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Autore: Koori_chan    19/05/2014    3 recensioni
Leth ha diciannove anni, un carattere solare e ben poco aggraziato e un'abilità sorprendente nel muoversi senza farsi notare.
E' per questo che, per mantenersi, ruba su richiesta. Nobili o borghesi, ricchi o poveri, per lei c'è poca differenza, dopotutto ciò che conta è avere qualcosa da mettere sotto i denti a fine giornata.
Tutto cambierà quando, catturata e venduta come schiava, sarà acquistata da uno straniero dai modi misurati e dallo sguardo stanco e penetrante.
E' così che Leth conosce Krohs e il motivo che lo ha condotto a viaggiare per le Quattro Grandi Terre ed è così che da ladruncola di periferia, la giovane si ritroverà catapultata, suo malgrado, in qualcosa di enorme.
L'unico modo di porre fine al disastro che incombe?
Risvegliare ciò che da tempo, ormai, giace silente sotto la cenere.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V













La luna brillava silenziosa nel cielo, illuminando con i suoi pallidi raggi i corpi senza vita dei quattro assalitori, mentre la sabbia ancora calda filtrava il loro sangue.
Nel deserto c’era il silenzio più assoluto, così totale che Leth riusciva a sentire i battiti del suo cuore rimbombarle nel petto.
Era ancora seduta nel punto in cui si era lasciata cadere alla fine del combattimento, lo sguardo vacuo fisso a terra e le ginocchia raccolte al petto. Non si era più mossa, non voleva più farlo. Voleva rimanere lì, per sempre, finchè le dune non l’avessero inghiottita e il suo ricordo fosse perso per sempre.
Krohs non le aveva più detto niente, si era limitato a coprire il volto sfigurato del nemico con un lembo del mantello nero, prima di perquisire il cadavere e sottrargli il borsello.
Per Leth quella sarebbe stata una pesca facile, e forse avrebbe potuto saldare i conti con l’uomo, ma la sola idea di derubare un morto le dava la nausea.
Non era per attaccamento alla morale, no: già diverse volte si era vista costretta a raspare nelle tasche di un cadavere per evitare di morire di fame, ma quella volta era diverso.
Quella volta il corpo era ancora caldo, e nonostante il mantello sul viso quegli occhi continuavano a fissarla.
Era stata lei.
Lei, con le sue mani, con la sua pelle, con la sua volontà.
Lei aveva arso la carne viva di quell’uomo con un semplice tocco, lei ne aveva spento per sempre le iridi, rendendole secche come vetro scheggiato.

Piantala, non è colpa tua, è stato Krohs a dargli il colpo di grazia!

