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Autore: GirlWithChakram    24/05/2014    4 recensioni
Pochi mesi sono passati dalla morte di Xena e Gabrielle deve trovare il coraggio di andare avanti per dimostrare al mondo di essere la degna erede della Principessa Guerriera. Ma cosa accadrebbe se, in una terra lontana, trovasse qualcuno disposto a darle una seconda possibilità per stare con la donna che ama?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gabrielle, Un po' tutti, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5: Notti tra le dune
 
Living in a world so cold, wasting away
Living in a shell with no soul since you’ve gone away
Living in a world so cold counting the days since you’ve gone away
(Three Days Grace – World so cold)
 
«Fa sempre così freddo di notte nel deserto?» domandò Gabby, stringendosi nella propria coperta.
«Non cala la temperatura da dove vieni tu?» le domandò Meskhenet.
«Sì e probabilmente fa più freddo che qui, ma non mi aspettavo che dal sentirmi cuocere la testa sarei passata al sentirmi gelare il sangue nelle vene!»
«In effetti per chi non ci è abituato può essere abbastanza scioccante» rispose con una risata Masika.
«Tu vedi di ridere un po’ meno e dormire di più!» la rimproverò la poetessa «Alla tua età dovresti andare a letto insieme al carro di Apollo.»
«Il carro di chi?» domandò curiosa.
«Apollo, il dio del sole.»
«Ma è Ra il dio del sole! Lui e la sua barca solcano il cielo superiore di giorno e poi di notte viaggiano nel cielo inferiore, risorgendo ad ogni alba.»
Gabrielle non sapeva come ribattere, in fondo il sole era uno solo, non potevano esserci due divinità ad occuparsi dello stesso compito. Oppure sì? Cominciò a tormentarsi riflettendo su chi potesse avere ragione, intanto le altre due proseguivano nel raccontarsi le varie leggende riguardo i loro dei.
«Adesso basta arrovellarti così» disse Mesk scuotendo dolcemente Gabby «Questa giornata è stata dura per tutte noi, quindi è il momento di riposare.»
«Ma qualcuno deve fare la guardia contro i predoni!» esclamò la bambina «Di notte attaccano i viaggiatori indifesi.»
«Per questo non abbiamo acceso il fuoco» le rispose la donna egizia «Se no saremmo un bersaglio facilmente individuabile.»
«Masika non ha tutti i torti però» intervenne Gabrielle «Dovremmo istituire dei turni di guardia anche se siamo solo in due e tu… beh, nel caso ci attaccassero… non so quanto possa essere di aiuto, sei disarmata…»
«Oh, tu credi?» così dicendo sfilò dalla sua bisaccia una corta spada curva «Questo è un khopesh, una lama tipica di queste parti. Non me ne separo mai.»
«Ma quindi anche tu sei una guerriera?»
«Preferisco definirmi come una girovaga a cui piace viaggiare sicura.»
Gabby in fondo non ne fu molto sorpresa, dal primo istante in cui aveva posato lo sguardo su di lei aveva percepito qualcosa. Quella giovane le aveva ricordato se stessa, ma più tempo spendevano insieme, più si rivelava simile a Xena, si sarebbe quasi aspettata di vederla usare le tecniche di digitopressione o lanciare il Chakram.
«Allora comincia tu, quando la luna è alta nel cielo ti do il cambio» concluse la poetessa.
«Affare fatto. Vedi di riposarti bene, ci aspettano ancora molti giorni di viaggio e nessuno vuole che la tua missione divina sia compromessa dalla mancanza di sonno» le rispose con un sorriso.
Gabrielle ricambiò sorridendo a sua volta, poi si coricò su un fianco. Osservava i due dromedari e Argo riposare tranquilli poco distanti, sopra di lei stelle luminose danzavano al ritmo del vento del deserto. Per la prima volta dopo molto tempo si sentì tranquilla nel lasciarsi andare al sonno. Sembrava passato un secolo, invece era stato appena poche ore prima che Isis le aveva fatto la sua offerta, ridonandole tutta la speranza di cui aveva bisogno.
