Paura
Mion tentò di
ricambiarla, ma temette di essere riuscita solamente in una smorfia, poco
somigliante ad un sorriso.
«Mi-chan, le tue innate grazie e perfezione dove sono? È tutto il pomeriggio che scatti, e questa tua ultima faccia, poi…così poco elegante!», scoppiò in una risatina che doveva essere divertita, ma che, come al telefono, risultò unicamente fredda e accusatrice, assieme al resto della frase.
Dannazione,
l’ho aggredita, ancora. Dannata frase! Kuso, kuso!
Fecero tutti
finta di non averci fatto caso, ridacchiando, o forse fu davvero così. Shion,
però, ebbe la certezza che almeno a Mion fosse arrivato quel disgustoso
retrosenso di disprezzo, dall’espressione che le sbiancò il viso.
No, non voleva
che Mion la temesse.
Solo qualche
passo dopo, Mion annunciò di avere mal di testa e di voler tornare a casa, e
che, sì, forse era stata Rena a passarglielo, eggià, probabilmente colpa di
qualche virus di stagione. Shion insistette terribilmente per fare la strada
insieme. «Cose di sorelle...», disse agli altri strizzando l’occhio e
sorridendo. Aveva ancora un gomen nasai bloccato in gola.
Inazuma. Lampi.
Il tempo era
peggiorato, di lì a poco il temporale, probabilmente. «Dai, Mion, se non ti
senti bene, sarà meglio affrettarsi!». Ma i piedi di Mion erano diventati più
pesanti di un corpo inerme e portarseli dietro difficile. Tanto.
Shion le prese
la mano e iniziò a camminare più velocemente. Lei la ritrasse, rapida, con la
scusa di uno starnuto. Si fece forza e mosse quei passi pesanti. Nel frattempo
aveva preso a piovere. Infiniti lampi squarciavano il cielo, seguiti da tuoni.
E poi ancora lampi. In un susseguirsi di alternanze che sovrapponendosi tra
loro davano l’impressione che il cielo fosse nel bel mezzo di una feroce danza.
Finalmente giunsero davanti a casa di Mion.
«Sorellina, potrei entrare? Finchè non si calma questo temporale. Per favore…». Mion non poté fare altro che acconsentire, con un tono di voce insolitamente acuto.
Si impose di
essere razionale. Shion non le avrebbe mai fatto del male, se lo erano dette
tante volte. Non era colpa di Mion se ad essere scelta come capo del casato era
toccato a lei. Shion non ce l’aveva con lei. Riuscì a tranquillizzarsi, quasi
sorridendo della sua stupidità e dei suoi dubbi. Come diavolo aveva potuto
avere paura della gemella?
«Ascolta,
Mi-chan, non volevo trattarti così… Sono stata veramente un’idiota. Spero tu
possa perdonarmi. Gomen nasai…», terminando l’affermazione con un profondo
inchino. Mion l’ascoltò e infine si alzò dal tatami su cui si era poco prima
inginocchiata.
Si mise carponi
di fronte a Shion, la strinse all’altezza delle cosce ed entrambe scoppiarono
in un pianto liberatorio.
Dopo essersi
ricomposte Mion invitò la sorella a fermarsi per cena. Lei acconsentì a patto
che, ai fornelli, ci fossero state loro due. Mii sorrise e la raggiunse accanto
alla dispensa e al tavolo da cucina. Shion aprì il cassetto, quello in basso,
che conteneva il pentolame e nel prendere una padella sfiorò un coltello, che
gli si trovava affianco. Dopo aver fatto scivolare il medio sul filo della lama
con fare pensieroso, lo prese, e con un sorriso affermò candidamente: «Questo
ci può servire, vero, Mi-chan?».
Mion aveva indietreggiato di un paio di passi, tremante e con gli occhi sbarrati e le pupille dilatate. A quell’affermazione della sorella lanciò un grido di terrore e le si gettò addosso. Le afferrò il braccio destro con entrambe le mani. Le sue unghie premevano contro la pelle di Shion. Presa alla sprovvista iniziò a piagnucolare: «Mion, che fai? Questo fa male! Ho paura… MION!». Le unghie le erano ormai penetrate nella pelle. Ed ormai Mion era in preda ad un’acuta follia che si era impossessata di lei. Follia mista a paranoia che la spingeva ad avventarsi contro la sua copia, che cadde in ginocchio, urlando. Metteva sempre più forza in quella stretta. Ormai Shion perdeva vistosamente sangue che colava lungo le dita di Mion, per poi finire goccia a goccia sul pavimento.
Mion cominciò a trascinarla, mentre Shion si abbandonandonava a quella situazione assurda, smettendo di dimenarsi. Mion non allentò la morsa e continuò a trascinare. Arrivati alla porta, la spalancò dopo aver estratto le unghie dalla carne della gemella. Shion gridò più forte. C’erano quattro buchi profondi appena sopra il gomito e uno, quello del pollice, un po’ più in basso. Mion con un calcio la gettò sui gradini, fuori, richiudendole la porta alle spalle. All’interno cadde con la testa tra le mani completamente rosse di sangue. Shion fuori gemeva e si contorceva dal dolore, maledicendo quel coltello, sé stessa e la rabbia verso Mion che la stava pervadendo. Arrancò verso la strada ed oltre non riuscì ad andare. Vi si accasciò al ciglio, esausta, aspettando che il braccio smettesse di pulsare in quel modo atroce e lasciando che la pioggia lavasse via rabbia, dolore e sangue.
Volevo ringraziare tanto chi ha letto e chi ha anche
recensito il primo capitolo di questa mia fic, mi avete fatto proprio contenta
^^
HOUNTOUNI ARIGATOU!