Note1: Questa
storia segue temporalmente “A
spasso per l’Enterprise”.
Spero che vi piaccia così come vi sono piaciute le altre due
già pubblicate. Mi scuso per eventuali errori ma la fic non
è betata e per
quante volte potrei rileggerla, qualcosa mi sfuggirà sempre,
purtroppo.
Buona lettura!
A
Nicoletta.
Che non crede mai in se stessa ma è una
persona fantastica.
Ti voglio bene!
Il Compleanno
Rottura del femore
destro, stabilisce McCoy davanti alla parete luminescente su
cui è affissa
una radiografia.
E’ un dottore vecchio stampo lui e delle volte gli piace
riscoprire quei vecchi e rudimentali metodi medici che ormai sono stati
superati da secoli.
Si allontana dalla parete e raggiunge il cadetto disteso sul
bio-letto.
“Sei fortunato che una scheggia d’osso non abbia
reciso
l’arteria femorale, o saresti morto dissanguato.
Fortunatamente si risolverà
tutto in un paio di giorni di gesso auto-riparante.” Spiega,
per poi prendere
l’occorrente per la medicazione.
“Un paio di giorni?” urla il cadetto Hurts,
“io non li ho un
paio di giorni, devo tornare in servizio.”
Leonard guarda il giovane cadetto con fare annoiato.
“Secoli fa avresti avuto un fermo di svariati mesi, non
giorni. Ritieniti più che fortunato.” E spruzza il gesso sulla gamba
rotta del
ragazzo.
“Posso sapere come ti sei rotto questa gamba?”
chiede, non è
da lui farsi gli affari degli altri, ma non riesce a immaginare come ci
si
possa rompere un femore su una nave stellare.
“Io... io..” balbetta il ragazzo con fare incerto.
“Io stavo
svolgendo una missione altamente pericolosa per il capitano.”
Dice fieramente.
“E da quando il capitano affida missioni altamente
pericolose ai cadetti? Senza considerare che il suddetto capitano al
momento è
nella sua culla a dormire, essendo, non si sa come, diventato
improvvisamente un poppante?!”.
McCoy vede la faccia del ragazzo farsi sempre più paonazza.
E’ appena stato beccato a mentire da uno degli uomini
più importanti della
nave.
“Io, bhe.... veramente....” sussurra il cadetto,
con fare
incerto. “Avevo finito il turno e con altri amici eravamo in
sala ricreazione a
rilassarci. Non so come, siamo finiti a fare uno stupido gioco.
Dovevamo
saltare tutti insieme sui tavoli e chi rimaneva fuori doveva fare una
penitenza. Durante il gioco ho messo un piede in fallo e son caduto,
rompendomi
la gamba.”
Ma son giochi da fare
questi? Si chiede il dottore.
Ah questi giovani
d’oggi! Sospira e, finita la medicazione, lascia il
ragazzo sul bio-letto.
Finito il giro di visite, Leonard si ritira nel suo studio.
Non vede l’ora di poter sbarcare sulla Terra, sebbene sappia
che una volta sbarcati inizierà per lui un periodo di fuoco.
Vorrebbe poter riabbracciare subito sua figlia, ma non sa se
la sua ex-moglie glielo lascerà fare. E poi, come spiegarle
di Jim? Deve
inventarsi qualcosa. Ma intanto non può far altro che
aspettare e prendere la
situazione per come verrà.
Lo squillo di una comunicazione lo risveglia dai suoi
pensieri.
“Qui infermeria, parla McCoy, cosa
c’è?”.
“Dottore sono Christine, il capitano vorrebbe
vederla.” La
voce della Chapel gli ricorda che non può fermarsi nemmeno
un attimo per
pensare a se stesso. C’è sempre qualcun altro a
cui badare.
“Grazie per avermi informato, arrivo subito.”
Risponde, ma
la Chapel riprende a parlare prima che lui possa chiudere la
conversazione.
“Dottore non si scomodi, porto io il capitano da
lei.”
“Grazie infermiera” e chiude la chiamata.
Per fortuna, ogni tanto, c’è qualcuno che gli
facilita il
lavoro.
Qualche minuto dopo Christine entra con in braccio Jj.
Appena il piccolo vede l’amico inizia a sbracciarsi per
essere preso da lui.
Leonard sorride dolcemente e prende il bimbo con se.
“Ciao Jim.” Dice sorridendo.
“Boo!” urla il piccolo, per poi abbracciare il
medico.
“Allora, cosa vogliamo fare oggi? I capricci?” non
si è
comportato bene negli ultimi giorni Jj.
