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Autore: SmellyJelly    06/06/2014    3 recensioni
-"Maicol Gecson", who is it?-
..Dream with me,
Elizabeth.
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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A new day has come

-Sono terrorizzata da quella maledetta scritta. Ogni volta che mi ci portano penso che finalmente è la volta buona per andare, ma rimango immobile davanti a quel maledetto cancello, sento le ossa che tremano dentro di me e con gli occhi spalancati lo fisso. Non lo attraverso da due anni e mezzo, non credo di poterlo mai fare- dico stesa sulla morbida poltrona di pelle.
Il signore accanto a me scrive sul taccuino, il riflesso degli occhiali da vista non fa vedere i suoi occhi, odio non vedere gli occhi di una persona.
-Di che cos’hai più paura?-
-Di lui, è ovunque- incrocio le mani sulla pancia.
-Hai paura della tua vita?- chiede con mezzo sorriso.
-Sì, perché lui è la mia vita…- sussurro con le lacrime agli  occhi.
-Puoi raccontarmi tutta la storia?- continua –anche nei particolari se possibile- sorride.
-Beh…- asciugo le lacrime –mettiti comodo-

                                                                         ...
20 giugno 1992.
No. Decisamente non era una giornata come le altre.
Non so… c’era un’aria diversa ed io (stranamente) ero di buon umore.
Una di quelle giornate in cui tua madre o matrigna, come nel mio caso, non ti affibbiano uno dei loro noiosi compiti, tu ascolti musica e tutto va per il meglio da giorni.
Ah e sì avete letto bene, non state dormendo e non siete nemmeno ubriachi. Matrigna.
Anisa era il suo nome, un mostro, la strega di Biancaneve in pratica. L’avevo sempre odiata fin da quando ero piccola, mi aveva sempre trattata da schiava e quindi state tranquilli, l’odio era reciproco. Avevo 17 anni e non vedevo l’ora di scappare via.
Vivevo con lei perché i miei genitori erano morti quando avevo solo 2 anni, tutto per colpa del classico incidente con l’auto, dove per caso solo io ne uscii viva.
Abitavo a Scampia, in uno dei quartieri più degradati di Napoli, gli unici edifici funzionanti a Scampia erano i bordelli e lì regnavano specialmente spaccio di droga e governavano i clan, una volta ci ero persino stata in una di quelle cerchie e anche se guadagnavo un bel gruzzolo sono riuscita a fuggire e infatti ho rischiato parecchie volte la morte… comunque eravamo molto povere e per sopravvivere ero costretta a dedicarmi ad ogni genere di lavoro; come dicevo era una bella giornata, stavo dando una ripulita a quella che io chiamavo stanza, mentre alla mia piccola e affezionatissima radio, che soprannominavo Bezzy, trasmettevano le canzoni di Whitney Houston, la mia cantante preferita.
Una napoletana che ama la Houston, più unico che raro!
Diciamo che ero proprio diversa dai miei coetanei, per esempio parlavo un perfetto italiano, anche se quando mi arrabbiavo parlavo nel mio dialetto, persino il mio nome era inglese… Elizabeth, nel quartiere (visto che mi conoscevano tutti) il mio nome era “L’americana”.
Dopo un po’ il segnale si perse, dopotutto Bezzy era un po’ vecchiotta, non potevo pretendere molto da lei ma l’amavo comunque! E così lasciai perdere le pulizie un minuto per dedicarmi a lei. Si accavallarono due radio…
“Ed è così che la popstar Michael Jackson presenta il suo nuovo tour Dangerous…”
-Ah accidenti! Ridammi la mia musica, stupido “Maicol Gecson”, o come diavolo ti chiami!-
Dopo aver bestemmiato contro di lui per due o tre minuti lasciai perdere e la spensi.
-Stiamo perdendo colpi Bez… è meglio che tu riposi un po’- dissi mentre mi alzavo.
