Capitolo
IV
But
there’s a shining in the shadows
But
there’s a shining in the shadows
I’ll never know unless I try
With every small disaster
I’ll
let the waters still
Take
me away to some place real
'Cause
they say home is where your heart is set in stone
Home,
Gabrielle Aplin
“No,
davvero, io non voglio credere che tu abbia intenzione di mangiare quella roba”
Isaac
alzò lo sguardo dal vassoio della mensa stracarico di cibo, compreso un enorme
piatto di nachos e salsa che Sofi guardava con malcelato disgusto.
Non
che lei fosse una salutista, come poteva confermare Scott e il pacchetto di
patatine che lei gli aveva rubato la sera prima, ma quel piatto di nachos era
troppo persino per lei.
La
borsa pesava sulla spalla di Sofi visto che non era riuscita a passare a posare
i libri nell’armadietto.
O
meglio, era riuscita a passarci davanti, ma il lucchetto non voleva saperne di
aprirsi così aveva infilato tutto nella borsa. Il libro di storia europea, un
tomo non indifferente di quasi ottocento pagine, pesava particolarmente con la
sua copertina rilegata e tutto il resto.
Sul
suo vassoio c’era solo acqua, un’insalata e una confezione di budino alla
vaniglia.
“Che
c’è di male?” chiese Isaac, guardando verso il piatto di nachos.
Prima
che Sofi potesse replicare, le puntò un dito contro.
“Non
fare la salutista. Le patatine di Scott di ieri e il mio cheesburger non sono
spariti per magia”
Sofi
ebbe la buona grazia di arrossire, anche se mulinò i capelli con aria
indignata.
Stiles
accanto a lei venne colpito da una ricciolo fluttuante.
“Oh,
scusa. La prossima volta mi assicurerò di avere campo libero”
“No,
va bene. I tuoi capelli hanno un buon… sapore?”
“Non
saprei, non li assaggio spesso” ridacchiò Sofi mentre tentava di tenere il
vassoio mentre la borsa scivolava sempre di più verso il gomito piegato.
Stiles
si insultò in silenzio con una smorfia mentre Isaac e Scott se la ridevano alle
spalle di Sofi.
“Andiamo
a sederci. Là ci sono Lydia e Kira” disse indicando un tavolo al centro della
mensa.
“Vedrai,
ti piaceranno” continuò guardando Sofi.
“Ho
conosciuto Lydia a chimica. E a storia europea c’era Kira”
“Kira
frequenta storia europea?”
“Siamo
più di quanti tu possa pensare, Stiles”
Il
ragazzo fece spallucce mentre si avvicinavano al tavolo. Si sedette accanto a
Lydia mentre Sofi scivolava di fronte a lui insieme a Scott e Isaac prendeva
posto a capotavola.
Sofi
salutò le due ragazze, ma Stiles si accorse che Lydia le riservò un’occhiata
strana, passando lo sguardo da lei a Isaac e da lei a Scott.
Conosceva
abbastanza bene Lydia da sapere che c’era qualcosa che la turbava.
“Stamattina
presto hanno chiamato mio padre dalla centrale” iniziò.
“Oh
no”
“Oh
sì. A quanto pare hanno trovato del sangue nel bosco”
“Sangue?
Solo sangue?”
“Parecchio
sangue, a quanto pare”
“Ma niente corpo, giusto?” chiese speranzoso Scott.
“Nessun
corpo”
“Quindi
potrebbe essere solo un escursionista ferito o sangue animale”
“Ti
piacerebbe molto, vero?” gli domandò Isaac con una specie di ghigno. La testa
di Sofi sembrava un pallina da tennis e guardava i i tre ragazzi mentre
parlavano di qualcosa che lei ovviamente non poteva capire.
Dopotutto,
cosa poteva saperne lei di licantropi, Kanima e Banshee, Kistune e Nogistune e
brutali assasinii?
Era
ovvio che non le avessero detto niente. Dopotutto, restava un’estranea entrata
nelle loro vite per caso che avrebbe potuto uscirne in fretta. O restarci per
sempre.
Sofi
si sporse verso Kira, ma guardò anche Lydia.
“Tutto
questo ha senso per voi?”
Kira
le sorrise mentre il volto di Lydia rimase una maschera granitica di
indifferenza.
“E’
solo che Beacon Hills ha un’alta percentuale di omicidi e strani incidenti” le
spiegò Kira sporgendosi un po’ in avanti.
