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Autore: Hendy    14/05/2014    4 recensioni
Il Titanic era chiamato la "nave dei sogni". Lo era, lo era davvero! [Elsanna (no-incest), Au!Titanic]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Impaziente, ecco la parola che meglio descriveva Kristoff in questo momento: camminava avanti e indietro sul ponte, borbottando tra sé e sé, e le poche volte che smetteva di camminare, lo si vedeva battere il piede a terra. I membri dell’equipaggio che lo avevano incrociato, potevano affermare che la sua scorta di sigarette stava per essere  messa a dura prova. Per di più, per accenderne una, aveva bisogno di più tentativi visto il tremore e la sudorazione delle sue mani e questo certo non aiutava la sua ansia, già parecchio elevata.
La conversazione avuta con Elsa Calvert continuava a ripetersi nella sua testa. Elsa aveva chiaramente nominato il Cuore dell’Oceano e questo era stato già di per sé uno shock. Ma come se ciò non bastasse, aveva affermato di essere lei la donna del ritratto.
Era uno scherzo.
Doveva esserlo, giusto? Ma avrebbe dovuto accertarsene. Se fosse vero, la fonte di informazioni che potrebbe ricavarne sarebbe stata incalcolabile e alquanto preziosa per il ritrovamento del diamante.
La signora poi aveva espresso il desiderio di vedere il ritratto. Ovviamente se voleva controllare che dicesse o no la verità, avrebbero dovuto trovarsi faccia a faccia, quindi perché non cogliere al volo l’occasione e invitarla a bordo? Kristoff si era gentilmente offerto di organizzare il loro incontro, mettendo a disposizione un elicottero privato per il suo arrivo alla nave, e avevano disposto l’incontro da lì a pochi giorni. E il giorno in questione era oggi. Il che spiegava l’agitazione di Kristoff.

Nei giorni precedenti le immersioni erano continuate: erano riusciti a recuperare alcuni effetti personali all’interno della suite di Southern tra cui uno specchietto scheggiato, un vecchio carillon, un pettine e un fermacapelli. Tutte cose molto vecchie, molto rovinate (con eccezione forse del fermacapelli) e molto inutili.
Del diamante, nessuna traccia.
Tutto però aveva un interesse diverso. Tutta l’attenzione di Kristoff era stata presa da quella telefonata satellitare e oggi sarebbe stato il giorno chiave. O almeno, avrebbe dovuto esserlo a meno che non si rivelasse tutto uno scherzo.

Kristoff era alle prese con l’ennesima sigaretta quando venne raggiunto dal suo migliore amico, Sven.

“Ti stai godendo l’aria di mare, capo?”

In risposta Kristoff grugnì.

“Oh ma come siamo maturi oggi. Qualcuno si è svegliato con qualche renna di traverso questa mattina?”
“Piantala. Sei venuto qui per prendermi in giro o hai qualche nuova notizia per me?”
“In verità, ho trovato qualcosa.”

Questo parve scuotere Kristoff. Il biondo aveva incaricato il suo compagno di cercare informazioni su Elsa Calvert in modo da avere un quadro generale su chi si sarebbero trovati davanti. Le ricerche avevano tenuto Sven appiccicato allo schermo di un computer per ore e ore. Ma a quanto pare aveva dato i suoi frutti. Nessuno dei due avrebbe voluto trovarsi davanti un impostore.

“Beh…” iniziò Sven. “come avevamo già scoperto grazie alle informazioni su Hans Southern, c’era una donna di nome Elsa Arendelle a bordo del Titanic che dovrebbe essere deceduta all’età di 17 anni, quando è affondato, esatto? ”
Kristoff annuì. “Si.”
“Nell’idea che fosse sopravvissuta, ora avrebbe oltre 100 anni.”
“102 per l’esattezza.”
“Vuoi sentire quello che ho da dire o no?” aggiunse Sven, irritato, che non voleva essere interrotto.

Il biondo alzò le mani come in segno di resa e aggiunse:
“Scusa, scusa, continua.”
“Nei registri di imbarcò non c’è nessun’altra donna che porta il nome ‘Elsa’. Questo ci porta ad un paio di ipotesi. La prima è che Elsa Arendelle e Elsa Calvert siano la stessa persona. La seconda è che Elsa Calvert sia riuscita ad infiltrarsi nella nave senza biglietto, anche se con la sicurezza a cui è stato sottoposto il Titanic la vedo dura, e i motivi per cui sia venuta a conoscenza della collana sono ancora ignoti… Terzo, è solo una maledetta bugiarda in cerca di soldi o pubblicità o chissà che altro. Una copia esatta di com’è andata a finire la storia di quella russa, Anastasia.
“Beh nessuno di noi vorrebbe un’altra Anastasia immagino. Sei riuscito a risalire al passato della Calvert?”
“A quanto pare, quando era giovane, intorno ai 20 anni, faceva teatro. Ha recitato un paio di ruoli minori in qualche opera in America ma all’epoca il suo nome era ‘Elsa Dawson’. Più avanti ha conosciuto questo Calvert, si sono sposati, si sono trasferiti in California dove hanno avuto un paio di figli e ora puff, ci è capitata addosso. Non sono riuscito a trovare nient’altro.”
“Quello che non capisco…” iniziò Kristoff “…è come ha fatto a sapere del diamante. Oramai coloro che ne sono al corrente dovrebbero essere morti.”
“E noi chi siamo? Gli zombie della porta accanto?” scherzò Sven.