Bussarono alla porta. Feci uno dei miei super salti e con qualche passo in più aprii la porta.
Siria, la mia migliore amica! O semplicemente la dolcezza fatta persona, il mio esatto opposto. Aveva i capelli rossi, le “lenticchie” sul viso, gli occhi neri come la pece e la pelle più bianca di quella di un cadavere.
Non si vedevano certe persone con la pelle così bianca dalle nostre parti, quelli che abitavano vicino a me erano tutti forestieri senza permessi di soggiorno e infatti Siria non era di qui. Lei era un po’ di dappertutto, viaggiava in tutto il mondo per il lavoro di suo padre e di sua madre, alloggiava sempre in alberghi, l’unica casa che aveva era proprio a Napoli centro. Avevo 6 anni quando ci incontrammo per la prima volta, era venuta con i suoi per vedere alcuni cugini che abitavano lì e io la vidi nella sua lussuosa macchina con il suo autista davanti a un palazzo poco lontano dalla mia casa. Ricordo che avevo un cesto di panni in testa, li avevo appena lavati in quello che io chiamavo “lavatoio comunale” e stavo tornando a casa, i nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo e perciò non ci feci tanto caso.
Ritrovai la stessa bambina qualche decina di minuti dopo in un vicolo scuro e grazie al cielo la sentii piangere, se ti perdevi nei quartieri era la fine. Stavo facendo qualche passo di danza con le mie prime e uniche amiche di allora, Miriam e Scarlett. Erano gemelle. Venivano dal Senegal e quindi pelle scura, capelli scuri, occhi scuri, ma con il carattere opposto!
Siria raccontò che si era persa perché voleva incontrarmi, non aveva mai avuto amiche che per i suoi continui spostamenti lasciava e così io la riportai alla sua auto e vidi sua madre piangere con accanto il padre.
Si riabbracciarono e loro ringraziarono me, Miriam e Scarlett con denaro e vestiti. Poi in particolare la madre si inginocchiò e con quei suoi bellissimi occhi verdi e con le lacrime agli occhi, mi abbracciò e mi sussurrò “Grazie di cuore piccolina, le hai salvato la vita e te ne saremo grati per sempre”.
E così che comprai la mia prima lavatrice. Loro si traferirono definitivamente a Napoli, così io, Siria, Miriam e Scarlett stemmo per sempre insieme.
Bella storia a lieto fine vero?
-Lely!- urlò.
Mi saltò in braccio quasi facendomi cadere, il mio equilibrio non era dei migliori.
-Il mio nome è Elizabeth e va benissimo così grazie!- cercai di dire mentre me la sistemavo meglio in braccio.
-Ah ma dai! È bellissimo- controbatté lei con occhi sognanti.
Io nel frattempo sospirai, dovete sapere che i suoi nomignoli erano tutti bellissimi, nessuno escluso!
La misi giù –Allora come va Siry?-
-Alla grandissima!-
Quella frase voleva dire buone notizie e le buone notizie noi quattro dovevamo dircele insieme, era tradizione… e con noi quattro si intende: Miriam, Scarlett, Siria e io.
Così ci incamminammo.
Era agitata e gesticolava -Adesso ascoltami molto attentamente…-
-Sono tutta orecchi- mi voltai verso di lei.
-Bene! Ora metti insieme concerto e Michael Jackson e ottieni il giorno più bello della mia vita!- urlò quasi tanto dalla felicità, si tappò la bocca subito dopo.
-“Maicol Gecson”? Sì, ne ho sentito parlare alla radio e non mi entusiasma granché, anzi ha interrotto la mia cantante preferita- mormorai incrociando le braccia.
-Di cosa stai…? Aspetta fammi continuare, primo: non stropicciare il suo nome in quel modo- …
-Ehy! Tu puoi farlo e io…- mi bloccò.