Sofi
annuì “E questo è uno dei vostri argomenti durante il pranzo?”
“Uno
dei tanti” ammise Scott con un’alzata di spalle.
Sofi
annuì di nuovo, stavolta aggrottando appena le sopracciglia.
“Capisco,
ma…”
“Se
non ti sta bene puoi sempre andartene”
Lydia
li colse tutti impreparati. Senza alzare lo sguardo dal piatto di carote e
carne che aveva di fronte, non si curò degli sguardi di Scott e Isaac. Ignorò
gli occhi supplicanti di Kira che sentiva la tempesta avvicinarsi e Stiles che
silenziosamente la pregava di non dire qualunque cosa stesse per dire.
“Se
non ti piacciono i nostri discorsi, puoi sempre sederti da un’altra parte.
Anzi, a ben vedere non so nemmeno cosa faccia tu qui”
Ci
fu un attimo in cui Sofi rimase immobile, come se stesse cercando di capire a
fondo cosa le aveva appena detto. In realtà Stiles si sbagliava: Sofi non stava
registrando le sue parole, ma stava cercando di evitare che la ferissero.
Fu
un misero tentativo. Lydia aveva solo espresso i suoi pensieri più reconditi,
dopotutto. Perché solo mentendo Sofi avrebbe potuto sostenere di non aver
pensato di essere fuori posto, di non sentirsi come se stesse occupando una
posizione che non era la sua.
Ma
aveva nascosto quella sensazione sotto un sorriso, una scrollata di capelli e
qualche risata allegra. Ma niente poteva negare la verità e lei doveva smettere
di nascondersi.
Sotto
il tavolo, affondò le unghie nei palmi delle mani e strinse forte, fino a
quando il dolore fisico fu più forte di ogni altra sensazione.
Quello
era un tipo di sofferenza che poteva sopportare.
Si
obbligò a mostrare un sorriso, solo per Scott che la guardava preoccupato, per
Isaac che era rimasto con un nachos a mezz’aria e per Stiles, anche per lui,
che guardava lei e Lydia.
Si
mise la borsa in spalle e prese il vassoio mentre si alzava.
“Non
devi andare. Resta, dai” la esportò Scott, posandole una mano sul braccio, ma
Sofi scosse la testa.
“No
no, devo andare. C’è una ricerca di storia europea che devo fare; devo
consegnarla a fine settimana e gli altri hanno avuto un mese, quindi sono
piuttosto indietro. Ci vediamo alla fine delle lezioni, va bene?”
Non
aspettò una risposta.
Raccolse
le ultime cose e si diresse verso la porta. Stiles non aveva bisogno di sentire
i suoi passi farci sempre più veloci mano a mano che si allontanava per sapere
che, appena fuori dalla loro vista, aveva iniziato a correre.
Da
quando Sofi se n’era andata, Lydia non aveva aperto bocca.
Non
aveva niente a che vedere con il senso di colpa.
Aveva
continuato a piluccare il suo cibo, spostandolo nel piatto e mangiando piccoli
bocconi ogni tanto.
Dopo
che Sofi aveva lasciato il tavolo, nessuno aveva avuto il coraggio di dire
nulla e Lydia sospettava che nessuno avesse capito cos’era davvero successo.
Probabilmente
per loro le cose erano diverse, ma a Lydia sembrava che Sofi fosse stata messa
lì, insieme a loro, per occupare il posto che era di Allison.
Con
Kira non si era mai posta il problema: lei era arrivata prima, era già parte del gruppo.
Non
era Sofi il problema, si disse.
Era
il ruolo che stava tentando di coprire, la nuova
amica, un posto che era stato occupato tanto tempo prima a una persona a
cui aveva voluto un bene immenso.
A
lezione era stata gentile con lei, ma poi l’aveva vista entrare in mensa
insieme a Scott, Isaac e Stiles.
Aveva
visto come scherzavano con lei, come si stringessero intorno a lei e i
comportassero come persone normali.
Era
come riavere indietro l’inizio, quando Allison era arrivata. Solo che stavolta
non c’era Allison, ma una sua brutta copia.
Stiles,
Isaac e Scott parlavano e probabilmente cercavano di ignorare quello che era
appena successo; forse sapevano che se avessero chiesto, avrebbero aperto
ferite che non si erano ancora chiuse e che avevano appena iniziato a
rimarginarsi.
