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Autore: StregattaLunatica    18/05/2014    2 recensioni
Hawke ha distrutto il circolo dei maghi. Meredith ed Orsino sono morti, ed i cittadini di Kirkwall hanno messo colei che li ha salvati sul trono.
Ma cos'è successo dopo gli eventi di quella notte?
Hawke si è ritirata in se stessa, è cambiata.
Ed un peso che si porta da anni sul cuore è in procinto di esplodere...
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Thedas'
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Il petto della guerriera s'alzava ed abbassava pesantemente, mentre cercava di contenersi. La rabbia che per anni era rimasta relegata in profondità nel suo cuore, trovava sfogo.
Per un attimo, temette d'esser preda d'un demone dell'Ira.
Poteva sentirlo chiaramente.
Quel peculiare calore partire dal proprio cuore. Dilagava ora liberamente, espandendosi con fiamme roventi all'interno del suo petto. Sostituendo persino l'aria che aveva nei polmoni, irrompendo violentemente nelle sue vene, prosciugandole il sangue solo per poterne prendere il posto.
Il bagliore di quelle fiamme si rifletteva persino nei suoi occhi. I tratti del suo volto venivano distorti dalla rabbia ad ogni respiro, non più capace di placare un incendio che per troppo tempo aveva cercato di contenere. 
Infine cedette, lasciando finalmente che le fiamme roventi dell'ira s'impadronissero di lei. 
Chiuse gli occhi, cercando di fare respiri profondi ed entrare a patti con quel sentimento, oramai suo padrone.

«Cosa...vuoi dire?» domandò Sebastian con debole tono di voce, guardandola con occhi sperduti ed increduli. 
Aveva visto la maga per solo qualche istante, poi era già entrata al Circolo quando si era unito al gruppo di Thalìa. 
Ma gli altri ne parlavano bene, sopratutto Varric ed Aveline. «Tu non puoi esser seria. Bethany era la tua sorellina. Mi hanno detto tutti che era una ragazza solare, dolce-»
«Era una maga! Era come tutti loro! Sono tutti uguali!» esclamò Thalìa facendo un passo avanti e sollevando la mano destra in un ampio gesto carico di nervosismo. 
In qualche modo, il principe si sentiva intimorito. Non l'aveva mai vista così, non se la sarebbe immaginata in quello stato nemmeno nel più pessimistico dei suoi pensieri.
«Non sopportavo quella maledetta mocciosa. Ha iniziato a creare problemi nel momento in cui è nata!» continuò Thalìa, bisognosa di sfogarsi.
Non le importava se Sebastian l'ascoltasse veramente o meno. Aveva bisogno di sfogarsi, di urlare al mondo tutto il suo odio, il suo disprezzo ed i suoi rimpianti.
Si voltò verso la statue del Creatore e di Andraste, fissandoli nella speranza che potessero aiutarla a placare la sua ira.

«Mostrò molto presto di essere maledetta. Aveva cinque anni, congelò la mano di Carver mentre lui le faceva i dispetti. Non dimenticherò mai l'urlo spaventato del mio povero fratellino. Mio padre dovette accorrere per curargli la mano prima che rischiasse di restare gravemente compromessa.» strinse con forza il pugno destro, rievocando il ricordo. «Corsi nella stanza con mia madre. Bethany piangeva, non capiva cos'era successo. Carver aveva un espressione terrorizzata sul suo viso. Ricordo che l'abbracciai cercando di consolarlo. Guardai mia sorella, aveva ancora della brina sulle mani. E li capii. Seppi subito che era pericolosa. 
Mia sorella era un mostro.» riprese fiato, voltando appena il capo verso Sebastian.