Non è più scappato dalla sua stanzetta, ma ha
fatto i
capricci per dormire o mangiare e ogni volta è sempre un
terno al lotto capire
cosa vuole.
“Elle” dice il bimbo sorridendo.
“Elle cosa, Jim?” che si sarà inventato
questa volta? Si
chiede il dottore.
“Elle, elle, elle!” urla Jj.
McCoy è ancora lì che tenta di decifrare il nuovo
codice del
piccolo quando ha l’illuminazione.
Cos’è la cosa che più di tutto piace a
Jim? Le stelle,
ovvio.
“Ah stelle. Va bene, allora andiamo al punto di
osservazione.” Concede il dottore.
“Tiiii elle!” grida il piccolo e poi batte le
manine tutto
contento.
Il punto d’osservazione, è una saletta ricreativa
in cui una
grande vetrata permette di guardare le stelle che
L’Enterprise solca.
Quando Leonard e Jim vi arrivano, nella sala ci sono poche
persone che chiacchierano sui divanetti di cui la stanza è
fornita.
Tutto sommato c’è silenzio e questo a Jim non
piace.
“Eccoci qui Jim, davanti alle tue amate stelle”
dice il
dottore, facendo girare il piccolo verso il vetro.
Ma Jj non è per niente contento della cosa. Si volta verso
l’amico e col faccino corrucciato pigola.
“Boo, elle!”.
Leonard guarda il bambino, non riuscendo a capire perché sia
scontento.
“Jim ma sono qui le stelle, guarda” e punta un dito
verso l’esterno
della nave.
“Nooo, elle!” Jj dice solo questo, prima di
accoccolarsi
sull’amico, dando le spalle al vetro.
Leonard rimane stupito. E’ inusuale che Jim reagisca in
questo modo, gli verrebbe da dire, quasi, illogico.
Ci pensa su per un po’ McCoy, prima di arrivare alla
verità.
“Oh, No. Jim non possiamo andare in plancia.”
Ammette
tristemente.
“Se ti porto lì a Spock verrà un altro
infarto” cerca di
scherzare.
Spock non ha mai posto vieti su questa cosa, ma McCoy sa che
se Jim fosse in plancia Spock sarebbe distratto dalla sua presenza.
“Booo, elle.” Piagnucola il lattante, ancora sulla
sua
spalla.
“Ma perché mi devi mettere sempre nei guai, anche
qui hai le
stelle, cosa ti cambia?” Leonard sa che Jim non
potrà mai rispondere a questa
domanda. E non perché sia troppo piccolo per farlo,
bensì perché non ci sono
parole per spiegare l’attaccamento di Jim per la plancia.
“Elle...” sussurra un’ultima volta il
cucciolo prima di
iniziare a piangere sommessamente.
“Oh e va bene, andiamo in plancia” si arrende
Leonard, ma
già sa che se ne pentirà. Non riesce a sopportare
di vedere Jj piangere.
Il piccolo si calma istantaneamente e dopo aver tirato su
col naso un paio di volte si accoccola ancora più stretto
sul collo dell’amico
e sussurra “Gatie”.
E questo, fa sciogliere definitivamente il cuore di Leonard.
Il tragitto dal punto d’osservazione alla plancia richiede
una decina di minuti. Minuti durante i quali Jj non fa altro che
pensare alle
lucine colorate e il morbido della sedia in cui gli piace tanto sedersi.
E’ stato una sola volta in plancia, quando è
scappato dalla
sua stanzetta, ma quell’unica volta gli è bastata
per capire che quello è il
suo posto preferito.
Ci sono tante persone colorate tutte diverse, tanti suoni
divertenti e quel calduccio che lo fa sentire al sicuro. E poi ci sono
le
stelle, che non smettono mai di stupirlo e affascinarlo.
L’unica volta che ha visto le stelle dalla plancia ne
era rimasto
ipnotizzato, e ora vuole
provare la stessa emozione.
Quando, infine, la porta della plancia si apre la prima cosa
che Jim vede è proprio lo schermo dietro al quale sfilano le
stelle.
“Elle!” grida tutto eccitato, facendo girare tutti
i
presenti verso di lui.
McCoy, lieto che il bimbo sia finalmente felice si dirige
alla sedia del comando per farlo accomodare lì e bloccarlo
con le cinghie.
Sa che da un momento all’altro Spock salterà fuori
per lamentarsi.
“Dottore, potrebbe spiegarmi perché lei e il
capitano.....”
ma McCoy non lo lascia finire.
“E’ colpa sua” dice, indicando il
piccolo, già intento a
guardare le stelle.
