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Autore: Quintessence    12/06/2014    2 recensioni
Tre settimane fa, Minako si è tagliata le vene dei polsi e ha sfiorato la morte.
Due settimane fa, Rei ha trovato il suo diario e ha scoperto perché.
Una settimana fa, Rei ha deciso che era ora di smettere di piangere.
Quattro giorni fa, Rei ha fatto un piano.
Due giorni fa ha messo l'uniforme scolastica di Minako.
Oggi, troverà il ragazzo che ha spezzato Minako.
Entro domani, Lui sarà morto.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inner Senshi, Nuovo personaggio, Rei/Rea
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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6.       Yoshida era un traditore. Peggio – era un tirapiedi. Non sapevo nemmeno che fosse la mano destra del diavolo in persona finché, nei giorni successivi, non cominciai a vederli insieme dappertutto e a ogni ora. Lui e Yasuhiko. E cercava anche di farmi partecipare.
« Alla fine che ne hai fatto di quel cucciolo che hai trovato l’altro giorno, Yasu? »
« Meh, l’ho portato a mia zia… Credo che se ne prenderà cura per bene. Ciao, Rei. » Mi disse con la sorta di sorriso che avrei definito affascinante, se non avessi saputo la verità.
« Ciao. »
Una parola, due sillabe per testarmi e controllare di potergli parlare senza incrinare in nessun modo la voce e senza alzarla troppo. Grazie al cielo, le sue mani erano occupate con del cibo e con una penna e un foglio, e non dovetti fare mosse del tipo che mi avrebbero fatta crollare come stringergli la mano o qualsiasi altra cosa che richiedesse un contatto fisico. Parlare, potevo forzarmi a controllarlo. Toccarlo… non credo proprio.
« Cosa disegni, Tadao? »
« Puoi chiamarmi Yasu, se vuoi. Comunque, sono grattacieli. Un giorno, qualcuno li costruirà… Guarda. »
« Impressionante. Sei bravo. »
Non li avevo guardati davvero, perché ero molto più interessata ad altri particolari. La realtà era che non avevo ancora guardato Yasu attentamente abbastanza da rendermi conto che in effetti era veramente attraente e non avrei faticato a trovare le motivazioni dell’attrazione che Minako aveva provato. Ne avevo avuta visione solo del lato destro, tuttavia, perciò quando si voltò per chiedere a Yoshida di portargli dell’acqua mi stupii immediatamente di vedere una serie di quattro cicatrici piuttosto impressionanti corrergli dal collo fin sotto il mento.
Qualcuno con unghie lunghe e affilate gli aveva lasciato un bel segno. Sorrisi pensando che sapevo chi era stato. Minako. Anche se aveva lottato, comunque, la consolazione era davvero poca. Non sapeva che lui fosse il nemico. Mi rattristai mentre si faceva l’ora di tornare in classe, e mentre mi spiegavano che il soprannome di Naoki era Yoshi, come il draghetto verde di super Mario (gioco a cui non avevo mai nemmeno avuto l’occasione di giocare a causa delle regole del tempio) e che probabilmente l’ora di storia del Giappone sarebbe stata da dimenticare. Era vero. Storia era un’esperienza da dimenticare appena finita. Non avete bisogno di sapere dettagli se non che dopo la prima mezz’ora ero in uno stato di semicoscienza possibile altrimenti solo sotto stupefacenti.
Non riuscii a ricordare nemmeno il volto della professoressa, quando uscì dalla classe, in compenso feci l’errore di voltarmi e incrociare gli occhi di Yoshi, che prese la cosa come un invito a continuare ad essere il mio valletto personale mentre tornava ad essere pausa.
« Pronta a mangiare? »
Sì beh, il cibo era l’ultima cosa che volevo in quel momento, ma ero veramente troppo fritta dall’allucinata lezione di storia per oppormi. Annuii e mi unii a lui, se non altro per placarne le parole. E poi, così sarei stata vicino a Yasu a pranzo. Tutto calcolato. Più o meno.
 
