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Autore: AliceWonderland    06/05/2014    1 recensioni
[Cap.01] Il giovane Arclight si mise a sedere fra le coperte, stropicciandosi gli occhi ancora assonnato, mentre Kaito lo osservava di sottecchi col petto ancora oppresso dalle palpitazioni; svegliarsi e ritrovare accanto a sé il giovane assistente di suo padre, seminudo fra le coperte, i lunghissimi capelli dai riflessi argentei che gli scendevano lungo le spalle coprendone in parte le nudità, per un attimo aveva fatto sussultare il suo cuore.
[Cap.02] Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare i canti della fauna notturna di quelle campagne e a godersi quel silenzioso spettacolo di astri che la notte offriva loro, fino a quando una voce sommessa non distrasse Christopher dalla sua contemplazione.
-…Sono davvero un egoista, Chris?-.
[Cap.03] Christopher si portò le mani alla testa, confuso.
Un sorrisetto si dipinse sulle labbra sottili del bambino.
-Il mio nome è Tron- disse, per poi portarsi le mani piccole e guantate sul petto, come a dimostrare la propria consistenza –Ma prima di prendere questo aspetto avevo un altro nome, una vita invidiabile, una famiglia ed un lavoro affiancato ad un collega che credevo essere mio amico. Al tempo mi chiamavo Byron Arclight-.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Christopher Arclight/ Five, Kaito Tenjo/Kite Tenjo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



-FRUSCIO DI STELLE-



Arrabbiato, Kaito percorse a grandi passi i corridoi silenziosi del laboratorio diretto all’uscita, dove i raggi pallidi della luna illuminavano i giardini della struttura, alternandosi alle zone d’ombra del porticato vicino.
Soltanto pochi minuti prima, calata la sera, il diciassettenne si era presentato negli uffici del padre con l’intenzione di parlargli; il dottor Tenjo era sempre molto impegnato, non trovava mai tempo da trascorrere con lui e Haruto, e col passare delle settimane il suo primogenito si era finalmente deciso a parlargliene…

-Le condizioni di Haruto stanno peggiorando- gli aveva detto, e lo sguardo corrucciato del padre si era a malapena sollevato dal grande monitor del pc.
-Sì, ne sono al corrente- fu la risposta distaccata che ricevette.
-Ascoltami!- Kaito aveva insistito, alzando la voce, non potendone più di quella sufficienza e di quell’apatia che il padre mostrava ogni giorno nei suoi confronti –Da quante settimane non vieni ad accertarti tu stesso delle condizioni di Haruto? Non fai altro che lavorare tutto il tempo e ti limiti ad osservarlo da quello schermo come fosse una cavia! Se solo trascorressi più tempo con…!-.
-Adesso basta!- lo interruppe l'uomo, alzandosi di scatto -Eppure mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro al riguardo! Non capisci che tutto quello che sto facendo è proprio per trovare una soluzione e una cura al problema di tuo fratello?! Guardati intorno, Kaito: tutti questi dati, tutte queste ricerche e tutte queste persone sono qui con lo scopo di trovare una soluzione definitiva al suo problema! Lavoriamo giorno e notte, e tu hai il coraggio di presentarti qui e di accusarmi di non saper svolgere il mio ruolo di padre? Non essere superficiale ed egoista! Vorresti forse chiedermi di abbandonare tutto dopo anni di sforzi e sacrifici? Di gettare tutto alle ortiche?-.
A poca distanza dai due, Christopher, chino su alcuni schedari, volse appena lo sguardo nella loro direzione, restando in silenzio a fissare la scena.
Kaito, nel frattempo, tremava per la rabbia; perché non voleva capire? Perché suo padre non lo voleva ascoltare? Era del piccolo Haruto che si stava parlando…
-Non sono qui per mettere in dubbio il tuo impegno, ma tutto questo ti sta allontanando da lui. Perché non ti fermi e non trascorri del tempo con Haruto? Lui non ha bisogno di un dottore, ha bisogno di affetto e di un padre presente!-;
-So io cosa è meglio per mio figlio, perciò l’argomento è chiuso! Non ho intenzione di perdere altro tempo a parlare di questo, perciò esci subito da qui-.
Lo aveva congedato con furia, non l’aveva neanche guardato in faccia.