“Io ho provato a dirgli che non potevamo venire, ma ha
insistito tanto, così...” tenta di giustificarsi.
“Dottor McCoy sa benissimo che questo non è il
posto adatto
ad un bambino, per tanto la prego di...” ma ancora una volta
il vulcaniano viene
interrotto.
“Si, certo. Ci provi lei a dirgli che non può
stare qui, e
quando ci sarà riuscito mi faccia un fischio.”
Dice sprezzante, già sapendo che
Jj non si farà convincere tanto facilmente.
Il primo ufficiale rimane in silenzio, cercando di trovare
le parole giuste per convincere il capitano ad andare. Quando
è convinto di
averle trovate, parla.
“Capitano, mi ascolti” e aspetta che il piccolo si
giri
verso di lui.
Jim alza, per la prima volta quel giorno, gli occhi su di
lui e poi chiede “Pok?”
Il vulcaniano tenta di ricominciare a parlare, ma quando vede
quelle due pozze color dell’oro fissarsi su di lui, gli manca
il coraggio.
“No, niente” sospira, permettendo al piccolo di
tornare a
guardare le stelle.
McCoy guarda tutta la scena con un sorrisetto tra
l’intenerito e il beffardo.
“Va bene, può rimanere” dice Spock.
“Ma per quando inizieranno
le operazioni di sbarco, dottore lei dovrà essere
qui.”.
“Uh, si certo. Va bene. Ora, se permettete avrei dei
pazienti da controllare.” Fa per andarsene dalla plancia
quando,
improvvisamente, si ferma in mezzo alla stanza e dice.
“Ehi, statemi a sentire tutti. Ho avuto una stupenda idea.
Una volta tornati a casa, festeggeremo il compleanno di Jim. Una festa
in pieno
stile, con tanto di torta e regali. Chi ci sta?”.
Subito un chiacchiericcio febbrile si alza sulla sala. Sono
tutti entusiasti della cosa.
Passano svariati minuti a mettersi d’accordo su dove fare la
festa e quando, ma durante quel tempo Spock si tiene in disparte.
McCoy accorgendosi del comportamento dell’amico, chiude la
conversazione ricordando.
“E mi raccomando, nessuno dimentichi i regali. Nessuno
escluso, intesi?” tutta la plancia rimane in silenzio,
aspettando.
Ma quando nessuno parla, Leonard preferisce andare via, sa
che le sue parole sono arrivate a destinazione.
Uscito il dottore, Spock si ferma un momento a pensare.
Anche non considerando che i vulcaniani reputano illogico
ricevere e fare regali, cosa potrebbe mai regalare a Jim?
Si gira, un attimo, ad osservare il piccolo. Jj é intento ad
osservare le stelle, come sempre.
Eppure, é proprio lo sguardo di Jim catturato dalla bellezza
di ciò che vede, che gli da un’idea.
E, per una volta, non la trovava nemmeno tanto illogica.
Jj é davanti l’enorme schermo su cui sfrecciavano
le stelle.
In barba alle raccomandazioni di Leonard, che gli aveva ordinato di non
muoversi dalla sedia, lui é sceso da essa e, gattonando, si
é avvicinato allo
schermo.
Ma ha un buon motivo, le stelle hanno qualcosa che non va!
Jim aveva avuto tutte le intenzioni di obbedire a Len, poi
però gli uomini colorati avevano cominciato ad agitarsi, Pok
aveva detto qualcosa
che lui non aveva capito e le sue adorate stelle si erano trasformate
in delle
strisce blu che si alternavano al bianco e al nero fuori lo schermo.
Decise, quindi, di avvicinarsi e di controllare di persona.
Arrivato davanti allo schermo, si alza sulle ginocchia e
batte una mano paffuta sul vetro.
Spera che questo basti a far tornare tutto come prima, ma
non cambia niente.
Frustrato, riprova a picchiare un po’ più forte il
vetro, ma
ancora niente.
Scoraggiato, si lascia cadere seduto, borbottando un “Butte
elle. Cattive elle.” Per poi mettere il broncio.
Non gli piacciono le scie blu, nient’affatto. Preferisce di
gran lunga quei grumi multicolori o gialli, che punteggiano il nero
dell’universo.
Mentre é ancora lì che se la prende con le stelle
cattive,
si sente prendere da sotto le spalle e alzare verso l’alto.
Temendo che qualcuno lo possa allontanare da lì inizia a
scalciare e dimenarsi, urlando. “No, no, no, no!”
ma quando finalmente il
movimento finisce, lui va a scontrarsi contro una maglia azzurra molto
familiare.
