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Autore: Cygnus_X1    17/04/2014    5 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 3

Torce, incubi, ombre



 

I



l fuocherello ardeva dorato e guizzante in un cerchio di pietre, e il suo suono leggero e crepitante copriva gli altri rumori del bosco notturno. Era ormai il quarto giorno che Mya era nascosta lì, nel punto più fitto della foresta che circondava Tadun. Non si era potuta muovere da lì, non aveva potuto avvicinarsi al villaggio nemmeno per far sapere alla sua famiglia che stava bene. I cavalieri si erano accampati a una cinquantina di metri da Tadun e non si erano mossi.
Mya non sapeva perché, e forse nemmeno voleva saperlo.
Molto probabilmente non avrebbe dovuto accendere un fuoco. Gli alberi non erano così fitti da celarne la luce; dal villaggio non l’avrebbero individuata, ma sarebbe bastato che uno di loro si inoltrasse nella foresta per un quarto d’ora per notare la sua posizione.
Era stata costretta ad accendere quel fuoco per un motivo molto semplice: aveva finito le provviste che si era portata e aveva dovuto cacciare.
Quella situazione la rendeva nervosa. Non sapere cosa stava accadendo le metteva un’ansia costante e fastidiosa. Già un paio di volte aveva rischiato e si era spostata sulla sommità della collina dietro cui era nascosta per sbirciare cautamente Tadun, ed entrambe le volte non era riuscita a ottenere informazioni. Voleva dannatamente sapere cosa volessero i cavalieri, perché fossero ancora lì e che cosa diamine c’entrasse lei in tutta quella faccenda.
Quando aveva sentito Jodie parlare dell’arrivo dei cavalieri, la paura buia e infuocata che l’aveva svegliata dal sogno era esplosa dentro di lei. Aveva sentito che doveva andarsene e che doveva farlo subito. Le dispiaceva davvero tanto per Dane, che aveva voluto essere suo amico. Era andata via in quella maniera, senza guardarlo negli occhi, inventando una scusa... si sentiva tremendamente in colpa. Però insomma, sembrava più che felice di poter restare da solo con Jodie. Mya era stanca di ingannare se stessa, aveva notato benissimo come si era illuminato quando l’aveva vista. E non sapeva il perché di tanta amarezza quando ripensava a quel pomeriggio. Jodie era bellissima, non era strana come lei e soprattutto non era maledetta: era giusto che i ragazzi preferissero lei.
Ma che cosa stava pensando?
Era una stupida.
Quando il sole tramontò del tutto, Mya, anche se malvolentieri, spense il fuoco. La notte faceva ancora freddo, e lei aveva solo la coperta che aveva preso al volo da casa prima di andarsene, ma non poteva permettersi di lasciare acceso un fuoco con il buio. Si rassegnò a un’altra scomoda notte di freddi incubi. Si strinse nella coperta e chiuse gli occhi, costringendo i pensieri al silenzio.
Ma, nonostante tutta la sua buona volontà, restò sveglia ancora a lungo a rimuginare, prima di riuscire ad addormentarsi.
 
