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Autore: Valvonauta_    04/03/2014    1 recensioni
Il Dottor John Watson è a pochi giorni dal suo matrimonio che lo legherà per sempre a Mary Morstan ma Sherlock, con la sua presenza, inconsapevolmente, insinuerà dei dubbi nella mente dell'amico, che, dopo due anni di assenza, inizierà a vederlo in un modo diverso e del tutto inaspettato...
Dal 1° capitolo:
«Watson osservò la figura slanciata e longilinea del suo compagno di avventura. Ancora non riusciva a credere che fosse vivo. A volte osservandolo accanto a sé, mentre lui era distratto e neanche lo considerava, gli pizzicavano stranamente gli occhi, in una maniera del tutto inedita, quasi si commuovesse della sua vicinanza.
Rivederlo di nuovo li, aveva dovuto ammettere, su quella poltroncina consumata dell’appartamento, certe volte gli dava euforia, gli veniva voglia di mettersi ad urlare dalla gioia ed abbracciarlo.
Focalizzò la sua attenzione al viso dell’uomo e notò quanto fosse… bello. Si, era bello.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Una scelta difficile
Capitolo 5 - Degenerazione




©believe-in--yesterday.tumblr.com  
 
 
10 giorni prima del matrimonio…
Sherlock, appena furono rientrati a casa, sparì nella propria camera da letto con il broncio stampato a fuoco sul volto.
Ce l’aveva con lui per la storia del cadavere.
Il buonumore del suo amico, con il passare del tempo e il mancato ritrovamento della carcassa, si era fatto sempre più sottile fino a scomparire, per lasciare il posto alla modalità “incazzatura nera”.
“Sherlock, è inutile che ce l’hai con me” gli rammentò John, urlando in modo che lo sentisse anche al di là del muro.
In cambio ebbe un ritorno di strani ed assurdi rumori sordi.
L’High-Functioning Sociopath uscì dopo poco dalla stanza, camminando spedito, a grandi falcate, con indosso la sua immancabile vestaglia blu satin, che sventolava nell’aria immota dell’appartamento.
Lo vide acchiappare delle scartoffie a caso dalla grande scrivania, nell’inedito tentativo di mettere a posto quel luogo di confusione.
“Sherl…” e fece per prenderlo per la manica e l’amico, per tutta risposta, si immobilizzò all’istante neanche gli avesse sparato.
L’infantilità racchiusa in una sola persona, senza scampo, pensò John.
Però quei pensieri vennero per un istante spazzati via, quando sentì l’odore leggero dell’Eau de Cologne N°4711, il suo preferito, invadergli le narici. Era così delicato e delizioso quel profumo… bergamotto, limone, arancio, lavanda…
Dopo quel brevissimo attimo di defiance, si riprese.
“Sai che a volte sai essere davvero un bambino?” lo rimboccò, cercando di nascondere quel momento di debolezza.
Il detective non rispose alla provocazione, continuando a guardarlo immobile come la più brava delle statue viventi. Vide ad un certo punto una strana luce negli occhi di lui, un bagliore anomalo, che sparì così come era arrivato. Che anche questa volta…? No.
Sbuffò ed esclamò esasperato: “Non è colpa mia se nascondi chiavette usb dentro le braccia ammuffite di un cadavere!”
L’uomo continuava a sembrare pietrificato, non dando alcun cenno di vita che non fosse lo sbattere delle palpebre.
Avevano cercato per ore ed ore quel cadavere, in tutte le discariche intorno a Londra, ma era stato ovvio, fin dal principio, che quella ricerca doveva avere esito negativo. Ma non per Sherlock e sapeva, suo malgrado, come era fatto: quando si intestardiva come un mulo era meglio non contraddirlo e lasciare che si schiantasse.
 “No, no, ti prego, Sherlock, dimmi quante persone al mondo farebbero una idiozia del genere!”
Lo sentì brontolare qualcosa a denti stretti ma niente di più.
“Hai da dire qualcosa?” lo pungolò.
Sherlock si divincolò finalmente dalla presa e, veloce, si sdraiò sul divano, sul fianco sinistro, dandogli le spalle.
“No” borbottò e, anche se non lo poteva vedere in faccia, notò l’irritazione all’ennesima potenza scaturire dal suo tono. Ma ancora non era riuscito completamente a smuoverlo. Strano perché solitamente ci voleva così poco per farlo scattare…
“Dovrei essere io quello arrabbiato, sappilo” lo informò.
