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Autore: SweetJuls    22/02/2014    1 recensioni
Una notte a Milano. Una festa universitaria. Una compagnia piuttosto allegra. Uno splendore di ragazzo che non può mai mancare. E al mattino un blackout della sera precedente che condisce il tutto.
Emma, la protagonista, intenta a ultimare la sua tesi per l'imminente laurea, verrà totalmente distratta da un'amore da poco scoperto, ma nato da molto più tempo.
«Sì…insomma, non è successo niente tra noi quella sera…niente più di un bacio»
Stavo per chiedergli se avesse perso il cervello per strada ma mi trattenni, come al solito.
«Non so a che tipo di baci sei abituato, ma di certo non stiamo parlando solo di un bacio.»
Si morse il labbro inferiore, indeciso se tenere i suoi pensieri per sé o rendermene partecipe.
«Quindi, ti ricordi?»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Ringrazio fin da subito tutti coloro che hanno letto il prologo della mia storia ed ecco a voi il secondo capitolo!
Buona lettura! ;)






Arrivammo alla Viscontina – così si chiamava il complesso di ville - in perfetto orario sulla mia nuova Seat Ibiza. Arlene prima di uscire dalla macchina, frugò nella sua borsa e tirò fuori un paio di bustine in plastica, e guardandomi mi disse: «…se la fortuna sarà dalla nostra…» e mi fece l’occhiolino.
Le sorrisi un po’ titubante che potessi combinare qualcosa quella sera, non ero solita avere rapporti occasionali.
Entrammo nella villa, da cui esterno si potevano sentire i bassi delle casse, che diffondevano una canzone non ben riconoscibile.
«Hey Rossa!» un ragazzo bruno, che se non ricordavo male aveva avuto una storiella con Arlene, salutò quest’ultima con un caloroso bacio sulle labbra.
«Hey Moro!» ricambiò lei, mentre guardandomi poteva notare il mio viso molto confuso. «Ci vediamo dentro?» chiese al Moro, che le rispose con un cenno della testa.
«Arlene Maria Russo, mi deve una spiegazione.»
«Non c’è niente di serio questa volta, solo sesso, promesso!»
«Oh! Questo sì che mi rassicura!» la guardai contrariata del suo comportamento e ironica al contempo.
Entrammo in casa, e ci ritrovammo investiti da una folla di gente e dalla musica ora assordante. Mi guardai attorno vedendo facce conosciute e non.
«Emma!» sentii urlare il mio nome e stringere in un abbraccio.
«Vito!» ricambiai la stretta una volta identificato la persona. «Con chi sei venuto?» gli urlai nell’orecchio per sovrastare il chiasso della stanza.
«Con Vanessa e Roby.» Passò ad abbracciare anche Arlene. «Ciao Dolcezza!» le disse con quella sua vocina acuta. 
«Allora, adocchiato qualche belloccio, Vito?» gli chiese Arlene
«Ho visto Stefano prima, diventa sempre più muscoloso» si voltò verso il Moro che avevamo incontrato fuori dalla villa, e che ora si stava dirigendo verso di noi.
“Ah! Ecco come si chiama…”
«Hai fatto bene a mollarlo, tutto muscoli e niente cervello mia cara!» continuò poco prima che Stefano si chinò a baciare Arlene e a porgerle una bottiglia di birra.
Vito reagì come feci più o meno io poco prima, si volse subito verso di me con gli occhi che esprimevano una muta spiegazione.
Arlene e Stefano si allontanarono, accingendosi a portare la serata al livello successivo, o anche due, mentre io mi affrettai ad aggiornare Vito sui fatti sorseggiando birra e provando vari cocktail offerti da amici.
Dopo non so esattamente quanto tempo mi ritrovai seduta in giardino a raccontare aneddoti divertenti e alcuni inventati con Vito, un ragazzo di cui non ricordavo il nome, Angelina una ragazza della facoltà di Lettere e Filosofia, e un altro ragazzo di nome Eddie, se ricordavo bene, e insomma non so come ma ero riuscita ad adescarlo. Incredibile! Eppure era bello, molto bello, capelli biondo scuro lunghi fino alle spalle, occhi verdi quasi azzurri, aveva un po’ l’aria da Californiano.