Ma Kristoff non aveva sentito. Ora era immerso in un’altra ondata di pensieri.
Chi era veramente questa Elsa Calvert? Era veramente la donna del ritratto? E che dire del Cuore dell’Oceano?
Il suo rimuginare però venne fermato quasi subito dal rumore in lontananza di un elicottero. Si affrettò verso il parapetto della nave e si sporse quanto più possibile per vedere.
Qualcuno urlò “Stanno arrivando.” E fu allora che riconobbe lo stemma della loro base. Stavano arrivando davvero.
Si avvicinò a passo svelto all’area adibita all’atterraggio, pronto ad accoglierli, con Sven al seguito.
Più si avvicinava, più il rumore era assordante. Niente a cui non fosse abituato, ma lo trovava sempre piuttosto irritante. Man mano che l’elicottero scendeva il vento si fece sempre più forte, tanto che Kristoff rinunciò a sistemarsi i capelli e li lasciò svolazzare. Sven, dal canto suo, era piuttosto a suo agio.
Una volta a terra, la porta dell’elicottero scattò aperta e vennero accolti dalla più bizzarra delle visioni: valigie. Una moltitudine. Alcuni uomini le stavano trasportando al di fuori, ma alcune erano così grandi da nasconderli e dare l’impressione che ai bagagli fossero spuntate delle gambe e camminassero verso di loro da sole.

Dopo che più di una dozzina di borse furono state scaricate, gli uomini fecero scendere i passeggeri: la prima a scendere fu una donna anziana con un bastone, molto anziana in effetti, con capelli lisci di un bianco lucente, occhi azzurri e una corporatura a prima vista molto fragile. Indossava un golfino azzurro e dei pantaloni in tinta nera. Sulle sue spalle posava un scialle bianco fatto a mano a cui era aggrappata strettamente. Sven non poté trattenersi e sussurrò a Kristoff:

“Beh, non si può dire che non sia moooolto vecchia.  Questo è un punto a suo favore, giusto?”

Kristoff non rispose. La sua attenzione fu rivolta al secondo passeggero che scese. Una donna dai capelli biondo platino, raccolti in uno chignon, che prese l’anziana signora a braccetto per aiutarla. Gli occhi erano dello stesso colore e indossava una camicia verde bottiglia abbinata ad un paio di jeans aderenti che non potevano non esaltarne la forma perfetta.
Sven dovette agitare la mano davanti agli occhi di Kristoff per risvegliarlo dal suo sogno ad occhi aperti. Kristoff sbatté le palpebre un paio di volte e chiuse la bocca che non si era accorto di avere aperto, e si avvicinò alle due signore, che gli stavano venendo incontro, puntando lo sguardo alla più giovane delle due.
Tese una mano e disse:
“S-S-Sono Kristopher Bjorgman, cioè Kristoff, Kristoff Bjorgman, non Kristopher, e ti-andrebbe-di-uscire-con-me?”

Sven gli tirò un pugno nel braccio. Ma il danno era fatto e Kristoff era ormai tornato della sue consueta tonalità rosso-peperone. D’altra parte la ragazza arrossì leggermente e portò una mano davanti alla bocca per coprire la sua risata.

Adorabile” pensò Kristoff. Sven intervenne in suo aiuto.

“Scusate il mio amico, non ha avuto molto sonno la scorsa notte. Sono Sven Reindeer, e come ha cercato di dire prima, lui è Kristoff Bjorgman,  e saremo i vostri accompagnatori per il momento. Benvenuti nella nostra nave. E’ un piacere fare la vostra conoscenza.” E tese la mano.

La donna dai capelli bianchi tese la mano a sua volta e si presentò.

“Sono Elsa Calvert, il piacere è tutto mio. E questa qui…” disse indicando l’altra ragazza, “…è mia nipote, Joan. È stata così gentile da accompagnarmi, è lei che si prende cura di me di questi tempi. ”
“Piacere.” Disse Joan, sorridendo animatamente ai due.
“Direi che è il momento di mostrarvi i vostri alloggi, giusto Kristoff?”

