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Autore: Deb    15/02/2014    9 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo II


Sono crollata. Vedere quelle rose - un chiaro messaggio di Snow - mi ha distrutta. Non posso fare nulla. Non sono capace di essere la ghiandaia imitatrice se Peeta non è con me. Perché io sarò pure il volto della rivoluzione, ma lui è la voce. È lui che sa parlare, non io.
Sono passate sei settimane da quando hanno catturato Peeta e salvato me.
Dopo la mia crisi mi hanno iniettato un sedativo, sono stata incosciente per almeno un giorno intero. Nel momento in cui sono abbastanza sveglia per riuscire a distinguere la stanza, vedo Haymitch seduto al mio fianco. Faccio per alzarmi almeno in posizione seduta, ma non riesco a trattenere i liquidi dello stomaco che rimetto sul pavimento. Haymitch mi scosta i capelli e mi tiene la fronte. Mi sento uno schifo.
Quando mi riprendo, più o meno, mi dice che hanno messo in atto un'azione di salvataggio, ma che io non posso andare perché sono già partiti. L'hanno fatto apposta, ma non riesco a trattenere un sorriso pensando che presto lo rivedrò. Vivo o morto. L'importante è che non possano più torturarlo. Il senso di benessere scompare nel momento in cui capisco che Gale si è offerto volontario. Sarò sempre in debito anche con lui. Rimetto altre tre volte, nel frattempo. Probabilmente è un effetto collaterale del sedativo che mi hanno dato.
Alla fine, l'unica cosa che posso fare per aiutarli - oltre a sperare che né Peeta, né Gale muoiano - è creare un diversivo che Beetee provvederà ad inviare alle televisioni di Capitol City.
Di tanto in tanto, la nausea continua a ripresentarsi. Forse ho preso un virus intestinale o qualcosa del genere. Finnick mi dice di andare a fare un controllo in infermeria, ma non posso spostarmi da lì, dalla stanza dei colibrì. Prima devo sapere che stanno tutti e due bene. Finnick smangiucchia qualcosa che mi fa rivoltare nuovamente lo stomaco. Io non riesco a portare niente alla bocca, quando ci ho provato ho rimesso tutto.
«Chiamo tua madre», afferma Finnick ad un certo punto, preoccupato.
Lo blocco per un polso, «no, non la chiamare. Va tutto bene».
«Non mi sembra! Stai male, Katniss». Dice.
«È soltanto lo stress. Sono in ansia, è normale. Tranquillo».
Sembra che le mie parole lo convincano e si siede nuovamente al mio fianco, continuando a fare nodi. La verità è che sento di avere qualcosa che non va, ma non è ora di pensarci. Alla fine questo malessere riesce a farmi distrarre dall'idea che Gale potrebbe morire per trarre in salvo Peeta, che potrei perderli entrambi, quindi tanto di guadagnato se il mio malessere non mi fa pensare al peggio.
Verso mezzanotte, finalmente, Haymitch apre la porta, annunciando che sono tornati.
Il mio primo pensiero guizza subito nei confronti di Peeta e non posso fare a meno di scattare in piedi e seguirlo all'ospedale. Finnick arranca, e non ne capisco il motivo, ed alla fine lo aiuto a camminare.
Una volta arrivati, Finnick incontra subito la sua Annie. Boggs, che sembra un po' stanco ma illeso, trova Haymitch e me. «Li abbiamo fatti uscire tutti. Salvo Enobaria. Ma dal momento che lei viene dal 2, non crediamo che la tratterranno ancora, in ogni caso. Peeta è in fondo al corridoio. Gli effetti del gas stanno svanendo. Dovreste essere lì quando si sveglia».
Peeta.
Vivo e vegeto… vegeto magari non tanto, ma è vivo ed è qui. Lontano da Snow. In salvo. Qui. Con me. Tra un minuto potrò toccarlo. Vedere il suo sorriso. Sentire la sua risata.

Sento nuovamente lo stomaco contorcersi, ma niente riuscirà a farmi desistere dal correre da lui. E poi credo che sia dovuto all'emozione. Insomma, sono sei settimane che sono in pena per lui. Che voglio rivederlo. È normale che sia così scombussolata.