A suo padre non era mai importato nulla, né di lui né di Haruto, e Kaito, dovendo essere sincero, non aveva mai fatto mistero dell’indifferenza che nutriva verso il genitore; si era sempre preso lui cura del piccolo, sin dal giorno della sua nascita era stato molto più di un fratello, e l’assenza di Faker l’aveva portato a doversi lasciare alle spalle le frivolezze della sua giovane età per imporsi una maturità che quasi stonava con il suo volto di bambino e, più tardi, di adolescente. Eppure Kaito amava stare a fianco di Haruto; lui era la sua felicità, la sua gioia, e, guardandosi alle spalle, tornando a ripensare al suo passato, non avrebbe cambiato un solo giorno, una sola ora trascorsa assieme al fratellino, per poter avere l’infanzia e i vizi di ogni altro coetaneo.
Ma ora che le condizioni di Haruto andavano peggiorando, una strana angoscia mai provata prima stava venendo a galla. Kaito provava un insopportabile senso di impotenza verso le condizioni e la strana malattia in cui il piccolo versava da oramai due anni; sentiva di non essere in grado di fronteggiarla. Non da solo.
Per questo aveva, per la prima volta nella sua vita, cercato suo padre. Per questo, quella sera stessa, aveva preso coraggio per parlargli come qualunque figlio avrebbe fatto col proprio genitore… Ma non era servito a nulla. Le sue parole erano rimaste inascoltate.
Si mise a sedere sul prato umido, rendendosi conto di avere gli occhi lucidi e gonfi di lacrime.
Non si era mai sentito tanto fragile e inadeguato nel ruolo di fratello in vita sua. Che cosa sperava di ottenere da un padre che non era mai stato presente nella loro vita, e che si nascondeva costantemente dietro la scusa del suo lavoro?
-Kaito?-.
Una voce gentile lo distolse dai suoi pensieri, facendolo trasalire, e, alzando lo sguardo, l’interessato scorse Christopher, in piedi, davanti a lui; non indossava il camice, doveva aver appena terminato il suo turno di lavoro.
Il ragazzino si portò una mano sul volto, mascherando gli occhi ancora lucidi e furenti, tentando di ricomporsi. Non sopportava di essere visto in quello stato, di farsi vedere così debole agli occhi degli altri, soprattutto agli occhi di Chris, benché lui fosse la persona con cui mostrava di aver più confidenza.
Kaito non era mai stato una persona lamentosa, né aveva mai cercato la comprensione o la pietà degli altri; lo aveva sempre infastidito e messo a disagio l’idea di dover parlare dei problemi che aveva con suo padre con Chris, specie conoscendo l’ancor più triste condizione di quest’ultimo, ma era certo che quello sguardo zaffiro avesse già compreso tutto, dal modo in cui si era soffermato su di lui e dal silenzio che per un attimo aveva preso il sopravvento in quel cortile.
-Va tutto bene- lo rassicurò, mentre lo studente posava a terra un’alta e stretta custodia scura, alzando il volto e fissando il cielo scuro sopra di loro, in silenzio.
-Vorresti essere da tutt’altra parte, vero?-;
-…Vorrei solo smettere di esistere per una notte- ammise il primo, poco dopo, forse più rivolto a se stesso che al suo interlocutore.
-E dove vorresti andare?- gli chiese Chris, riportando l’attenzione su di lui, sorpreso da quelle parole.
Kaito scosse il capo. Non lo sapeva neanche lui, in realtà. Voleva solo lasciarsi per una sera alle spalle tutti quei caotici pensieri che si accavallavano nella sua mente, le sue preoccupazioni, i litigi con suo padre, la malattia di suo fratello…
Voleva solo tornare a riprendere ampie boccate d’aria, e svuotare la mente. Si sentiva così fragile e stanco in quel periodo…
-Da qui le stelle non sono un granché- affermò ad un tratto Chris, volgendo ancora lo sguardo blu al cielo e portandosi le mani sui fianchi.
-…Mh?-.
Un impercettibile sorriso si disegnò sulle labbra del giovane Arclight: -Ti andrebbe di accompagnarmi in un posto, Kaito?-.
Il ragazzino batté le palpebre, e, dopo un attimo di perplessità, incuriosito, sollevò la mano e la strinse a quella del ragazzo, che l’aiutò ad alzarsi da terra.