“Pok?” chiede confuso. Perché
l’amico puffo lo ha fatto
spostare?
“Capitano, il dottore non le aveva detto di rimanere sulla
sedia?” chiede il primo ufficiale, con una leggera vena di
rimprovero nella
voce.
Il piccolo sorride innocentemente e poi girandosi verso lo
schermo e indicando col braccino le stelle dice.
“Elle cattibe.”
Spock guarda il bambino per poi dirgli. “Le stelle sono
sempre le stesse, siamo noi che stiamo andando a curvatura.”
Il vulcaniano vede lo sguardo del piccolo farsi confuso.
“Cu... cuba.... cubaura?” chiede stranito.
“Si, vede...” ma vuole veramente mettersi a
discutere con un
poppante di curvatura e accelerazione? Spock ci pensa per qualche
attimo, per
poi decidere che intraprendere quella discussione porterebbe solo ad
un’inutile
spreco di tempo.
“Comandante siamo arrivati, preparo nave a uscire di
curvatura?” comunica Chekov.
“Si tenente, proceda” ordina Spock con ancora il
bambino in
braccio.
Quello che Jj vede poco dopo, lo stupisce enormemente. Le
scie colorate rallentano progressivamente, fino a lasciare il posto ad
un’enorme sfera colorata d’azzurro e verde.
A Jim quella strana apparizione sembra un trucco di magia e
si ritrova ad applaudire tutto contento ed eccitato.
“Quella, capitano, è
“Cata? Cata Pok?” risponde Jim innocentemente.
“Si, è casa sua.” Conferma Spock, ma,
purtroppo non ha colto
il vero senso della domanda.
“Noo” pigola Jim, guardando il vulcaniano. Si gira
verso
Finalmente il primo ufficiale capisce cosa vuole chiedere il
piccolo e quindi risponde.
“No, quella non è casa mia. La mia casa
è su un altro
pianeta.”
Jj sente mancargli un battito a quella risposta e non può
fare a meno di accoccolarsi sul torace del primo ufficiale e chiudere
per un
breve momento gli occhi.
Non sa perché, ma ha una gran brutta sensazione. **
° °
°
L’atmosfera in casa McCoy è allegra.
Nyota e Janice sono arrivate un paio d’ore prima di quanto
pattuito con Leonard per aiutarlo a preparare il cibo. Un buffet
è la scelta
più indicata per sfamare una trentina di persone.
Pavel intrattiene Jj facendogli fare l’aeroplanino e tutti
gli altri chiacchierano tra di loro sorseggiando dai loro bicchieri.
Un pezzo jazz, diffuso dall’impianto stereo, fa da
sottofondo alle chiacchiere, mettendo tutti a proprio agio.
L’unico che non si sente del tutto a suo agio è
Spock. Il
vulcaniano non riesce, del tutto, a comprendere
cos’è che lo disturba.
E’ dalla mattina che si sente strano. Si era svegliato con
un vago senso in inquietudine a cui non aveva saputo dare una
spiegazione.
Era del tutto illogico, per lui, provare quello stato
d’animo, in quel momento. Le uniche volte in cui si era
sentito inquieto, prima
d’ora, erano state tutte sull’Enterprise, in
missione o su qualche pianeta
pericoloso.
Ora, però, era sulla Terra, un pianeta sul quale regnava la
pace ormai da secoli.
Non aveva proprio niente di cui preoccuparsi, eppure non
poteva fare a meno di sentire un leggero peso gravargli sul petto.
Aveva cercato di ignorare quel fastidio per tutto il giorno,
ma poi era arrivato alla festa e il “malessere” si
era accentuato.
Ancora una volta si era ritrovato ad analizzare quanto
accadeva intorno a lui. Non c’era nessun pericolo in vista,
stavano tutti bene
e sembravano anche divertirsi.
Spock si avvicina alla finestra, sorseggiando il suo
bicchiere di acqua. Alza lo sguardo verso il cielo e rivolge i suoi
pensieri
all’Enterprise.
Le modifiche che ha richiesto sono pronte, ha anche avuto il
tempo di testarle e tutto si è svolto al meglio.
Si volta a guardare i suoi compagni e li vede intenti in
chiacchiere che lui fatica a comprendere. Sembra che gli umani, durante
le
feste, si divertano a parlare di sport, tempo, vacanze e altre cose che
lui
stenta a trovare utili.
Guarda tutti con attenzione minuziosa e si sorprende nel
constatare che quasi nessuno si preoccupa di essere guardato.
