5.
Tutti i klingon avevano abbandonato il ponte di comando. I
suoni che uscivano dall'impianto di comunicazione, solo
parzialmente sotto il controllo di Data, erano più di
quanto avrebbero potuto sopportare. Data e LaForge, rimasti
soli, dovevano stare vicini per potersi sentire l'un
l'altro.
- Data, sei sicuro che questa intelligenza aliena stia
facendo proprio questo? Che questa sia una
canzone?
- Ovviamente no – rispose Data sorridendo. Geordi capiva
che quei suoni stavano influenzando l'androide, ma non
sapeva in che misura. Gli sembrava che si stesse comportando
come se avesse installato per la prima volta il chip
emozionale. Del resto quei suoni stavano influenzando anche
lui. Qualche minuto prima aveva dovuto trattenersi dallo
scoppiare a piangere: dall'impianto di diffusione era uscita
sequenza di note struggenti. Per fortuna era durata poco:
ora la musica o canzone che fosse era ridiventata una
fastidiosa cacofonia di suoni morbidi e
vellutati.
- No? - disse fingendo sorpresa. L'androide continuava a
muovere freneticamente le dita sulla console scientifica. Era
quasi da un'ora che non smetteva. Geordi era abituato a
vederlo muoversi a quella velocità, ma in quel momento saperlo
un androide gli faceva sentire Data freddo e lontano più
che mai. Come se fosse uno sconosciuto.
- Difficile spiegare come sono arrivato a formulare
l'ipotesi. Stavo esaminando la struttura dei dati presenti
nella memoria del cargo alieno quando, sovrapponendo degli
schemi frattali complessi mi sono reso conto che la
matrice...
- Non fa niente, Data. Mi basta che fai smettere questi
suoni.
- Smettere? Al contrario... ne sto cercando di nuovi!
- Per quale motivo? - questa volta lo stupore di LaForge era
sincero. Data aveva accompagnato l'ultima frase con una
risatina fuori luogo. Si chiese se non era il caso di farlo
teletrasportare sull'Enterprise, ora che lo sparviero non
era occultato.
- Stiamo facendo conoscenza: manca poco e... - Data non
concluse la frase.
- Manca poco a cosa? - ora LaForge era preoccupato.
I suoni si interruppero di colpo e una voce insolita e
incorporea si espresse duramente in klingon.
Sul viso di Data si allargò un sorriso inquietante. Poi
l'androide rispose a tono, in klingon.
- Che diavolo sta succedendo, Data? - volle sapere
LaForge.
- Primo contatto – gongolò l'androide.
- Con un klingon? Stai bene?
- Sto benissimo... - rispose Data. Poi si espresse ancora
in klingon, ma non ci fu risposta.
- Ma a chi stai parlando?
Data si voltò verso Geordi: i suoi occhi erano brillanti
e il sorriso sembrava volergli dividere in due la
faccia.
- Con l'intelligenza artificiale aliena... è meravigliosa:
ha combinato la capacità di calcolo del cargo con quella
dello sparviero e ha imparato un po' di klingon... in
trentotto minuti, dodici second...
Data si arrestò di colpo. Ancora poche parole klingon
echeggiarono sul ponte di comando, ma l'androide non
rispose. Irrigidito in una posizione innaturale, le
dita si erano fermate mentre sfioravano i comandi della
console scientifica.
- Oh, no... - bisbigliò sottovoce Geordi avvicinandosi
all'amico androide.
Non appena si era accorta che dal ponte di comando non
giungevano più quegli orrendi, insopportabili suoni, Brell
era tornata con i suoi ufficiali intenzionata a porre fine
a quella ridicola situazione. Ma nonostante gli sforzi di
Mog'var e LaForge, i progressi erano stati minimi. L'androide
si era bloccato di nuovo e aveva dato ordine che l'Enterprise
lo riprendesse a bordo per riattivarlo.
Detestava profondamente quello che stava per fare. Dette una
pacca sulla spalla a Riker e gli fece cenno di seguirla. Brell
abbandonò il ponte di comando e si rintanò nel proprio
alloggio. Non le piaceva che l'umano fosse lì solo con lei,
ma non aveva scelta.