Ed ora era il turno di Angelina, chissà perché, qualunque cosa dicesse in quel momento era esilarante. Probabile effetto dell’eccessivo alcool. Comunque, non era affatto male.
«Quindi, che facoltà hai detto di frequentare?» mi chiese Eddie, che era seduto alla mia sinistra.
Mi voltai a guardarlo negli occhi, e sebbene fossi un po’ stordita, riuscivo ugualmente a sentire la forte scarica elettrica che emanava. Il suo sguardo era ben fermo, non era ubriaco quanto me, anzi forse non lo era affatto.
«Ehm…Inglese.» risposi dopo un attimo di esitazione.
«Passione per la letteratura inglese?» mi parve di vedere nei suoi occhi un lampo divertito, ma forse fu solo una mia impressione.
Ci pensai un attimo, il suo sguardo mi turbava, rendendomi faticosa l’elaborazione di qualsiasi pensiero. «Passione…sì. Tanta passione.»
Le parole uscirono fuori spontanee, ormai ero in un mondo parallelo. I suoi occhi però divennero seri, e la sua mano mi sfiorò i capelli, e poi la guancia.
Forse era solo una mia impressione, ma il suo volto sembrava avvicinarsi di più al mio, e quando le sue labbra combaciarono perfettamente con le mie realizzai che non era solo un’impressione.
Sentii la sua lingua invadere la mia bocca, schiudendo le mie labbra senza alcuno sforzo, e baciandomi con impeto. Sapeva di tabacco…era un sapore che gli si addiceva molto. La mia confusione crebbe ancor di più, e mi sentii sempre più calda.
Smise di baciarmi, e aprii gli occhi per incontrare i suoi. Senza emettere una parola mi prese per mano e ci avviammo all’interno della casa. Il caos era ancora più fastidioso, ma in quel momento poco importava, seguii solo lui che mi guidava al piano di sopra. Aprì una porta e una volta chiusa alle nostre spalle, nel buio della camera intravidi un letto enorme, tutto ciò che occorreva.
In quel momento non c’era alcun freno inibitorio, non avevo più il controllo della situazione, e mi sentii un’altra persona. Completamente diversa dalla normalità.
Le sue mani sul mio corpo erano magnetiche, così come la sua bocca, dove andavano loro…andavo io.
Ci spogliammo a vicenda, e gli baciai il petto. La sua pelle emanava un profumo inebriante, e io mi ci perdevo. Nel letto, la sensazione di confusione si unì a quella di piacere. Il mio corpo rispondeva alle sue carezze, ai suoi baci caldi e ai suoi occhi pieni di desiderio. Gli afferrai i biondi lunghi capelli, che talvolta solleticavano il mio volto, lo costrinsi a ricambiare il mio sguardo, il mio cuore cominciò a battere prepotentemente, la testa mi pareva esplodere mentre la mia bocca si avvicinava alla sua…e all’improvviso non capii più niente, e come in un blackout, il mio sguardo si rabbuiò.
 
Quando mi svegliai ci misi un po’ a capire dov’ero, cos’era successo, e che cosa mi aveva destata dal mio sonno. Mi voltai verso il comodino alla mia sinistra - causandomi un capogiro post-sbornia - ma stranamente non vidi il mio telefono, mi sporsi dal letto e afferrai la mia borsa buttata malamente a terra, afferrai il cellulare dall’interno e risposi con voce assonnata «Pronto?»
«Emma, grazie a Dio sei viva!»
«Certo che son viva! Cos’è successo?» chiesi io, massaggiandomi le tempie, pensando che Arlene fosse in qualche modo impazzita.
