Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Emily Doe    18/12/2004    18 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Capitolo 4° “Parlami ancora”

I lie down and blind myself with laughter
A quick fix of hope is what I'm needing


Le due ragazze camminavano lungo il marciapiede innevato, il vento sferzava gelido i loro volti e smuoveva disordinatamente i loro capelli.
“Sono distrutta…” Mormorò la ragazza dai capelli rossi, producendo con le sue parole una nuvoletta bianca che si dissolse rapidamente nell’aria. “E poi, ovviamente, con la fortuna che abbiamo, cosa becchiamo? Una tempesta in piena regola.” Si accigliò leggermente. “Cosa potrei chiedere di più, dopotutto?”
La ragazza accanto a lei sorrise.
“Avanti, Ginny, non è poi così terribile, è solo questione di allenamento! Sei solamente alle prime lezioni, è ovvio che ti senta affaticata: non sei abituata.”
“Sono semplicemente stravolta, Herm…” Brontolò ancora la ragazza. “Non so come tu faccia a seguire questi allenamenti già da un anno, dico veramente… e sei anche decisamente in gamba! La mia migliore amica non solo è un genio, ma sa anche difendersi perbene.” Le diede una pacchetta sulla spalla. “Sono orgogliosa di te, Hermione Granger.”
Hermione ridacchiò schernendosi ed il pensiero le corse nuovamente a quella notte, quando Draco Malfoy l’aveva salvata dalle grinfie di quell’ubriacone… era passato un mese da allora e lei si era ritrovata a pensare troppo spesso all’espressione che aveva dipinta in volto il giovane Serpeverde; non riusciva a cancellarsela dalla testa, era come marchiata a fuoco dentro di lei. Cosa voleva dire quell’immensa tristezza? Cosa avevano voluto comunicarle, quella notte, quegli occhi color tempesta?
“Hermione? Ci sei?”
La ragazza riemerse dai suoi ricordi distrattamente.
“Eh? Dicevi, Gin?”
Lei sorrise maliziosamente fermandosi davanti all’insegna di una caffetteria da cui proveniva un invitante profumino di ciambelle appena sfornate.
“La mente della razionale Hermione Granger è occupata per caso da un ragazzo?”
Hermione si sentì arrossire.
Come aveva fatto a capirlo?
“Cosa? Come…?”
“Come ho fatto?” Rise Ginny. “Hermione, sei la mia migliore amica da non so quanti anni, certe cose le capisco al volo! Diciamo… intuito! Comunque sia, non è difficile capire che è un ragazzo ad occuparti i pensieri, sai? Sguardi confusi e languidi, atteggiamento distratto… non è da te.” Concluse sorridente.
L’amica emise un piccolo sospiro confuso.
“Né Harry né tanto meno Ron sembrano essersene accorti, però.”
Ginny alzò gli occhi al cielo.
“Andiamo, cosa ti aspettavi da quel tontolone di mio fratello, Hermione? Sai benissimo che non è fatto per questo genere di cose. È un ragazzo, in fondo! E poi… come pretendi che Harry si accorga di qualcosa del genere quando non si è mai accorto di…” Si bloccò, titubante.
“Di te?” Ginny annuì tristemente. “Io non ci metterei la mano sul fuoco, Gin. Ci sono volte in cui Harry mi sembra così diverso da noi, da Ron… Harry ha sofferto molto in passato e questo lo sappiamo; ciò lo rende enigmatico, spesso… ma c’è un qualcosa, un sesto senso che mi dice che non sei invisibile per lui…”
“Lasciamo stare, guarda, non sono proprio in vena di parlare di Harry. Piuttosto, questo ragazzo…” Hermione arrossì sempre più, non capendone la motivazione. “Ti piace?” … mi piace?! … come può piacermi Malfoy? Mi ha fatto tante di quelle cattiverie in passato che… erano solo un gesto per attirare la nostra attenzione… l’attenzione di noi che non lo capivamo. Da quello che mi ha detto non deve avere un rapporto molto buono con suo padre… che strano, non l’avrei mai detto…
… quante cose non avrei mai pensato se non me le avesse accennate lui…
… come ho potuto essere così cieca da non capire?
Le sue parole mi hanno aperto gli occhi su molte faccende, compresa quella sulle case di Hogwarts, la più importante… mi sento un verme…

“Piacermi?” Esitò, la voce incerta. “No… no, figurati.”
La ragazza la guardò di sottecchi, non del tutto convinta.
“Ne sei sicura, Hermione? Allora perché lo stai pensando? Non è la prima volta che ti trovo immersa tra le nuvole… prova a fare chiarezza dentro di te.”
Già… perché lo sto pensando?
“A proposito, io ho una fame da lupi! Che ne dici di entrare qui? Sembra un posto carino.”
“Sì… sì, andiamo…”
Perché continua a tornarmi in mente? Perché i suoi occhi e le sue parole mi tormentano? Quando mi sono sfogata con Ron non gli ho detto cosa ci facessi con Malfoy e lui non ha insistito, eppure c’è un dubbio che continua a lacerarmi la mente… cosa voleva dirmi? Quale implicito messaggio non sono riuscita a cogliere? C’è qualcosa che non comprendo, che mi sfugge, che ho sulla punta della lingua ma non riesco a dire perché qualcos’altro l’adombra costantemente… cos’è questa cosa? Cosa volevi dirmi, Draco Malfoy?
… Io devo capire! …

Hermione si bloccò.
“Ginny… mi dispiace, scusami tanto, ma mi sono ricordata di una commissione importante da sbrigare… ci vediamo a casa!”
Ginny Weasley non ebbe il tempo di replicare che vide l’amica schizzare via come un fulmine, come quando, a scuola, aveva un’illuminazione ed andava a cercare qualche bel librone polveroso e voluminoso in biblioteca.
Hermione Granger non sembrava esattamente la stessa, c’era qualcosa in lei di diverso.
… Io devo capire! …