In
tutta sincerità, non credeva che avrebbe mai potuto accettare Sofi. Né pensava
che lei potesse risultare interessante, non se confrontata ad Allison.
Ma
se fosse stata davvero sincera con se stessa, Lydia avrebbe ammesso che a farle
davvero male era il fatto che tutti stessero iniziando a guarire, tutti tranne
lei.
La
morte di Allison era ancora una ferita aperta, una specie di buco nero pronto a
inghiottire tutto che non sembrava volersi chiudere o almeno ridimensionare.
Una
parte di lei si chiedeva come facessero gli altri.
Scott…
come faceva Scott?
Lui
aveva amato Allison come nessun altro, lei era stata il suo primo amore. Eppure
lui rideva con Sofi, la faceva sedere al suo fianco e la trattava come un’amica.
E
Isaac? Anche lui aveva amato Allison, probabilmente. Eppure guardava Sofi con
dolcezza.
Persino
Stiles sembrava affascinato dal sorriso enorme e dagli occhi grandi e ridenti
della nuova arrivata, bella nella sua spensieratezza.
“Lydia”
Stiles
la chiamò e si accorse che erano tutti in piedi e che Kira non era più con
loro. Non avrebbe saputo dire quando fosse andata via.
Avevano
finito di pranzare e i ragazzi erano in attesa per andare a lezione. Lydia
gettò un’occhiata al suo piatto, ancora intero per metà. Storse appena la bocca
e abbandonò il vassoio sul tavolo.
“Arrivo”
La
biblioteca era quasi deserta a quell’ora.
Aveva
visto la bibliotecaria all’ingresso, ma l’aveva ignorata e si era infilata tra
gli scaffali. Nel reparto di economia, una coppia di ragazzi si scambiava
effusioni senza che la donna al bancone potesse disturbarli.
Sofi
era discretamente scivolata oltre e si era nascosta nella sezione storia,
accasciandosi a terra e gettando la borsa di lato.
Aveva
afferrato un libro come un altro, senza nemmeno fare caso al titolo o
all’argomento o alla pagina in cui lo aprì.
Se
Lydia avesse avuto torto, forse sarebbe riuscita a lasciarsi scivolare addosso
le sue parole. Ma lei aveva ragione e non aveva fatto altro che riportare a
galla una sensazione che aveva spinto verso il basso nella speranza di tenerla
lontana da sé.
Si
era detta che Scott e Isaac le erano affezionati, che Stiles sembrava
apprezzare la sua compagnia e che non aveva motivo di sentirsi un’intrusa.
Invece
era esattamente quello.
Si
sentì di nuovo come se fosse in ospedale, completamente sola, senza ricordi e
senza amici, come non si era sentita per settimane.
C’erano
Scott e Isaac e poi aveva conosciuto Stiles.
Stiles.
La
sera prima era tornata a casa con un tale sorriso che Isaac l’aveva presa in
giro per tutta la sera e Scott l’aveva chiamata Miss Sorriso per ore prima che
il film che avevano deciso di guardare lo distraesse.
Basta.
Ritornò
alla copertina e guardò il titolo.
Era
un libro quasi intatto, ma chiaramente in là con gli anni. Probabilmente non
era molta la gente che lo aveva preso in mano in tanti anni di vita.
Non
c’erano altri libri di quel genere, un volume solitario. Un po’ come lei in
quella biblioteca.
Appoggiò
la testa contro il ripiano e socchiuse gli occhi.
Inspirò
a fondo l’aria un po’ stantia della biblioteca. Chissà da quanti anni erano lì
alcuni di quei libri, chissà se invece i più vecchi venivano ceduti o
eliminati.
Il
profumo dei libri e di cartone, tessuto o pelle delle rilegature la confortava,
come una vecchia ninnananna. Era strano che avesse scelto la biblioteca.
Poteva
rifugiarsi nei bagni, in cortile, in cantina, in un’aula vuota, sul campo da
lacrosse. Invece aveva scelto la biblioteca, come se in quel luogo riconoscesse
un posto che era casa e rifugio sicuro.
In
effetti, era l’unico luogo in cui avrebbe mai potuto andare.
Aprì
il libro alla prima pagina e iniziò a leggere. Non era importante cosa, contava
solo che la distraesse abbastanza da non pensare ad altro.
Funzionò
per qualche minuto e per un glorioso lasso di tempo non fu più in biblioteca,
tra l’odore di carta e pelle invecchiata, ma tra le strade di Parigi.
