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Autore: Alicecream    26/02/2014    0 recensioni
È una storia ambientata in un mondo tanto lontanto quanto vicino a noi. Un mondo di magie e realtà come le nostre. Una realtà in cui un ragazzo si trova solo, senza un nome e senza identità.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA:
Grazie a quelli che hanno letto i primi due capitoli :)
Spero che questo vi incuriosisca.
Lasciate qualche recensione, farebbe piacere.
Buona lettura.


Mia madre era morta. Ero solo ora.
I domestici, i Lord e i Signori se ne andarono da palazzo, credendo che fossi un essere crudele, tanto da uccidere mia madre, e che avessi un animo malvagio.
Volendo avrebbero potuto uccidermi, ma forse, per paura, non lo fecero. Una legge del regno imponeva che l'erede al trono dovesse rimanere in vita, poiché per destino doveva regnare.
Probabilmente fu per questo motivo che mi tennero in vita. Decisero di rinchiudermi nel palazzo.
Ero prigioniero nel mio stesso castello. Dicevano che così facendo il mio animo sarebbe tornato limpido e puro, e al momento giusto avrei potuto governare Caos; nel frattempo loro si occuparono del regno.
Due volte la settimana i Lord mi scrivevano una lettera per avere mie notizie, nessuno aveva contatti diretti con me.
Avevo 10 anni ormai. Non sapevo quasi nulla sul mondo, mia madre era morta, non ricordavo il mio nome, sembrava che nessuno lo rammentasse, ed ora ero solo. Nei miei giorni in solitudine, cominciai a studiare i libri antichi di Caos, per cercare risposte a ciò che mi era accaduto: la maledizione di mia sorella, la morte di mia madre, la mia prigionia...
Non so perché, ma venni ispirato dai libri e dai tomi che trattavano la magia.
Sapevo che ognuno di noi ha un potere dentro di sé, che poteva essere controllato; almeno, così mi era stato detto. Sapevo che era tutto vero, e ne ebbi la conferma quando scoprii che ogni uomo a Caos aveva un potere più o meno grande.
Intanto Edor aveva costruito un suo maniero, vicino alla foresta buia. Il suo castello era fatto di fuoco. Risplendeva giorno e notte, come una torcia gigantesca, fatta di pietre d'ambra affusolate e intrecciate, e lingue di fuoco, un fuoco che non si spegneva mai.
Quel fuoco era dominato da Edor.
Quel fuoco era il suo odio.
Edor non usciva mai dal suo palazzo, si pensava che stesse architettando qualcosa, e stando a ciò che aveva predetto, non mi avrebbe fatto nulla fino ai miei 16 anni, anche se questo non mi rassicurava.
Ogni giorno mi esercitavo, per trovare dentro di me il mio potere. Ma non ci riuscivo mai...
Un dì, quando avevo 11 anni, vidi dal balcone della stanza più grande del palazzo, che si affacciava sulla città, una bambina che sembrava avere la mia età, correre per la strada inseguita da un uomo. Correva più forte che poteva, ma presto l'uomo l'avrebbe raggiunta.
Era alla fine della strada e arrivò al castello, non aveva ormai via di fuga.
L'uomo sorrise, era in trappola, ma lei non si diede per vinta, attraversò gli spuntoni di roccia che circondavano il maniero che si ergevano attorno alle mura de palazzo e si arrampicò con l'agilità di un gatto sulle le mura, poi per un attimo non la vidi più.
Riapparve, correndo per il cortile, si arrampicò ancora è giunse alla finestra del primo piano.
Era straordinario come un essere così piccolo potesse avere tanta energia e agilità. Corsi al primo piano.
Era seduta su un divanetto. Mi fermai vicino alla porta, avevo paura. Era la prima persona che vedevo dopo tanto tempo di solitudine. Mi seccava la gola e tremavo, ma poi mi convinsi che era ridicolo che facessi il timido in casa mia.
Mi feci coraggio e mi diressi verso di lei.
Mi guardò, sembrava che mi stesse studiando, poi sorrise."Ciao, io sono Jaz !"
Mi sembrava strano come potesse parlare con così disinvoltura a un estraneo.
"Perché mi parli ? Non mi conosci neppure" dissi io. Lei sembrò confusa.
"Tu non sai chi sono vero ?" Continuai.
"Sei un amico che ancora non conoscevo", quelle parole uscirono dalla sua bocca in maniera così sincera e vera, che mi colpirono e mi persi per un attimo, per cercare di capirle.
"Tu non hai paura di me ?" le chiesi,"Perché dovrei ?" fu la sua risposta.
Avevo passato tutto quel tempo a nascondermi da persone che mi temevano o mi odiavano, e anche io mi ero convinto di essere un mostro.
Ma in quel momento tutto crollò."Non lo so" esitai un momento. "Io ... Non ho un nome" dissi allora con un filo di voce, "Non ha importanza, ne troveremo uno" disse sorridendo.
Le chiesi perché stava scappando, e lei mi confessò di essere una ladra.
Una parte di me voleva rimproverarla, ma poi mi convinsi che in fondo non sapevo sulla sul mondo fuori dalle mura e perciò zittii i miei pensieri.
Mi disse di essere orfana e di non avere scelta.
Quel giorno aveva rubato un ciondolo al mercato, ed era stata scoperta. Eravamo simili.
Diventammo subito amici, e mi regalò quel ciondolo. C'era un incisione, ma lei non sapeva leggere, mentre io, avendo ricevuto la migliore istruzione da illustri precettori fino a qualche anno prima, sapevo leggere e scrivere molto bene.
Era scritto nella nostra lingua, "Fumanta" lessi."Amati" ripeté lei.
"È un bel messaggio, ricordalo sempre".
Era incredibile, in poco tempo mi aveva insegnato più lei che ogni libro che avevo letto fino ad allora.
Alla fine mi disse: "Ti chiamerò 'Goes', 'nuovo amico' ".
E quel suo sorriso mi contagiò, per la prima volta dopo tanto, sorrisi.
Non ero solo.

 

  
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