*** *** ***

I lie down and blind myself with laughter

Era tornato sul luogo dell’incidente per cancellare totalmente le proprie tracce, fin troppo evidenti visto che si era dovuto dar da fare per aiutare una ragazza, e per cercare qualche indizio che potesse fornirgli anche la minima idea di dove si fossero diretti i Mangiamorte. Sapeva benissimo che suo padre era furioso con lui: aveva sguinzagliato al suo seguito i suoi colleghi. Stava camminando silenziosamente, sua peculiarità, osservando attentamente il terreno attorno a sé quando, colto da un improvviso formicolio, si poggiò con le spalle contro il tronco ruvido di un albero, portandosi stancamente una mano alla fronte. I capelli biondi del tutto scompigliati, i vestiti ancora più laceri. A dire il vero Draco Malfoy non sapeva esattamente come mai avesse deciso di tornare proprio lì. Forse era stato guidato dalla rabbia, forse dall’intuito, quell’intuito che più volte l’aveva tirato fuori dei guai appena in tempo, o forse era stato semplicemente guidato dalla disperazione. Sì, Malfoy era disperato. Draco Malfoy, il ragazzino viziato dei tempi di Hogwarts era letteralmente caduto nella disperazione più totale. Sospirò avvertendo una fitta al fianco sinistro, si piegò un poco su se stesso, portando una mano livida dal freddo sulla parte dolorante mentre il suo fiato si condensava rapidamente nell’aria pungente. Imprecando a bassa voce, il giovane alzò lo sguardo verso il cielo: ovviamente non c’era mai limite al peggio, e quelle nuvole grigie non presagivano decisamente nulla di buono. Qualche fiocco di neve già scendeva leggiadro dal cielo grigiastro adagiandosi con delicatezza, estenuante agli occhi stanchi di stare all’erta del ragazzo, su tutto ciò che lo circondava.
Neve o no, fatto era che si trovasse nuovamente in quella radura, senza alcuna ragione particolare, perlomeno nessuna ragione particolare che fosse comprensibile alla sua mente appannata dal sonno arretrato, dalla fame, dalla stanchezza. Stanchezza di tutto, di fuggire, di combattere, di lottare… perché? Perché affannarsi tanto? Era così stupido…s apeva che, prima o poi, suo padre avrebbe messo le mani su di lui ed allora non ci sarebbe più stato nulla da fare… allora perché soffrire così? Una persona stanca avrebbe solo bisogno di riposare, e quella neve cominciava a sembrare così soffice… così delicata… persino quel suo mantello logoro sembrava fornire un minimo di conforto mentre sentiva il suo corpo accasciarsi lentamente in quella bianca distesa. Qualcuno, quando era piccolo, gli aveva raccomandato di non dormire in mezzo alla neve, di non abbassare le proprie difese di fronte al freddo… perché? Chi glielo aveva detto? Non ricordava, tutto era così lontano… da quando il mondo aveva cominciato a girare lentamente su se stesso, fino a raggiungere una discreta velocità tanto da dare un sottile senso di nausea? … che strano, non si sentiva così dall’ultima sbornia, più o meno un anno prima… ora l’oscurità scendeva, piano… allungò una mano davanti a sé, in una tacita ed indecifrabile richiesta d’aiuto, ma le sue dita incontrarono solo il vuoto.
Come sempre.
Mai nessuno lì con lui, mai nessuno lì per lui. A chi chiedere aiuto?
… ma era in grado di chiedere aiuto? Era solo il suo orgoglio a bloccarlo o anche qualcos’altro?
… ma in fondo… perché chiedere aiuto? Era tutto così dannatamente inutile.
Tutto così maledettamente uguale.
Come sempre.

La neve dal cielo aumentò d’intensità trasformandosi in una piccola – per ora – bufera, il vento soffiò lontano da lui il mantello, slacciatoglisi dal collo; il freddo impietoso creava dei piccoli, trasparenti cristalli sui capelli di quel ragazzo, abbandonato nella neve.
… e con questo ho chiuso…