La pace del riposo durò ben poco. Gabby si sentì scuotere con forza e l’istinto le fece portare le mani ai sai.
«Ferma! Sono io!» Mesk la fissava con aria preoccupata. I suoi occhi dorati calamitarono l’attenzione della poetessa, lei non ci aveva fatto caso prima, ma alla luce della luna sembravano pepite. In realtà non si era mai soffermata ad osservare la sua nuova compagna di viaggio. Era senza dubbio molto bella eppure dall’aria saggia, nonostante la giovane età. I capelli scuri, tipici del suo popolo, non facevano altro che sottolineare lo sguardo brillante.
«Siamo in pericolo!»
Gabrielle fu costretta a tornare coi piedi per terra, se c’era una minaccia doveva essere pronta ad intervenire.
«Non ho avuto il coraggio di svegliare la bambina, ma ho visto una luce apparire e scomparire tra le dune. Sono quasi certa che si tratti di un segnale, un gruppo di predoni deve averci accerchiate e ci salteranno addosso da un momento all’altro!»
«E cosa possiamo fare?»
«Combattere fino alla fine. La scarsa visibilità giocherà a nostro vantaggio, ma dobbiamo essere pronte ad una fuga di emergenza nel caso fossero troppi.»
L’altra annuì, poi entrambe estrassero le armi e si prepararono.
Per lunghi minuti non accadde nulla, ma ad un tratto lo sbuffare di una cavalcatura tradì i loro assalitori. In pochi istanti piombarono su di loro. Erano sei uomini, tutti a dorso di dromedari ed armati di spade simili a quella di Mesk, ma dalla forma più allungata.
La ragazza non si fece cogliere impreparata e balzò in direzione di uno dei banditi e lo disarcionò. Atterrarono rumorosamente sulla sabbia e prima che quello potesse reagire, lei gli piantò la lama nella gola. Gabby potè solamente udire il suo gemito disperato prima che la morte lo trascinasse nel Tartaro, o in qualunque altro luogo le anime si recassero in quella terra.
«Concentrati!» le urlò la compagna vedendola distratta «Proteggi la piccola!»
I sai si mossero rapidi, guidati dalla mano esperta, e andarono a ferire la coscia di un nemico per poi piantarsi nel suo torace dopo averlo trascinato a terra. La poetessa sentì il sangue imbrattarle le braccia, ma si consolò del fatto che almeno non fosse il proprio. Il suo sollievo durò poco poiché vide uno dei quattro predoni rimasti avvicinarsi rapido a Masika. Era smontato dal dromedario e si muoveva come un’ombra. Gabrielle non ebbe altra scelta se non quella di scagliare uno dei sai sperando di colpirlo. Gli anni di pratica diedero i loro frutti: l’arma si conficcò con forza nel petto del bersaglio, che cadde con un tonfo, senza più rialzarsi.
I tre sopravvissuti non si lasciarono intimorire. Due stavano cercando di avere la meglio su Mesk, ma lei riusciva tenerli a bada senza troppa difficoltà. L’uomo rimasto solo ebbe appena il tempo di dare una rapida occhiata a Gabby prima che lei lo eliminasse squarciandogli la gola. Ormai la donna era zuppa di sangue e si sentiva sempre più stanca, ma fortunatamente non era ferita.
Nel frattempo, svegliata dal rumore della battaglia, Masika era corsa a prendere le briglie delle loro cavalcature, pronta a scappare.
«Aiuto!» le parole disperate di Meskhenet risuonarono nell’aria gelida.
La donna bionda era troppo lontana da lei, era andata a recuperare il sai che aveva scagliato. Le restava una sola cosa da fare. Raccolse tutto il proprio coraggio, poi sganciò il Chakram dalla cintura e lo lanciò. Il cerchio seguì un preciso arco, fino a colpire il primo bandito, poi, come guidato da una forza magica, andò a ferire anche il secondo e con un ultimo guizzo di vita tornò in mano Gabrielle.
