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Autore: Lunch    02/06/2014    1 recensioni
Una storia ambientata in un possibile futuro, in cui purtroppo i Bastille non sono più sulla cresta dell'onda. Ma qualcuno che ancora tiene a loro continua ad esserci, motivato a sfruttare un'occasione che il destino gli pone su un piatto d'argento..
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Così noi quattro ci avviammo ad un pub in zona Porta Venezia, distante solo pochi minuti dalla sala di registrazione.
Appena messo piede lì dentro capii come mai a Dan piacesse: c’era la classica atmosfera da pub inglese, che ben conoscevo avendo vissuto in un’isola britannica per un po’.
Luci soffuse, abbastanza pieno nonostante fosse appena pomeriggio inoltrato e in una parola: vissuto.

Con una birra in mano finii per sentirmi anche più coraggiosa, così iniziai il mio terzo grado a Dan.
«Come mai hai deciso di venire a vivere proprio a Milano?»
«Ma per le modelle, non è ovvio?» intervenne inopportunamente Mark, che osservai stralunata. Caterina rise mentre Dan gli tirava una gomitata. 
«Piantala dai! Non vorrei far fuggire le signore...» continuò quindi Dan, sorridendomi. Io rischiai di strozzarmi con la birra ma finsi nonchalance. 
«Be’, diciamo che l’Italia mi ha sempre affascinato, ma immagino tu lo sappia se hai seguito i Bastille. Inoltre volevo vivere in un posto caldo ma che al contempo non fosse tanto lontano dall’Inghilterra. Così ho proposto la cosa a questo coglione...» Dan batté la mano sulla spalla di Mark. «Ed eccoci insieme a Milano.» 
«Capisco. E gli altri che fine hanno fatto?»
«Loro sono... in giro».

Mentre mi raccontava di come Kyle avesse messo su casa con la ragazza e qualcosa come dieci gatti non potei che scoppiare a ridere. L’atmosfera si era riscaldata e vedevo pure Caterina divertirsi mentre chiacchierava sia con Dan che con Mark, anche se non considerava l’inglese il suo punto forte.
E io, per la prima volta dopo secoli, avevo l’impressione di star parlando con una persona interessante e intelligente, degna di stima.

Dan era proprio come me l’ero immaginato: simpatico, profondo e umile. Che fosse anche un bel ragazzo, era un punto a favore da non sottovalutare! E poi, cavolo quanto adoravo il suo accento british!
Tra un chiacchiera e l’altra, alla fine si fecero quasi le nove.

«Ragazzi, che dite? Restiamo qui a cenare o ce ne andiamo da un’altra parte?» chiese a un certo punto Mark.
Dan, sorridendo sotto i baffi, disse: «Conosco io un posto carino dove mangiare.»
«Ok, allora guidaci tu!», continuò l’amico. 
Uscimmo dal pub ed entrammo in metro, con Dan in testa al gruppo, dove aspettammo per quella che mi sembrò un’eternità finché lui, che fino a quel momento aveva fatto il misterioso in merito alla nostra destinazione, all’improvviso si avviò deciso verso le porte e noi gli corremmo dietro.
Appena poco fuori dalla metro, vedendo quale era il locale dove eravamo diretti, mi sfuggì un risolino. «Perché ridi?» mi chiese lui. 
«Niente, è che mi diverte l’idea di un cantante professionista che va in un locale di karaoke.» 
Entrando, Dan scrollò le spalle: 
«È carino» decretò, «ci ho cantato quattro anni fa, il giorno prima del concerto ad Assago.» 

Quell’affermazione mi fece tornare in mente di colpo il mio primo concerto dei Bastille, e anche come il giorno prima avessi vagato nella speranza di incontrare i ragazzi da qualche parte.
Caterina mi riscosse dai miei pensieri.
«Che fai, non entri?» 
Entrammo nel locale che era abbastanza grande e pieno, probabilmente perché era sabato.
Una ragazza ci accolse all’ingresso e ci fece strada fino al nostro tavolo. Una volta prese le ordinazioni, Dan si sporse verso di me dicendo: 
«Ok, dato che abbiamo una passione in comune e siamo in questo posto, stasera voglio metterti alla prova. Ti va di cantare con me?» 
Da quando Dan aveva pronunciato la parola ‘passione’ avevo sconnesso il cervello, per cui ci misi un po’ a comprendere il senso della frase. 
Quando superai lo sbandamento, dissi forse un po’ troppo forte: «NO! Voglio dire, Dan capiscimi, il massimo del coraggio che avevo credo di averlo già speso oggi pomeriggio. E poi non eri tu quello che ai primi concerti neanche riusciva a mettersi in primo piano per l’imbarazzo? Io il massimo che ho fatto è stato cantare a Rock Band davanti a degli amici.»
Dan, alla menzione di Rock Band, fece una faccia buffissima scoppiando a ridere.
«D’accordo, d’accordo, hai vinto!» ribatté. «Però se cambi idea, io ti aspetterò sul palco.».