-Fammi continuare! Secondo: stiamo parlando della più grande popstar della storia della musica!- alzò le mani al cielo vittoriosa…
-Oh sì e terzo: ha interrotto la mia cantante preferita, non è un buon approccio con me che già sono irascibile di mio!- controbattei io frantumando i suoi sogni come meglio sapevo fare.
-Posso continuare?- domandò semplicemente.
-Prego cara- sorrisi.
-Ho preso quattro biglietti per il suo primo concerto del nuovo tour e Miriam e Scarlett hanno già accettato- disse tutt’ad un fiato.
-Aspetta, che? No, no… non se ne parla! Anisa non mi farà mai venire- spiegai.
-Lely… ci conosciamo da undici anni, la scusa che Anisa non ti fa venire e superata da un pezzo e poi “No Ely, no party” ricordi?- domandò retorica.
Amavo viaggiare, moltissimo, ma sapevo dal principio che tutta la responsabilità l’avrebbero data a me che nonostante avessi la stessa età di Siria, ero la più responsabile delle quattro.
-Siria e come pensi che lo pagherò vitto e alloggio?- domandai rassegnata.
-Papà ha pagato tutto-
-Fai sul serio?- ero senza parole.
-Certo- affermò speranzosa.
Eravamo arrivate dalle gemelle e senza bisogno di bussare aprirono la porta.
Come ho detto prima, Miriam e Scarlett erano state le prime amiche a accogliermi lì e avevano come hobby la danza, che avevano insegnato anche a me. Vivevano in una grande famiglia, composta da cinque sorelle e cinque fratelli, più la loro mamma. Io amavo quella famiglia, seppure vivevano nella povertà avevano sempre il sorriso sulle labbra e lo portavano sulle labbra di chiunque.
Ma la persona che più stimavo era la loro mamma, Ariel, come la sirena. Faceva la maestra in una delle pochissime scuole di quel posto e mi insegnò a leggere e a scrivere, nonostante l’opposizione di Anisa. A Scampia istruzione era sinonimo di intelligenza e avere una mente aperta significava un pericolo, rischiavi la pelle, per questo nessuno andava a scuola lì.
-Beh, Ely verrà con noi- affermò entusiasta.
A volte ancora mi domando… ma io ero l’unica non entusiasta di quella notizia?
-Siria-
Si bloccarono.
-Dove si terrà questo concerto?-
Siria gesticolò un po’ con le dita, mentre si mordeva il labbro –Monaco di Baviera, Germania… Europa- concluse poi.
-Che ritt?! Ma tu over faj?- (Che hai detto? Ma veramente fai?)
La cosa strana era che non lo urlai da sola, ma con Miriam e Scarlett!
-Adesso non mi venite a dire che non lo sapevate-  dissi minacciosa.
-No… nun ce l’aeva ritt- (No, non ce l’aveva detto) si giustificò Miriam.
Io mi schiaffai una mano in fronte per la disperazione, ma andiamo…! Non si può programmare un viaggio senza sapere dove si va!
-E quant or i viagg song?- (E quante ore di viaggio sono?) domandai rassegnata.
-Più o meno dalle tre alle quattro ore- mormorò Siria a testa bassa.
-Almen song poch ore…- (Almeno sono poche ore) mormorai, mi schiarii la voce –e quand’è che dovremo partire?- la cosa cominciava a piacermi.
-Tra sei giorni, il concerto è il 27- rispose Siri speranzosa.
Ci fu silenzio per qualche minuto.
-Sarà bello vedrai, ci divertiremo!- Scarlett cercò di rompere il silenzio e mi sorrise.
-Allora ci stai?- domandò Miriam.
-Tutte per una, una per tutte?- sussurrò Siria.
Ero un po’ riluttante all’idea, ma infondo non era questo che volevo veramente?
E insieme a quelle mani si aggiunse anche la mia, una mano già consumata prematuramente dal detersivo. È così che concludemmo quella “quasi splendida giornata”, con questa frase.