Sentì un tonfo al cuore quando lo afferrò. Era la prima volta, dalla morte di Xena, che usava il suo Chakram e ancora si stupiva di come fosse in grado di maneggiarlo alla perfezione.
«È finita?» chiese la bambina. Si poteva facilmente leggere il terrore sul suo volto. La sua innocenza era perduta per sempre, probabilmente quel trauma l’avrebbe segnata a vita.
«Sì piccola, è tutto finito, adesso sei al sicuro» la rassicurò Gabby abbracciandola.
«Una mano mi farebbe comodo…» le parole giunsero con una nota di biasimo. Mesk si teneva un braccio e zoppicava leggermente. La poetessa accorse in suo aiuto, le mise un braccio attorno al fianco e la aiutò ad avanzare fino al dromedario, non potevano certo restare nel luogo di quel massacro.
«Lascia solo che ti bendi le ferite» le disse vedendo che il braccio dell’amica sanguinava.
«Sto bene…» mormorò l’altra «Ti stai preoccupando per un graffietto.»
«Io non la penso così, quindi ora ti dai una calmata e mi lasci cercare qualcosa che possa andare bene come benda» detto ciò si avvicinò ad un cadavere poco distante e strappò una lunga striscia dalla sua tunica. Nel farlo notò un oggetto curioso appeso al collo del morto: un medaglione dorato. Lo staccò e lo tenne stretto insieme al brandello di stoffa.
«Adesso lasciati curare, poi ci rimettiamo in marcia» annunciò mentre stringeva l’improvvisata benda in modo da fermare il sangue «Ci vorrebbe una fonte o qualcosa di simile per ripulirci da tutto… tutto questo… sporco.»
«A qualche ora di viaggio ci dovrebbe essere un’oasi, ma non sono certa della direzione» si intromise Masika.
«Pensi che riusciremo a trovarla nonostante l’oscurità?»
«Non ne sono sicura, sarebbe meglio aspettare il sorgere del sole…»
«Va bene, però allontaniamoci comunque di qui. Loro» disse lanciando un’ultima occhiata ai corpi senza vita «Attireranno solo guai.»
Dopo aver aiutato Meskhenet a montare in sella, si lasciarono alle spalle quello scempio, abbandonando i resti alle sabbie.
 
Quando arrivarono all’oasi, il giorno seguente, il sole era alto e il caldo insopportabile. Avevano tutte bisogno di un bagno e Argo, per quanto fosse resistente, doveva bere e rifocillarsi, lei non era abituata al deserto.
Il posto non sembrava molto frequentato, c’erano due costruzioni simili a capanne, ma nessuna traccia di un inquilino. Il resto era colonizzato da lucertole, un paio di palme e un gruppo di cespugli che erano cresciuti nei pressi dello specchio d’acqua.
«Per prima cosa io mi tuffo!» annunciò Mesk scendendo dal dromedario, ma si rese presto conto del madornale errore: la gamba, che aveva ricevuto un brutto colpo durante la lotta, non resse il suo peso e la fece ruzzolare per terra.
Gabby si lasciò sfuggire una risata, poi smontò da cavallo per aiutare l’amica. «Dovresti stare più attenta, non tutti si fermerebbero ad aiutarti.»
«Tu si però!» le rispose l’altra «Ed è anche per questo che mi piaci» quelle parole furono pronunciate con innocenza e sincerità, ma la poetessa ne rimase molto colpita. Cercò di non pensarci mentre sistemava i loro pochi averi, prima di prepararsi per una rigenerante immersione.
Masika aveva insistito per un po’ di privacy, quindi l’avevano lasciata sola a nuotare, ma intanto lei non era coperta di sangue dalla testa ai piedi quindi le due donne non avevano avuto nulla da obiettare.
«Noi dovremmo lavarci con un secchio o qualcosa di simile» suggerì Mesk «Proviamo a vedere se dentro quelle baracche c’è qualcosa che fa il caso nostro.»
Trovarono una tinozza che doveva essere lì da tempo immemore. La riempirono d’acqua e a turno si pulirono al meglio, poi raccolsero tutti i vestiti e li misero in ammollo così da sperare di poterli recuperare.