Tentò di convincerla la parte razionale di sé, ma il risultato non fu molto soddisfacente: un conato di vomito la costrinse a portare le mani alla bocca e a piegarsi in avanti.
Solo a quel punto Krohs alzò lo sguardo dal cadavere che stava esaminando e tornò da lei, accucciandosi al suo fianco.
- Hey… Va tutto bene, è tutto apposto, Leth… - sussurrò cercando di tranquillizzarla.
Lei alzò lo sguardo su di lui, e per un lungo momento sentì di provare un odio profondo nei suoi confronti.
Era colpa sua se era finita in quel casino, colpa sua che l’aveva comprata alla Fiera, colpa sua che l’aveva portata con sé, colpa sua che l’aveva coinvolta in tutto quello.
- Adesso alzati, coraggio… Dobbiamo proseguire… - le intimò con dolcezza, ignaro della bolla incandescente che stava per scoppiarle nel cuore.
Leth obbedì in silenzio, rifiutando però la mano che l’uomo le tendeva.
Cercò di ignorare il bruciore al braccio e si strinse nel mantello, prendendo a camminare a caso fra le dune.
- Abbiamo perso i cavalli. – sentenziò piatta dopo qualche passo.
- Sono scappati verso Nord-Ovest, dove stiamo andando noi… Li troveremo lungo il cammino, non ti preoccupare! – esclamò, positivo.
Si vide presto costretto a togliersi il sorriso dalle labbra, schiacciato dal sentimento negativo che opprimeva la compagna.
Sapeva quali pensieri agitavano il suo cuore, e proprio perché sapeva decise di lasciarla stare, proseguendo in silenzio lungo il cammino.
Come pronosticato, ritrovarono i cavalli dopo un quarto d’ora di marcia; non si erano allontanati molto, e per fortuna nello scontro non erano rimasti feriti. Rimontarono in sella e nell’arco di due ore raggiunsero la destinazione.
Un forte odore di salino punzecchiava le narici, e se Leth non fosse stata impegnata a disprezzarsi si sarebbe certamente meravigliata alla vista che si presentò loro scollinando l’ultima duna.
Limpido, vasto, luccicante sotto le stelle, il mare si estendeva a perdita d’occhio, punteggiato qua e là dai lumini delle barche dei pescatori.
Ai piedi della duna, lungo la costa, un villaggio dalle medie dimensioni si lasciava accarezzare dalle onde, quieto e accogliente dopo la baraonda del giorno.
Scesero fino in centro, alla ricerca di una locanda che potesse ospitarli per la notte e prendersi cura delle loro cavalcature.
Ancora una volta scelsero di condividere la camera, decisione affidata più a Krohs che altro, dal momento che la ragazza non aveva più aperto bocca da quando erano ripartiti.
Si decise a parlare solamente quando furono al sicuro dietro una porta chiusa, e le sue parole non furono certo quelle che l’uomo si era immaginato.
- Cosa c’è in quel pacchetto. –
Non era una domanda, era quasi un ordine. I suoi occhi blu erano ora foschi e addensati dalla rabbia, come un cielo che si prepara alla tempesta.
- Leth, non… - esordì il viandante.
- Krohs, ho ucciso un uomo, cosa c’è in quel pacchetto! – replicò, il tono di voce più alto e acuto.
- Ssssh! Non gridare! – le intimò il compagno di viaggio, portando le mani avanti come se avesse dovuto placare chissà quale belva selvaggia.
- Tu non hai ucciso nessuno, è stato un incidente, sono stato io a… - tentò.
- Gli ho bruciato la faccia, credi che sarebbe andato molto lontano se tu non fossi intervenuto?! Dei, cosa ho fatto… Dimmi cosa c’è in quel pacchetto o giuro che è la volta buona che mando a quel paese i miei precetti e ti taglio la gola! – lo minacciò, sguainando il pungale e cercando di mantenere salda la presa, nonostante la mano le tremasse visibilmente e un fastidioso groppo in gola le impedisse di respirare come si deve.
- Leth… -
- Dimmelo… - balbettò, gli occhi ormai velati di lacrime e di terrore.
Krohs mosse un passo in avanti, e con una singola falcata raggiunse la ragazza, circondandole le spalle in un abbraccio forte e al contempo delicato che la colse impreparata come una scarica elettrica.
Accadde, accadde e basta.
Lasciò cadere il pugnale che raggiunse il pavimento tintinnando e abbandonò la testa contro il petto dell’uomo, lasciando che profondi e dolorosi singhiozzi le scuotessero il corpo da cima a fondo.
Era consapevole del fatto che appena ripresa si sarebbe pentita amaramente di quel segno di debolezza, ma adesso proprio non ce la faceva, si sentiva spezzata dentro come una spiga di cristallo sotto una falce d’acciaio e piangere tutta la sua paura era l’unica cosa che riusciva a fare.
Krohs le portò una mano sul capo e prese ad accarezzarle piano i capelli, mentre lei si aggrappava alla sua camicia e cercava di inghiottire il dolore una volta per tutte.

Basta, Leth, smettila. Non serve a niente, smettila.