Gli sembra di essere tornato ai tempi in cui studiava su
Vulcano e tutti i suoi simili, o almeno quelli che lui considerava
tali,
tendevano ad evitarlo.
Lo sconforta constatare che, scesi dall’Enterprise, lui
sembra ritornare ad essere invisibile, per loro.
Mentre sta ancora guardando gli altri che si divertono, il
primo ufficiale sente qualcosa tirargli una gamba del pantalone.
Abbassa lo sguardo e trova Jj che gli sorride.
Spock si abbassa verso il bimbo e lo prende in braccio.
“Pecché Pok tiiste?” chiede il piccolo
con fare disinteressato.
Il vulcaniano, sconcertato dall’arguzia di Jim, rimane in
silenzio. Non sa cosa dire per giustificarsi, o per spiegare come si
sente.
“Non... non sono triste” risponde titubante. Ma Jj
non crede
alla risposta dell’amico e sta per riprendere il discorso,
quando McCoy entra
nella sala annunciando a tutti.
“E’ l’ora della torta!”.
Il vulcaniano è lieto di poter troncare il discorso sul
nascere, accompagnando il piccolo dal dottore per poi lasciarlo a lui,
discostarsi e guardare il piccolo spegnere le candeline.
Mentre guarda Jim, seduto sulle ginocchia di Leonard,
mangiare una grossa fetta di torta al cioccolato, Spock ripensa a
ciò che il
piccolo gli ha appena detto.
Fra tutte le persone che si trovano nella stanza è stato
l’unico ad essersi accorto che lui non si sta divertendo.
In effetti, Jim è sempre stato l’unico a capirlo
fino in
fondo. Ad accorgersi quando qualcosa, in lui, non andava o quando aveva
qualche
problema.
L’unico a non farlo mai sentire trasparente.
Vorrebbe trovare un modo per dirgli “grazie”.
Grazie per non
trattarlo come tutti gli altri lo trattano, ma come un semplice essere
vivente,
degno di rispetto e amicizia.
Purtroppo, sa che non può.
Quando tutti hanno finito di mangiare la torta, Leonard,
dopo aver fatto sedere Jj sul tavolo, dice.
“E ora è il momento dei regali!” e
sorridendo va a prendere
un grosso pacco colorato.
Il dottore avvicina il regalo al piccolo e glielo lascia
aprire. Jj distrugge tutta la carta con poche mosse e si ritrova nelle
mani una
scatola contenente tanti modellini, in gomma, di navi spaziali.
Ora ha anche lui la sua flotta personale con cui giocare.
I regali delle tenenti e le attendenti donne si rivelano
essere dei vestiti: magliettine, pantaloni, tutine scarpette e altre
cose
simili.
Si può dire che gli abbiano regalato un guardaroba intero.
Gli uomini, invece, gli regalano un pallone perché, parole
loro “Ogni uomo deve saper giocare a pallone”.
Finito di aprire il regalo degli uomini, McCoy si rivolge al
primo ufficiale.
“E lei, Spock?” chiede con aspettativa.
Spock inarca un sopracciglio, mostrando così di non aver
capito la domanda.
“Il suo regalo?” riprova Leonard.
“I Vulcaniani, dottore, non usano fare regali. O festeggiare
ricorrenze quali il compleanno.” spiega pazientemente. McCoy
apre la bocca come
per parlare, ma poi ci ripensa.
Guarda il piccolo, ancora intento ad ammirare le sue nuove
navi.
“Ma, per una volta, non poteva fare un’eccezione?
E’ del
compleanno di Jim che spiamo parlando!” Leonard non riesce a
capire come possa,
il primo ufficiale, rimanere così impassibile.
E’ proprio un troll senza cuore!
“Lei non capirà mai!” sussurra stizzito,
per poi rivolgersi
a Janice e cambiare discorso. Non permetterà ad uno stupido
sangue verde di
rovinargli la festa.
Ore dopo, a festa finita, tutti sono andati via. Leonard è
in cucina a sistemare le ultime cose.
“Dottore, dovrei dirle una cosa” la voce di Spock
lo fa
sussultare, non si aspettava che fosse ancora in casa.
“Cosa ci fa ancora qui?” chiede con astio,
girandosi a
fulminare il vulcaniano con uno sguardo carico di rabbia.
“Pensavo di averglielo appena detto; devo dirle una
cosa.”
ripete.
“Allora parli e se ne vada subito!”.
Spock non bada al tono pieno d’ira del dottore, ma prende un
respiro e dice.
“Le volevo comunicare che ho intenzione di prendere con me
il capitano per qualche ora e portarlo sulla nave”. Parla con
voce atona il
primo ufficiale, ma ugualmente riesce ad incuriosire Leonard.
