puntate di trasmissioni televisive.
A lui tutto questo non interessa. Ha già tutto quello che desidera: la soddisfazione personale di essere riuscito, ancora una volta, ad arrivare alla soluzione prima di qualunque altro detective al mondo.
Torna a studiare i tabulati con i dati sulle vittime, posati accanto a lui. Le domande sui perché l’assassino abbia agito ad intervalli regolari di tre giorni, perché con tanta efferatezza, perché scegliendo proprio quelle persone, a poco a poco hanno trovato le risposte. Nemmeno la pressione esercitata dal fattore tempo – un solo giorno, manca un solo giorno al prossimo delitto – ha incrinato la perfezione dei suoi ragionamenti. Ormai il puzzle è completo.
 
Al 99%.
 
E ad L non piace lavorare senza la certezza assoluta. Non sarebbe una vittoria schiacciante.
Torna a studiare per l’ennesima volta il file degli indiziati, escludendo la possibilità di eventuali pecche nei collegamenti logici che l’hanno portato a isolare, fra tutti quei volti, l’autore degli omicidi.
Probabilmente è superfluo, ma per colmare quell’1% di dubbio ricorrerà al parere dei ragazzi della Wammy’s House. Servirà loro come esercizio.
L ha già in mente la persona adatta: tra gli allievi dell’istituto esiste un individuo dalle straordinarie capacità intuitive per quanto riguarda la comprensione della mente umana. Se credesse nei fenomeni paranormali, sospetterebbe che si tratti di un caso di telepatia. Ma la sua mente pratica si basa sui fatti e sulle scienze esatte, non sulle superstizioni. La realtà è che quella persona è dotata di uno spirito di osservazione fuori dal comune; studiando il comportamento e le reazioni altrui, riesce a scavare nei meandri della mente in un modo che, L deve ammetterlo, ha dell’incredibile.
 
Un vero e proprio dono.
 
E’ grazie a questa peculiarità che quella persona ha guadagnato l’ambìto premio di potersi fregiare della diciottesima lettera dell’alfabeto, nonché di poter conoscere il vero volto di L.
Il ragazzo preme il tasto di comunicazione del microfono posato sul pavimento.
 
«Watari, mandami R. Ho bisogno di una sua consulenza».
 
.oOOo.
 
Un semplice «avanti» la invita ad entrare nella stanza.
La ragazza rimane ferma sulla soglia per il tempo necessario ad abituarsi all’oscurità. Poi si dirige verso la figura accovacciata davanti al monitor, unico punto luminoso.
Niente convenevoli fra di loro. R non se la prende, sa che se L si comporta così non è certo per superbia; probabilmente, in quel momento la soluzione del caso è l’unico fattore che catturi il suo interesse.
La ragazza si siede direttamente sul pavimento, a gambe incrociate. Quella posizione la aiuta a concentrarsi, ed in quel momento ne ha davvero bisogno: essere al cospetto di L la mette sempre in soggezione.
Per fortuna il ragazzo non si volta nemmeno a guardarla. Meglio così; in fondo lei, per lui, non è nient’altro che uno strumento di lavoro.
 
«Watari ti ha già riassunto i punti principali del caso. Queste sono le foto che la polizia ha scattato sui luoghi dei delitti».
 
Dritto al punto. Come volevasi dimostrare.
R dà un’occhiata alle immagini agghiaccianti sul monitor e deglutisce a secco; lei non è come Near e Mello, non riesce a studiare le prove senza farsi coinvolgere emotivamente. E’ a causa della sua indole passionale se, pur avendo ottenuto il privilegio di quella lettera che sostituisce il suo vero nome, non concorrerà mai alla gara per il posto di successore di L.
 
«Vorrei che studiassi a fondo il modo in cui sono stati compiuti e, incrociando i dati dei rapporti sui sospettati raccolti in questi tabulati, mi dicessi quale di loro può essere l’autore degli omicidi» prosegue lui, dedicandosi a togliere la glassa da una ciambella a forza di leccate.
 
Niente pollice portato alle labbra a mordicchiare l’unghia con aria meditabonda. Niente dondolarsi sui talloni. Insomma, nessun atteggiamento caratteristico di lui quando è immerso nel ragionamento. Al loro posto, un momento di relax in compagnia di un dolce: il premio al termine della fatica.
Da tutto ciò, la ragazza intuisce che L non le sta chiedendo veramente un aiuto. Lui ha già fatto la propria scelta; quello che cerca è una conferma alle proprie certezze.
 
«Farò del mio meglio» risponde, cercando di non badare al turbamento che le provoca la lingua del detective che lambisce la ciambella ricoperta.
 
E’ un controsenso, per una persona che riesce a cogliere così bene gli aspetti più reconditi della mente altrui, non essere riuscita a leggere la verità dentro di sé, se non quando gliel’hanno sbattuta in faccia gli altri.
 