7.       Minako: ding-dong
 
Le nostre conversazioni cominciavano sempre così, per essere sicure che fosse lei e non altre persone a usare il suo telefono o il computer.
 
Rei: dong-ding
 
E va bene, ridicolo, ma per la stessa ragione era sempre quello il modo in cui rispondevo a Minako o alle altre, l’idea era di Usagi –come se non fosse chiaro dal principio. Una volta comunque si rivelò utile perché la mamma di Usagi si mise in testa di volerla impersonare per scoprire chissà che segreti, e cominciò a mandare messaggi a raffica a tutte spacciandosi per lei. Per fortuna avevamo il nostro metodo e la smascherammo prima di rivelare magari qualche scottante dettaglio su principesse della luna o strani poteri.
 
Minako: <- ha delle novità!
Rei: <- aspetta di sentirle!
Minako: Nuovo ragazzooooooooo! YUMMI!
Rei: Che fine ha fatto Alan, Mina-chan?
Minako: *growl*
Rei: Okay, okay. Chi è Mr. New?
Minako: Un ragazzo della Juuban.
Rei: L’hai incontrato in classe?
Minako: Più o meno. È veramente figo, Rei-chan!
Rei: Non ti dimenticare del tuo segreto, ragazza.
Minako: Ma dai, è solo per provare.
Rei: Senti, è importante. Se non puoi amare rischi di soffrire.
Minako: Me ne frego.
Rei: Va bene, sputa il rospo, voglio un nome.
Minako: Yasu.
Rei: Ho detto il nome, scema.
Minako: Y-A-S-U.
Rei: Mina-chan esce con una donna XD
Minako: Può anche essere un nome maschile!
Rei: Seh, okay.
Minako: TADAO YASUHIKO! <- Vedi, è facile.
Rei: Non ho capito, esci con DUE donne? XD
Minako: Vedrai dove ti infilo uno dei tuoi ofuda, la prossima volta che ti vedo. Per esorcizzarti.
Rei: Piantala e vai con i dettagli. Parlami del tuo uomodonna.
Minako: YASU È UN MASCHIO!
Rei: Dammi il suo indirizzo.
Minako: Perché!??!
Rei: Se ti fa del male, lo ammazzo.
 
Vedi, non lo sapevo.
 
Rei: Rendo il tuo Yasu una Yasuina.
Minako: >__<
Rei: Posso spaccargli tutte le ossa una per una, e poi saltargli sopra. O modificare le sue foto con photoshop!
Minako: Ti voglio bene, Rei-chan.
Rei: Stacci attenta, tesoro.
Minako: Non sono stupida.
Rei: No, sei la mia Mina-chan…
 