“E cosa deve farci lei, sull’Enterprise col
capitano?”
chiede curioso.
“Temo di non poterglielo dire” afferma il
vulcaniano, senza
sbottonarsi poi molto.
“Perché non può?”
“Perché è una cosa che non le
riguarda”.
McCoy vorrebbe dirgli che la cosa lo riguarda, visto che la
responsabilità di Jim è sua, poi però
un’idea gli balena nella mente e invece di
rispondere al vulcaniano per le rime, sorride.
Posa il piatto che aveva nelle mani e avvicinandosi
all’amico, gli da una pacca su un braccio e dice allegro.
“Brutto sentimentale di un vulcaniano, glielo ha fatto
allora il regalo!”
Spock sospira affranto, delle volte gli sembra inutile parlare
col dottore, dato che non comprende mai ciò che gli dice.
Eppure però, si
costringe sempre a farlo.
Probabilmente dovrà spendere qualche seduta di meditazione
per capire cos’è che lo spinge ad infliggersi la
straziante pena del dover
parlare con McCoy.
“No, dottore. Le ho già detto che i vulcaniani non
fanno
regali.” Rimarca, sperando che il concetto venga compreso.
“Sì, sì, dica ciò che vuole,
non mi importa. Ciò che conta è
che non faccia agitare troppo Jim o stasera non vorrà
dormire.”
E dopo aver ascoltato l’ultima raccomandazione, Spock esce
dalla stanza, lasciando Leonard ad interrogarsi su cosa mai il
vulcaniano si
sarà inventato.
° °
°
I corridoi dell’Enterprise sono deserti. Solo i passi del
primo ufficiale Spock si sentono risuonare nella generale apatia della
nave
stellare.
Il vulcaniano stringe a se Jj, potrebbe farlo camminare da
solo, ma preferisce averlo con se per controllarlo meglio.
Avere il piccolo a così stretto contatto gli permette di
notare
ogni più piccolo cambiamento nelle sue emozioni, ma per ora
sembra che Jim si
stia solo godendo la passeggiata.
Non ci mette molto, Spock, ad arrivare alla sua meta: la
cabina del capitano.
Digita il codice di apertura sul tesserino e la porta scorre
su se stessa. Entra nella cabina e si ferma al centro di essa.
Jj si guarda intorno confuso. E’ sicuro di non essere mai
stato in quel posto. Infondo, della nave, ha solo visto la plancia,
l’infermeria e la sua stanzetta. Oltre a tanti ponti e
corridoi.
Spock fa sedere Jim sul pavimento e poi si inginocchia per
poter essere alla sua altezza.
“Questa, capitano, è la sua cabina”
spiega con voce atona,
sebbene senta distintamente un leggero brivido attraversarlo.
“Bina?” chiede Jj confuso, guardandosi intorno con
curiosità.
“Si, vede....... ho pensato di fare qualche
modifica.”
Spiega il vulcaniano per poi alzarsi e allontanarsi verso una parete.
“Ora, la prego, non si muova e tutto andrà
bene.” Ed aziona
una piccola levetta.
Istantaneamente tutti i mobili della camera cominciano a
muoversi, per poi scomparire, nascosti nelle pareti.
Il bambino rimane a bocca aperta. I mobili si sono mossi!
Quando, ormai, la stanza non è altro che un vuoto quadrato
grigio, Spock preme un altro interruttore, spegnendo la luce.
“Pok?” urla Jj, impaurito.
Non gli piace il buio, è per questo che nella sua stanzetta
c’è una piccola lucina vicino il suo lettino.
Il buio lo fa sentire scoperto, bersaglio di mostri e
Klingon.
Sta quasi per mettersi a piangere quando sente un leggero tocco
su una manina e spaventato urla.
“Non si preoccupi, sono io.” Lo rassicura Spock,
con la sua
dolce voce.
Jim non riesce a contenere la paura e si lancia addosso al
vulcaniano, seduto accanto a lui,
nascondendo il faccino sulla sua maglia.
“Riproduttore, esegui cartella alpha, file primo.”
Ordina
Spock con serietà, per poi accarezzare la testa riccioluta,
cercando di calmare
il piccolo.
Alle parole del vulcaniano, uno fascio di luce si accende,
illuminando solamente i due occupanti della stanza.
Jim si costringe ad alzare il visino, ancora bagnato di
lacrime, dal petto dell’amico e inizia a guardarsi intorno.
Tutta la stanza ha cominciato a brillare leggermente di
verde.