Kristoff, che era rimasto imbambolato, perso di nuovo nei suoi sogni, si destò leggermente al suono della suo nome.
“Gli alloggi. Certo. Da questa parte signore.”

E le accompagnarono. Quando arrivarono a destinazione, la loro cabina era già occupata dalle loro valigie.

“Spero sia di vostro gradimento.” Disse Kristoff in un tentativo di rifarsi dalla figuraccia precedente.
“Non vi preoccupate. Ci abitueremo.” Rispose Elsa
“Bene, torneremo a controllare più tardi.” Aggiunse Sven.

I due compagni erano pronti ad andarsene quando Joan disse con un sorriso… 
“Ci vediamo dopo e grazie Kristopher.
…facendo l’occhiolino dopo aver pronunciato il nome. La porta della cabina poi si chiuse.
Kristoff non fu mai così felice di essere chiamato con il nome sbagliato e l’unica cosa che riuscì a far venire fuori dalla sua bocca arida fu un debole e inascoltato:

“E’ Kristoff.”
*

“C’è qualcosa che dovrei sapere tra te e quel ragazzone biondo?”
“Che? Nonna Elsa, che dici!”

Elsa rise nel vedere sua nipote arrossire in quel modo, portandosi la mano davanti la bocca, in un imitazione perfetta di come aveva riso precedentemente la ragazza. Joan era sempre stata di un’ottima compagnia, anche se le dispiaceva che dovesse passare il tempo con una vecchia come lei. Certo, questo la rendeva molto felice ma un po’ di rammarico rimaneva sempre.

Le due stavano sistemando le loro cose. Era una vecchia abitudine di famiglia portarsi dietro quante più cose potevano, e questo la faceva sentire a casa.
La cabina era piuttosto confortevole tutto sommato. Il profumo del mare passava attraverso le piccole fessure dell’unico oblò presente e si poteva sentire le onde infrangersi contro la nave. Certo, non era la California con i suoi paesaggi immacolati, ma non si poteva dire che non fosse carina. Mai Elsa aveva pensato che avrebbe rimesso piede in una nave, che fosse una nave di ricerca o un transatlantico lussuoso, e ancora di più, non pensava che sarebbe tornata in quelle acque. Quelle acque, che portavano con sé un sacco di ricordi. Solo il pensiero che sotto di loro ci fosse il Titanic bastò per farla rabbrividire. Il viaggio nel Titanic l’aveva cambiata, non poteva negarlo. Le sembrava un’eternità da quando era salita a bordo sbuffando e criticando ogni cosa le capitasse a tiro, odiando la sua vita così duramente. Ora invece riusciva a vedere il bello in ogni cosa ed apprezzare ogni singolo momento. E questo lo doveva solo a…

Un forte bussare la fece scattare dai suoi pensieri. Fu Joan a rispondere con un morbido ‘Si?’ e ad aprire la porta, rivelando i loro accompagnatori, Kristoff e Len? Sen? Qualcosa del genere.

“Tutto apposto?” chiese il ragazzo castano.

Elsa appoggiò l’ultima cornice che aveva in mano e si girò ad affrontarli e rispondere:
“Tutto alla meraviglia, grazie Len.”

Vide Kristoff sogghignare un attimo, senza capirne il motivo, prima di prendere la parola con aria più seria.

“Che cosa desidera? Posso offrirle qualcosa?”

A questo Elsa aveva la risposta pronta. Era qui per quello dopotutto, non aveva certo volato dalla California per fare un picnic sul ponte di qualche nave. Si schiarì la gola.

“Sì, desidererei vedere il mio ritratto per favore.”


I due uomini le accompagnarono nella stanza del ritratto. Il tragitto non fu lungo e Elsa non poté che esserne grata. 100 anni non erano pochi e il peso della vecchiaia era sempre più grande da portare. Quando entrarono la fecero avvicinare ad una teca di vetro, all’interno della quale, c’era un foglio di carta. Su di esso c’era disegnata una donna. Elsa poteva già sentire le gambe diventare deboli alla vista.

La donna era stata ritratta con un pastello nero su carta bianca, ingiallita probabilmente dal tempo passato in acqua. I capelli erano sciolti e appoggiati alle spalle nude. Il collo era adornato con una collana di diamante e la parte inferiore del corpo era nascosta da un velo che lasciava però scoperte le gambe e i piedi. Una mano era adagiata tra i suoi capelli mentre l’altro braccio era appoggiato al cuscino. In basso a destra era stata posta una data e al fianco una lettera. Era un’inconfondibile ‘A’, un po’ sbiadita, con l’angolo sinistro leggermente arricciato e l’angolo destro che si arricciava formando una specie di asola che sostituiva il trattino originale. La firma dell’autore.

La sua firma.” Pensò Elsa.