*** *** ***
“Avanti, avanti!”
Si sentì sfregare le mani con forza, l’aria fredda gli pungeva nuovamente il viso. Era strano. Era come se fosse partito per un breve viaggio ed ora fosse malvolentieri tornato, anzi, era come se qualcuno l’avesse brutalmente ripreso per i capelli e trascinato, contro la sua volontà, al punto di partenza.
“Forza, apri gli occhi…”
Una voce decisa vibrava nell’aria, unico suono che riuscisse a sovrastare il vento ed i tuoni ruggenti, tuttavia in quella voce una nota di incertezza, di un sentimento strano… quasi… quasi disperazione. Sentì una sensazione di calore, tenue, molto tenue, ma pur sempre calore, cominciare a diffondersi nelle sue mani, ebbe l’orribile sensazione di credere di precipitare nel vuoto fino a che non avvertì il terreno sotto di sé, freddo e duro. Con un gemito sommesso aprì di poco gli occhi, giusto per capire cosa stesse succedendo.
“Oh, mio Dio, meno male!”
La voce di prima gli fece voltare il capo verso destra, ma la vista ancora velata non gli permise di distinguere i tratti somatici della persona che stava parlando. Quella voce, però, aveva qualcosa di familiare. Cercò di alzarsi senza ottenere grandi successi; sentì qualcuno aiutarlo, e quando fu seduto si rese finalmente conto di quanto ancora facesse freddo. Ma non gli importava. Non gli importava più nulla. Un solo pensiero nella mente confusa: non ce l’aveva fatta. Non era riuscito neppure a chiudere.
Non era riuscito neppure a tagliare i contatti.
Aveva fallito.
Di nuovo.
“Su… coraggio, alzati…”
Cosa vuoi da me? Lascia… lascia qui, lasciami stare, qui… solo… io non ho niente… e sono stanco.
“Non puoi mollare così!” Fece la voce, acquisendo una nuova forza, una nuova convinzione. “Fatti forza, avanti! Appoggiati a me.”
Lo sorreggeva a fatica, lui senza capire cosa stesse facendo fece forza sulle ginocchia stanche e riuscì, con grande fatica, a rimettersi in piedi; aggredito dalle vertigini barcollò violentemente, sorretto nonostante tutto da quella stessa persona.
Chi sei? Chi in una simile situazione aiuterebbe uno… uno come me?
“Ecco… bravo, così… su!” Fece una pausa e con i suoi sensi affinati dalla necessità, Draco sentì la persona frugare nel suo mantello alla ricerca di qualcosa. “… dannazione, ma dov’è finita?”
Sembrava la voce di una ragazza, ma non avrebbe potuto dirlo con certezza. Le orecchie gli fischiavano terribilmente, non capiva nulla.
“Ah, eccola.” Gli passò qualcosa di remotamente tiepido sulle spalle. “Ecco… vieni, fai solo due passi…”
Senza neppure domandarsi ‘Perché fare due passi?’ obbedì come un automa; il freddo penetratogli nelle giunture delle ossa faceva dolere tutti gli arti, non sentiva bene né le proprie gambe, né il proprio viso, sapeva solo che doveva star battendo i denti a giudicare dal gelo che sentiva attorno a sé. E non solo.
“Bene… bravo…” Una mano prese la sua, rigida e gelida.
Udì distintamente qualcuno pronunciare l’incantesimo di Smaterializzazione ad alta voce. Una voce chiara oltre la tormenta, oltre la tempesta. Per un secondo svanì il fischio del vento, svanì il rombo del tuono, svanì persino quell’orrendo freddo agghiacciante e ci fu un silenzio tiepido, un tepore nuovo nell’aria, il ticchettio della pioggia, pioggia mista a neve per esser precisi, su una qualche superficie, i minacciosi suoni della tempesta attutiti.
E così era di nuovo lì. Di nuovo in gara per la vittoria. E quella gara era la sua vita. Non c’era un premio in galeoni, non c’era un premio in fama e notorietà, l’unico premio che si poteva duramente conquistare era la sopravvivenza. Solo quella. Perché non esisteva felicità nel suo mondo. Poteva solamente sperare che il suo cuore continuasse a battere, tuttavia certo che andando avanti così, privo di qualsiasi calore diverso dal calore di un fuoco, si sarebbe ghiacciato del tutto, fermandosi per sempre. E forse, allora, sarebbe stato veramente libero.
Draco Malfoy non si lascia sconfiggere. È lui a decidere.
Ma visto che la sua gara per la vittoria seguitava implacabilmente, non poteva arrendersi. Sopraffatto da un’ondata dell’antico ed usuale orgoglio, impegnò tutte le sue esigue forze rimanenti nel tentare di rimanere perlomeno in piedi.
Draco Malfoy non è mai caduto. Non di fronte a qualcuno.
E quello non sarebbe stata l’eccezione che avrebbe confermato la regola. Sforzandosi oltre ogni limite riuscì a mantenere un equilibrio precario, stava lentamente riacquistando la sensibilità dei muscoli facciali, in un gesto di orgoglio alzò il capo, sentendolo pesante come non mai.
E non cadrà.
Vide molto confusamente una stanza non molto illuminata, una poltrona rossa, un divano dello stesso colore… un tavolo… dei fogli di pergamena… di fronte a lui riuscì a scorgere solo due occhi profondi fissarlo con un’espressione che egli stesso, testimone di quell’evento, non avrebbe saputo descrivere: paura? Disperazione? Sollievo, forse? Ma che importava, in fondo? Quello che la gente pensava di lui era chiaro, lo era sempre stato, fin dai tempi della sua infanzia. Era un Malfoy ed i Malfoy non potevano costruirsi una propria reputazione: i Malfoy avevano la Reputazione. Da difendere, da onorare, da non macchiare. Reputazione di razzisti, di subdoli, di meschini, di voltagabbana. Reputazione di Mangiamorte, in poche parole. Il Male fatto persona, al costante - più o meno, a seconda del livello di lealtà raggiungibile, nel caso della sua famiglia decisamente scarso - servizio del Male Supremo.
“Guarda come sei conciato…”
Era preoccupazione quella che percepiva nella sua voce? Non poteva capirlo, Draco Malfoy, da troppo tempo disabituato al fatto che qualcuno si preoccupasse per lui.
Avvertì il tocco leggero di una mano che, al contatto con la sua guancia gelida, sembrò calda. La sua vista cominciava lentamente a riprendere le sue solite mansioni, certo non ad uno stato ottimale, ma pur sempre ad un livello basilare.
Draco Malfoy si meravigliò non poco scoprendosi per nulla sorpreso una volta scoperta l’identità della persona che era corsa in suo aiuto.
E sono di nuovo qui, in gara per la mia ‘vittoria’.
Socchiuse gli occhi dello stesso colore della tempesta che infuriava là fuori scuotendo il capo con cautela, cercando accuratamente di non procurarsi un ulteriore attacco di vertigini.
“Granger.”
La sua non era una domanda né un’esclamazione sorpresa. Era una pura e semplice affermazione, come se vedersela davanti, come se scoprire che aveva rischiato una polmonite per salvarlo, facendogli indossare anche il proprio mantello, fosse quello che più si sarebbe aspettato.
Solamente un tono di vaga stanchezza aleggiava nella sua voce. Ma questo non l’avrebbe mai ammesso.