Jj osserva tutto con attenzione e man mano che lo scenario
intorno a lui cambia, si ritrova ad aprire la boccuccia sempre
più stupito e
felice.
Non sa dire di preciso cosa sia successo, ma l’unica cosa
che riesce a capire è che al suo arrivo era dentro una
stanza, ed ora è........
Al centro dell’universo!
Tutt’intorno a lui è pieno di stelle colorate,
costellazioni, nebulose dalle forme più strane e tante altre
cose.
Cose che ancora non comprende, ma che già sa di adorare.
Jim si convince ad allontanarsi da Spock. Gattona verso un
grumo luminoso, è così bello che gli verrebbe
voglia di toccarlo.
Alza una manina grassoccia e quando le sue piccole dita
entrano in contatto con il grumo fluttuante, esso inizia a lampeggiare.
Dopo qualche secondo una voce robotica si spande per il
luogo spiegando che quella è la stella doppia Antares.
Eccitato per la scoperta, Jim torna verso Spock gattonando,
si ferma davanti l’amico e sorridendo dice.
“Pok, elle pallano!” e si guarda ancora una volta
intorno,
non riuscendo a credere di trovarsi veramente al centro
dell’universo.
Spock sorride intenerito, lieto che la sua idea sia piaciuta
al capitano ed inizia a spiegare.
“E’ un metodo d’insegnamento vulcaniano,
basato sull’ascolto
passivo. Si è osservato che attraverso il gioco simulato, i
bambini riescono ad
appendere meglio. Inoltre potrà esplorare
l’universo nella sua interezza; la
nostra galassia o le altre scoperte. Ho inserito nel database tutti i
pianeti,
le razze...” ma viene interrotto dal piccolo.
“Pok... Elle.... Pallano!” scandisce bene Jj,
cercando di
mettere in risalto quanto consideri straordinaria la cosa.
“Ma...” inizia il primo ufficiale, per poi
interrompersi. Di tutto quello che ha detto
gli interessa
solo quello? Si chiede stupito.
Poi ricorda che sta parlando con un lattante di due anni
che, oltretutto, è Jim e decide di non prendersela per la
disattenzione.
“Quindi, che cosa vogliamo esplorare?” chiede al
piccolo con
un piccolo sorriso a dipingergli il viso.
Sa che non può permettersi di mostrare le proprie emozioni,
ma per una ed un’unica sola volta preferisce dedicare tutte
le sue attenzioni a
Jj.
Jim si guarda intorno, cercando di decidere da cosa
iniziare. Lo colpisce una lunga scia di stelle, sembra quasi una
sciarpa o una
lunga coperta.
Gli ricorda la copertina del suo lettino, quella blu
puntellata di piccole stelline bianche.
“Quella!” dice, indicando la striscia.
Spock si gira verso il punto indicato e gattonando anche lui
si avvicina per toccarla.
La voce robotica che spiega, questa volta non spaventa Jim,
ma anzi lo incuriosisce e si ritrova ad ascoltare con
curiosità la spiegazione.
“Via Lattea: La Via Lattea è
la galassia alla quale
appartiene il sistema solare.
In
base agli
studi dei secoli scorsi pare che
“Beo,
beo...
ancoa! ancoa!” applaude Jj tutto contento.
“Vediamo...” sussurra il vulcaniano, guardandosi
intorno per
poi soffermarsi davanti una costellazione e toccare ancora una volta.
“Costellazione
del Cigno: il Cigno è
una costellazione settentrionale, una delle 48 elencate
da Tolomeo.
A
causa della
disposizione delle sue stelle principali, è
a volte chiamato la Croce
del Nord .
Quella del Cigno è una costellazione
brillante e di grandi dimensioni, disposta lungo la Via
Lattea in un suo tratto molto ricco e in cui
questa appare divisa
in due in senso longitudinale da una serie di nebulose
oscure nota come Fenditura
del Cigno.
La
forma della
costellazione, ricorda una grande croce, con l'asse maggiore formato
dalle stelle
Deneb e Albireo;
l'asse minore è
formato da Gienah e Rukh. Il punto di intersezione degli assi
è rappresentato dalla
stella Sadr.”
La
voce robotica
si spegne lasciando tutto nel silenzio totale.
“Sceggo io!
Sceggo io!” urla il bimbo, alzandosi in piedi e correndo per
l’universo, in
cerca della prossima stellina da esplorare.
“Costellazione
dell’Orsa Maggiore: L'Orsa Maggiore è
una costellazione dei cieli boreali; le sue sette
stelle più luminose, raggruppate
nel celebre asterismo del Grande
Carro, sono visibili per tutto
l'anno nell'emisfero
nord. Le stelle del Grande Carro sono chiamate, in ordine da ovest ad
est, Dubhe, Merak,
Phecda, Megrez, Alioth, Mizar
e Alkaid.