Volutamente, si buttò a peso morto sulla poltrona preferita di Sherlock ed era sicuro che anche lui, con il suo udito sviluppato, non c’avesse messo molto a capirlo.
Lo vide scattare sul divano in posizione seduta per poi restare di nuovo praticamente di gesso, guardando le pantofole che gli ricoprivano i piedi.
John più guardava quei capelli ricci, più…
Poi, quella statua psicopatica riprese vita ed, alzando lo sguardo iracondo su di lui, esclamò: “Oh God! Fuori dalla mia poltrona!”
“Cosa prego?” fece John, mettendo su una faccia da angioletto.
“Sarà meglio che ti alzi entro dieci secondi” lo minacciò, scuro in volto.
“O se no…”
Il detective rimase interdetto, gli occhi sbarrati. E balbettò qualcosa per poi fermarsi e rimanere assolutamente zitto. L’aveva spiazzato.
Solitamente John assecondava quei suoi momenti d’ira/sclero e Sherlock, dal canto suo, era abituato a poter dir qualunque cosa che John obbediva, ma doveva capire che non era più così.
Perché lo sto facendo?, si chiese John. E non seppe trovarsi risposta.
Vide il trentenne davanti a lui rinunciare al tentativo di replicare, alzandosi con un colpo di reni esagerato dalla poltrona ed andando verso il cassetto della scrivania dove teneva nascosti i cerotti alla nicotina.
Ne prese uno, se lo infilò tra i denti strappando l’involucro e, con una mossa veloce, se lo appicciò all’avambraccio con uno schiocco sonoro.
“Credi di impressionarmi, Sherlock?” e alzò un sopracciglio per rimarcare il concetto.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere. Alzati da quella dannata poltrona!” replicò quasi urlando sul finale.
“No” rispose ancora più sicuro John, irremovibile.
“Cosa significa no?!”
“Sei in grado di risolvere ventisette equazioni differenziali al minuto e poi non sei in grado di capire il significato di una banale affermazione come questa?” lo canzonò volutamente.
Lo osservò mentre rimaneva di stucco, per l’ennesima volta e, dopo alcuni secondi, sospirare rumorosamente.
“Che ho fatto?” chiese, puntandolo alla poltrona con quel suo sguardo enigmatico ed indagatore.
Fu la volta di John di distogliere lo sguardo.
“Sei scomparso” disse con voce improvvisamente flebile.
“Non è la prima volta” gli fece notare l’altro.
L’aria si caricò di tensione e paura, paura di dire qualcosa di sbagliato, di rovinare tutto con una sola sillaba… o tre.
“Si, lo so…” balbettò John. “E’ solo che non capisco perché lo hai fatto…”
Perché era così difficile parlare di quelle cose con lui? Beh, la risposta ce l’aveva davanti al naso ed era talmente palese da far sorridere. Entrambi odiavano esporsi, mostrare i propri sentimenti, soprattutto all’altro. Inoltre non c’era mai stato nulla da giustificare nel loro rapporto. Era per quello che era stato così facile e naturale stare insieme. 
“Perché?” chiese stupito l’altro. Dal tono della voce doveva proprio non aspettarsi una domanda del genere.
Alzò lo sguardo e trovò gli occhi di Sherlock trasudare domande inespresse... e ansia.
Però la sua voce, quando prese a parlare risultò sicura e fredda: “John, siamo amici 
 e neanche più coinquilini oramai... e tu sarai sposato tra poco. E di certo non voglio ritrovarmi a dovermi giustificare con te per quello che faccio.”
Detto ciò, lo vide andare verso la camera e, dopo pochi minuti, uscirne vestito di tutto punto: “Salutami Mary.”
Lo osservò sbalordito, mentre si avviava alla porta dell'appartamento.
Stava per chiudersela alle spalle quando lo vide girarsi lievemente e guardarlo freddo: “Al mio ritorno non voglio più ritrovarti qui.”
Detto così, chinò lievemente la testa in segno di saluto e si sbatté definitivamente la porta alle spalle.
Il silenzio che ne seguì fu assordante.



Scusate tantissimo per l'attesa!
Sono imperdonabile, lo so.
E' solo che ho avuto sia creato che partecipato a dei concorsi e non ho trovato tempo di continuare questa bella long.
Spero il capitolo sia di vostro gradimento, anche se un po' cortino. Volevo continuarlo solo che mi sembrava bello farlo finire così.
Si, sono una infame. Non c'è bisogno che me lo urliate contro perché lo sappia.
Ringrazio chi ha messo/metterà questa storia tra le preferite/seguite/ricordate! Baci,
FranciscaMalfoy
   
 
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