«Ieri sera io e Stefano siamo venuti a casa, pensando che tu tornassi con Vito, ma…mi sono addormentata e risvegliata ora, non eri nel tuo letto…»
Anche la mia mente comincio a svegliarsi, mi alzai dal letto e guardandomi attorno mi resi conto di non essere a casa. Guardai a terra, e insieme alla mia borsa c’erano alcuni miei vestiti sparsi ovunque. Mi resi conto in quel momento che indossavo solo le mie mutandine e la maglia beige indossata la sera prima.
 «Ahm…» non capii se era successo, oppure no…che mi fossi rivestita subito dopo? Non ricordavo niente. «Arlene, tra mezzora sono a casa.» misi giù, e mi rivestii in fretta.
“Cos’è successo? Allora, Stefano e Arlene…Vito, la birra, i cocktail, la musica…possibile non ricordo altro?”
Mi guardai attorno nella speranza di portare alla memoria dei ricordi della scorsa notte, mentre un attacco di panico e vergogna partì dallo stomaco fino alla gola, dove uscì dalla bocca con un sospiro.
Chiusi gli occhi, e mi concentrai: mi vennero in mente i suoi capelli biondi...
Andai nel bagno adiacente, mi sciacquai la faccia e mi guardai nello specchio. Avevo un aspetto indecente, il mio trucco era un disastro e i miei capelli erano inguardabili.
«Alla faccia del non incontrerò nessuno di interessante, Emma!» dissi tra me e me.
Uscii dal bagno angosciata, e in camera trovai un ragazzo che frugava tra i cassetti e le lenzuola.
Si voltò verso di me, e qualcosa nel suo aspetto mi fece capire che era ancora fuori come un balcone, poi la sua voce mi confermò quell’impressione.
 «Ehi…ciao!» mi fissò per qualche secondo «Ehi…per caso hai visto la mia sciarpa grigia? Sai quella figa coi rombi!»
Lo guardai stranita, e nella mia testa il dubbio che avessi passato la notte con lui mi agitò ancora di più. Visualizzai di nuovo una chioma bionda. Non credevo proprio potesse essere lui.
«No, mi spiace.» gli sorrisi debolmente, presi poi la tracolla e mi avviai verso l’uscita, passando per la sala dove un paio di ragazzi stavano dormendo a terra, e l’enorme giardino che la sera prima non mi parve poi così grande. Volevo correre via e al contrario di chi avesse voluto scordare, io volevo ricordare.

Stavo salendo le scale di casa con passo pesante, così come ogni mio pensiero ad ogni scalino. Mi ero totalmente lasciata trasportare dagli eventi. Odiavo non aver le cose sotto controllo, mi rendeva impotente e incosciente delle conseguenze. Mi sentivo in colpa? Andava contro la mia morale? Ma ne avevo una? Stavo diventando paranoica…quel che davvero mi frustrava era non ricordare un accidente di quella notte. Arlene di certo non ne sapeva niente, altrimenti avrebbe saputo dov’ero stata durante la notte. “Forse, Vito?”
Infilai le chiavi nella toppa, e aprii casa. Sorpassato l’ingresso venni stritolata dall’abbraccio di Arlene.
«Emma! Ero così preoccupata, mi sento terribilmente in colpa! Ti ho lasciata lì e me ne sono andata, che razza di amica che sono…non avrei assolutamente dovuto! Ma pensavo che Vito ti fosse stato accanto…» la afferrai per le spalle «Arlene, calmati. E’ tutto apposto. Io sto bene, stiamo tutti bene. Non sono stata né rapita né uccisa.» la guardai negli occhi «Respira ora.» aggiunsi poi notando che stava trattenendo il respiro.
Dopo qualche secondo di silenzio, mentre mi dirigevo verso la mia stanza e cominciavo a svestirmi, Arlene cominciò a farmi domande che ovviamente mi aspettavo di ricevere.
«Cos’è successo stanotte?» si appoggiò allo stipite della porta a braccia conserte, osservandomi preoccupata.
Mi tolsi le decolleté e evitai volontariamente il suo sguardo, i capelli mi nascondevano il volto arrossato.
«E’…è una storia lunga.» dissi, non sapendo cosa raccontarle, e se raccontarle la verità…ma poi qual era la verità?