8.       Odiavo l’idea che qualcuno potesse leggere le mie conversazioni, magari da sopra una spalla, ma non potevo fare a meno di rileggerle a intervalli regolari per ricordare a me stessa che una parte di Minako stava da qualche parte ad aspettare, e che era la stessa parte che giocava con me e che mi mandava quei messaggi. Non riuscii a non pensare che in effetti avrei potuto fare qualcosa, se avessi prestato la dovuta attenzione. Forse, se solo, e se… Della mia vita non erano rimaste che domande condizionali e misteri da quando Minako era caduta.
Forse Yasu non aveva intenzione di arrivare così in là… Se solo fosse caduta sul pavimento di faccia, o si fosse seduta al posto di picchiare la testa… E se mi avesse detto tutto al posto di tagliarsi le vene dei polsi direttamente?
Una persona, di se, può ingozzarsi davvero fino a diventare pazza. Ero sull’orlo del baratro.
Premetti il pulsante di spegnimento dello schermo del telefono e guardai Yasu dall’altra parte della mensa. Cambiata idea, sollevai il telefono per fare qualche foto.
« Ti basta prendere un 10 in precalcolo. »
« Cosa? »
Yoshi mi era spuntato da sopra la spalla, si era seduto vicino a me e aveva fatto un segno eloquente verso Yasu.
« Fallisci un compito di precalcolo. Credimi… è quello che vuoi. »
« Non che non ci siano buone probabilità che questo accada, ma perché dovrei volerlo fare? »
« Perché il tizio a cui hai appena fatto cinque foto non è solo un bel faccino. »
« Yasu è bravo in precalcolo? »
« Yasu è bravo in tutto. Non è giusto che ci siano persone brave e belle e intelligenti tutto insieme, lo so. »
Sollevai le sopracciglia e spostai lo sguardo da Yasu a Yoshi e poi di nuovo a Yasu.
« Mh, e per questo dovrei fallire un compito? »
« Esatto, tesoro. »
Mi prese una patatina dal piatto e sorrise il suo sorriso migliore; mi trovai a deglutire e a passarmi la lingua sulle labbra. Avevo la gola completamente secca.
« Ho perso un passaggio. »
« Fallisci precalcolo, ti assegnano un tutor, Yasu fa il tutor. »
Ecco come faceva, allora. Se le prendeva tutte sotto la sua ala. Chissà se anche Minako aveva fallito precalcolo apposta, o se era stato solo un caso. Soli in una stanza per un’ora almeno, nelle loro case, sempre assumendo che non le invitasse tutte nella tana del lupo.
« Ci penserò, grazie. »
« Dai, non fare così. »
« Senti, mettermi con lui è l’ultimo dei miei pensieri. »
« Fallisci precalcolo. »
Ripeté, poi mi prese un’altra patatina, mi fece l’occhiolino e si alzò dal tavolo.
 
9.       Per la fine dell’ultima ora, avevo smesso di pensare alla Juuban come a Stepford e avevo cominciato a considerarla una specie di paese delle meraviglie. Era molto più facile, in quella maniera. Nessuno sembrava particolarmente umano, se li consideravo come personaggi di un libro assurdo. Regine di cuori, Cappellai matti (Yoshi, che ogni cosa che faceva sembrava avere un senso solo per lui), Conigli bianchi in ritardo (Usagi, in effetti), e lo Stregatto interpretato magistralmente da Yasu. Non era importante quanto o come lo guardassi, non riuscivo comunque a mettergli un’etichetta. Ero solo, sempre e costantemente, pressata dalla sua presenza.
Quando entrava in una stanza l’aria cambiava, e l’attenzione si spostava su di lui immediatamente; era amico di tutti, e un sacco di persone usavano i suoi modi di dire o parlavano di qualcosa che aveva fatto. Anche quando non c’era, Yasu era comunque presente, come un satellite sullo sfondo che mi seguisse ovunque andassi.
Andarmene dalla Juuban fu surreale. Avevo ottenuto un primo obiettivo –localizzare Yasu, ma non avevo idea di cosa fare dopo. La verità era che avevo cominciato tutta quella messa in scena senza un piano realmente definito. Immaginavo il male come qualcosa di astratto, ma incontrare Yasu era provarne definitivamente un’esistenza. Uscita dal cancello, un’ombra stranamente silenziosa mi si affiancò per camminarmi accanto. Sollevai la testa a lungo abbastanza da vedere due code bionde scuotersi e vibrare.
« Usagi. »
« Wow, Rei-chan, sembri un cupcake. »
« Anche per me è bello vederti! »
« Una cupcake con le stelline di zucchero. »
« Oh, stà zitta! » Ma stavo già cominciando a ridacchiare.
« La sicurezza ti sta osservando. »
« Certo. Scommettono sul tempo che mi ci vorrà per prendere fuoco o per darne a questa scuola. »
Rise anche lei. Scossi la testa e insieme ci incamminammo verso il tempio.
« Allora, dimmi, com’è andato il primo giorno? »
« Non male. »
Mi arrampicai nello zaino per cercare qualcosa di decente per rinfrescarmi le ascelle. Mi sentivo incredibilmente puzzolente e orribilmente sporca.
« Non male nel senso che hai trovato l’orrido di Minako, o non male nel senso che ti piace il posto e non vuoi più andare via? » La guardai omicida.
« La prima. »
« Bene. Qual è? »
La posizione in cui ci trovavamo in quel momento, vicino al muretto, ci consentiva una splendida visuale del popolo della Juuban che si riversava fuori da scuola, dal retro. Era una perfetta situazione osservativa. Puntai il dito su Yasu.
« Giacca blu, capelli neri e... »
« Mh, un po’ più generica?! »
« Che cavolo, fammi finire. Vicino alla Beemer argentata, con quella specie di modella bionda accanto che se lo coccola. »
Usagi aggiustò lo sguardo e lo puntò nella direzione corretta. Yasu afferrò la ragazza e la scosse per le spalle in un gesto poco gentile. Usagi rabbrividì e si voltò verso di me, gli occhi pieni di lacrime. Vederla cadere e poi cercare di reagire fu per un attimo decisamente disgustoso.
« Oh, Rei-chan, perché? »
«  Perché? Beh, facile capire perché si sia presa una cotta per lui. È davvero figo. » Questo fece scoppiare Usagi in lacrime definitivamente.
«  Smettila, smettila, » mi ordinò. « Sei cattiva. »
« Non sono cattiva, Usagi. Sono devota. »
 