Peeta è già sveglio e sta seduto sulla sponda del letto con aria sconcertata, mentre un terzetto di medici lo rassicura, gli fa lampeggiare delle luci negli occhi, controlla le sue pulsazioni. Sono delusa che il primo volto che ha visto quando si è svegliato non sia stato il mio, ma adesso lo vede. Sui suoi lineamenti passa incredulità, oltre a qualcosa di più violento che proprio non riesco a riconoscere.
Scosta i dottori e mi viene incontro, sento il cuore palpitare velocemente nel petto. Non penso a nulla se non al fatto che sono felice di poterlo vedere e non attraverso uno schermo televisivo. Ha perso sicuramente peso, ma non è così strano visto che ha subito torture. Tendo le braccia verso di lui, voglio abbracciarlo, voglio sentire il suo calore sulla mia pelle. È vivo e sta bene. Sono riuscita a salvarlo dalle grinfie di Capitol City. Lo vedo allungare le braccia, credo fermamente che voglia abbracciarmi, ma non lo fa.
Non capisco nulla e mi sembra che non riesca a respirare, ma capisco che Haymitch l'ha steso a terra e che sento ancora le sue mani sulla mia gola che stringevano con forza per cercare di farmi del male. Cado a terra pure io, insieme a Peeta. Le mie gambe non riescono a reggere il mio peso.
«Stai bene?» Chiede Haymitch avvicinandosi a me, tendendomi la mano per aiutarmi a rialzarmi. La predo tra le mie, annuendo, ma nel momento in cui sono in piedi, mi ributto a terra e questa volta non riesco ad ignorare la nausea. È colpa di ciò che è successo. Sono malata e vedere Peeta cercare di farmi del male non mi aiuta di certo.
Alla fine Haymitch mi accompagna di peso da mia madre e le ordina di visitarmi. Si assicura che la gola sia apposto, come il collo e la colonna vertebrale. Non ho nulla, ovviamente. Haymitch, fortunatamente, è stato tempestivo e ha messo Peeta fuori combattimento al momento giusto.
«Ha la nausea?» Sento mia madre parlare con Haymitch, ma non li ascolto veramente. L'unica cosa a cui penso è che hanno fatto qualcosa a Peeta, qualcosa che l'ha portato a volermi attaccare.
Non so quando sia tornata, ma sussulto sentendo il freddo dello stetoscopio sulla mia schiena.
«Da quando hai la nausea, Katniss?» Mi domanda, ma la ignoro. Così, ripete la stessa frase continuamente, fino a che la mia sopportazione arriva al limite. Non riesco a pensare se lei continua a parlarmi.
«Da un po'», sento la voce rauca e la gola mi brucia quando parlo. Forse Peeta ha stretto abbastanza per farmi un po' male. Me lo merito, però. L'ho lasciato da solo, non sono riuscita a proteggerlo, ho acconsentito a separarci, quindi va bene così.
«Cioè?»
Scrollo le spalle, che razza di domanda è? «Cioè... ogni tanto. Non sempre», rispondo infine, apatica.
«Quando ti viene?»
«Non lo so. Sarà un virus o lo stress. Passerà». Dico scendendo con un balzo dal lettino, riuscendo a procurarmi soltanto un giramento di testa. Sto per uscire da lì quando mia madre mi chiama.
«Che c'è?»
«Dovrei farti delle analisi del sangue, per vedere se è tutto nella norma. Siediti e aspetta che prenda il necessario».
Sbuffo, ma l'ascolto e l'attendo. Non appena rimango da sola riesco a tornare con la mente al momento in cui ho rivisto Peeta. Vorrei rivederlo, ma sicuramente non posso rischiare di farmi ammazzare da lui. Non acconsentiranno mai a farci stare nella stessa stanza, non prima di averlo studiato ben bene. Ed odio il pensiero che possano trattarlo come una cavia da laboratorio. Non sono bastate le torture che ha subito? Dovrei esserci io vicino a lui.
«Stringi il pugno», faccio come mi è stato ordinato, poi mi rilasso quando comincio osservare il sangue uscire dalla mia vena per colorare il tubicino di plastica e riempire la piccola fiala. In quell'istante entra Prim a perdifiato, i suoi occhi sono preoccupati e mi si avvicina.