Eppure quell’abbraccio così inaspettatamente dolce la faceva sentire sicura, protetta, capita, la faceva sentire come non si sentiva da dieci lunghi anni.
- Va tutto bene, Leth… Possiamo gestirlo, possiamo domarlo… Non hai nessuna colpa, nessuna… - sussurrò Krohs quando sentì i respiri della ragazza farsi meno profondi e più cadenzati.
- Ho paura… - mormorò lei, sincera e nuda di fronte all’orrore di quella sera.
L’uomo sciolse l’abbraccio e la condusse fino a uno dei due lettini spartani, per poi farla sedere.
Raccolse la sua sacca da terra e si accomodò accanto a lei, sfasciando lentamente l’involto che gli aveva consegnato Oluk.
Ne emerse un medaglione dorato al centro del quale era incastonato un grosso rubino tagliato a sezione circolare.
Leth trasalì, aveva già visto quel medaglione.
- Perché ce l’hai tu? – domandò asciugandosi gli occhi, sempre più confusa e spaventata.
Lo ricordava, lo ricordava bene. Era l’ultima cosa che aveva visto prima di perdere i sensi, la notte in cui l’Impero aveva bruciato il suo villaggio e i suoi genitori erano stati uccisi.
Krohs si accigliò.
- Lo conosci? – domandò, stupito.
- Può darsi. – replicò la ragazza, incerta se dire la verità o meno.
Ci fu un lungo momento di silenzio, poi l’uomo riprese a parlare.
- Oggi ti ho parlato della Magia, di come gli antichi saggi l’abbiano imbrigliata in alcuni sacri manufatti di cui l’Imperatore si è servito per creare la sua potenza… - esordì.
- Ebbene, non tutti sono caduti nelle sue grinfie. Dei Sette Talismani solamente due sono riusciti a rimanere celati al suo dominio, e si da il caso che uno dei due sia proprio questo. –
Leth ponderò per qualche secondo prima di replicare.
- E per quale motivo dieci anni fa colui che mi inflisse questa cicatrice lo portava al collo? –
Quella frase fece calare il gelo all’interno della stanza.
Quella era un’accusa grave e intrisa di diffidenza, e Krohs sapeva di non poterle dimostrare nulla.
Avrebbe dovuto credergli sulla fiducia, non c’era altro modo.
- Chiunque sia stato a lasciarti quel segno, Leth, ti giuro sugli Dei che non sono stato io. Ci sono orde di studiosi al servizio dell’Imperatore che ogni giorno ricercano nuovi modi di clonare e imbrigliare la Magia: so che ultimamente hanno imparato a produrre e caricare nuovi Talismani, non mi stupirei se quello che hai visto altro non fosse che una copia del mio… - considerò, le sopracciaglia aggrottate mentre cercava una spiegazione.
- Quindi sai usare la Magia. – fu la conclusione a cui giunse la giovane.
- Perché prima non l’hai sfruttata per difenderti? – incalzò, curiosa e non ancora del tutto convinta a tornare a fidarsi di lui.
Krohs sospirò e ripose il medaglione nella sacca, non prima di averlo riavvolto nel panno bianco.
- Io non ho alcun potere magico senza il medaglione. Un mese fa si è rotto e sono stato costretto a portarlo all’Oasi affinchè Oluk lo riparasse. Credevo che il suo lavoro sarebbe stato sufficiente, invece ho scoperto che l’anima del cristallo si è scheggiata, e quindi avrà bisogno di un diverso trattamento per funzionare di nuovo. Finchè il mio Talismano sarà in queste condizioni io non sono altro che un comunissimo viaggiatore… - spiegò facendo spallucce.
Leth annuì, il respiro di tanto in tanto ancora spezzato dalla paura di poco prima.
Una domanda le martellava la coscienza, ma temeva ad esporre i suoi dubbi e non era del tutto certa di voler conoscere la verità. Prima che potesse anche solo aprire bocca, però, Krohs la anticipò.
- Quello che è successo stasera è molto strano, perciò devi starmi ad ascoltare con estrema attenzione, Leth. – incominciò, mentre dalla sacca faceva emergere la borraccia e delle bende e iniziava a medicarle la ferita sul braccio.
Quando prese a pulire il sangue rappreso attorno al taglio la giovane sussultò appena, stringendo i denti per resistere al bruciore.
- Vai avanti, ti ascolto… -