«Adesso che siamo un po’ meno sanguinolente e che abbiamo svolto il nostro ruolo di lavandaie propongo di concederci un bel bagno» disse Gabrielle osservando l’invitante pozza che riluceva sotto i raggi del sole.
La Rana Gialla stava ancora sguazzando beata, quasi dimentica degli orrori della notte passata, quando fu raggiunta da una furia bionda lanciata in una corsa sfrenata. A pochi passi dall’acqua spiccò un salto, atterrando in acqua con una marea di schizzi. Dietro di lei arrivò Mesk che, nonostante la gamba dolorante e il braccio fasciato, non era intenzionata a perdersi il divertimento.
«Ma dai!» si lamentò Masika «Siate serie! Sono io l’unica che si sta comportando da adulta qui!» Le altre non la stavano a sentire, si spruzzavano a vicenda e tentavano di annegarsi per gioco, come due bambine.
«Fai piano Gab! Ti ricordo che sono stata ferita in battaglia!» disse Mesk indicando la fascia, dopo essere stata colpita per errore dalla poetessa.
«Mi spiace… Ma sei sicura che non sia una scusa perché sai di non avere speranze contro di me?»
Con una risata tornarono a giocare sotto lo sguardo sconcertato della loro piccola compare.
Rimasero a lungo in acqua, era rilassante e la frescura permetteva di distrarsi dal calore insopportabile. Quando il sole si fece basso all'orizzonte uscirono, stanche, ma felici.
Dopo un veloce pasto a base di carne salata e frutti secchi, le due donne costrinsero Masika a dormire. Fu una lunga lotta perché la bambina aveva paura di svegliarsi nuovamente sotto attacco, per fortuna Gabby e parte del suo repertorio di leggende e avventure bastarono a farle chiudere gli occhi.
«Bene, a questo punto tu dormi e io veglio» stabilì la poetessa. Meskhenet non ebbe nulla da obiettare e si coricò vicino alla piccola addormentata.
La bionda uscì dalla capanna per lasciarle dormire in pace e si mise ad osservare l’oasi immersa nella quiete notturna. Le palme ondeggiavano leggermente per via della brezza e la temperatura calava notevolmente e in fretta, tanto che fu costretta ad alzarsi per prendere una seconda coperta. Decise di sfruttare quella che usava come sottosella di Argo, così si avvicinò alla giumenta e, visto che le capitò tra le mani, portò al suo luogo di vedetta anche la bisaccia.
Dopo essersi avvolta a dovere nelle coperte, si mise a frugare trai propri averi e trovò lo strano medaglione che aveva recuperato dal predone. Nonostante fosse fatto d’oro non lo si poteva definire un gioiello, sembrava più un simbolo di appartenenza a qualche setta o confraternita. Su un lato c’erano una serie di incisioni incomprensibili per la poetessa, ma sull’altro lato c’era incisa una testa felina di profilo, con i denti ben in vista. Si rigirò l’oggetto tra le mani chiedendosi cosa significasse per quegli uomini.
Il tempo sembrava non voler passare. Le stelle, ogni volta che alzava lo sguardo, sembravano nella stessa posizione, immobili, come la luna. Anche lei era stanca e voleva concedersi un po’ di riposo, ma il dovere di guardia le impediva di lasciarsi vincere dal sonno.
I brividi la scossero e desiderò più che mai che Xena fosse lì con lei, per starle vicina, sentire il calore del suo corpo. Il mondo mi sembra così… così freddo senza averla qui. Come ho fatto a resistere fino adesso senza di lei?
Purtroppo Gabrielle, trascorsa un’altra ora, si rese conto di aver sopravvalutato le proprie forze e, con lo sguardo ancora perso sulla superficie brillante del medaglione, venne sopraffatta da Morpheus e dal suo invitante mondo.
 
Si ritrovò a vagare nel buio, senza una meta. Andava avanti per inerzia, senza un perché, guidata solo da un  misterioso desiderio interiore.
Ad un tratto un’esplosione di luce la catapultò in un luogo familiare, una radura che tanti anni prima era stata testimone di un toccante momento che era perduto nei ricordi.