10.    L’ospedale in cui avevano ricoverato Minako non sembrava un vero e proprio ospedale dal pian terreno, ma più la lobby di un hotel, con divani morbidi e un coffee shop con tavoli ricoperti di riviste; profumava perfino di potpourri. Non fosse stato per la televisione a muro che mostrava famiglie di persone in attesa di essere operate, sarebbe stato un ambiente quasi confortevole.
Il corridoio principale era completamente verde acqua, con fiori dipinti qua e là sulle pareti, ogni due o tre passi, e molti di più vicino all’ascensore. Io, Makoto, Ami e Usagi dovevamo arrivare al quarto piano. Non volevano spostarla ancora al quinto in psichiatria, perché non era sveglia, ma i dottori dicevano di prepararsi ad un’amnesia. Magari con un po’ di fortuna avrebbe rimosso anche Yasu.
L’ascensore si aprì su un’antica preghiera asiatica. Non ricordavo esattamente da dove venissero le parole, ma avevo recitato il salmo diverse volte.
« Da che parte? » Aveva chiesto Makoto.
« In fondo al corridoio, a destra. »
Stanza 376. Ufficiosamente, lo staff la chiamava la stanza dell’angelo. Perché c’era un quadro con un angelo enorme sulla parete di fronte al letto. Noi tutte lo prendemmo come un buon segno.
Ho sempre odiato il freddo, ma non l’aria condizionata. Non importa che si tratti di un appartamento o di un albergo, o di un ristorante malandato, il profumo che arriva da un condizionatore è sempre lo stesso; c’è qualcosa di confortante, in questa continuità. Era tutto okay. Il brivido che mi aveva rubato la vista di Minako era solo un effetto collaterale del termostato.
« Sta meglio, » provò a dire Usagi in un soffio, con un tono che sembrava dire piuttosto sta almeno respirando?
In quel momento, fui grata d’essermi cambiata. Non vomitare in abiti informali era difficile abbastanza; se fossi entrata in quella stanza con l’uniforme di Minako, le infermiere avrebbero pulito presto il menu della Juuban.
Minako non stava meglio. Stava male. Era pallida. E Minako non era mai stata pallida. Il tipo di pallore di chi non ha abbastanza sangue nel corpo. Usagi sollevò lo zaino e lo poggiò sul comodino di Minako, aprendo la zip ed estraendo un grosso orso di pelouche che evidentemente ne occupava tutto il volume. Gli sistemò in mano la henshin pen di Minako e glielo mise sotto il braccio. Io mi chinai sul suo orecchio.
« L’ho trovato, Mina-chan. Lo ucciderò io. Non ti preoccupare. » Sospirai. « Scusa se ti ho rubato i vestiti, ma non li ho sporcati. Magari una volta ti presto la giacca di pelle così siamo pari, okay? »
Okay niente, volevo che si svegliasse per argomentare la cosa, arrabbiarsi, qualsiasi cosa. Minako non aveva aperto i polsi abbastanza per uccidersi. Quando si era decisa a farsi male aveva fatto un taglio netto e dritto, sopra le vene bluastre. Pochi punti erano bastati a ricucirla. Chiunque voglia morire immaginerebbe di certo che una cosa del genere non potesse funzionare.
A volte è una tentazione.