La stava ascoltando in silenzio, non volendola interrompere. E sopratutto, per cercare di capire da dove venisse tutto quell'odio.
Negli anni l'aveva sempre vista guardare con timore i maghi, persino quando Merril od Anders evocavano i loro poteri stava ben attenta a tenersene a distanza. Non era nemmeno tanto felice di farsi guarire dal Custode Grigio, sebbene fosse un guaritore esperto. Accettava le sue cure solamente in casi estremi, dicendogli sempre di occuparsi degli altri. 
I loro compagni scambiavano quel modo di fare per preoccupazione nei confronti degli altri feriti. 
Alle volte era anche vero, ma solamente lui e Fenris si erano accorti dello sguardo che aveva in volto quando le mani del guaritore le si avvicinavano.
Disprezzo, e timore che potesse farle del male approfittando della sua debolezza. 
Mentre la curava, non lasciava mai andare l'impugnatura della propria spada.

«Avrei tanto voluto denunciarla ai Templari. Lo desideravo ardentemente.» riprese la Campionessa. «Ma come potevo? Anche mio padre era un eretico. E mia madre cosa avrebbe fatto senza di lui, e senza la sua povera, piccola innocente Bethany?» sibilò fra i denti, sembrava sputare amaro fiele ad ogni singola parola. 
«Ringraziando il Creatore, non ero sola. Avevo Carver con cui stare. Il mio povero fratellino...» 
Abbassò lo sguardo, e per un istante la sua voce tremolò, al ricordo del fratello. Ma l'attimo fu breve, e riprese a parlare con voce ferma. 
«Eravamo due bravi guerrieri. Si allenava con me, era sempre brusco e si lamentava spesso, ma sapevo che mi voleva bene. Era il suo modo di dimostrarlo.» 
Lo sguardo verde incrociò quello freddo ed inanimato della statua del Creatore. 
«Andavo sempre in Chiesa. Trovavo conforto fra quelle mura, fra le braccia del Creatore e della divina Andraste.» 
Si portò ambedue le mani all'altezza del petto, stringendo la stoffa scura del mantello. 
«I Templari che stanziavano a Lothering erano pigri e poco vigili. E noi abitavamo nella campagna, poco più distanti dalle fattorie per non dare nell'occhio. Li conoscevamo tutti.» Corrugò le labbra in un espressione acida.
«Nostro padre ci aveva...costretto, a ricordare i loro volti. Per sapere quando dover mettere in guardia la sua piccola delicata maghetta per farla andare via.» Sospirò seccamente, scuotendo il capo. 
«Un giorno, ne arrivarono degli altri. Passarono a Lothering mentre stavano dando la caccia ad un Maleficar sfuggito al Circolo. 
Lo ricordo come fosse ieri. 
Erano in quattro, in sella ai loro destrieri, nelle loro scintillanti armature col simbolo dei templari impresso sulla corazza.» 
Un sorriso le solcò le labbra, un sorriso che per un attimo parve iniziare a placare l'incendio della sua ira. Come una leggera pioggia primaverile, che scende come un velo su di una foresta in fiamme. 

«Erano capeggiati da un grande guerriero. Aveva uno sguardo così fermo e sicuro. Squadrava la zona con grande attenzione. 
Bethany non uscì di casa sin quando non se ne andarono. 
Io invece, andavo ancora più spesso in chiesa, per poterli osservare. Non avevo mai provato tanto rispetto per qualcuno. 
Nemmeno per mio padre.» 
L'ultima osservazione venne colta da un silenzio innaturale, sembrò come cadere lentamente in un pozzo senza fine. 
«I miei genitori s'infuriarono quando scoprirono che un giorno andai a parlare con loro. Erano terrorizzati che potessi dire qualcosa riguardo il mostro che ci tenevamo in casa. Pensavano sempre e solo a lei, io e Carver quasi non c'eravamo, se non nei momenti di bisogno.» 
Diede le spalle alla statua del Creatore, voltandosi verso Sebastian a braccia incrociate dinanzi al petto.
«Quella piccola ingrata bastarda avrebbe potuto ammazzarci tutti se solo fosse scivolata fra i sussurri di un Demone o non avesse controllato i suoi poteri. Era pericolosa, come tutti quelli della sua specie! 
Il mio posto non era con loro, non era in quella casa colma di corruzione. Volevo andare via di lì. Prendere Carver e scappare con lui, portarlo al sicuro.» Chiuse gli occhi abbandonando il capo all'indietro. Sospirò pesantemente, corrugò il volto in un espressione sofferente mentre il suo respiro tremava. «Non era quella la mia vita. Non era quello il mio posto.
La mia più grande aspirazione, il mio più grande sogno e desiderio. Il mio più grande rimpianto...»