Con
una mano prendeva un appunto di tanto in tanto, fino a quando le pagine del
quaderno non vennero messe in ombra.
Quando
alzò la testa, il volto di Kira si aprì in un sorriso gentile mentre si
scostava di lato i capelli scuri.
“Ciao”
“Ciao.
Hai trovato quello che cercavi?”
“Ho
trovato l’argomento della mia ricerca. Qualcosa di buono in tutto questo c’è”
“Posso
sedermi?”
“E’
suolo pubblico, accomodati. Come mi hai trovata?”
“Ho
girato un po’ e alla fine ho pensato a dove potrebbe rifugiarsi una ragazza
nuova. Sai, sono stata anche io la
ragazza nuova”
“Davvero?”
“Se
posso dirti un segreto, mi sento ancora così almeno una volta al giorno”
“Nessuno direbbe che tu sia arrivata da poco”
“Grazie.
Quello che voglio dirti, è che è una cosa temporanea. Presto non sarai più la
ragazza nuova e nessuno ti guarderà come se fossi un pesce strano che cammina.
O la figlia del professore che tuo padre ha presentato a tutti, a lezione”
Sofi
rise e guardò in basso, verso il libro che teneva appoggiato sulle cosce.
“Tuo
padre insegna qui?”
“Storia
americana. Non chiedere del mio primo giorno, è una storia che non vuoi
sentire”
“Perché
no? Potrebbe essere divertente”
Kira
le scoccò un’occhiataccia “Credimi, non lo è”
Sofi
rise e poi cadde il silenzio, un momento di pacifica quiete che calò su di loro
simile a una tenda o a un velo.
Fu
Kira a spezzarlo per prima.
“Quello
che ha detto Lydia ti ha ferita, vero?”
“Forse”
ammise lei titubante. Cosa poteva dirle, dopotutto? Che si era sentita un
inutile accessorio, il genere di cosa che si accantona in fretta?
Kira
la guardò di traverso, come se sapesse esattamente cosa non stava dicendo e
cosa si nascondesse dietro quel forse stiracchiato.
“Forse un po’ più di forse” ammise a
denti stretti.
Kira
alzò un sopracciglio, ma non la costrinse a dire altro. Dopotutto, Sofi era
certa che sapesse esattamente come si era sentita.
“Non
devi prenderla sul personale” la rassicurò.
“Davvero?
Perché a me sembrava piuttosto personale”
“Lydia
non è cattiva, sono sicura che non voleva ferirti”
Sofi
inarcò un sopracciglio, ma evitò di dirle che se non era sua intenzione allora
doveva davvero migliorare le sue capacità di comunicazione.
“Lo
so cosa pensi”
“Io
non credo proprio”
“Pensi
che stia difendendo Lydia perché è mia amica. Ma c’è una storia che tu non
conosci, che nessuno si aspetta che tu conosca”
“E
tu me la stai per raccontare?”
“Solo perché tu non giudichi Lydia per quello che ha detto prima e per quello
che dirà in futuro. Non è una bella storia, Sofi”
“Ti
stupirebbe sapere quanto conosca bene le storie tristi”
“Va
bene. Un po’ di tempo fa c’è stato un incidente” esitò un momento sulla scelta
della parola, ma non serviva certo che Scott gli dicesse che era importante
tenere Sofi all’oscuro di tutte le questioni soprannaturali.
“C’era
una ragazza, si chiamava Allison. Era la migliore amica di Lydia, l’ex ragazza
di Scott, il suo primo amore. Scott era con lei quando sono stati aggrediti e
uno degli aggressori ha pugnalato Allison. E’ morta prima che si potesse fare
qualcosa per lei. Io credo che, per quanto ci provino, nessuno di loro riuscirà
mai a chiudere del tutto quella ferita”
“Non
ne sapevo nulla. Scott non mi ha detto niente”
“Non
è qualcosa di cui amano parlare, questo lo puoi capire. Io credo che Lydia
abbia solo paura che tu possa prendere il posto di Allison. Sei amica di Scott,
Isaac e Stiles ti adorano, se ne accorgerebbe chiunque e forse, una parte di
Lydia non vuole che questo succeda”
Sofi
rimase in silenzio.
“Dimmi
la verità, ti senti di odiarla, dopotutto?”
No,
non sentiva niente del genere. In realtà non stava più pensando a quello che le
aveva detto Lydia, stupide parole, solo parole di poco conto.