- Un Talismano non è semplice da usare. Innanzitutto è legato al suo possessore da un vincolo profondo, di modo che se anche venisse rubato difficilmente potrebbe essere utilizzato dall’eventuale ladro senza un allenamento intenso e molto faticoso. Avrai capito che non tutti possono usare la Magia, è necessario che il suo potere, anche in minima parte, sia presente nel sangue di chi vuole esercitarlo, altrimenti ogni sforzo sarebbe vano e anzi, la Magia risucchierebbe ogni forza vitale di chiunque provasse a utilizzarla, stroncandolo senza pietà. – raccontò.
- In effetti è stato doloroso… Ho pensato che sarei morta, sembrava che volesse bruciarmi da dentro… - ammise Leth, mentre Krohs le sistemava con un nodo la stretta fasciatura.
Quello scosse la testa e si guardò attorno con circospezione, quasi si fosse aspettato di vedere qualche altro nemico spuntare dai muri o da sotto il letto.
- No, Leth, non hai capito. Lì per lì ho pensato che il potere del Talismano si fosse incanalato in te e tramite il tuo corpo si fosse manifestato, ma i conti non tornano: il medaglione è rotto. –
- Quindi? Cosa diamine è successo? Come ho fatto a fare… insomma, quella cosa che ho fatto? – domandò, un fremito nella voce al ricordo del terribile rumore che aveva udito nel difendersi dallo sconosciuto.
Krohs chiuse gli occhi, alla ricerca del modo migliore per esporre la sua teoria, poi le mise una mano sulla spalla in un gesto quasi protettivo.
- Temo che la risposta sia estremamente semplice quanto di proporzioni colossali. Io credo che tu sia una Portatrice Innata. – spiegò.
- Una cosa?! –
Leth deglutì. Non sapeva perché, ma quel titolo non le ispirava niente di buono. Sembrava quasi la condanna ad un’incurabile malattia, qualcosa di terribile e drammatico.
- Un Portatore Innato è una persona nella quale il seme della Magia si presenta spontaneamente come alle origini; individui simili non hanno bisogno dei Talismani per esercitare i loro poteri… - così dicendo tese le labbra in un sorriso rassicurante e si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra appena incrostata di sale.
- Non preoccuparti, non saresti l’unica. E comunque la mia è solo un’ipotesi: ciò che è successo stasera potrebbe essere semplicemente un caso… -
La ladra sospirò e lasciò che il suo sguardo si perdesse nella luce della luna che, al di là del vetro, illuminava la città e il mare.
- Forse adesso è il caso di andare a dormire… - mormorò dopo qualche minuto di silenziosa riflessione.
Krohs annuì e si sfilò la camicia, appoggiandola sulla seggiola accanto al suo letto.
- Già… Oggi è stata una giornata intensa. Riposiamo, domani andrà meglio! – esclamò come buonanotte per poi darle le spalle e terminare di mettere in ordine le sue cose.
Leth non rispose, l’aria imbambolata e lo sguardo fisso sull’ampia schiena dell’uomo; la pelle abbronzata era solcata da decine di sottili segni bianchi, cicatrici di un passato ignoto e sicuramente ricco di avventure.
Improvvisamente la giovane si sentì strana, fuori luogo accanto a quell’individuo che aveva dimostrato di possedere tante qualità.
Che cos’era lei, se non una persona qualunque, una sciatta ladruncola di periferia senza una casa, senza radici?
Polvere, sabbia, cenere forse. Nulla di più.
Eppure adesso si riscopriva nuova, diversa, improvvisamente posta di fronte alla possibilità di dare una svolta alla sua vita, essere qualcuno, diventare completa.
Che ne sarebbe stato di lei se Krohs avesse avuto ragione e fosse stata una Portatrice Innata? Avrebbe potuto imparare a domare quel terrificante potere che l’aveva condotta a compiere un gesto tanto brutale e scellerato? Qualcun altro sapeva di quella cosa? Se la notizia fosse giunta alle orecchie dell’Imperatore? Avrebbe lei dovuto fuggire, nascondersi all’Oasi con gli altri e rinunciare del tutto alla sua libertà?
Sfilò gli stivali con calma, rallentata dal peso delle sue preoccupazioni, poi lanciò un’ultima occhiata al suo compagno di viaggio, intento pulirsi la fronte ancora incrostata di sangue.