*** *** ***

Tra le sue mani la cioccolata calda fumava invitante, i suoi occhi erano persi nel vuoto, immersi in pensieri del tutto suoi. Fuori aveva cominciato a scatenarsi una tempesta, come purtroppo era diventato frequente in quegli ultimi giorni; sperava solo che Hermione non avesse fatto mosse avventate e si fosse messa al caldo, al riparo da qualche parte. Okay, Hermione, la Hermione Granger che tutti loro conoscevano, non era propriamente il tipo da lasciarsi andare in azioni avventate, ma quella non era precisamente la Hermione Granger che conoscevano da anni. In lei c’era qualcosa di strano, qualcosa di diverso. Da quando era arrivata a casa loro aveva avuto modo di stupirsi del comportamento dell’amica: era spesso distratta, con la testa tra le nuvole, quando le si parlava a volte perdeva il filo del discorso, inseguendo sue idee; la si trovava spesso a fissare con sguardo indecifrabile fuori dalla finestra, specialmente quando c’era brutto tempo… non era riuscita neppure a finire quel libro di Incantesimi e Formule Arcane che Harry era riuscito a rimediarle presso la libreria di Silente! C’era decisamente qualcosa che non andava, decisamente… ma non capiva cosa…
Forse c’entra in un qualche modo questo misterioso ragazzo che ha conosciuto…
Ma no, sembrava strano: Hermione che perdeva la testa per un ragazzo che neppure conosceva bene… e poi… Ginny aveva sempre personalmente creduto che l’amica avesse un debole per suo fratello. Non ne aveva mai parlato con nessuno, perché non riteneva giusto parlare di affari personali di Hermione, però le era parso di capire, tramite le occhiate che Harry le rivolgeva a Hogwarts, quando Ron e Hermione si lanciavano nelle loro appassionate ma non appassionanti liti (ormai ci avevano fatto tutti l’abitudine), che anche lui la pensasse esattamente così. E non era neppure difficile capire che Ron fosse stracotto di Hermione, l’amica dall’intelligenza eccezionale che aveva sempre avuto al fianco dagli undici anni in poi. Il corso dei pensieri di Ginny sviò e si ritrovò a sorridere ripensando alle litigate che quei due si erano fatti.
Erano sempre stati vicini, si erano sempre aiutati… beh, più o meno, visto che era sempre stata Hermione a cacciare fuori dai guai suo fratello… però anche Ron era sempre stato pronto a partire in quarta quando qualcuno la offendeva, qualcuno tipo Malfoy, tipo la Parkinson… tipo tutte quelle sciocche persone che se la prendevano con Hermione semplicemente perché figlia di Babbani.
La ragazza storse il naso a quel pensiero, scostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso arrossato dal freddo.
Hermione e Ron erano sempre stati insieme, sempre uno al fianco dell’altra… praticamente erano cresciuti assieme. Nessuno conosceva Ron meglio di Hermione, Ginny stessa spesso stentava a comprendere la psicologia del fratello… ma lo stesso non si poteva dire di Ron. Ron era infantile. Tremendamente infantile. Suo fratello, tale Ronald Weasley, detto Ron, certe volte sembrava veramente ottuso: possibile che non avesse mai capito Hermione? Hermione che si rifugiava nei voti da capogiro per nascondere persino a se stessa la propria insicurezza, Hermione che piangeva di nascosto, con lacrime magari non materiali, ma spirituali, Hermione che si faceva in quattro per loro, Hermione che si infastidiva quando lui si mostrava troppo attento alle ragazze e si mostrava troppo insensibile rispetto a lei. In fondo, anche Hermione era una ragazza.
Ed è questo che le piacerebbe che quel cretino di mio fratello notasse. No, lui l’ha notato eccome, è solo che… solo che ha paura. Ha paura dei suoi stessi sentimenti.
Era decisamente l’ora che Ron si desse una svegliata e che Hermione decidesse di uscire un po’ più dal suo guscio, senza paura di essere ferita. Perché aveva una tremenda paura di non essere all’altezza delle aspettative degli altri, ma specialmente delle sue. E Dio solo sa che sofferenza dovesse essere per una ragazza che aveva sempre convissuto con tale problema. Bevve qualche sorso dalla tazza, gustando appieno la cioccolata, riscaldandosi.
Ron e Hermione si conoscevano da otto lunghi anni in cui ne avevano passate di tutti i colori ed il loro legame era speciale. Un pensiero attraversò la mente della giovane strega, mentre si alzava ed andava a pagare.
Harry.
Ron e Hermione non esistevano senza Harry. Erano sempre stati il trio, il Magnifico Trio, il trio indistruttibile. Rare volte era capitato che quei tre litigassero e si era sempre trattato, stando a quanto Ginny potesse ricordare, di liti tra Ron e Hermione o tra Ron e Harry. Hermione e Harry non avevano mai litigato. Mai. Nonostante spesso Harry fosse stato nervoso e non poco sgarbato con lei e Ron, Hermione non se l’era mai presa eccessivamente con lui. In passato Ginny era stata gelosa del trio, era stata profondamente gelosa del legame che c’era tra quei tre, dal quale si sentiva inesorabilmente esclusa. In passato Ginevra Weasley era stata tremendamente gelosa di Hermione e c’era stata malissimo. Ginny voleva un bene dell’anima a Hermione, era sua amica, anche se da non molto era diventata la sua migliore amica, e dentro di sé non avrebbe voluto sentirsi così… non avrebbe voluto invidiarla, esserne gelosa… eppure non aveva potuto fare a meno di farlo: Hermione era sempre con Harry e lei era anche arrivata a pensare che fosse innamorata di lui. Ma poi aveva preso coraggio e ne aveva parlato a quattr’occhi con la diretta interessata che aveva negato tutto. Ed era ovvio: Hermione non era innamorata di Harry, ma di Ron, anche se non l’avrebbe ammesso per nessuna cosa al mondo.