Abbassò lo sguardo, incrociando quello dell'arciere. L'ira nei suoi occhi si era placata, lasciando spazio ad altro.
Le fiamme erano state spente, lasciandoli lucidi e colmi di dolore. 
«Non ho mai chiesto questa vita. Non l'ho mai voluta. Non ostante tutti i vantaggi che mi ha portato... non la volevo. 
Se potessi la getterei al vento, solo per riprendere i miei passi. Non avrei mai dovuto lasciarmi ostacolare dai miei genitori. 
Non avrei mai dovuto permettere a quella...cosa immonda di far si che la mia vita girasse attorno a lei. 
Era mia sorella, ed allora!? Per colpa sua ho dovuto accantonare i miei sogni ed i miei desideri più ardenti.» 
Si zittì, lasciando che la sua voce smettesse di produrre quel lugubre eco che aveva riempito l'edificio per tutto il suo racconto. 
Lasciò che si prolungasse, mentre l'aria pareva riempirsi dalla tensione da lei stessa prodotta.
«Me lo impedirono, mi dissero che non potevo. Che era troppo pericoloso...per Bethany. Non per me, no, non ci hanno pensato neanche un istante. Era troppo pericoloso...per lei. 
Per lei!» Scattò in avanti, allargando le braccia, senza controllarsi più.
Assestò un potente calcio ad una delle panche di legno su cui potevano sedersi i fedeli. La colpì così forte da farla cadere, producendo una reazione a catena che fece cadere le altre messe in fila dietro ad essa. 
«Carver era l'unico che mi appoggiava! Lui era come me, soffriva al pensiero di doversi nascondere!» Riprese ad alzare la voce, sino ad urlare. 

Non le importava più di nulla.
Cosa contava il parere degli altri?
Che valore poteva avere il giudizio di un altra persona?
Nessuno.
Oramai tutto era cenere.

Sebastian scattò all'indietro quando vide il suo scoppio di violenza, non volendo rimanervi coinvolto. Aprì la bocca per dirle di calmarsi, ma le parole gli morirono in gola. Cos'avrebbe potuto dire per placarla? Niente. Non voleva essere placata, non aveva bisogno di consolazione, di amore o di qualsiasi altra cosa. Vederla in quello stato fu come un pugno allo stomaco. Il suo sguardo si rabbuiò, mentre si rendeva conto che non era questa la donna di cui si era innamorato anni addietro.
Si chiese come poteva aver contenuto tanta rabbia, disprezzo e dolore per tutti quegli anni, celandola così bene. 
Aveva mentito per tutti quegli anni? Od in lei rimaneva qualcosa della dolce Thalìa? 
Non avrebbe saputo in nessun modo far collimare le due immagini della donna che aveva in mente.
Sapeva dove voleva arrivare, l'aveva capito.
Ma infondo, non poteva che sentirsi dispiaciuto per lei. Solo il dolore e la rabbia possono plasmare così intensamente qualcuno.
E quando questi sentimenti vengono repressi, i loro cambiamenti diventano due volte più violenti.

Un urlò di rabbia proruppe dalle sue labbra, mentre si portava le mani all'altezza della nuca, facendo affondare le dita fra i capelli. Piegò il capo verso il basso, con un espressione di sofferenza dipinta su di esso. 
«Non saremmo mai dovuti venire a Kirkwall! Carver sarebbe ancora vivo! Mia madre sarebbe ancora viva! Avrei dovuto proteggerlo dai Prole Oscura! Avrei dovuto proteggerla e dai maghi! Il Creatore possa maledirli! Creature immonde, fratelli di sangue sin da quando invasero la Città Dorata! Siano maledetti!» 
Il respiro si fece affannoso, mentre sollevava lentamente il capo, lasciando scivolare le braccia tremanti lungo i fianchi.
Il volto rigato da lacrime, che come gemme splendenti le scivolavano lungo le guance per andare a morirle sulle labbra.
Le spalle tremarono, mosse dai singulti del pianto che cercava a stento di trattenere.
L'aura d'ira ed odio andò lentamente ad affievolirsi, dando così modo a Sebastian di potersi avvicinare. Mentre muoveva i primi passi verso di lei, vide le sue gambe tremare.