La jeep percorreva le strade sterrate della periferia, lasciandosi alle spalle le luci della città.
Kaito si voltò appena, fissando la luminosa e variopinta torre di Heartland City stagliarsi dentro le mura, e la sua luce sfavillante fondersi con quella delle insegne e delle case circostanti, mentre l’auto si allontanava verso l’oscurità delle strade di campagna.
-Dove stiamo andando, Chris?- domandò al ragazzo alla guida –E quello?- aggiunse fissando lo scatolone di poco prima steso sul sedile posteriore.
Christopher alzò le spalle: -Abbi pazienza, è una sorpresa- si limitò a rispondergli –Sembri disorientato. Non sei mai venuto da queste parti?-, alla mancata replica del ragazzo, il più grande volse le iridi zaffiro verso di lui -Kaito… Non sei mai uscito dalle mura di Heartland?-.
L’interessato tacque, rivolgendogli un’occhiata indispettita che sembrava parlare per lui: “Che dovrei venire a fare in un posto così sperduto?”, ma si limitò a distogliere lo sguardo chiaro e a puntarlo sulla strada di ciottoli che si snodava davanti a loro.
-No- ammise, infine, incrociando le braccia al petto e tenendo d’occhio la reazione che andava disegnandosi sul volto del ragazzo più grande -La trovi una cosa tanto divertente?- sbottò atono.
-Ti chiedo scusa- ridacchiò Christopher, tossicchiando per ridarsi un contegno, per poi lanciargli un’altra occhiatina di sottecchi -E’ come se fossi un piccolo principe che vive perennemente sul suo piccolo pianeta- affermò con una dolcezza che spiazzò il vicino.
-Che cosa?- mormorò il biondino, inarcando le sopracciglia chiare.
-No, nulla. Pensavo ad alta voce-.
Il Piccolo Principe sul suo piccolo pianeta?