Aspettammo il giorno della partenza con tutta la felicità esistente (Anisa non sapeva niente, ma io sarei partita con o senza il suo permesso), persino io che all’inizio ero contraria… pensavo che quell’esperienza avrebbe portato qualcosa di positivo e poi amavo viaggiare. Ma chi si immaginava che quel viaggio avrebbe cambiato la mia vita per sempre?
Il giorno prima della partenza.
Stavo preparando i bagagli, avevo un telefono un po’ vecchio che mi aveva dato Siria per chiamarla se qualcosa non andava, e squillava ogni cinque secondi. Quando rispondevi dovevi aspettarti di tutto.
Ti potevano urlare facendoti quasi perdere l’udito, chiedere se mettere infradito o tacchi in valigia e varie altre cose, e poi ti attaccavano il telefono in faccia senza nemmeno salutare o dire qualcosa di veramente sensato.
Era divertente, anche se un po’ esasperante. Non capivo perché fossero così preoccupate, tipo se io dovevo scegliere tra infradito e tacchi, preferivo camminare a piedi nudi, ma visto che non potevo li mettevo entrambi dentro.
Come ultime cose, misi in valigia Bezzy e una specie di diario fatto con dei fogli legati da dello spago, delle lettere che tempo fa avevo scritto ai miei genitori e infine una specie di ciondolo ovale che poteva sembrare un orologio da tasca, ma in realtà questo si apriva e si  vedevano dei meccanismi che giravano producendo una dolce sinfonia, era d’oro con degli intarsi particolari, unico ricordo dei miei genitori. Non l’avevo mai mostrato ad Anisa, l’avrebbe sicuramente venduto.
Il pomeriggio del 26 settembre 1992.
Erano le 19 circa e all’aeroporto c’era un gran casino, stavo seguendo il trolley rigorosamente Louis Vuitton di Siria, mentre sotto il braccio avevo il mio borsone da palestra, non vedevo l’ora di salire su quell’aereo e partire. Avevo intenzione di leggere “The new life”, uno dei tanti libri regalatomi dalla madre delle gemelle.
-Lely sbrigati!-  mi gridò Siry in preda a una crisi isterica.
-Eccomi, non mettermi fretta!- salutai i suoi genitori e partimmo.
Mi sedetti accanto al finestrino. Gambe incrociate, sguardo pensante e testa “tra le nuvole”.
Tre pensieri si fecero largo nella mia mente:

 
  1. Stavo andando al concerto di un tizio di cui conoscevo a malapena il nome;
  2. Anisa sapeva soltanto che andavo a cercare una nuova vita (e la cosa non mi dispiaceva);
  3.  … Stavo davvero cambiando vita.
Primo capitolo: A new day has come…
Quattro ore dopo.
La voce del pilota avvisò dell’arrivo, io mi alzai di scatto e pensai a svegliare quelle due. Non avevano il sonno leggero, così pensai di arrivare alle maniere forti… mi sfregai ben bene le mani e…
-Non ci pensare nemmeno!- mi sgridò Siria, a volte era più matura lei che io…
Fuori dall’aeroporto girava un’altra aria rispetto a Napoli, era tutto così maledettamente nuovo e fantastico!
-Ragazze, se dovessimo parlare con qualcuno per strada, o magri dovessimo incontrare Michael, beh è solo un esempio certo ma ricordatevi di parlare inglese!-
Annuimmo, un’altra lingua imparata grazie alla mamma delle gemelle. Lo so che difficilmente si trovano ragazze che sanno più di una lingua a Scampia, ma non è detto che debbano essere tutte così.
Ci apprestammo a chiamare dei taxi che portassero noi e le valigie di Siry in albergo e ovviamente non ci addormentammo prima di aver fatto una lotta con i cuscini, pensavo a quei poveri camerieri costretti a pulire quel disastro…
Poi ci demmo la buona notte e io mi divertii a pensare all’indomani, quattro pazze in Germania!



 
  
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