Più tardi durante la serata, mentre eravamo in bagno, non so perché mi sentii un po’ in colpa per aver trascinato Caterina in tutta quella faccenda. 
«Cate, mi dispiace di averti trascinato fin qua... e scusa se ti sto un po’ ignorando.» feci quindi, col capo chino. 
«Scherzi? Io me la sto godendo un mondo!» esclamò lei, uscendo dalla toilette. «E poi, mi fa piacere di stare con la mia più cara amica. Devi ammettere che ultimamente non ci vedevamo troppo spesso. Tu, piuttosto, vuoi lasciarti sfuggire quest’occasione?» concluse.
Io la guardai interrogativamente e allora lei continuò:
«Ho sentito che non vuoi cantare al karaoke con Dan. D’accordo che ci hai già cantato nello studio, ma chissà quando e se lo rivedrai: non sarebbe bello fare un altro duetto? Carpe diem, cara mia!» disse convinta. «E poi sei brava a cantare, lo sai, e non conosci né rivedrai mai più i clienti di questo pub.»
Io non riuscii a trattenere un sorriso.
«Sai che mi hai quasi convinta? E poi sono già abbastanza brilla, quindi non credo che mi imbarazzerò più molto.» 
«Brava, questo è lo spirito giusto!»
Tornate in sala ci avvicinammo al tavolo dove i ragazzi chiacchieravano allegramente.

«Allora Dan» esordii io, come se nulla fosse. «Hai deciso che cosa canterai?»
«Di sicuro qualcosa di inglese...» rispose lui. «Ma perché me lo chiedi?»
«Il fatto è che la mia carissima amica qui presente»  feci io indicando Caterina, che sorrise tutta contenta «vuole filmarmi mentre canto insieme a te per rovinare la mia reputazione online. Posso forse privarla di questo piacere?»
Lui ridacchiò.
«Qualunque cosa abbia detto per farti cambiare idea a me sta bene!» decretò, per poi alzarsi in piedi, prendermi con decisione per un polso e tirarmi fino al piccolo palco del locale senza darmi il tempo di ribattere in nessun modo.
Arrivati lì, Dan si mise a trafficare senza problemi con l’elenco delle canzoni disponibili.

Vedendo Killing me softly dei Fugees nell’elenco si illuminò. 
«Cantiamo questa? È una delle mie canzoni preferite.» 
Io accettai.
«D’accordo, proviamoci.»
Inutile dire che l’interpretazione di Dan fu meravigliosa, mentre io faticai un po’ a seguirlo. Il pubblico non sembrava aver riconosciuto in Dan un cantante, ma apprezzò molto la sua interpretazione. 
Dopo quel primo brano lui mi concesse di sceglierne un altro, e io puntai su “The kill” dei Thirty Seconds To Mars: Dan sembrò apprezzare.
Successivamente anche Caterina e Mark ci raggiunsero sul palco, e mi lasciarono definitivamente il compito di scegliere che cosa cantare, e io puntai senza esitazione sul rock classico, con Don’t stop me now dei Queen.
Inutile dire che ci divertimmo un casino: i ragazzi la ‘interpretarono’ ballando sul piccolo palco, rendendo quasi impossibile per me e Caterina cantare per quanto ridevamo. Tenemmo banco per quasi un’ora, ridendo per l’accento col quale i ragazzi cantavano le canzoni in italiano, e quando finalmente uscimmo dal locale, ci rendemmo conto che era mezzanotte passata.

«Se ci sbrighiamo riusciamo a prendere l’ultima metro.» affermò Dan correndo verso la stazione. 
Noi tre arrancammo dietro di lui, ma per fortuna riuscimmo a saltare nel treno quasi vuoto.
Mark volle sapere se abitavamo vicino a una delle fermate, e io gli spiegai che Caterina era mia ospite a casa dei miei zii, in zona Porta Venezia.
«Dove esattamente?» chiese Dan. «Io ho casa in quella zona.» 
«Su Via Vitruvio, in corso Buenos Aires.»
Scendemmo quindi dalla metro e ci avviammo verso casa, dei miei zii, con i ragazzi che ci accompagnarono galantemente fino alla porta. Lì, una volta salutato Mark, mi avvicinai per salutare anche Dan. Lui mi sorprese di nuovo, abbracciandomi e dicendo piano:

«Grazie per la bella serata, Laura.» 

La sua vicinanza e la pronuncia all’inglese del mio nome, che avevo sempre adorato, mi stavano già facendo girare la testa.
Quando poi Dan si avvicinò fino a sfiorare il mio naso col suo, rimasi immobile sperando in un bacio... che infine arrivò, ma sulla fronte. 

Un secondo più tardi ci eravamo allontanati e io, ancora un po’ imbarazzata e insieme piena di entusiasmo per gli avvenimenti di quella folle giornata, entrai nel palazzo con Caterina, sapendo che difficilmente quella notte saremmo riuscite a dormire.

****
Nota dell'autrice:
Eccoci alla fine di questa storiella. Spero vi sia piaciuta, anche il finale.
Ringrazio come sempre VanillaVanPelt e tutti quelli che hanno letto.

Lunch
  
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