Kaito intrecciò le mani ai fili d’erba, levando lo sguardo e indirizzandolo verso la scia di stelle infissa sulla vasta ed immensa volta nera sopra di loro; respirò a pieni polmoni la brezza estiva della notte, ed ascoltando il canto delle cicale ed il frusciare delle cime degli alberi della piccola radura vicina, si promise, per quella sera, di non voltarsi mai verso la sua città natale, divenuta un unico punto luminoso circondato dall’oscurità.
Per quella notte voleva fingere che Heartland e tutte le insicurezze e i problemi racchiusi in quelle mura non esistessero, voleva fingere di trovarsi per davvero da tutt’altra parte, su un altro pianeta, in un’altra galassia. Solo per quella sera. Solo lui e Chris.
-Hm… -4 di magnitudine, sull’orizzonte ad Ovest, eccolo- sussurrò accanto a lui Christopher, posizionando il telescopio e programmandone con cura le coordinate.
-Come riesci a distinguere un pianeta fra tutte quelle stelle?- gli domandò il biondino, osservandolo.
-In effetti un pianeta si presenta un po’ come una stella, ma, a differenza di queste, è molto più luminoso e mantiene costante il proprio bagliore- gli spiegò il ragazzo -Venere è distinguibile solo per poche ore dopo il tramonto… Eccolo. Abbiamo ancora un buon quarto d’ora di visibilità prima che scompaia- annunciò soddisfatto facendogli segno di avvicinarsi –Riesci a vederlo meglio ora?-;
-Sì, lo vedo- asserì Kaito, fissandolo attraverso l’oculare.
-Con un telescopio molto più potente si potrebbe arrivare a distinguerne le nebulose, ma dovremo accontentarci. Per fortuna non c’è troppo vento questa notte…-.
Kaito lo lasciò parlare, continuando a fissare assorto il piccolo pianeta giallo-biancastro che ora, grazie all’ausilio di una spessa lente, gli sembrava molto meno distante, rispetto a pochi minuti prima.
Spostò appena lo sguardo su Chris.
Quando attaccava a parlare di astronomia non c’era più modo di fermarlo, e la cosa, per un attimo, non poté che fargli sfuggire un sorrisetto divertito. Il volto sereno del più grande e le sue maniere tranquille e piacevoli riuscivano sempre a placare il suo animo tormentato; Christopher, anche se indirettamente o involontariamente, sapeva sempre trovare una maniera per donargli quella pace e quella tregua dalla frenetica routine che lo travolgeva; quando stavano insieme, anche con il piccolo Haruto, Kaito sentiva creare attorno a sé il tepore di una vera famiglia, sentiva che tutto sarebbe andato per il meglio, con Chris al loro fianco a sostenerli.
Trascorsero il tempo ad esplorare il cielo e le stelle sopra di loro: Christopher illustrava con piacere a Kaito tutte le sue innumerevoli conoscenze in materia con un fresco entusiasmo che rapiva ed incuriosiva il ragazzo più giovane; la nera volta del cielo, intanto, esibiva le sue preziose stelle, che col sopraggiungere della notte sembravano aumentare, venendo a splendere sopra di loro, vanesie, come a mostrare apprezzamento per le attenzioni ricevute.
-Vediamo un po’- disse Chris, sporgendosi vicino alla lente, e accostando il viso a quello del ragazzino –Oh, Venere è svanito del tutto- osservò –E il piccolo principe è ancora qui sulla Terra- gli sussurrò all’orecchio, facendo trasalire il giovane Tenjo, che serrò le labbra paonazzo.
-Non trattarmi come un moccioso- brontolò quest’ultimo, scocciato, allontanandosi dal telescopio e gettandosi sulla coperta lì accanto.
-Scusami, sembravi così assorto- sorrise il ragazzo coricandosi al suo fianco.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, ad ascoltare i canti della fauna notturna di quelle campagne e a godersi quel silenzioso spettacolo di astri che la notte offriva loro, fino a quando una voce sommessa non distrasse Christopher dalla sua contemplazione.
-…Sono davvero un egoista, Chris?- gli domandò Kaito.
Il più grande scosse il capo, passandogli le braccia attorno alla vita, traendolo e stringendolo a sé in un tenero abbraccio.
-No, non sei un egoista- lo rassicurò -Ti stai solo preoccupando per Haruto. E’ più che normale-;
-E allora perché non capisce? Perché è così testardo?- esclamò il più piccolo, volgendo appena le iridi ghiaccio sul ragazzo stretto alle sue spalle.
-Sì, forse un po’ testardo lo è, ed è sempre così impegnato…- asserì questi, comprensivo –Però, Kaito, prova a pensarci: lui sa che al fianco di Haruto ci sei tu. Tuo padre non è il genere di persona a cui riesce facile dimostrare affetto, ma ciò non significa che non vi voglia bene e non si preoccupi per voi. Sa con quanto impegno ti prendi cura di Haruto, e proprio per questo il dottore si è gettato a capofitto nel suo lavoro. Forse, sente che l’unico modo che ha lui per rendersi utile a tuo fratello, come fai tu, è di lavorare molto per poter trovare una cura-.