Forse dovrei provare a fidarmi di lui sul serio. Dopotutto stasera mi ha salvata di nuovo…

Ponderò, imitandolo e scivolando sotto le lenzuola.

Fantastico, così sono doppiamente in debito!

Realizzò una frazione di secondo dopo con un leggero moto di stizza.
- Buonanotte, Krohs… - sospirò prima di soffiare sulla candela che illuminava la stanzetta per poi voltarsi su un fianco e dargli le spalle.
Calò una quiete composta, accarezzata di tanto in tanto dai bisbigli delle onde sui ciottoli in spiaggia.
Il respiro di entrambi era calmo e regolare, ma quando riuscirono finalmente a prendere sonno, ognuno avviluppato nei propri timori, la Luna era già alta sopra l’orizzonte.
Leth dormì un sonno profondo e senza sogni, e impiegò qualche secondo, la mattina dopo, a capire che la mano che la scuoteva dolcemente apparteneva a Krohs.
Si mise a sedere sbadigliando sonoramente, senza premurarsi di portare una mano alla bocca, mentre il compagno accanto a lei scuoteva la testa divertito.
- Sbrigati a prepararti, piccola selvaggia: oggi ci aspetta una lunga marcia! – esclamò radunando le sue cose.
Fecero colazione velocemente e lasciarono la locanda diretti al porto.
La giornata era splendida, e la brezza in arrivo dal mare rinfrescava la pelle e lo spirito dopo tutta quella strada nel deserto.

Così è questa Porto Agrat…

Leth aveva sentito parlare più volte di quella città che ogni giorno, grazie alle navi in arrivo dal Nord, riforniva direttamente la capitale di beni di ogni genere.
Era un centro relativamente piccolo, eppure il viavai di persone era così animato da non avere nulla da invidiare alla Piazza del Mercato di Agrat. 
Senza allontanarsi mai troppo dal suo compagno di viaggio, la ragazza trotterellava qua e là, sbirciando fra le imposte socchiuse delle vecchie case incrostate di sale e soffermadosi a spulciare le bancarelle del mercatino sotto i portici.
Ogni tanto Krohs rallentava il passo e la imitava, soffermandosi a soppesare fra le mani qualche strano oggettino dall’aria esotica e scambiando opinioni con la ragazza.
Dal canto suo, la ladra era estasiata da tutti quei colori e quei profumi che le solleticavano le narici.
Con gli occhi spalancati di stupore raggiunse la spiaggia e si lasciò cadere sulla sabbia tiepida. Di fronte a lei, lambite dalla marea, se ne stavano decine di barche colorate, la prua di ciascuna dipinta con un simbolo diverso.
- Krohs, è meraviglioso!- escamò, voltandosi ad incontrare lo sguardo dell’uomo.
Quello la raggiunse senza tuttavia sedersi accanto a lei.
- Non avevo mai visto il mare dal vivo! E’… è stupendo! – continuò la giovane, negli occhi il riflesso dell’acqua azzurra e limpida.
Krohs le rivolse un sorrisetto sghembo.
- Non esiste niente di bello e selvaggio come il mare… - constatò con un retrogusto malinconico nella voce.
Si riscosse in fretta, indicandole una bottega sotto ai portici all’esterno della quale sventolavano bandierine e scampoli di stoffa colorati.
- Devo fare alcune commissioni prima di partire… Al Lago la temperatura è più fredda rispetto alla costa, ti consiglierei di comprarti dei vestiti un po’ più caldi… - suggerì con un’occhiata allusiva all’abito tradizionale della Terra della Luce, che difficilmente l’avrebbe tenuta al caldo spostandosi a Sud.
Leth sorrise e si strinse nel mantello.
- Fra quanto ripartiamo? – domandò, già facendo il calcolo mentale della somma che avrebbe potuto destinare agli acquisti.
- Un quarto d’ora, sii rapida! – la ammonì l’uomo, salutandola con un cenno del capo e incamminandosi lungo la strada che costeggiava la spiaggia.
La ragazza si alzò in piedi e si scrollò la sabbia di dosso, poi si incamminò a sua volta dove indicatole, fischiettando accompagnata dai canti dei gabbiani.
La bottega era ben fornita, e gli abiti già confezionati erano molti e dai colori e dalle stoffe più vari.
Le piacevano i negozi di stoffe, le ricordavano quando da bambina andava a comprare con sua madre: spesso, dopo gli acquisti, la donna le regalava un piccolo nastrino colorato con cui legare i capelli ondulati.
Quel ricordo felice gliene portò alla mente uno molto più recente e assai più difficile da catalogare.
Presa dalla novità del luogo, da quando si era svegliata non aveva avuto un momento per riflettere su quanto accaduto la sera prima.
Quello che Krohs le aveva detto era in realtà un gran bel problema: se avesse avuto ragione, probabilmente, la sua vita sarebbe stata da considerarsi in pericolo.
L’aveva abbracciata.
Lì per lì non ci aveva fatto molto caso, sconvolta dalla paura e dalla rabbia, ma adesso notava come quello fosse il primo vero contatto fisico fra loro due da quando si erano incontrati ad Agrat, ignorando tutte le volte in cui l’aveva strattonata qua e là mantenendo salda la presa sui suoi polsi.
Ma la sera prima era stato diverso.
Vi era qualcosa di più dell’esigenza della fretta in quel gesto. Vi era dolcezza, forse affetto. Vi era desiderio di condividere il peso di quella scoperta.
Si sorprese a stare arrossendo di fronte alla debolezza che aveva mostrato crollando a quel modo, eppure sentiva di non essere stata giudicata.
Krohs non aveva più accennato a quella discussione, e questo non aveva fatto che avvalorare l’idea che si era fatta di lui come di un uomo riservato e, dopotutto, abbastanza sensibile.