Perché, no, lei da sola non era davvero riuscita a dare una spiegazione al rimescolio che provava in presenza di L. Non si era accorta che il rispetto e la reverenza provati verso il più grande detective del mondo si erano trasformati in qualcosa di molto diverso, quando finalmente aveva potuto conoscerlo di persona. Forse era stato il contrasto tra il come se lo era aspettato e chi si era realmente trovata davanti a compiere la metamorfosi.
Fatto sta che aveva cominciato a considerare in modo diverso il ragazzo allampanato che le era già capitato di incrociare più volte nei corridoi della Wammy’s House, quando ancora ne ignorava la vera identità.
 
E’ naturale, la sua presenza mi fa uno strano effetto perché è la persona che ci hanno spronato a raggiungere fin da quando eravamo bambini, ed è così in gamba che è l’unica che meriti il mio rispetto, si era detta.
 
Era stata Linda a farle notare la verità.
 
«Lo guardi con gli occhi di un’innamorata persa!» le aveva detto per prenderla in giro, senza immaginare la tempesta che quella frase senza importanza aveva scatenato nell’animo di R.
 
Quelle parole buttate lì per scherzo avevano aperto alla ragazza una finestra sulla propria anima.
 
«Se reputi necessario un incontro diretto con quello che sospetti possa essere il colpevole, te lo faremo avere» continua il detective, senza distogliere l’attenzione dalla ciambella.
 
«Le foto lasciano già intuire abbastanza sulle caratteristiche dell’assassino. Credo che per ricavare un profilo psicologico e trarre delle conclusioni precise mi sarà sufficiente basarmi sui dati in nostro possesso» risponde la ragazza, imponendosi di mantenere un tono professionale e di ignorare l’assurdo desiderio di trovarsi al posto della ciambella.
 
Sto peggiorando…adesso sono perfino invidiosa di un impasto di farina e zucchero?
 
«Lo credo anch’io. Ho piena fiducia nelle tue capacità» risponde lui, voltandosi a fissarla con due occhi rotondi e sbarrati.
 
E questa volta R non riesce a mantenere un atteggiamento professionale. Quello sguardo sembra volerle leggere dentro, capace di carpirle il segreto che cerca di nascondergli in tutti i modi.
Si alza di scatto stringendo i tabulati al petto, sperando che la penombra nasconda gli indizi del suo imbarazzo, quei segni del linguaggio corporale che è tanto brava ad interpretare ma che, al pari di tutti gli altri, non riesce a controllare.
Deve uscire al più presto da quella stanza, in modo da non permettere che l’atmosfera raccolta e lo sguardo di lui la facciano capitolare; sente che, se non se ne va immediatamente, l’istinto prevarrà e finirà per confessargli tutto quello che prova per lui. Sarebbe la fine della sua collaborazione con L, lo sa fin troppo bene.
La colpa è del suo dono.
E’ grata al destino, che le ha fornito una tale capacità. E’ grazie a quel dono se le è stato permesso di risiedere alla Wammy’s House, ed è sempre grazie ad esso se ha potuto elevarsi tra tutti gli altri allievi fino ad arrivare a collaborare con L. Grazie a quel dono, ha assaporato la felicità di poter incontrare la persona amata.
Ma il suo dono è anche la sua condanna.
Al contrario delle altre ragazze, R non può crogiolarsi nell’illusione di avere qualche speranza riguardo un amore impossibile. Lei è conscia di quell’impossibilità, ha solo certezze. Grazie al suo dono, la persona da cui è attratta non ha segreti; almeno, non dal punto di vista sentimentale.
Non ha avuto nemmeno bisogno di sforzarsi per capire che l’unico sentimento che prova L nei suoi confronti, al di fuori del lato professionale, è la totale indifferenza. E’ un messaggio così chiaro che non le lascia nemmeno il beneficio del dubbio. Il suo intuito non sbaglia mai.
La ragazza si allontana dal detective dopo un momento di incertezza, rinunciando anche al breve contatto di una stretta di mano di commiato. E’ palese che L non gradisca il contatto fisico, e lei non vuole compiere nessun gesto che possa infastidirlo. Non vuole rischiare di perdere l’occasione degli sporadici incontri di lavoro con lui, che considera preziosi come appuntamenti fra innamorati.
Non si aspetta di più, ormai ha accettato la realtà da tempo; o meglio, si è imposta di accettarla. Tuttavia la portata del suo sentimento è tale da non poter essere facilmente ignorata, e la rassegnazione forzata non fa che logorarla ogni giorno di più.
Ma se lui sapesse…la allontanerebbe per sempre da sé. A lei vengono richieste razionalità e capacità deduttive, non baci e carezze.
E ad R, maledetta da un dono, non rimane che voltarsi e andarsene.




Commenti personali
Sorpresa! "Il dono" diventa una long fiction! Spero che sia cosa gradita a chi aveva apprezzato il personaggio di R, anche se temo che quei lettori ormai siano scomparsi dal fandom di Death Note da un bel po' di tempo (come ero scomparsa io, del resto!)
Non é mai buona cosa aggiungere nuovi capitoli a una storia nata per essere e rimanere una one-shot ma, come dire, avevo voglia di ricominciare a scrivere su Death Note e, dopo anni di stasi, ho sentito che l'unica soluzione era ripartire dall'unica storia che mi aveva fatto sentire realmente ispirata. Non so dove mi porterà la trama, non so quanto mi richiederà ma... so che é una cosa che dovevo a R ^^
   
 
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