- Comandante – gli disse senza preamboli – cosa farebbe al
mio posto?
- La situazione è piuttosto difficile – cominciò quello
inarcando le sopracciglia – bisogna sbarazzarsi di questa
entità artificiale aliena.
- Ma come? - disse Brell intendendo sottolineare l'inutilità
della risposta data dall'umano.
- L'idea di Data di usare un satellite relais per comunicare
con noi stessi e quindi con l'intelligenza artificiale è stata
notevole. Potremmo cercare di utilizzare questa...
- In concreto, comandante! - lo esortò Brell, già
spazientita.
- Non lo so. Probabilmente se chiedessimo aiuto ai Binari
loro saprebbero come...
- No! - sbottò Brell – Ancora richieste di aiuto! Ho chiesto
aiuto all'Enterprise. Quanti altri dovranno sapere?
- Capitano, capisco come si sente, ma...
- Capire! Presuntuosi umani, volete capire! Capire la via
di klingon! - Brell mostrava i denti limati e per un
istante Riker sembrò temere per la propria incolumità:
sebbene non fosse massiccia come lui, Brell era forte e
l'essere una klingon la rendeva per definizione una minaccia
nel corpo a corpo.
- Non tutti i problemi si risolvono con un colpo di
disgregatore – disse Riker cercando di mantenere la calma. Aveva
a che fare con un klingon tutti i giorni e si era quasi abituato,
ma due erano troppi.
Brell, che camminava nella stanza come una tigre in gabbia, si voltò
di scatto verso di lui. In quel momento la porta dell'alloggio si
aprì.
- Capitano! - era Rasa'k. Guardò prima Brell e poi Riker, con sguardo
duro di sfida.
- Parla! - le disse Brell che aveva compreso la riluttanza del
suo timoniere dovuta alla presenza del terrestre.
- L'intelligenza artificiale aliena ha cominciato a parlare...
in klingon!
Si precipitarono sul ponte di comando. Brell pretese immediatamente
un rapporto, ma Mog'var non seppe dare una giustificazione per
l'accaduto. L'intelligenza artificiale aliena si esprimeva in
klingon corrente, era tutto quello che lo scienziato klingon
seppe dire. Proprio dopo che questi ebbe parlato, l'intelligenza
aliena fece sentire la sua voce sintetica, femminile, prodotta
dal computer di bordo della Jaj'lw.
- I creatori!
Tutti si guardavano perplessi e quando anche Brell e Riker
ebbero udito, gli sguardi si appuntarono su di loro come se
sapessero cosa stava accadendo.
- BaQa'! - esclamò Brell – Cosa vuole?
- Continua a ripetere “i creatori”, “dove sono i creatori” e
basta – disse Mog'var.
- Può sentirci? - chiese Riker.
- No, tutti i microfoni del ponte di comando sono spenti
ora – rispose lo scienziato dalla pelle scura.
- I creatori! - disse ancora la voce incorporea.
- Direi che l'unico modo di sapere cosa vuole sia chiederglielo – azzardò
Riker rivolgendosi a Brell. Questa lo degnò solo di uno sguardo di sbieco
e dopo essersi morsa per un poco il labbro inferiore, ordinò al suo
ufficiale scientifico di riattivare tutti i microfoni.
- Cosa vuoi? - chiese quindi all'intelligenza artificiale aliena,
secondo la più classica, semplice e rude etichetta
klingon.
- Incontrare i creatori – fu l'altrettanto semplice
risposta.
- I creatori di cosa? - la incalzò subito Brell.
- I creatori della mente.
- Quale mente? A che scopo li vuoi incontrare?
- La mente in contatto con me. Essi possono creare.
- Fa certamente riferimento al comandante Data, capitano – intervenne
Riker a bassa voce. Mog'var traduceva a bassa voce dal klingon
per il Numero Uno dell'Enterprise che non capiva che poche parole
di quella lingua.
- Essi possono creare! - esclamò l'entità aliena.
- Esci dalla mia nave! - sbottò Brell che aveva ormai perduto la
pazienza.
- Io devo creare – fu la risposta.