Che strano tipo…

Constatò fra sé e sé facendo spallucce mentre esaminava un completo dalle tinte tenui dell’aurora.
Lo rimise a posto, non era il suo genere. In una cesta poco lontana individuò quello che cercava: abbandonati da una cliente insoddisfatta, un paio di pantaloni scuri e un bustino verde muschio sembravano chiamarla.
- E’ tutto fatto a mano, signorina. Taglia unica, è in fibra di Wyspos! – esclamò la commessa apparendole alle spalle come un avvoltoio.
Leth trasalì e tese le labbra in un sorriso infastidito.
Detestava essere interrotta mentre faceva acquisti, e non aveva la più pallida idea di cosa fosse la fibra di Wyspos.
Raspò nel borsellino che portava appeso alla cintura e si diresse al bancone per pagare, decidendo all’ultimo minuto che sarebbe stato saggio comprare anche una sacca come quella che aveva Krohs.
Quando un paio di minuti dopo uscì dalla bottega e tornò in spiaggia ad aspettare il suo compagno, Leth poteva dirsi più che soddisfatta.
Si sedette nuovamente sulla sabbia e aprì il borsello per controllare quanto le fosse rimasto; storse il naso, fra la locanda e il cambio d’abiti aveva speso più del previsto, avrebbe dovuto raggranellare qualcosina o non sarebbe mai riuscita a saldare il debito con Krohs.
Quasi avesse udito i suoi pensieri, l’uomo apparve svoltando l’angolo di un palazzo, i due cavalli che lo seguivano trattenuti per le redini.
Senza aspettare un momento di più, i due viandanti balzarono in sella, chi più agilmente e chi meno, e si lanciarono al galoppo lungo la costa.
Pur cavalcando a tutta velocità non sarebbero mai giunti al villaggio successivo in tempo per la notte, tuttavia a mano a mano che proseguivano verso Ovest il clima cambiava così come la vegetazione.
Il deserto stava pian pianino scomparendo, sostituito da piccoli arbusti spinosi e piante sconosciute e il caldo soffocante delle terre attorno ad Agrat era via via rinfrescato dalla leggera brezza marina in arrivo da Nord.
Pranzarono in fretta, e in fretta ripartirono.
- Dubito che ci siano altri di loro alle nostre calcagna, ma è meglio non rischiare. Prima arriveremo al molo, meglio sarà. – aveva spiegato Krohs, indicandole sulla vecchia mappa un puntino rosso in prossimità del Kirib. Da lì avrebbero poi preso una chiatta che avrebbe risalito il fiume fino a Leksaahl, la Città sul Lago.
- In questo modo si dimezza il tempo di marcia e saremo a destinazione in meno di una settimana! – aveva concluso riponendo la cartina nella sacca e rimontando a cavallo.
Si fermarono quando ormai il sole era in picchiata sull’orizzonte e le prime stelle facevano capolino in cielo.
Legarono i cavalli ad un piccolo alberello robusto sotto il quale disposero le loro cose, e mentre gli animali brucavano tranquilli e si riprendevano dalla lunga cavalcata, i due viaggiatori organizzarono la cena.
Accesero un grande fuoco con ramoscelli e sterpaglie che riuscirono a trovare nei dintorni, poi finalmente si sedettero e poterono consumare il loro pasto in tranquillità.
- Com’è Leksaahl? – domandò Leth sgranocchiando le banane essiccate che aveva preso all’Oasi e offrendone una manciata a Krohs.
Quello raspò nel sacchetto e si strinse nelle spalle, alzando lo sguardo al cielo.
- Mah, ho vissuto lì per molti anni, mi è difficile dare un giudizio sincero. In linea di massima la ritengo una bella città. La gente è tranquilla e non fa domande, e la vista sul lago non è niente male… - raccontò, stendendosi con le mani intrecciate dietro la testa.
- Hai viaggiato molto, vero? – incalzò la ragazza con un tono un po’ strano, quasi materno.
Krohs fischiò e sorrise.
- Molto è dire poco. Ho visitato tutte le Quattro Grandi Terre. Ormai sono passati quasi trent’anni da quando ho lasciato il mio villaggio, e all’epoca ero poco più che un bambino… - confessò con una lieve malinconia nella voce.
- Chissà, forse non lo riconoscerei nemmeno più se dovessi tornarci. O forse sarebbero loro a non riconoscermi più… - aggiunse in un soffio.