Almeno, lo era. Se mi fossi tagliata avrebbero dato la colpa a Minako, avrebbero detto che l’idea era sua, ma se c’è qualcuno che non sapeva cosa stava facendo… quella era Mina-chan. Altrimenti non sarebbe stata a piedi nudi, non sarebbe scivolata, non avrebbe battuto la testa. Pensavamo che l’avesse morsa un ragno, prima di trovare la cassetta.
« Missione compiuta, » mi risvegliò Makoto tirando fuori una torta quasi intera dallo zaino. « L’ho fatta passare sotto gli ignari occhi della sorveglianza, ha! »
« Mako-chan, non si fa. »
« Ci sono le fragole! » Singhiozzò Usagi gettandosi su una fetta enorme. Io ed Ami sospirammo mentre Makoto frugava nel mio zaino blaterando di coltelli ed estraendo quaderni e libri.
« Hey, Rei-chan, l’hai visto questo? » mi chiese Ami mentre spostava tutto l’arsenale scolastico per fare spazio alla torta.
« Non ho ancora messo mani sui quaderni di Yoshi, no. »
«No, non parlo del quaderno… Questo… è il regolamento scolastico e il codice d’onore della Juuban. È un contratto molto serio. Viene firmato da genitori e studenti. »
« Mettilo a posto, prima che Usagi ci spalmi sopra la panna. »
« Hey! »
Non avevo intenzione di farmi buttare fuori il secondo giorno.
« Ma non capisci? » Incalzò invece Makoto con gli occhi che brillavano, afferrandolo e guardando Ami. « Si tratta di roba disciplinare! Se qualcuno fa qualcosa di stupido, lo fanno fuori! »
« E? »
« E quindi ciascuno fa la spia sul suo vicino. »
« Che vuoi dire? »
« Tolleranza zero. Guarda qua, Qualsiasi tipo di abuso di sostanza sarà investigato per quanto in potere della scuola per garantire la serietà e la sanità dell’ambiente. »
Stavano leggendo dal contratto, ma io non ne ero del tutto convinta. Come avremmo potuto somministrargli qualcosa senza che se ne accorgesse? Makoto premette il bottoncino della macchinetta del caffè in cui aveva appena messo una moneta, e quella sputò fuori il liquido marroncino con rumore metallico.
« Mica possiamo forzarlo a spararsi ecstasy o che. »
Afferrò il bicchiere.
« Mia madre è un medico, ricordi? » E questo era un altro conto. « Bastano delle anfetamine e facciamo ritrovare Boy Wonder nei casini con la famiglia fino alle ossa. Ciao, università! » Mosse la mano in un ironico movimento di saluto.
« Detto sinceramente, Ami, non ce lo vedo Yasu ad ammazzarsi di Advil o che altro. »
Makoto sollevò una bustina di zucchero e la buttò teatralmente nel bicchierino di plastica, poi si voltò verso di me, mi fissò e fece fare tre giri alla palettina.
« Si tratta solo di capsule di polvere. »
Sbarrai lo sguardo, l’angolo destro della bocca si sollevò nell’imitazione di un sorriso. Forse, dopotutto, potevo avere una specie di piano.


Nella prossima parte, da 11 a 15: Il piano prende forma, Rei continua a stare intorno a Yasu e Yoshi. Yasu diventa tutor, vediamo uno spiraglio del padre di Rei, ascoltiamo la cassetta che Minako ha lasciato, c'è qualche fotografia del suo diario. Soon!
   
 
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