Autolycus stava di fronte ad una giovane Gabrielle, che ancora portava i capelli lunghi ed era vestita con l’abito da cerimonia delle Amazzoni.
Io mi ricordo di questo momento…
Lei osservava la scena in terza persona. Vedere se stessa così giovane, con ancora un milione di esperienze da fare, la fece sentire vecchia e stanca.
«Voglio che tu faccia una cosa» disse l’uomo, ma lei sapeva che era Xena a parlare attraverso il corpo del loro amico. «Chiudi gli occhi, chiudili più forte che puoi e pensa a me.» La giovane ubbidì e il paesaggio mutò in un istante, trasformando lo spazio verde e pieno di vita in una landa dai colori plumbei.
«Gabrielle, Gabrielle sono io. Non sono morta» mormorò la Principessa Guerriera che ora si trovava al posto del Re dei Ladri, a quelle parole la fanciulla aprì gli occhi e sorrise. Fece un passo in avanti, ma Xena pose le mani avanti: «Perlomeno non del tutto.»
«Perché?» domandò Gabby con le lacrime agli occhi «Perché mi hai lasciata? Ci sono tante cose che voglio dirti…»
«Gabrielle» la interruppe «Non devi dire nulla. Non abbiamo molto tempo, devi arrivare all’Ambrosia oppure me ne andrò per sempre.»
«Ma non posso perderti di nuovo…»
«Gabrielle» sussurrò Xena avvicinando il suo volto a quello della biondina «Io sarò sempre con te…»
In un istante, non appena le loro labbra si sfiorarono, la radura tornò ad essere quella di sempre e la guerriera mora scomparve lasciando Autolycus spaesato e con la bocca di Gabby poggiata lievemente sulla sua. I due si staccarono dopo un momento con la medesima espressione sorpresa.
«Beh, spero che voi due… abbiate chiarito tutto» disse l’uomo per togliersi dall’imbarazzo.
«Sì, abbiamo chiarito. Grazie, davvero» rispose impacciata la ragazza.
«Oh, ma certo. Per qualsiasi cosa io sono a disposizione di entrambe.»
«Autolycus…» aggiunse Gabrielle dopo un attimo di silenzio.
«Eh?»
«Togli la mano dalla mia natica.»
La bionda spettatrice scoppiò a ridere, aveva quasi rimosso quell’evento. Aveva dovuto salvare la vita a Xena, anche se alla fine la Principessa Guerriera si era praticamente salvata da sola, prendendo il controllo del suo corpo.
Se solo avessi saputo che l’avrei persa di nuovo…
Lo scenario del sogno mutò ancora.
Il sole al tramonto illuminava la cima di una verde collina su cui stavano sedute a contemplare l’orizzonte la guerriera e il bardo. Argo pascolava poco distante, per il resto non si vedeva anima viva.
La spettatrice fissava le schiene delle due figure, intente a discutere.
«Non puoi prenderti il merito di tutto!» si lamentava Gabby.
«Invece sì! Io da sola ho fermato l’intera armata persiana.»
«Ma se non fosse stato per me, quel tizio sarebbe sbucato proprio sulla tua testa, che ora non sarebbe più attaccata al tuo collo!»
«Molto bene, vuoi scrivere che è stato merito tuo? Scrivi pure, ma non puoi nascondere la realtà dei fatti sotto le tue menzogne d’inchiostro» la punzecchiò Xena.
«Oh, e va bene… scriverò che la coraggiosa Principessa Guerriera ha fermato da sola l’invasione dei Persiani.»
«Ecco, così va meglio.»
«Devo omettere la parte dove tu ti riveli un’anima gentile e ti prendi premurosamente cura di me mentre sono in punto di morte?»
«E quando mai questo sarebbe avvenuto?»
«Proprio lo stesso giorno. Vedi, se non ricordi…»
Il resto della frase si fermò a mezz’aria. Gabrielle stava parlando rivolta a Xena, mentre questa fissava davanti a sé, ma poi si era voltata all’improvviso e i loro volti erano a pochi centimetri di distanza.