***
 
Rumore di passi. Lievi, si interrompevano spesso. Una persona sola, che non voleva essere scoperta.
Mya era già sveglia e vigile. Si era alzata, aveva ficcato la coperta nella bisaccia in fretta ed era pronta per scappare. Aveva cancellato le tracce del focolare la sera prima. Solo una persona molto esperta avrebbe notato che lì era passato qualcuno.
Aspettò che la persona riprendesse a camminare per muoversi al ritmo dei suoi passi. Certo, lei era capace di essere silenziosa come un’ombra, ma così era sicura che chiunque si stesse avvicinando non avrebbe sentito i suoi passi, coperti dal rumore dei propri.
La ragazza si allontanò cauta. Non era ancora sorto il sole, ma già c’era un chiarore diffuso nel cielo. Mya si chiese chi mai stesse attraversando il bosco prima dell’alba e soprattutto da solo. La ragazza raggiunse un gruppo di massi e si nascose dietro il più grande.
E aspettò.
I passi si avvicinarono sempre di più. Mya sguainò silenziosamente il pugnale. Dal suo aspetto non sembrava, ma era molto abile a combattere.
I passi si avvicinarono. Ormai dovevano essere arrivati al punto dove lei aveva acceso il fuoco e dormito. Per evitare tracce troppo evidenti, ogni giorno si era spostata più all’interno nel bosco seguendo percorsi casuali. Non capiva come qualcuno potesse aver indovinato il suo nascondiglio al primo colpo.
Per qualche secondo, silenzio assoluto. Mya aveva il respiro leggermente accelerato, era pronta per scattare.
Un passo, due passi. Nella sua direzione.
La ragazza spostò appena il peso all’indietro, caricando un colpo.
Stava arrivando. Appena qualche attimo e l’avrebbe vista.
Poteva sentire il suo respiro.
Era tesissima.
E infine l’inseguitore si mostrò. Mya aveva già iniziato il movimento quando si rese conto di chi aveva davanti. Deviò all’ultimo momento il colpo, ma gli avrebbe lo stesso aperto uno squarcio sul braccio se quello prontamente non si fosse spostato.
La ragazza lasciò cadere il pugnale con aria sconvolta.
«Papà?! Come sapevi che ero qui?»
Mearth sorrise appena. Era un uomo alto e robusto, rafforzato da anni di lavoro nei campi, aveva le mani piene di cicatrici, una barba scura, ormai striata di grigio, e la fronte sempre corrucciata, che gli davano un’aria cupa, come se fosse sempre pensieroso.
«Conoscendoti, mi sembrava il posto migliore dove cercare.»
Mya fissò il padre adottivo con un’espressione interrogativa.
«I due Cavalieri Erranti che ti hanno portato da noi sono andati via in questa direzione. Proprio attraverso questo bosco. Forse tu non te lo ricordi, ma visto che dovevi scegliere un posto dove rifugiarti, d’istinto sei venuta qui.»
La ragazza abbassò gli occhi. A volte ancora si stupiva di quanto Mearth e Alya la conoscessero bene. Non era loro figlia, era soltanto una ragazza che era stata affidata alle loro cure, eppure le avevano sempre voluto tutto il bene possibile. Mya si ripeteva sempre quanto fortunata fosse stata a trovare un uomo e una donna straordinari come loro. Dovevano essere davvero poche le persone veramente buone, nel mondo, e lei aveva avuto la fortuna di incontrarne tre.
«Perché sei venuto a cercarmi?»
«I cavalieri che dicevi. Sono arrivati il giorno dopo che sei andata via, immagino tu l’abbia visto. Hanno girato tutto il paese e le case intorno, chiedevano di un ragazzo di nome Myrindar, capelli neri, un tatuaggio sul petto.»
La ragazza trasalì. Il sogno era vero, allora. La stavano cercando.
«Chi sono? Cosa vogliono da me?»
«Non lo so, Mya. Alcuni in villaggio dicono che siano soldati dell’Usurpatore... l’unica cosa che so è che se ne sono appena andati. Questa notte hanno improvvisamente tirato su il campo e sono partiti verso ovest, fuori dalla valle.»
Lei sbarrò gli occhi.
«E... non è successo niente? Se ne sono semplicemente andati, così, all’improvviso?»
«Sembra di sì. Sono venuto a cercarti per questo. Puoi tornare.»
Mya abbassò gli occhi, guardandosi i piedi che disegnavano scie sul terreno coperto di aghi e foglie di querce. Non le piaceva proprio quella situazione. Sentiva dentro che c’era qualcosa di sbagliato.
Non doveva tornare. C’era qualcosa dentro di lei che lo stava gridando con tutta la sua voce.
«Tutto bene, Mya?»
«Certo, papà. Sono felice di poter finalmente tornare.»
 