«Sto bene, Prim», le dico prima che possa chiedermelo lei. Non fanno che preoccuparsi per me, quando io non riesco a non preoccuparmi per Peeta. Persino Gale è uscito dalla mia testa. Sta bene? Non mi hanno detto nulla sulle sue condizioni e non l'ho visto nell'ospedale. Sgrano gli occhi, irrigidendomi. Non ho pensato al mio migliore amico, troppo presa dalla voglia di riabbracciare Peeta. Cerco Haymitch, voltandomi da una parte all'altra, ma non lo vedo. È andato sicuramente al comando, ma devo sapere. Lo stomaco si contorce per la paura, e se fosse morto? Peeta vuole attaccarmi e forse ho perso Gale. Io... sento le lacrime rigarmi le guance. Con la mano libera le cancello subito e mi faccio forza per rimandarle indietro. Non devo pensare al peggio. Prim mi stringe la mano mentre mia madre estrae la farfallina dal mio braccio, premendo una palla di cotone. Prim prende il suo posto e preme sul piccolo foro cosicché il sangue non fuoriesca dalla vena incontrollato.
«Gale si è ferito, ma sta bene», osservo la mia sorellina che mi sorride ed io ritorno a respirare nell'udire quella notizia.
«Peeta ha cercato di strangolarmi, invece».
«Sarà stato un attimo, vedrai che si riprenderà». Lascia la presa dal mio braccio e mi stende un cerotto.
Ora, non solo vorrei correre a vedere se Peeta si è effettivamente ripreso, ma vorrei anche incontrare Gale. Merita il mio ringraziamento ed il mio perdono, ma anche un abbraccio. Voglio abbracciarlo.
«Posso andare ora?» Domando a mia madre che, dopo aver consegnato le fiale con il mio sangue, è tornata da noi.
La vedo sospirare, «Prim, cara, potresti andare a vedere come sta il signor Bent?»
Quando rimaniamo sole, mi stringe le mani e sospira nuovamente. Ha per caso qualcosa che non va? Forse è preoccupata per me. Alla fine è pur sempre mia madre e, anche se spesso non la vedo come tale, mi vuole bene.
«Quand'è stata l'ultima volta che hai avuto le mestruazioni?»
Arrossisco e mi scosto da lei. Non dovrebbe essere un problema parlare di queste cose, ma tra noi non è mai successo. Non abbiamo avuto una conversazione di questo genere se non quando mi sono preoccupata la prima volta e mi ha riferito che avrei perso sangue per qualche giorno al mese e che ero diventata fertile. Ricordo ancora che mi ha spiegato come funzionasse la cosa con paroloni difficili per una ragazza di tredici anni. Mi ha parlato da dottore e non da madre. Ed anche ora lo sta facendo, come se fosse un'estranea, non come se fosse la mia mamma.
«Hai avuto rapporti sessuali con Peeta o con... Gale?»
Queste parole mi feriscono. Rimango a guardarla un attimo e vorrei fuggire, ma l'unica cosa che riesco a fare è cominciare a singhiozzare per la rabbia. Alzo un braccio sopra la spalla e la mia mano trova la sua guancia. Ricomincio a piangere e capisco che il suo dubbio sia lecito. In fondo nemmeno io so chi voglio avere davvero vicino. Peeta o Gale? Il mio compagno o il mio migliore amico? Colui che ho salvato dall'arena o la persona che ha aiutato la mia famiglia quando io ero lontana? Ma non sopporto il fatto che mia madre mi veda come... come cosa?
«Non ti sto giudicando, Katniss. È normale non sapere chi volere, essere attratte da ragazzi differenti, ma è importante che tu sappia quando hai avuto le ultime mestruazioni», si massaggia la guancia e mi guarda con sguardo determinato. Non riuscirò ad andare via finché non le avrò risposto.
Ci penso un attimo, poi ricordo che poche settimane fa, non ricordo con precisione quando, ma ero già nel Distretto 13, le ho avute. Quando glielo dico, però, non si rallegra. Vorrei chiederle perché è tanto convinta che abbia fatto sesso, ma probabilmente è perché è un medico o almeno si avvicina ad esso, visto che ci ha visto giusto. Mi sono lasciata andare e Snow ne ha potuto approfittare. Se soltanto non fossi stata così stupida.