«Se non ricordi…» mormorò ancora la bionda, ma l’altra le fece cenno di tacere.
La Gabby spettatrice sentì le lacrime agli occhi. Rivedere il loro primo bacio la sconvolse. Vide le labbra, le sue labbra poggiarsi su quelle della mora, eppure non era lei, era un’ombra nel ricordo. Fu un bacio breve, ma intenso. Nessuna delle due era certa di cosa significasse. Si staccarono un po’ imbarazzate e rimasero in silenzio.
Ci eravamo ripromesse di parlarne, ma poi… il ritorno di Callisto, l’ascesa di Hope… la mia morte… non abbiamo avuto la possibilità di parlarci a cuore aperto…
Il mondo onirico si scosse ancora, portandola in un altro luogo, in un altro tempo.
Vide ancora se stessa da giovane, con i soliti abiti da viaggio, seduta davanti ad un piccolo falò, intenta a prendere appunti sulle sue preziose pergamene.
Un lampo di coscienza le riportò alla mente quel ricordo. Quella sera… è stato dopo la morte di Hope e del suo abominio… mia figlia e mio nipote… Dovevamo andare a riprendere Argo e Joxer si era trattenuto nel villaggio vicino… eravamo solo noi…
Non fece in tempo a finire il pensiero che una mora in tenuta da battaglia fece la sua comparsa dal folto degli alberi.
«Ancora ad imbrattare rotoli, Gab?»
«Quello che tu definisci “imbrattare rotoli” è la mia eredità, ciò che lascerò ai posteri.»
«Un bel mucchio di carta igienica?» disse ironica Xena.
«Spiritosa… intanto i miei resoconti sono tutto ciò che rimarrà delle tue imprese, quindi dovresti essermi grata.»
«E perché mai? Io so che cosa ho fatto.»
La bionda sbuffò. Era la centesima volta che avevano quella discussione, ormai la mora continuava solo per il gusto di farle perdere le staffe. Non si poteva vincere una discussione con Xena.
«Senti, mi rifiuto di affrontare per l’ennesima volta l’argomento. Lasciami scrivere in pace.»
«Di cosa ti stai occupando adesso?»
«Della mia…» le parole le morirono in gola.
«Della tua disavventura e del ritorno di Hope?»
«Precisamente…»
La Principessa Guerriera le si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio. «Forse dovresti pensare a qualcosa di più allegro prima di dormire, non trovi?»
«Sono aperta ai suggerimenti…» ribattè con una lieve nota di curiosità «Che cosa dovrei narrare?»
«Hm, fammi riflettere…» disse la mora mentre prendeva posto accanto a lei «Che ne dici di scrivere del nostro… sì, del nostro bacio. Te ne ricordi, vero?»
Gabrielle arrossì, ma Xena continuò: «Avevamo detto che ne avremmo discusso, ma sono successe molte cose da allora.»
«Già…» rispose l’altra a fatica.
«Allora ne vuoi parlare adesso?»
«Xena… io non credo…» le parole si fermarono prima di venire pronunciate.
«Se non vuoi parlare» mormorò la mora facendosi sempre più vicina «Potremmo risolvere la questione in altro modo…»
Ormai i loro visi si stavano sfiorando. Gabby lasciò cadere la penna e il rotolo, incapace di reagire in modo lucido, tutto ciò che le importava era perdersi negli occhi cerulei che le erano così incredibilmente vicini.
«Ti ho mai detto che il colore dei tuoi occhi mi ricorda quello dei ghiacciai che abbiamo visto da lontano quella volta…»
«Gab» la interruppe l’altra.
«Cosa?»
«Stai zitta per una volta» e dettò ciò le prese il viso tra le mani e la baciò.
Il mondo per Gabrielle cominciò a vorticare e in un istante si trovò sdraiata sull’erba, schiacciata dal corpo della Principessa Guerriera mentre continuavano a baciarsi. Sentiva entrambi i cuori battere all’impazzata, i respiri farsi più intensi.
«Xena…» mormorò.