***
 
Sanno dove sei. Sanno chi sei. Ti verranno a prendere.
Mya si accorse di essere nella piazza centrale di Tadun. Era notte, il paese era deserto. Le stelle brillavano in cielo.
Ma c’era un vago chiarore. Doveva essere quasi l’alba. Sembrava quasi che stesse per sorgere il sole.
Tutto normale.
Eppure c’era qualcosa di terribilmente sbagliato. Qualcosa non andava.
Mya lo sentiva dentro come un dolore profondo.
Myrindar.
La ragazza si rese conto di due cose in un istante, e gridò terrorizzata.
Il chiarore non veniva da est. E il silenzio non era così assoluto come sembrava.
Era costellato di grida. E di rumore di fiamme.
Myrindar, te ne devi andare.
Un improvviso suono di zoccoli scoppiò dietro di lei. Si voltò di scatto. C’era il volto vuoto di un cavaliere incappucciato di fronte a lei.
Non riuscì a muoversi, correre, pensare. Il cavaliere la colpì con una mazza.
Lei urlò con tutta se stessa mentre cadeva nel vuoto e il buio si chiudeva su di lei.
 
***
 
Si svegliò con un grido strozzato.
Si guardò intorno freneticamente, cercando fiamme, armature luccicanti e grida.
Ma nella sua piccola stanza il buio era totale e assoluto, e l’unico suono che sentiva era il rombo del sangue dentro di lei e il suo respiro affannoso che non voleva saperne di rallentare.
Prese due respiri profondi.
La paura non accennò a diminuire. Doveva muoversi, o sarebbe impazzita.
Si vestì in fretta. Pantaloni scuri, corsetto di pelle, mantello nero dall’ampio cappuccio.
Uscì dalla finestra, cercando di non far rumore.
Una volta fuori, corse.
 
***
 
Corse fino a essere stanca morta, senza una direzione, nella foresta. Corse finché non le mancò il fiato, i muscoli le dolevano tutti, dal primo all’ultimo, quasi non aveva energie per restare in piedi. Solo quando si fermò e si buttò sull’erba si rese conto di dove si trovava.
Era da qualche parte sul versante nord, appena sopra alle ultime case del villaggio. Da quell’altezza il panorama era spettacolare. Sul fondo della valle la strada bianca serpeggiava tra i campi bui, seguendo il corso tortuoso del fiume che rifletteva qua e là la luce della luna, alta in cielo, piena, candida. Mya sollevò lo sguardo ad ammirare i suoi crateri e i suoi mari argentei. La sua luce copriva le stelle più deboli e smorzava le restanti, appannate anche da nuvole sparse. Gli occhi della ragazza si impigliarono sul profilo nero e incombente delle montagne davanti a lei, che si distinguevano appena dal nero circostante del cielo, e scesero sempre più giù, sul villaggio addormentato e sulle casette di legno e pietra rosata, e sulle torce che illuminavano le strade. Mya scorse con lo sguardo verso ovest, dove la valle si apriva nelle colline e poi nella grande pianura di Amikar.
L’inquietudine che era svanita con la corsa e la vista del paesaggio tornò a pungere dolorosamente dentro di lei, all’improvviso, dal nulla. C’era un dettaglio, una nota stonata che le strideva nella mente.
Tornò indietro, cercando qualcosa che non avrebbe voluto vedere.
E lo trovò.
Per qualche secondo restò pietrificata a guardare quelle torce muoversi lente ma troppo veloci lungo la strada. Poi il suo corpo prese il controllo, mentre la sua mente era ancora atterrita. Le sue gambe presero a correre, consumando la poca energia rimasta, e Mya si mosse in una direzione ben precisa, richiamando alla memoria la strada che aveva percorso un paio di volte soltanto quando aveva accompagnato Cody a casa del suo migliore amico.
Era una casa a due piani, con un piccolo giardinetto curato sul retro. La ragazza saltò il muretto e usò la rete su cui crescevano i rampicanti per salire fino alla finestra del piano superiore. Sperò di ricordare giusto e bussò con le nocche sul vetro.
Non venne nessuno.
Bussò ancora, e ancora, sempre più disperata.
Alla terza volta finalmente la finestra si aprì e un viso assonnato e sbalordito le si presentò davanti.
«Mya? Cosa diamine ci fai qui adesso?»
«Non c’è tempo, Dane» tagliò corto lei. «I cavalieri saranno presto qui, e non avranno pietà. Dovete andarvene subito.»
Lui spalancò gli occhi. «Ma tu cosa ne sai?»
«Nel villaggio si nascondeva la persona che loro cercavano. L’hanno scoperto, e verranno a prenderla... a costo di radere al suolo Tadun. Ma non la troveranno... è per questo che ve ne dovete andare.»
«Mya, tu sei pazza!»
«Purtroppo no. Io so queste cose perché volevano me... Myrindar è il mio vero nome. Sono maledetta. Mi dispiace averti ingannato, ma se avessi saputo non mi avresti più rivolto la parola.»
Lui non disse niente, e la ragazza abbassò gli occhi per non permettergli di notare che erano lucidi.
«Me ne vado per sempre. Addio, Dane. Grazie.»
Fece per andarsene, ma all’ultimo momento chiuse gli occhi.
«Ricordati di me» disse, così piano che probabilmente lui nemmeno l’aveva sentito.
Poi scese e corse via senza mai guardarsi indietro.
 