La ragazza che aveva fatto fuggire la sua famiglia dal Flagello.
La rifugiata che aveva fatto irruzione nelle Vie Profonde.
La nobile che aveva sconfitto l'Arishok in singolar tenzone.
La Campionessa che aveva ripulito Kirkwall dai maghi, e salvato la città.
Ed infine, visconte di Kirkwall.

In quel momento, una donna forte e potente, riuscita a costruirsi dal nulla; cadde in ginocchio.
L'uomo le accorse affianco, inginocchiandosi accanto a lei.
Ma Thalìa sembrava non vederlo.
In ginocchio, osservava la statua del Creatore. Sembrava ancora più grande e potente, ora che la rabbia era stata smorzata dal dolore.
Allargò le braccia, in un gesto di supplica, ignorando completamente l'arciere che le stringeva la spalla con rinnovata preoccupazione. 
In quel momento, c'erano solamente lei ed il Creatore.
«Avrei dovuto, seguire il mio cuore.» disse con voce tremante mentre lacrime amare continuavano a rigarle il viso «Non ascoltare nessuno. Nessuno al di fuori di te, Creatore! Sentivo che non era quello il mio destino, lo sapevo! Ed invece mi sono fatta forviare da questi effimeri legami terreni!» sospirò, interrotta da un singulto del pianto che le scosse il petto.
«Desideravo ardentemente unirmi all'Ordine. Io ho sempre desiderato...diventare un Templare.» abbassò le braccia, posandosi le mani sulle ginocchia.

Piegò il busto in avanti, tanto che la fronte toccò terra.
Il pavimento liscio era gelido a contatto con la sua fronte imperlata di sudore.
Battè con forza i pugni a terra, mentre i singulti continuavano a sconquassare il suo corpo.
«Ho lasciato che la loro magia corrompesse anche me! Ho lasciato che il mio odio dilagasse bruciando tutto attorno a me! Ho lasciato che il dolore offuscasse il mio giudizio!»
Sebastian le passò affettuosamente una mano sulla schiena, scuotendo il capo «Ora che hai confessato i tuoi peccati, sono certo che il Creatore e la divina Andraste ti perdoneranno per aver provato questi sentimenti nei confronti della tua famiglia, anche se erano maghi. La divina Elthina diceva che siamo tutti figli del creatore.» Una stilettata di dolore trafisse il cuore di Sebastian al ricordo della donna, cui era legato e che ancora rimpiangeva. Ancora una volta, una tomba scavata a causa di un mago.

«C-cosa?» domandò lei con voce tremante, tirando su il capo quel poco che bastava per poterlo guardare. «No, Sebastian. Io non ho avuto la forza...» s'interruppe mentre stringeva i pugni sino a far sbiancare le nocche, ed ancora lui cercava di consolarla. «Non ho avuto la forza di fare ciò che andava fatto. Sono stata un ingenua.
Avrei dovuto unirmi ai Templari, e salvare la mia famiglia.
Avrei dovuto denunciare mio padre alla chiesa.
Ed appena quel...piccolo mostro svelò i segni della sua maledizione,avrei dovuto prenderla per il collo e tenerle la testa sott'acqua sinchè non fosse affogata.» L'arciere rimase gelido, mentre lei confessava i suoi pensieri con tanta naturalezza.
«Invece li ho tenuti nascosti. Li ho protetti, da brava figlia e sorella maggiore. E mi sono unita all'esercito del Re Calin assieme a Carver. Ho sbagliato! Ho sempre e solo sbagliato!» esclamò con voce tremante, raggomitolandosi su se stessa.
«Ti ho deluso...sono stata una debole incapace. Perdonami...» mormorò con voce scossa dal pianto, per poi alzare la voce in un ultimo urlo disperato. Colmo di tutto il dolore ed i rimpianti repressi negli anni.
«Creatore perdonami!»
  
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