«Hm?» mugugnò l’altra sfiorandole il collo con le labbra.
«La tua armatura… mi fa male.»
«E allora cosa aspetti a togliermela?» rispose l’altra maliziosa.
Le mani si muovevano impacciate, sembravano incapaci si sciogliere tutti i lacci.
«Dai Gab, lo hai fatto un milione di volte.»
«Sì… è solo che… questa volta è diverso…»
La mora si sollevò e fissò gli occhi verdi della compagna, sembravano pieni di timore.
«Hai paura? Vuoi che mi fermi?» le chiese dolcemente.
«Io… io no, non voglio che ti fermi. È che… è tutto nuovo per me… e se dovessi fare qualcosa di sbagliato?»
Xena scoppiò a ridere. «Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Lascia che siano il tuo corpo e il tuo istinto ad agire» detto ciò riprese a baciarla con più forza.
La bionda a quel punto si lasciò andare, affidandosi completamente alla mora.
La Gabrielle spettatrice sapeva bene come sarebbe finita quella scena, ma il suo subconscio si rifiutò di mostrarle oltre. Il buio calò sui suoi occhi. Quando li riaprì la radura era lì, il suo doppio addormentato aveva la testa poggiata sul petto della Principessa Guerriera.
Questo non è un mio ricordo… io dormivo…
La mora fissava le fronde sopra di loro, poi ad un tratto sospirò. «Oh, Gabby cosa ho fatto? Ho incasinato tutto…» una lacrima brillò lungo la sua guancia. «Mentre ti cercavo con la tribù delle Amazzoni del Nord ho rincontrato un nemico, qualcuno che credevo scomparso da tempo: Alti la sciamana. Lei mi ha mostrato una visione del futuro in cui… in cui tu morirai, per causa mia. Prima hai parlato dei ghiacciai, che ironia! Verremo crocifisse in mezzo alla neve su una delle tue amate montagne. Tutto per colpa mia. Non ci resta molto tempo e io ti sto dando l’illusione di poter vivere per sempre felici insieme. Sono una stupida!»
La bionda addormentata si mosse leggermente e abbracciò il corpo della mora.
«Oh» mormorò malinconica Xena «Come ho potuto farti questo, amore mio?»
L’altra, come in risposta, la strinse più forte.
«Ti amo Gab, ti amo più della mia stessa vita e se c’è un modo per sconfiggere il destino io lo troverò, te lo prometto. Lo troverò per te, per noi.» Il silenzio della notte fu l’unica risposta che quelle parole ebbero.
Che questo sia un ricordo di Xena? Si ritrovò a riflettere la poetessa, ma poco le importava, quanto aveva sentito l’aveva colpita dritta al cuore.
«Ti amo anche io, più della mia stessa vita…» disse mentre il sogno scompariva per lasciare posto alla realtà.
 
Nota dell'autore: lo so che il capitolo 4 l'ho caricato solo ieri, ma non ho potuto resistere, visto che i due capitoli in principio dovevano essere uno solo. Spero ve lo siate goduto perchè onestamente non so quando avrò tempo di caricare il prossimo capitolo. Ringrazio come al solito wislava e 5vale5, loro ormai saranno stanche di sentirsi dire il perchè; un ringraziamento speciale ai Three Days Grace, per avermi ispirato per anni con le loro canzoni (ne citerò altre all'inizio dei capitoli futuri) e per continuare ad essere la colonna sonora della mia esistenza. Aggiungo un mio breve commento, tanto ho spazio da vendere. Io ho adorato scrivere questa parte della storia, ho potuto rispolverare scene che non invecchiano mai come quella di Autolycus e Gabby presa dall'episodio 2X13 " The Quest"/"Xena alla ricerca dell'Ambrosia", ma ho potuto anche crearne di nuove, riempiendo i vuoti lasciati dal telefilm. Mi auguro che vi sia piaciuto leggerlo almeno un decimo di quanto a me è piaciuto scriverlo. Siete pregati di farmi sapere come la pensate, suvvia, non siate timidi :) Alla prossima.
   
 
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