«Com'erano? Delle perdite di tanto in tanto o un flusso più abbondante?»
Quelle parole mi fanno pensare che, effettivamente, di solito perdo molto più sangue e mi sento più destabilizzata. Ma in fondo, dopo tutto quello che ho passato è normale che possano essere meno abbondanti, no?!
«Durante la terza settimana si possono avere delle perdite», la sento borbottare e sbarro gli occhi, comprendendo solo ora cosa vuole dire, il perché di tutte quelle domande e non è possibile. È assolutamente impossibile.
«Che vorresti dire? Non è possibile, mamma!» Esclamo, la voce mi tradisce con un lieve tremore, ma sono convinta di questo. Siamo stati attenti, anzi, Peeta è stato attento.
«Quando si fa l'amore, Katniss, ci sono... tante variabili da considerare. Siete giovani».
Deglutisco e cerco l'aria. «Non capisci, non è possibile. Peeta è stato attento», affermo senza pensarci, troppo scioccata per riuscire a pensare lucidamente.
«Avete utilizzato precauzioni di Capitol City?»
«No, ma...», mi fermo quando la vedo sospirare. È delusa di me? Arrossisco e volto il mio sguardo altrove, sento gli occhi pizzicare e non dico più nulla. Non riuscirò a farle cambiare idea su quanto sia in una situazione assolutamente imbarazzante. Come se non bastasse odio vederle sul volto quell'espressione rammaricata e delusa nei miei confronti, quando solo io e Prim abbiamo il diritto di essere deluse da lei. Ci ha abbandonato quando era il momento in cui avevamo più bisogno di una madre, anche se soffriva, anche se mio padre ci aveva lasciate, lei doveva farsi forza, per me e Prim. Invece è andata in catalessi e non ha mai avuto la forza, o la voglia, di parlarmi di come funzioni il mondo, delle relazioni, forse perché era convinta che non avrei mai trovato un uomo, in fondo non lo volevo, e sapeva che non avrei voluto figli, almeno credo. Credeva quindi che non fosse necessario preparare sua figlia al futuro.
Mi asciugo le lacrime e tiro su con il naso.
«Katniss», sussurra cingendomi le spalle, facendomi sedere su una sedia. «Mi spiace di non averti parlato del sesso, ma credevo che non fosse necessario ancora». Non è vero. Sicuramente non ci ha nemmeno pensato a parlarmene.
«Ma è stato attento...» Sussurro, lasciandomi andare tra le sue braccia.
«Siete giovani ed inesperti. L'astensione è la miglior forma per non fare bambini, gli uomini... beh, magari Peeta è stato attento, ma ci sono altre possibilità, ad esempio una piccola perdita prima di raggiungere l'orgasmo e... quindi... c'è la possibilità che tu sia incinta, Katniss».
Arrossisco sentendola parlare proprio di come funzioni il sesso. E sapere che, anche con tutta l'attenzione che ha utilizzato, io possa aspettare un bambino. Ora, durante la rivoluzione, con Peeta che vuole uccidermi. Ma soprattutto sarei incinta quando ho sempre giurato a me stessa di non voler mai bambini.
Il panico si impossessa di me e mi stringo ulteriormente in mia madre che mi culla dolcemente e per la prima volta ho la sensazione che si stia comportando come ho sempre voluto. Da madre.
«Le analisi ci diranno se è vero o meno». Dice, depositandomi un bacio sulla nuca senza mai smettere di cullarmi.

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Non ho molto da dire se non che questo capitolo si sarebbe potuto intitolare “Lezioni di sessuologia by mamma Everdeen” :') Anyway... Spero vi sia piaciuto. Personalmente non so più cosa pensare di questa fic xD Non mi convince più molto. È colpa della pavonessah, ormai non riesco più ad apprezzare niente di ciò che ho scritto se non è scritto con lei :')
Risponderò il prima possibile alle recensioni! Intanto vi ringrazio per le seguite/preferite/ricordate e ovviamente per le recensioni che mi lasciate ^^
Baci
Deb
   
 
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