Pensava
a Scott e come avesse sopportato la morte del suo grande amore. Lui sembrava
così equilibrato, come se non ci fosse mai niente più di quello che mostrava.
Pensò
con ammirazione a tutti loro che avevano persino un’amica, una persona amata, e
che trovavano ancora il coraggio di comportarsi da ragazzi normali.
Se
loro potevano farlo, perché lei no? Lei che aveva un’amnesia, ma che era un po’
come perdere tutte le persone care in una sola volta.
“No,
non credo”
Kira
le sorrise e si alzò, pulendosi i pantaloni con le mani “Abbiamo perso la
lezione, ma devo proprio andare ora. Ho un compito di letteratura. Tu vieni?”
“Credo
che passerò. Ci vediamo più tardi”
Kira
afferrò il proprio zaino, poi scomparve oltre gli scaffali, non prima di averle
regalato un sorriso gentile. Sofi la seguì con lo sguardo fino a quando non
riuscì più a vederla.
Guardò
il proprio orario. Avrebbe avuto francese, ma decise che avrebbe saltato la
lezione.
Poteva
anche non odiare Lydia, ma aveva ancora bisogno di un momento per sé prima di
tornare dagli altri.
Un
attimo non per sfogare la tristezza, ma solo un frammento di tempo per sé, in
cui ricacciare indietro ogni remora e paura e trovare il coraggio di non
lasciare che ogni cosa brutta che le era capitata e che avrebbe potuto
capitarle ancora le facesse dimenticare le cose belle che aveva.
Sofi
era tornata a casa prima di tutti, camminando da sola per Beacon Hills.
Aveva
mandato un messaggio a Scott e Isaac per avvisarli di quel cambiamento di
programma e poi era uscita da scuola senza farsi notare.
In
più di una settimana, non aveva ancora avuto il tempo di scoprire davvero
Beacon Hills. Le sue povere passeggiate si erano limitate al quartiere di casa
McCall, al centro commerciale, all’ospedale e alla centrale di polizia.
In
quell’ora che si era ritagliata, trovò una caffetteria un po’ isolata, una con
una grande vetrina piena di muffin, pancake e panini dall’aria deliziosa e un
buon profumo di latte e caffè che riempiva la stanza, un trionfo di colori come
il beige, il caffelatte e l’avorio.
Si
era seduta a un tavolo e aveva scoperto che era il posto preferito per studenti del college e ogni sorta di pseudo
intellettuale dei dintorni.
Il
caffè non era male, ma non poteva competere con la delizia del latte con crema
alla vaniglia.
Ne
bevve uno sul posto e ne portò via uno mentre esplorava i dintorni.
Sulla
via di casa scoprì la biblioteca comunale, un anonimo edificio di pietra grigia
con una piccola scalinata, con la facciata un po’ rovinata dalle intemperie.
In
realtà, l’interno era meraviglioso oltre ogni dire, con i sobri mobili di legno
scuro e file e file di scaffali su più piani.
Era
come un forziere, rovinato all’esterno, ma capace di contenere un tesoro di
inestimabile valore.
Si
era ripromessa di passarci appena possibile e poi era tornata a casa, non prima
di aver preso in prestito un libro.
Insieme
al suo prezioso tesoro era rientrata a casa e ora giaceva pancia a terra sul
tappeto di fronte al letto, il latte vaniglia ancora caldo abbastanza vicino da
afferrarlo senza alzare gli occhi.
Era
piuttosto veloce a leggere, come se sapesse cosa avrebbe trovato in ogni riga
ancora prima di leggerlo veramente.
Così
procedeva spedita e aveva concluso in giorni, a volte manciate di ore, letture
che Internet definiva capisaldi della letteratura mondiale.
Sorseggiò
un po’ di latte.
In
casa non c’era nessuno e quello – casa vuota, un libro e un bicchiere di latte
e vaniglia- era la cosa più vicina alla pace dei sensi. O forse alla felicità,
come se annusando tra le pagine ingiallite di quel vecchio libro, potesse
suggere un briciolo di gioia.
Ispirò
a fondo il profumo di carta vecchia e di latte e vaniglia, ma proprio in quel
momento la porta si spalancò e lei sobbalzò, rischiando di far cadere la
bevanda sul libro.
“Sei
qui!”