Leth si sdraiò accanto a lui, la sacca sotto il capo e le braccia incrociate al petto.
- A volte mi manca casa. Mi manca l’idea di potermi chiudere la porta alle spalle sapendo che dentro ci sarà qualcuno ad aspettarmi, mi manca la voce di mia madre mentre stende i panni e le mani forti di mio padre che mi prendono in braccio. Vorrei tornare, ma sarebbe inutile. Ormai il passato è passato… -
Percepì Krohs voltarsi su un fianco e sentì le sue iridi azzurre puntate sul suo viso.
- Avevo dieci anni quando sono arrivati gli uomini in nero. Hanno dato fuoco a tutto quello che trovavano, e hanno ucciso. Tutti quanti. Anche i vecchi, anche i bambini. Io e i miei amici eravamo andati al vecchio mulino quella sera. Restava in cima alla collina, e si diceva che fosse infestato dagli spiriti. Erano anni che desideravo andarci, e finalmente ero riuscita a convincere il gruppo. Non feci nemmeno in tempo ad entrare. Mio cugino, che era il più grande fra di noi, vide il fuoco da lontano e ci costrinse a tornare indietro. Non poteva immaginare… - si interruppe un momento, il bordo del mantello stretto nel pugno che tremava appena al ricordo.
- Non saremmo mai dovuti tornare. Molti di noi vennero uccisi dalle fiamme, altri dai soldati. Anche gli adulti non riuscirono a resistere a quella violenza. Mio padre morì cercando di difendere mia madre. Bruciarono entrambi assieme alla casa. Io fui più sfortunata, e me la cavai con questa cicatrice. – terminò con un cenno allo squarcio lungo il fianco.
- Non sono più tornata a Tani dopo quella notte. Non avrebbe senso, non è rimasto niente. –
Solo quando si accorse che Krohs le aveva poggiato una mano sulla spalla si rese conto di quello che aveva detto.
- Io… Scusa, non so perché te l’ho raccontato… Non farci caso, non…- ma ancora una volta fu costretta ad interrompersi, l’indice dell’uomo premuto contro le labbra.
- Non devi scusarti per le scelleratezze dell’Impero, Leth. – sussurrò, indicandole di alzarsi con un cenno della testa.
- Vedo che entrambi siamo stati privati di qualcosa di caro. Ma c’è un modo per evitare che questo sacrificio sia stato vano. –
La ragazza gli rivolse uno sguardo interrogativo, caricata dalla volontà nella voce dell’uomo, mentre mille domande le affollavano il cuore.
Di cosa era stato privato? Perché non tornava a casa da così tanto tempo? Che ne era stato della sua famiglia? Che anche loro fossero stati trucidati dai soldati dell’Impero?
- Cosa dovrei fare? – chiese mettendosi a sedere.
Krohs la guardò dritta negli occhi, lo stesso sguardo serio e deciso della sera prima.
- Se vorrai, Leth, ti insegnerò a padroneggiare la Magia. Loro ci vogliono ignoranti, ci vogliono isolati. Noi possiamo cambiare tutto questo. Possiamo ricordare alle genti delle Quattro Grandi Terre cosa significhi Libertà. Siamo il fuoco che arde sotto le ceneri, dobbiamo solamente provocare la scintilla, e l’incendio verrà da sé! – spiegò, negli occhi una luce nuova, una luce di speranza.
Leth trattenne il respiro.
Era vero, era per questo che aveva passato l’infanzia nascosta nei boschi, era per questo che i soldati dell’Impero avevano distrutto tutto! Fino a quel momento aveva sempre interpretato il suo essersi salvata come una punizione, una condanna ad una vita di solitudine ed espediente.
Adesso, però, tutto cambiava, e le carte in tavola ribaltavano l’andamento del gioco.
Se quello che diceva Krohs fosse stato vero, se lei fosse stata una Portatrice Innata, forse il fatto che la sua vita fosse stata risparmiata avrebbe avuto un senso.
Non sarebbe stata una condanna, ma un’opportunità.
Mentre il fuoco crepitava accanto a lei e le stelle brillavano in tensione nel cielo, Leth sentiva che la sua risposta le avrebbe cambiato per sempre la vita, e forse avrebbe cambiato anche le vite degli altri.
Ma non aveva paura, no. Per la prima volta nella vita sentiva l’energia scorrerle in corpo e sostenerla senza fremiti, senza indugi.
Annuì, il cuore colmo di convinzione, poi sorrise al suo nuovo compagno.
- Insegnami tutto ciò che sai. -