La Stella
Polare può essere trovata
disegnando una linea tra Dubhe e Merak,
all'estremo del Gran Carro, e prolungandola di cinque volte.”
Una nuova
spiegazione finita è un nuovo motivo di gioco, di
esplorazione e di
divertimento condiviso.
Spock è felice di
poter vedere il piccolo Jim così contento della sua idea.
Per la verità, è
felice di averlo reso tale lui stesso.
D’altro canto, Jj
si gode lo spettacolo. Ma anche la compagnia dell’amico
vulcaniano.
Per Jim non c’è
cosa più bella del poter esplorare, in tutta calma, le
stelle con Spock.
“Bene, credo che
ora tocchi ad Andromeda.” Dice Spock, e l’allegria
è ben udibile nella sua
voce.
Tocca la
costellazione ed ancora una volta la voce robotica inizia la sua
spiegazione.
°
° °
Ore dopo, quando è ormai ora di andare a dormire.
“Dottore, le comunico che il capitano ha fatto richiesta di
dormire qui sull’Enterprise, questa sera.” Spock si
è sentito in dovere di
avvisare McCoy.
“Chissà perché ma mi aspettavo una
comunicazione simile.”
Sorride Leonard, per poi chiedere.
“Dica la verità, lo ha fatto eccitare troppo e ora
non vuole
dormire. E’ così?”.
“Se così le piace credere, dottore” gli
risponde il primo
ufficiale per poi tentare di chiudere la conversazione.
“Aspetti Spock!” lo richiama il dottore. Spock
capta una
nota di curiosità nella voce dell’amico ma non
riesce ad immaginare a cosa essa
sia dovuta.
“Ora me lo dice? Cosa gli ha regalato?”.
Il vulcaniano lascia in sospeso l’amico per qualche attimo.
Guarda Jj ancora impegnato a gattonare fra le stelle e un piccolo
sorriso gli
sfugge.
“Le Stelle” dice criptico Spock, chiudendo la
conversazione
senza dare il tempo a Leonard di controbattere.
Si allontana dal comunicatore e ritorna a giocare col
capitano.
E per una volta non importa se non dormiranno, stanno
esplorando insieme le stelle e non c’è niente che
li possa convincere a
smettere.
* *
*
*Giusto per fugare definitivamente i possibili dubbi, Jj non
voleva insinuare che Spock fosse casa sua. Non credo che un bambino
così
piccolo possa concepire una cosa così.
Voleva solo sapere se
**Prendetela come una premonizione sul futuro anno di
separazione.
Note2:
NON POSSO CREDERE DI AVER FINITO
QUESTA SHOT!
Cominciava ad essere una piccola persecuzione, vi basti sapere
che mentre scrivevo il pezzo in cui Jim e Spock giocano fra le stelle,
è
saltata la luce e non sapevo se il pc aveva salvato quanto avevo
scritto. Sono
stati attimi di vera paura!
Non mi pronuncio in merito di OOC, perché è
talmente tanto
che mi viene quasi da cancellare tutto e non pubblicare un bel niente.
Ma adoro
troppo il prompt per cancellare tutto.
Se non si fosse capito, il prompt era proprio “Spock regala
le stelle al capitano”.
Tutti sappiamo che è una cosa impossibile, oltre che
illogica, quindi mi sono inventata questa specie di metodo
d’insegnamento che
prende vita un po’ dalle conche in cui i bambini vulcaniani
si esercitano, un
po’ da tutti quei giochi interattivi per bambini piccoli, le
cui pubblicità ti
tartassano sotto natale.
Ovviamente tutte le notizie sulle stelle sono state
gentilmente offerte da Wikipedia, io non me ne intendo per niente.
Sono “felice” di aver dovuto invertire le storie,
perché
così posso ricompensare Jj con questo piccolo regalino, dopo
averlo fatto stare
un anno intero senza nave.
Inoltre credo che, se prima ci fosse stata questa e poi
l’altra, sarei sembrata una grossa stro......
Troppa cattiveria per Jim tutta in una volta, non credete?
Bon, cosa posso dire d’altro? Che ho una paura matta che non
vi piaccia ma che devo correre il rischio e che spero vi sia piaciuta e
che
l’adoriate così come l’adoro io.
Ogni tipo di recensione, positiva o negativa, sarà
più che
ben’accetta.
Baci a tutti!!!
Naky.