E da quel giorno Hermione Granger e Ginny Weasley erano diventate grandi, grandissime amiche. Ginny si era sfogata e confidata con Hermione, le aveva sempre chiesto consigli e la ragazza si era sempre considerata un’amica preziosa, la migliore… ed a volte Ginny si sentiva strana, come se non l’avesse mai ricambiata adeguatamente. In effetti Hermione non si era mai sfogata realmente con lei. Né, per quanto lei ne sapesse, con qualcun altro. Sì, le aveva parlato delle liti avute con Ron, dei suoi malumori per i professori, ma erano tutte cose stupide… insomma, non si era mai aperta, non aveva mai parlato dei suoi veri sentimenti nei confronti di suo fratello, né le aveva mai parlato di quel senso di angoscia e di insicurezza che l’attanagliava sempre.
Hermione aveva sempre assunto un ruolo cardinale nella loro vita: l’amica, la migliore amica, sempre pronta ad aiutare, a consigliare, anche a cacciarsi in qualche pasticcio per star loro vicino.
E basta. Semplicemente questo. Troppe volte loro non avevano pensato a quanto lei potesse star male sotto quella scorza di ragazza intelligente, iper razionale e troppo attaccata ai propri risultati scolastici.
Hermione era la migliore amica di Ginny.
Hermione era la migliore amica di Harry.
Hermione era la migliore amica di Ron. E non solo…
Hermione era sempre stata un’amica splendida, ma loro… loro avevano saputo ricambiarla? La ragazza non aveva mai chiesto nulla indietro… perché?
Una voce la distrasse, una voce conosciuta.
“Ciao, Ginny.”
Voltandosi un po’ intontita per aver vagato troppo con il pensiero, si trovò davanti un Harry con un timido sorriso abbozzato sulle labbra.
Oh mio Dio… non devo arrossire!
Fu del tutto inutile: Ginny Weasley arrossì, come sempre.
“C-ciao Harry…”
Ma certo, ci mancava che balbettassi! Che splendida figura. Possibile che solo quando c’è lui divento così imbranata?!
Solo quando c’era lui era così imbranata, ma solo quando c’era lui sentiva quel miscuglio di sensazioni tremendo e meraviglioso allo stesso tempo… quello sfarfallio nello stomaco, come se fosse sottosopra, quel calore improvviso in viso… quei brividi per la schiena e, sì, anche e soprattutto quell’accelerazione incontrollata dei battiti cardiaci.
“Che fai qui? Stai andando da qualche parte?” La sua voce era calma e dolce. La ragazza si guardò attorno perplessa scoprendosi in mezzo al marciapiede. Era così immersa nei suoi pensieri che non si era neppure accorta di essere uscita dal bar. Ed ora era sola con Harry… dopotutto nessuno decideva di andarsene in giro con quel tempaccio.
Sola con Harry…
“Ecco…” Mormorò in subbuglio. Ti prego, fa’ che non spari qualche cretinata come al solito!
“… io stavo andando… al parco!”
Harry inarcò entrambe le sopracciglia in un’espressione alquanto sorpresa, guardò il cielo e la neve sul marciapiede.
“Con questo tempo?” Domandò perplesso.
Come volevasi dimostrare.
“Sì… cioè, no! No, no… prima volevo andare al parco, adesso…” Si stava tormentando le mani. “… stavo tornando a casa.”
Harry sorrise e rabbrividì.
“Allora ti accompagno, anche io stavo rientrando da una riunione del… ehm… di lavoro.”
Accompagnarmi? Vuole fare la strada con me?
Non poteva parlare liberamente dell’Ordine e Ginny lo sapeva bene.
“Oh… sì, certo. E… com’è andata la riunione di lavoro?”
Lui fece spallucce.
“Come sempre, nessuna novità.” Presero ad incamminarsi. “Ron è stato trattenuto per parlare con il nostro… direttore… di una cosa che dice di aver visto la scorsa notte.”
“Cos’ha visto?” Aveva ripreso un minimo di sicurezza.
Osservò il profilo di Harry, i suoi occhi scrutavano lontano.
“Dice di aver trovato Hermione nella radura del parco accanto casa nostra… con Malfoy. Ed hai visto anche tu com’era ridotta.”
“Con Malfoy?” Esclamò Ginny sgranando gli occhi.
“Non me ne parlare,” Replicò Harry agitando una mano davanti a sé, come a voler scacciare il pensiero del ragazzo. “tuttavia dice che non le ha fatto assolutamente nulla. Ha parlato con Ron di ciò che è successo: un’aggressione, ma non da parte di Malfoy… lui l’ha semplicemente incontrato lì per caso.”
“Immagino che tu non credi che fosse lì per caso, giusto?”
Harry la osservò brevemente sentendosi inspiegabilmente felice, nonostante l’argomento trattato.
“Esatto. Ma io e Ron ci fidiamo di Hermione.” Sospirò. “Piuttosto, come va l’allenamento?”
“Oh, bene… più o meno. È piuttosto stancante.”
“Ci farai l’abitudine, credimi.”
“Se lo dici tu…” Sorrise appena.
Continuarono a parlare del più e del meno tornando a casa.
Da sola con Harry… come se fosse un appuntamento…
Non c’era Hermione, non c’era Ron, eppure Harry le si era avvicinato lo stesso… allora forse… forse Ginny aveva cominciato ad essere meno trasparente, per lui!
Passando davanti alla vetrina di un negozio, sprofondando con i piedi nella neve, osservò il suo riflesso notando di non essere effettivamente trasparente. Poi si diede mentalmente della stupida per l’ingenuità del gesto.
Sono felice.
Harry le sorrideva e le parlava, tutto il mondo sembrava scomparso.