***
 
La ragazza entrò in camera dei genitori adottivi con le lacrime che scendevano lungo le guance e il respiro concitato per la corsa forsennata.
«Mamma, papà» li scosse per le spalle, agitata, per svegliarli. «Stanno arrivando. I cavalieri sono qui. E sanno che abito in questo villaggio. Dovete scappare, vi uccideranno!»
Mearth la prese per le spalle e la guardò negli occhi.
«Mya. Myrindar.» lei trasalì. «Vai via. Scappa. Non ti devi preoccupare per noi, va bene? Pensa solo ad andare via. E non tornare mai indietro.»
Alya la abbracciò piangendo. Cody si affacciò alla porta della camera, con i capelli scompigliati e i grandi occhi da bambino confusi e annebbiati dal sonno.
«Mya... cosa succede?»
La ragazza corse ad abbracciarlo.
«Cody, mi raccomando, devi essere forte. Promettimelo.»
«Ma cosa sta succedendo? Vai via?»
Gli occhi del bambino si riempirono di lacrime.
«Non ti devi preoccupare per me. Resta con la mamma e il papà e proteggili come farei io, va bene?»
«Va bene.»
Si vedeva che cercava di non piangere. Mya sorrise, asciugandosi gli occhi.
Corse a prendere i suoi due pugnali e l’arco e la faretra, mise a tracolla la borsa e uscì.
«Ehi, tu!»
Mya sussultò. Un cavaliere a meno di tre metri da lei le intimò di fermarsi.
La ragazza indietreggiò. E ora che cosa doveva fare?
Il cavaliere le si avvicinò brandendo uno spadone.
«Dove scappi, bambina?»
Lei fece un altro passo indietro. Ma non sarebbe riuscita a scappare.
Qualcosa fischiò attraverso l’aria. Il cavaliere gridò di dolore e sorpresa.
Mya si voltò, ancora paralizzata, e vide suo padre in piedi sulla porta di casa con in mano la sua enorme balestra.
«Vattene, Mya! Sapremo cavarcela!»
Lei annuì. Ancora in trance fissò la piccola casetta di legno rosso dove aveva passato i migliori cinque anni di tutta la sua vita. Un tempo bellissimo e ormai finito.
Con le lacrime che scorrevano sul suo viso, la ragazza corse nel bosco. Corse, di nuovo, fino a non avere più respiro né energia, mentre le lacrime continuavano a disegnare scie salate e amare lungo la sua pelle bianca.
 
 
 

 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Ciao a tutti!! Complimenti, se state leggendo questo significa che avete sopportato ben 4 capitoli della mia storia!
Vorrei ringraziare quelli che seguono la storia o l’hanno recensita, in particolare ringrazio the_Matrix e The Sorrow perché hanno recensito ogni volta ;)
Scusate se finora la storia è stata lenta, ma adesso dovrebbe accelerare e succedono cose più interessanti, quindi spero di riuscire a farmi perdonare ;) e se riesco la prossima volta metto anche il disegno della mappa del mondo, così si capisce di più...
E se trovate errori/schifezze/cose che non vanno non esitate a commentare, non mi danno fastidio le recensioni “cattive”, in fondo sono qui per migliorare!
Avviso che sarà una storia lunga perché ho il vizio di allungare e aggiungere dettagli, però prima o poi arrivo alla fine.
Alla prossma!

Vy
   
 
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