Kaito lo ascoltò, interdetto. Quelle parole gli diedero molto da riflettere. Non aveva mai considerato la cosa dal punto di vista di suo padre…
Non aveva mai provato molto affetto per lui, sin da piccolo il loro rapporto era stato molto distaccato, minato, oltretutto, dagli innumerevoli impegni di quest’ultimo, e non si era mai fermato a riflettere su ciò che in quel momento Chris aveva portato a galla con le sue parole.
Ognuno è diverso, ognuno cerca di rendere felice i propri cari seguendo e sfruttando le proprie attitudini.
Guardò il ragazzo con aria pensosa, per poi lasciarsi andare fra le sue braccia.
-Dove trovi la forza…-;
-Mh?-.
Kaito serrò le labbra, strappando con aria assorta qualche filo d’erba accanto a sé.
-… la forza di andare avanti ogni giorno, Chris?- proseguì.
Il giovane Arclight tacque, socchiudendo gli occhi e posando il capo sulla sua spalla.
-Sei tu la mia forza, Kaito- rispose con una semplicità che lasciò il compagno di stucco -Proprio così. Saperti vicino a me non potrebbe rendermi più motivato. Ammiro la persona forte e determinata che sei, e ciò che fai ogni giorno per Haruto, e spero sempre di poter fare altrettanto per Thomas e Michael… Vorrei potergli riportare presto nostro padre, per tornare ad essere la famiglia che eravamo un tempo. Magari anche un po’ allargata, cosa ne pensi?- gli domandò, dopo qualche istante di riflessione, mentre un sorrisetto tra il tenero e l’impertinente si faceva largo sul suo viso.
-P-però…- sussultò Kaito, arrossendo.
-“Papà, lui è Kaito Tenjo, la persona con cui desidero trascorrere la vita”-;
-N-non è troppo presto per parlarne già…? C-Chris…?-.
Nonostante l’imbarazzo, Kaito non oppose resistenza quando le mani affusolate di Christopher salirono a sbottonargli piano la camicia.
Il più piccolo percepì il fiato caldo e le labbra voluttuose dell’occidentale percorrere e stuzzicargli il collo, le spalle oramai nude e la schiena magra e diafana, fino a quando il lieve ma impaziente tocco di Chris giunse al suo basso ventre facendolo sussultare e sospirare di piacere.
Si volse verso di lui e, finalmente, Kaito fu di nuovo faccia a faccia con il ragazzo, scorgendo nei suoi occhi un traboccante desiderio di tornare a farlo suo, lì, su quel prato, con il fruscio delle cime degli alberi che col suo lieve e discreto sussurro sembrava imporre ai rumori della notte di cessare, lasciando il venticello serale e l’immensa vastità del cielo stellato sopra di loro come unici testimoni.
Improvvisamente a Kaito non importò più di essere ad Heartland, lontano o vicino a suo padre, ai suoi problemi, o così distante da quel pianeta così effimero.
C’era Christopher.
C’erano lui e Christopher.
Questo gli bastava.
-Potremmo prendere un gatto-;
-Cosa?-;
-Un bel gatto bianco che gira per l’appartamento, non ti piacerebbe?- gli domandò Chris, pensoso, coricandosi su di lui e tornando a baciarlo.
Kaito trattenne un gemito e distolse lo sguardo, rinunciando ad ogni replica. A volte il suo compagno era davvero strano.
-E come lo chiameremo?- gli chiese.
-Mh? Non saprei- ammise il più grande -Venere?-.

FINE.

Disse l’Autrice:
Salve a tutti e ben ritrovati!
Termina così il secondo capitolo autoconclusivo di questa storia. Nelle note del precedente avevo annunciato che in questa parte avrei presentato un racconto autoconclusivo su un’altra coppia, ma dopo la pubblicazione di “Argento” è maturata l’idea di proseguire con altri piccoli racconti sul passato di Christopher e Kaito, e così ho pensato di sfruttare questa fanfic solo per la suddetta coppia, la Dilateshipping.
In questo ho cercato di dare spazio non solo ai due ragazzi, ma anche ad un piccolo spaccato del rapporto padre e figlio, ed i pensieri di Kaito riguardo il fratello minore Haruto.
Credo che i personaggi con cui interagiscono spesso Kaito e Chris abbiano contribuito molto, seppur involontariamente, alla formazione e allo sviluppo della ‘coppia’ e delle sue vicende nella mia mente, dunque perché non dare spazio anche a loro? E… niente. Tutto qua.
Spero che questo secondo capitolo sia stato di vostro gradimento; grazie per essere passati a dare un’occhiata. A voi tutti va il mio augurio di buona serata.
Alla prossima!

+AliceWonderland+
  
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