*** *** ***

“Granger.”
Con un tono di semplice e pura affermazione, senza neppure troppa sorpresa, Draco Malfoy si guardò le mani, fino a poco tempo prima fredde come ghiaccioli, ora leggermente meno pallide e sì, anche più calde. Dopodiché alzò quegli occhi grigi che sapevano celare ma mostrare qualsiasi emozione elevandola alla massima potenza, facendo sentire chi li osservava non poco in disagio, come avessero la capacità di calamitare l’attenzione su di sé, sulla ragazza davanti a lui. Il suo viso, fin dai tempi dell’infanzia, aveva avuto la straordinaria facoltà di non lasciar trapelare le sue reali emozioni, tuttavia in quel momento, con un mal di testa tremendo e tutte le ossa doloranti, Draco Malfoy sembrò sinceramente sorpreso alla vista dell’aspetto di Hermione: tutto ciò che si concesse fu un’alzata di sopracciglia, controllata, lenta, con un’aria insopportabilmente fredda.
“Come sei conciata?” Domandò ironicamente, il fianco ricominciava a fargli un male dannato, ma non doveva mostrarsi debole.
Hermione era zuppa dalla testa ai piedi e completamente sporca di fango che aveva raccattato in una corsa sfrenata verso la radura dove aveva sperato di rincontrarlo – per quale motivo poi? Era così confusa… -, aveva i pantaloni stracciati all’altezza di un ginocchio, risultato di quando si era inginocchiata accanto a lui ed aveva tentato di tirarlo su, aveva le mani arrossate dal freddo, la felpa che indossava aderiva completamente al suo corpo per quanto era bagnata. Si sentiva un po’ stordita dagli avvenimenti, ma stava bene. Sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia.
“Scusa tanto, Malfoy, se non sono vestita a festa! Sai, ero un tantino occupata a tirare qualcuno fuori dai guai.” Poi il suo sguardo sembrò ammorbidirsi. “Guarda come sei conciato… dai, vieni di là…”
Gli si avvicinò per offrirgli appoggio e lui la ghiacciò con lo sguardo.
“Oh, è vero, Draco Malfoy non accetterebbe mai l’aiuto di una mezzosangue.” Esclamò cupa, facendogli strada. “Come ho fatto a dimenticarlo?”
Al suono di quelle parole Draco sembrò colpito, ma la ragazza non poteva rendersene conto, dato che era davanti a lui; facendosi forza - il che era tanto, vista la forza che gli era rimasta, cioè niente - la seguì pensando che dopo quei pochi metri si sarebbe potuto sedere un secondo, poggiandosi le mani sul fianco dolorante, senza fiatare. Rimase ad osservarla mentre lei frugava nel grande armadio presente in un angolo della stanza.
“Dov’è finita? Ah, eccola…” Estrasse la testa castana dall’armadio osservando compunta una coperta colorata.
Dall’aria calda ed invitante, si costrinse ad ammettere Draco.
La ragazza si voltò decisa e gliela porse.
“Aspettami qui, vado a cercare il kit per le medicazioni.”
Rimanendo ancora nel più assoluto silenzio, il ragazzo la attese pazientemente, probabilmente troppo stanco per parlare o anche semplicemente riflettere. Chiuse gli occhi, respirando lentamente, le mani ancora premute sul fianco dolorante. Aveva una sete tremenda, conseguenza della cospicua perdita di sangue che aveva subito; il fianco gli bruciava con aggressiva violenza, aveva ancora quelle maledette vertigini, ma preferì godersi il rumore, ormai lontano, dei tuoni e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, il calore di una vera casa. Tutto infatti in quella casa sembrava trasmettere una sensazione di affetto, di calore umano, di appagamento… proprio quello che lui non aveva mai conosciuto. Non erano solo e semplicemente le numerose foto della Granger e dei suoi due amici, compresa la sorella minore di Weasley, non era semplicemente il fuoco che la ragazza aveva acceso magicamente nel caminetto, poco prima di uscire dalla stanza, non era semplicemente la coperta che si era limitato a poggiarsi sulle spalle, dato che il dolore al fianco aveva preso il sopravvento e gli impediva qualsiasi altro movimento… era qualcosa di diverso, che Draco Malfoy non comprendeva appieno e che, quindi, non avrebbe saputo neppure spiegare. Era qualcosa di grande, di immenso… qualcosa che lo sconvolgeva, gli intorpidiva i sensi, ma gli faceva anche piacere; era come respirare un’aria nuova, come essere in un paese straniero dalla bellezza incredibile e non saper capacitarsi come tutto ciò sia possibile. Non è possibile spiegare a parole qualcosa del genere, ma lì, ad occhi chiusi, Draco pensò quasi di aver compreso cosa significasse la parola ‘calore’ e cosa la gente comune intendesse per ‘calore umano’.
Il senso di nausea non era ancora passato quando Hermione Granger fece ritorno.
“Ecco…” Disse bloccandosi subito dopo. “… ma…?”
Draco Malfoy, l’arrogante ragazzino viziato dei tempi di Hogwarts, era seduto sul divano, dove lei stessa gli aveva detto di accomodarsi, con il capo leggermente reclinato all’indietro, gli occhi chiusi, i capelli bagnati ancora appiccicati sulla sua fronte. Il suo torace si alzava e si abbassava ritmicamente, in sintonia con il suo respiro, che sembrava essersi fatto sottile e leggero; delle gocce di acqua erano scivolate dal viso lungo il collo dalla pelle candida. Sembrava realmente un angelo, nonostante l’aspetto ancora un po’ sinistro.
Improvvisamente aprì un occhio e fissò accigliato la ragazza che lo stava osservando sulla soglia, inarcò poi le sopracciglia con fare enigmatico e rialzò il capo.
“Che hai da guardare, Granger?”
Se solo fosse così angelico anche nella vita di tutti i giorni…
“Niente.” Ribatté lei con finta decisione, chinandosi davanti a lui e frugando nella cassetta dei medicinali, pregando affinché i suoi capelli bagnati coprissero a quegli occhi di tempesta il rossore che le aveva imporporato le gote. “Sei ferito?” Domandò senza alzare lo sguardo.
“No.” Mentì in risposta lui.
La ragazza allora lo guardò negli occhi, ancora qualche traccia di rossore sulle guance.
“Fammi vedere…” Mormorò poggiandogli una mano sotto il mento e voltandolo con delicatezza prima a sinistra, poi a destra. “Sembrerebbe di no, ma sei così pallido… più del solito.”
“Grazie.” Commentò sarcasticamente lui.
Hermione si rialzò in piedi poggiando la cassetta per le medicazioni sul divano, al fianco del ragazzo.
“Fai meno il sarcastico, Malfoy,” Esordì sfoderando placidamente la bacchetta e puntandogliela contro. “Non mi piace il sarcasmo fuori luogo.”
“Non ti è mai piaciuto.” Replicò lui calmo.
La ragazza si concesse un debole sorriso ed un’ironica alzata di sopracciglia.
“Esattamente.” Mosse di poco la bacchetta, ancora puntata contro il viso del giovane. “Intendi collaborare?”
“Non avresti mai il coraggio di usarla contro di me, Granger, non è nell’indole di voi Grifondoro: come potreste mai attaccare un ragazzo ferito e bisognoso del vostro aiuto?” Quella nota sarcastica vibrava ancora nel suo tono, nei suoi occhi una rabbia sorda ed attutita dal dolore fisico – e non solo –, tuttavia mista ad un certo divertimento. “Scommetto che non potresti…”
La ragazza non lo lasciò terminare, fece un rapido movimento con il polso della mano. “Revelo.” Sussurrò.
Draco istintivamente socchiuse gli occhi: aveva capito male o Hermione Granger lo stava attaccando? Quando però riaprì gli occhi assunse un’espressione mista tra rabbia e sorpresa: un alone di luce rosa acceso volteggiava nell’aria all’altezza del suo fianco destro ed attorno al suo piede sinistro.
“La prossima volta parla meno ed agisci di più.” Disse Hermione, con un sorrisetto furbo sul viso.
“Che razza di scherzo è questo?” La sua voce era bassa e nonostante fosse accigliato non sembrava veramente arrabbiato.
“Avanti, Malfoy, non prendertela. Non volevo spaventarti, è un semplice incantesimo che indica dove sei stato colpito. Di solito si usa con le persone prive di senso per poterle medicare, ma dato che tu non collabori…”
L’unica risposta che ebbe da lui fu un cupo “Sarò io a spaventare te, Granger, se non farai sparire questo fumo entro cinque secondi.”
Hermione non si scompose minimamente, anzi, iniziò a trafficare con delle bende all’interno della tanto famosa cassetta per le medicazioni e si avvicinò al ragazzo; quando gli fece cenno di togliersi tutto ciò che impediva la visita della ferita, lui rimase impassibile a fissarla con i suoi occhi glaciali. Un Malfoy non si sarebbe mai e poi mai fatto aiutare da una ragazza. Figuriamoci da una ragazza Grifondoro… non una Grifondoro qualsiasi, ma Hermione Granger, la petulante secchiona di Hogwarts che non aveva altri amici se non quei due deficienti di Potter e del suo sguattero Weasley!
“Non costringermi a farlo, Malfoy.”
“Non ho bisogno del tuo aiuto.”
“Questo dobbiamo ancora vederlo.”
Poggiò le bende sul cuscino del divano e prese con fermezza un lembo della felpa che indossava il ragazzo, dopo aver scostato la coperta ed il mantello ormai ridotto come uno straccio.
Ovviamente la reazione di lui non tardò ad arrivare, con la conseguenza che una tirava da una parte, uno dall’altra, nonostante Draco fosse sempre più dolorante per via della ferita.
“Molla, Granger!” Ringhiò lui alzandosi in piedi a fatica: il suo orgoglio era capace di vincere qualsiasi ostacolo, di abbattere qualsiasi barriera.
“No, molla tu, Malfoy!” Protestò Hermione accigliata, cercando di alzargli la felpa a tradimento. “Non fare il bambino!”
“E tu fatti gli affari tuoi!” Con un gesto brusco si riabbassò la felpa in tempo perché la ragazza non potesse scorgere la ferita. “Piantala!”
“Sei peggio di Ron!” Mugugnò Hermione cercando di coglierlo alla sprovvista. “Che vuoi che ti costi sfilarti questa benedettissima felpa e farmi vedere la ferita?”
Così dicendo afferrò il lembo opposto a quello trattenuto dal ragazzo, la cui mano ‘libera’ era occupata a trattenere il braccio sinistro della sua ‘avversaria’, e lo sollevò con uno strattone fiero e deciso; Draco si voltò di scatto cercando di riabbassarsi la felpa, ma così facendo urtò Hermione che cadde in terra trascinandoselo dietro.
E certo mai Hermione si sarebbe aspettata di trovarsi distesa in terra, con sopra di sé Draco Malfoy.
Senza volerlo, si trovò a rimirare quel viso appuntito con troppa attenzione…
Non ho mai fissato nessuno così. Ma che mi prende?
… a guardare in quegli occhi grigi e profondi…
… questi occhi…
… si sentì arrossire senza poter fare assolutamente nulla per impedirselo.