 
Note:

Ta-daaaan!
Eccoci qui, con un simpaticissimo e incredibilmente inutile capitolo di transizione! ~ :D
Beh, dai, inutile magari no... Krohs infatti incomincia a darci qualche spiegazione in più per quanto riguarda la Magia e il modus operandi del nostro adorabile Imperatore -sarcasm-.
Ma anche Leth finalmente racconta qualcosa di sé e prende delle decisioni importanti!
Il rapporto fra questi due sta finalmente prendendo forma, e non mi stancherò mai di dirlo, ma li amo, li amo tanto.
Nel frattempo il cammino prosegue verso Ovest, in direzione di nuove città e nuovi personaggi che non vedo l'ora di presentarvi. Già, perchè a breve infatti conosceremo la vecchia Lyd, citata qualche capitolo fa da Oluk, e scopriremo qualcosinain più sul passato di Krohs e sull'identità dell'Imperatore.
Come sempre ringrazio infinitamente chi legge, recensisce ecc... Non voglio essere ripetitiva, ma vi adoro veramente! <3

Ps: probabilmente il prossimo aggiornamento potrebbe richiedere un po' più di tempo, causa esami e viaggetto a New York con la mia nonna brontolona~
Farò comunque del mio meglio per tentare di aggiornare in fretta, nel frattempo, visto che il pc mi odia e non mi fa caricare le immagini che vi avevo promesso, mi tocca rinunciare a metterle qui.
Se volete vederle, comunque, le ho già pronte e sarò lieta di mandarvele via messaggio privato...
Scusate, sono una schiappa con l'informatica... xD

Kisses,
Koori-chan
  
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