Eccola, davanti ai suoi occhi, la provo che Lei era esistita, esistita davvero, che la sua mano calda un tempo si era mossa su quel foglio, tracciando con i pastelli quelle linee, quelle ombre, quel suo ritratto. Chiudendo gli occhi avrebbe giurato di poter rivederla ancora una volta: Lei, con i suoi occhi azzurro mare, i capelli biondo fragola, il viso pieno di lentiggini....
Trovarsi davanti a quel disegno di nuovo era un miracolo.
Persa nei suoi pensieri non si rese conto che Kristoff aveva iniziato a parlare  e iniziò ad ascoltarlo.

“Luigi XVI indossava una pieta chiamata ‘il diamante blu della corona’. Sparì nel 1792 dopo la morte di Luigi. Secondo alcune fonti, il diamante della corona fu tagliato, assumendo la forma di un cuore, e fu battezzato ‘Cuore dell’Oceano’. Oggi avrebbe un valore immenso.”

Kristoff le mostrò la foto del diamante e oh, sapeva benissimo di cosa stava parlando.

“Era molto pesante.” Affermò Elsa. “Lo indossai solo quella volta per questo ritratto.”
“Nonna, sei certa di essere tu?”
Elsa parve offendersi.
“Ma certo! Avrò pure 102 anni ma questo non significa che mi invento le cose. E poi guarda, non ti assomiglia un po’? L’ho sempre detto a tuo padre che eri la mia copia esatta, due gocce d’acqua!”

Questa affermazione, Elsa notò, fece colpo sui presenti che iniziarono a comparare il disegno con Joan, provocando un leggero rossore nelle guance della ragazza. Kristoff poi tornò a fare riferimento alla collana.

“L’ho rintracciata grazie a dei documenti d’assicurazione. Una famiglia aveva acquistato il diamante in assoluta segretezza e quando è affondato sulla nave, hanno chiesto il risarcimento. Ha idea chi possa essere questa famiglia, signora Elsa?”
“Immagino fossero i Southern…” rispose senza un attimo di esitazione.
“Esatto!” quasi urlò. Kristoff chiaramente era al settimo cielo. “La collana venne data a Hans Southern che la comprò per la sua fidanzata, ovvero lei.”
“Se è vero che lei è quella donna…” aggiunse Sven in un mormorio “…questo significa che la collana…”

Joan che aveva perso il filo del discorso si intromise.

“Che cosa significa tutto questo?”
“Questo significa…” rispose Kristoff, con un certo scintillio nei suoi occhi “…che se Elsa Arendelle e Elsa Calvert sono la stessa persona, sua nonna indossava la collana il giorno in cui affondò il Titanic, e questo viene dimostrato dal ritratto. Vede la data in basso? 14 Aprile 1912.” Prese una pausa, prendendo un grande respiro per poi riprendere con voce tonante. “Quindi lei, Elsa, deve sapere che fine a fatto il diamante, giusto? Il che la rende la mia migliore amica!” finì il biondo.

Sven, nel sentire questo, sembrava leggermente irritato.
“Pensavo di essere io il tuo migliore amico!”

Elsa, dal canto suo, era persa di nuovo nei pensieri. L’ultima frase di Kristoff, insieme al colore dei suoi occhi (che Elsa si rese conto essere marroni) innescò un certo ricordo. L’autore del ritratto le tornò in mente e le sembrava di risentire la sua voce melodica dire:

I tuoi occhi non sono marroni. Sono color cioccolato! C’è differenza! Il che rende te il mio migliore amico!

Aveva quasi dimenticato questo ricordo del passato e si sentì subito nostalgica. Una piccola lacrima le scese nella guancia inosservata ma se l’asciugò immediatamente.

Kristoff e Sven poi posarono la loro attenzione ad un tavolo lì vicino dove c’erano alcuni oggetti. Kristoff stava dicendo qualcosa ma non stava ascoltando, probabilmente era immerso nella descrizione del recupero di questi oggetti. Una scatola rettangolare suscitò il suo interesse. Era intagliata in legno bianco, leggermente ammuffito ai lati, e, sulla superficie, vi era inciso un fiore, un croco per precisione, stemma degli Arendelle.
Un’altra memoria iniziò a prendere forma nella sua mente: qualcuno le prendeva il fianco e la avvicinava a sé, in un angolo un carillon suonava una dolce melodia che riempiva la stanza, il suo naso venne accolto con il dolce profumo di fiori, stavano oscillando, l’una stretta all’altra…

“Allora? Pronta a raccontarci la storia e ritornare nel Titanic?”

I suoi pensieri furono bruscamente interrotti (di nuovo) da Kristoff. Non era sicura se dovesse dare la colpa al ragazzone biondo per bloccare così i momenti più interessanti della sua memoria o a se stessa per sognare ad occhi aperti. In ogni caso, rivolse un sorriso ai presenti e con decisione affermò:

“Sì, sono pronta.”
  
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