*** *** ***

I due ragazzi camminavano parlottando sul vialetto innevato, i loro piedi lasciavano una dolce e lunga traccia di passi nella neve candida alle loro spalle; avevano entrambi le guance arrossate per il freddo, per il vento, e le labbra leggermente livide… eppure i loro occhi esprimevano tutt’altro. Esprimevano una sensazione di calore fino ad allora sconosciuta, o quasi. La ragazza, abbassando lo sguardo come sempre, quando si sentiva in imbarazzo, si sistemò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio sinistro.
Questa sensazione è nuova, per me… non ho mai provato qualcosa di simile e non voglio smettere di provarla per nulla al mondo. Vorrei che questi momenti potessero durare per sempre.
Harry si fermò, imitato dalla ragazza che si voltò ad osservarlo ancora leggermente imbarazzata.
“Ginevra?”
Il mio nome detto da lui… suona così dolce…
Ginny lo guardò perplessa.
“Sì?”
“Sono contento che tu sia rimasta con noi.”
… oh.
Dalle labbra di Ginny non uscì una singola parola, il suo corpo non fece il minimo gesto lì per lì, sul momento. Vide solo l’immagine di Harry offuscarsi leggermente e chinò il capo, con vergogna, per non fargli vedere quelle lacrime di felicità.
Il ragazzo in un secondo le fu nuovamente vicino, poggiandole una mano sulla spalla tremante, i suoi occhi verdi sembravano preoccupati.
“Che succede, Ginny? È stato qualcosa che ho detto?” Domandò chinando leggermente il viso verso di lei.
La ragazza scosse la testa, il volto ancora nascosto tra le piccole mani infreddolite.
Dev’essere un sogno.
“No, scusami, Harry… è che io…”
Devo dirglielo, ora o mai più… devo fare qualcosa! Okay, ce la posso fare…
Fece il grande errore di sollevare lo sguardo, incrociando ancora una volta quello dolce del ragazzo. Si era sentita quasi sicura di quello che stava per dire come mai nella sua giovanissima vita, ma quando si trovò davanti al fatto compiuto sentì le sue sicurezze sgretolarsi, crollare, cadere come un castello di carte scosso da un alito di vento più forte di loro; avrebbe tanto voluto dirgli qualcosa, anche una piccola cosa che gli facesse intuire quanto lui significasse ancora per lei, eppure non riusciva ad emettere alcun suono, le gambe sembravano intorpidite ed il fatto che una mano del ragazzo fosse ancora sulla sua spalla non aiutava di certo.
“… Io…”
Non ce la faccio, io non ci riesco…
Sentì gli occhi bruciarle per la delusione, le lacrime spingevano prepotentemente per uscire, nonostante Ginny stesse facendo del suo meglio per impedirlo.
“Io…”

Maledizione, Ginny, smettila di ripetere ‘io’ come una deficiente! Sei una stupida!
Si asciugò gli occhi con la mano destra, il capo reclinato nuovamente, nuove lacrime sulle guance.
Non capì più nulla di quello che stava succedendo attorno a lei quando sentì le braccia di Harry attirarla leggermente verso di lui e stringerla dolcemente al suo petto. Strinse con una mano la giacca del ragazzo, bagnata di neve, singhiozzando sia per la delusione verso se stessa, sia per quella fortissima emozione, per quel gesto che mai Harry le aveva rivolto, per quel gesto che significava così tante cose tutte assieme.
“Calma, Ginny… non è successo niente, shh…” Sussurrava Harry con gli occhi socchiusi, sentendo dentro di sé un tepore e sapendo che, finché fosse rimasto con lei, quel tepore non si sarebbe mai estinto, né tanto meno alleviato. “Non è successo niente, sei solo un po’ nervosa per tutto quello che è successo…”
“Mi dispiace, Harry…” Sussurrò lei tra i singhiozzi. “… sono solo un peso per voi…”
Il ragazzo prese a carezzarle dolcemente il capo.
“Non è vero, non sarà mai così…” Mormorò lui candidamente. “Io ti voglio bene, noi ti vogliamo bene…”
… io ti amo, Harry…

*** *** ***

I due si separarono impacciati, entrambi rossi in viso, cercando di non incrociare gli sguardi, rimasero in silenzio per un poco.
“Ehm…” Fece Harry, dopo un po’, grattandosi la testa e scompigliando così i suoi capelli già abbastanza scompigliati per natura. “… andiamo a casa?”
Ginny poteva ancora percepire quell’ondata di calore.
“S-sì…”
Mentre camminavano verso casa, Ginny Weasley, diciassette anni, pensò che, nonostante il ragazzo dei suoi sogni non avesse detto di essere innamorato di lei, ma di volerle semplicemente bene (Semplicemente? Per Ginny era una cosa eccezionale!), le cose cominciavano finalmente a non andare poi così male.