Scott
entrò come un’ uragano nella sua stanza e un secondo dopo comparve Isaac che si
lanciò sul letto senza la minima grazia, seguito a ruota da Stiles che si
accomodò sui cuscini e tra le coperte che Melissa le aveva sistemato
nell’alcova del bovindo.
“Certo
che sono qui. Dove dovrei essere?”
“Dovunque?”
Isaac
rise dell’occhiataccia che riservò a Scott, salvo poi meritarsene una a sua
volta.
“Avete
bisogno qualcosa”
“No”
“Volete
chiedermi qualcosa” ritentò.
“No”
“Allora
non c’è una ragione valida per avermi interrotta”
“Certo
che c’è!” si indignò Scott “Volevamo sapere se stai bene. Lydia ha esagerato e
vorremmo scus…”
“Non
è necessario. Sto bene, davvero.”
“Sicura?”
domandò Stiles, scivolando a sedere accanto a lei e Scott. La testa di Isaac
sbucava appena dal bordo del letto, un buffo insieme di riccioli biondi e occhi
azzurri che la fece sorridere.
“Sicura.
Quindi ora potete andare a studiare o parlare di donne o giocare ai
videogiochi, quello che volete”
I
tre ragazzi si scambiarono un’occhiata complice e Sofi rabbrividì.
“E’
fantastico che tu abbia tirato fuori l’argomento videogiochi” iniziò Stiles “Perché un uccellino mi ha
detto che sei una specie di talento con i videogiochi e ci serve un quarto
giocatore per una partita a squadre di Final Fantasy”
“Perché
Scott ti ha detto questo?”
“Perché
ci serve un quarto giocatore, ovviamente”
“Stiles,
io non credo che sia il caso. Scott esagera, credimi”
“Oh,
andiamo. Ti divertirai”
Si
guardò intorno, esitando. Una parte di lei avrebbe voluto accettare al volo
solo per vedere il modo in cui Isacc e Scott litigavano quando giovano ai
videogiochi, ma non credeva che la stessero invitando a unirsi a loro solo per avere un quarto
giocatore.
D’un
tratto, guardando la faccia compiaciuta di Scott e il cenno di Isaac, capì che
era un modo per farla sentire parte del gruppo, il loro modo per dirle che le parole di Lydia non cambiavano niente.
Scott
e Isaac le volevano bene, realizzò con un sussulto. E Stiles era abbastanza
interessato alla sua felicità da prendere parte a quel progetto idiota.
Allora
sorrise e annuì perché non si fidava a parlare. Sorrise mentre si alzava,
sistemandosi i capelli raccolti alla meno peggio e spazzando briciole
immaginare dagli shorts e dalla maglietta larga – quella di Scott che non gli
aveva restituito.
Ne
aveva rubata una anche a Isaac, una maglia a manica corta così lunga da essere
praticamente un vestito, che usava per dormire.
Era
quasi sicura che il ragazzo non se ne sarebbe accorto, se il giorno prima non
fosse scesa a colazione con quella addosso e i capelli più simili a un nido di
rondini che a riccioli.
“Sarai
in squadra con Stiles” le spiegò Scott.
“Con
il tuo talento e la mia esperienza, niente ci potrà fermare” la rassicurò
offrendole la mano. Sofi la strinse, così morbida e calda, grande abbastanza da
farla sentire piccola. E protetta.
“Stiles”
iniziò mentre si chiudeva la porta alle spalle “Credo di doverti dire una cosa”
ammise.
Occhi
negli occhi, nel corridoio luminoso e con il sole alle spalle che le illuminava
i capelli malamente raccolti, Sofi era bellissima nella sua semplicità e Stiles
deglutì.
“Io
sono negata per i videogiochi” sussurrò guardandolo con gli occhi grandi,
azzurri come i non ti scordar di me, e ridenti.
“Cosa?
Ma tu… E Scott… Scott!”
Dalla
stanza di Scott, lui e Isaac ridevano e persino Sofi si lasciò sfuggire un
sorriso mentre accarezzava distrattamente la spalla a Stiles per poi
raggiungere gli altri due ragazzi.
“Andiamo,
amico. Questo non è corretto!”
“Vuoi
cambiare squadra, Stiles?” gli domandò Sofi, sporgendosi oltre lo stipite
mentre una ciocca di capelli scivolava dall’acconciatura e le lambiva la
scapola, sfiorando lo scollo della canotta.
“No”
riuscì a sussurrare con la gola riarsa “Assolutamente no”