Mi alzai e mi diressi nel bagno in comune di entrambe le camere. Aprii la porta e dalla stanza fuoriuscì un vapore caldo, subito dopo venni sospinta di lato da Arlene, che si affrettò a chiudere la porta scorrevole.
«E’ rimasto a dormire?» bisbigliai alzando un sopracciglio con sorriso ammiccante «Solo sesso, eh?»
Mi guardò senza sapere bene cosa dire «Certo che è solo…sesso! Assolutamente solo sesso!» disse balbettando un po’.
«Mm-mm» la schernii io, cercando di spostare l’attenzione su di lei. Mi diressi verso la cucina in sala, seguita da Arlene, e prima che potesse riprendere a farmi l’interrogatorio la anticipai «Quindi? Sei ancora cotta…o lo siete entrambi?»
La sentii sedersi su uno dei sgabelli del tavolo, mentre mi osservava prendere una brioche dalla dispensa.
«Non saprei dirti. È successo spontaneamente. Ma non lo potrei mai perdonare per quello che mi ha fatto, perciò abbiamo pattuito che è solo sesso.»
Mi appoggiai con i gomiti al tavolo, cercando di farmi andare giù la brioche che sembrava volersi attaccare alla gola e non scollarsi. «Ha dormito qui, si sta facendo la doccia…qui» dissi, marcando bene l’ultima parola.
«Che c’è di male? Mi ha chiesto se poteva usare il bagno, mi sembrava scortese dirgli di no.»
Risi divertita. «Ok, mettiamola così: se si fermerà anche per la colazione, non sarà sesso, almeno non per lui.»
Il suo sguardo titubante sapeva che c’era la possibilità che lui lo facesse, ma non voleva darmela vinta. «Andata!»
«Buongiorno ragazze.» Stefano ci raggiunse in cucina, e baciò sulla bocca Arlene per poi rivolgersi a me «Scusami per prima, non pensavo fossi tornata.»
Quindi se n’era accorto. «Tranquillo.»
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, e osservando il volto di Arlene e Stefano capii che stavano pensando la stessa cosa.
«Allora Arlene era preoccupata. Com’è andata ieri sera?»
“Ed io che volevo evitare il discorso.”
«Ahm, in realtà non ricordo di preciso…» cominciai incerta, poi pensai che la scusa dell’alcool era senza dubbio ottima «…ricordo solo di aver parlato con Vito e altri ragazzi dell’università, poi il nulla. Avrò bevuto un po’ troppo.» accennai un sorriso, che si spense infilandomi nervosa un altro pezzo di brioche in bocca.
«Ma dove hai dormito?» richiese Arlene. Ed ero quasi certa volesse sapere se ero stata a letto con qualcuno.
«Alla Viscontina. Mi sono svegliata… a terra.» dalle loro facce mi parve fossi stata convincente. Ottimo!
Stefano rise «Caspita, eri proprio fuori eh?!»
Risi anch’io per mascherare l’ansia. «Già»
«Beh, la prossima volta ti terrò d’occhio!» aggiunse Arlene, ancora in colpa per avermi lasciata sola alla festa.
«Stai pur certa, che non ci sarà una prossima volta.» e mi riferivo sia alla sbronza colossale, sia alla nottata di fuoco di cui ricordavo solamente le mie mani mentre stringevano morbidi fili d’oro. La mia bocca sulla sua, carnosa, avida…
«Emma tutto bene?»
Mi ripresi dalle mie riflessioni per ritorna alla realtà «Sì, solo un po’ di mal di testa.» sorrido incerta dopo aver finito la brioche «Meglio che vada a farmi una doccia, magari mi riprendo.»
Nel frattempo vidi Stefano versarsi un bicchiere di latte, e lanciai uno sguardo eloquente ad Arlene “Te l’avevo detto!”
Poi sparii in bagno, dove non vedevo l’ora di rilassarmi sotto il getto d’acqua bollente. Chissà se il pensiero di lui si sarebbe attenuato.





Al prossimo capitolo!!!
   
 
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