*** *** ***

Sapeva benissimo che le sue guance erano andate in fiamme e questo la rendeva ancora più arrabbiata, tuttavia non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi di ghiaccio che avevano la capacità di paralizzare, quegli occhi che un mese prima l’avevano sconvolta per la sensazione di tremenda tristezza che trasmettevano, quegli occhi cui non aveva mai fatto caso finché era stata a Hogwarts e che ora, ironia della sorte, sembravano in grado di trasmettere emozioni così forti da impedire a chi li osservasse di poter ribattere ad una qualsiasi osservazione: l’intensità delle emozioni trasmesse da quegli occhi grigi, strani ma bellissimi, esprimevano perfettamente il dolore che quel ragazzo neppure diciannovenne aveva ricevuto nella sua vita. In quel momento gli occhi del ragazzo erano fissi in quelli di lei, né spalancati per la sorpresa, né socchiusi.
Ma che cavolo fa? Perché non si sposta?!
“Complimenti, Granger, guarda che hai combinato…” Disse improvvisamente il ragazzo biondo mentre alcune gocce scivolavano lentamente dai suoi capelli sul viso di Hermione.
Mi sta prendendo in giro?
La ragazza riacquistò la forza d’animo che l’aveva sempre rappresentata ed incrociò le braccia sul petto, in segno di intransigente attesa.
“Ti spiacerebbe spostarti?”
“Nessun problema…” Rispose lui, però spostandosi avvertì una fitta più forte delle altre al fianco e dovette poggiarsi con la schiena al divano, gli occhi chiusi, la bocca leggermente incurvata in un’espressione di dolore
Hermione si mise seduta, portandosi i capelli bagnati dietro le orecchie, sperando che il rossore dal suo viso fosse sparito, ma quando tornò a fissare accigliata il ragazzo si dimenticò di tutto: la felpa che aveva in mano e che apparteneva al giovane era intrisa di sangue sulla parte destra e Draco, sempre con gli occhi chiusi, quasi a volersi concentrare per eliminare o alleviare almeno in parte la sofferenza, si teneva le mani premute su di una zona più sopra del fianco, più o meno all’altezza della vita, dove la sua pelle candida si macchiava con prepotenza di rosso.
“Oh mio Dio…” Sussurrò avvicinandoglisi con cautela. “Chi ti ha ridotto così?”
“Secondo te?” Fece lui con voce bassa, intimandole con lo sguardo di stare lontana.
“Non ci posso credere… sono stati i Mangiamorte dell’altra volta?” Continuò Hermione, imperterrita.
Draco richiuse gli occhi, colpito da un’altra fitta.
“Con l’aiuto di mio padre,” Precisò. “ma già che hai combinato tutto questo casino, che ne dici di fare qualcosa per aiutarmi?” Ringhiò poi lanciando un’occhiata alla valigetta del pronto soccorso.
Hermione seguì lo sguardo del ragazzo e prese la valigetta tra le mani.
“Giusto… però credo che dovresti andare all’ospedale…”
Draco irruppe in una risata sarcastica, molto trattenuta, a dire il vero, perché la ferita bruciava da impazzire.
“Certo, per poi essere schedato come Mangiamorte nella migliore delle ipotesi ed essere spedito ad Azkaban! Oppure potrei farmi direttamente schedare, ricoverare e scoprire così da mio padre e i suoi amici… come ho fatto a non pensarci prima? Granger, tu sì che sei un genio!”
“Ma tu non sei un Mangiamorte… no?” Ribatté la ragazza ostinatamente, memore del ‘discorso’ che avevano avuto al parco un mese prima. “Perché dovrebbero schedarti come tale?”
Lui aprì gli occhi lentamente e quelle sue iridi grigie sembrarono trapassarla da parte a parte, e questa volta fu il ragazzo a distogliere lo sguardo.
“Io non lo sono. Ma per loro sì. Sono un Malfoy, ricordi?”
Hermione scosse il capo.
“L’avevo dimenticato…” Mormorò iniziando a medicarlo con cautela e riuscendo con la magia e fermare l’emorragia, arrendendosi a quelle sue motivazioni più che logiche e convincenti.
Lui fece una smorfia di dolore solo quando fu certo che la ragazza non potesse vederlo, dopodiché, dopo un breve ma intenso silenzio, parlò.
“Perché sei venuta a cercarmi?”
Hermione si bloccò istantaneamente.
“I-io?”
“No, tua sorella gemella.” Sbottò lui, mentre Hermione riprendeva il suo lavoro. “Certo che mi riferisco a te, Granger!”
La ragazza scosse impercettibilmente il capo, facendo dondolare di poco i suoi capelli castani.
“Non ero venuta a cercare te.” Mentì.
“Ah no?” Fece lui con le bionde sopracciglia inarcate fino a fargli assumere un’espressione di puro ed estremo scetticismo. Sembrava aver ripreso le sue forze… doveva essere abituato ad attacchi del genere. “E che ci facevi con quel tempo, al parco, da sola? Andavi a cogliere funghi? Di questa stagione, poi, la vedo difficile…”
Hermione sollevò il viso, stavolta non era arrossita.
“Il tuo sarcasmo comincia a stancarmi.” Dichiarò diplomaticamente. “E comunque ero venuta per riportarti il mantello che mi avevi prestato… l’altra volta.” Parlò velocemente, quasi come a voler nascondere un qualcosa.
“Oh.” Fu l’unico commento del ragazzo.
Si fissarono in silenzio per una manciata di secondi, i grigi occhi di Draco sembravano poterle leggere dentro… non diceva nulla, non faceva nulla, eppure quel suo semplice sguardo metteva a nudo la sua anima e così, senza saperne il perché, Hermione si trovò a sussurrare.
“E…”
“E?”
Lei deglutì incerta e decisa al tempo stesso, lacerata da questi due sentimenti così contrastanti, così diversi tra loro, opposti.
“Parlami ancora.”
Sul viso di Draco nulla cambiò, ma un qualcosa sembrò passare in quegli occhi ormai non più così gelidi, ma così pieni di emozioni, così ricettivi…
“Parlami ancora… perché io devo sapere cosa abbiamo sbagliato in tutti questi anni.” Aggiunse Hermione, sentendosi improvvisamente rilassata quando notò un’ombra di sorriso sulle labbra del ragazzo. “Dimmi cos’altro non ho saputo vedere… fammi capire il tuo punto di vista, in modo che io possa correggere i miei errori e non commetterne più.”
“Va bene, Granger.” Dichiarò lui mettendosi seduto e finendo di sistemare con la magia e le forze recuperate la bendatura che la sua ‘salvatrice’ aveva lasciato a metà. “Forse anche tu potrai insegnarmi qualcosa.”
Stavolta il suo viso fu letteralmente illuminato da un sorriso un po’ beffardo, un po’ aggressivo, ma insicuro e stranamente conciliante al tempo stesso. Un sorriso bellissimo.
Quello era decisamente un sorriso, non semplicemente un’ombra di sorriso.

I lie down and blind myself with laughter
A quick fix of hope is what I'm needing



   
 
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Doe