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Autore: la_marty    20/06/2014    2 recensioni
“Non capisci?!” urlò George interrompendola. “Come fai a non capire? Come fai a pensare che avrei potuto dirti che stavo per lasciare Hogwarts?”. Aveva la voce che tremava, si era già pentito di quello scoppio di rabbia ma sentiva che era giunto il momento di chiarire la loro situazione. “Come avrei potuto farlo.. con che coraggio...”, cercò di continuare ma non sapeva nemmeno lui cosa dire. “Come avrei potuto guardarti negli occhi, dirti che avrei lasciato la scuola... e avere davvero il coraggio di lasciarla?”. Il suo tono deciso si incrinò, abbassò lo sguardo. “Di... lasciare te...”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 27
 

Gli spostamenti internazionali erano regolati dal Ministero della Magia attraverso apposite Passaporte posizionate in uno dei dipartimenti ministeriali. Per quel motivo non appena Mel rimise piede sul suolo britannico non lo fece in casa sua ma di fronte a uno sconosciuto impiegato chino su un mucchio di pergamene alla sua scrivania, che a malapena alzò gli occhi quando la ragazza si materializzò al centro della stanza col suo bagaglio.
“Mélanie Coppard?”, chiese pigramente.
“Sì, signore”, rispose la ragazza in tono neutro.
“Una firma qui, per favore”.
 

Ad attenderla all'ingresso del Ministero c'era suo padre, che spostava il peso da un piede all'altro per l'eccitazione. Sua madre ovviamente non era in vista.
Mel lo raggiunse di corsa con un gran sorriso, e si lasciò abbracciare. Nuovi fili grigi costellavano la bella chioma del signor Coppard e Mel immaginò che tra il lavoro e l'Ordine non doveva essere un bel periodo per lui. Ma era anche certa che le infermiere del San Mungo ora lo trovassero più affascinante che mai.
“Accidenti, Mélanie”, borbottò sollevando il suo borsone. “Non era così pesante quando te ne sei andata. Hai saccheggiato i negozi di Parigi?”
“Ho preso tanti souvenir per tutti, e lo staff del Majeur mi ha rifilato l'inimmaginabile come regali per te e mamma. Mancate moltissimo a tutti”, spiegò Mel.
Era vero. La signora Coppard era stata ricercatrice all'Hôpital Majeur per più di vent'anni ed era stimatissima da tutta la comunità. Il signor Coppard era altrettanto capace in Medimagia e il suo carattere pacato gli aveva fatto guadagnare l'affetto e la stima di colleghi ed esterni.
“Cammini a due metri da terra. Inutile chiederti se sia stata un'esperienza positiva o no”, commentò suo padre strizzandole l'occhio. Le sporadiche lettere inviate dalla figlia traboccavano sì, d'entusiasmo, ma non scendevano nei dettagli circa l'addestramento che stava ricevendo.
Mel attaccò dunque a descrivere tutte le procedure messe in atto, quelle sperimentate sui manichini, gli iter che aveva appreso, gli incantesimi usati...
Quando varcarono la porta di casa il signor Coppard aveva smesso da un pezzo di ascoltare. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era che sua figlia era ormai lontana dalla sicurezza della Francia ed era tornata nel Paese in cui entro due anni al massimo sarebbe scoppiata una guerra aperta. Magari per allora avrebbe trovato un altro espediente per spedirla di nuovo all'estero ma doveva muoversi in anticipo.
Poi la guardò mentre tirava fuori dalla valigia libri su libri sulla Medimagia acquistati a Parigi, mostrandoglieli orgogliosa con gli occhi che brillavano, e sentì quasi fisicamente come la mancanza di quell'unica figlia rimasta gli aveva pesato in quelle sei settimane di lontananza.
“Papà, ma mi ascolti?”, captò mentre era immerso nei suoi pensieri.
“Non ho perso una virgola”, rispose prontamente.
“Ti ricordi che oggi vengono Calì e Lavanda a trovarmi?”, chiese sua figlia.
“Certamente. La mamma vi ha preparato le mele caramellate per la merenda”, disse alzandosi e cercando la sua valigetta. “Il mio turno inizia tra mezz'ora, devo proprio andare”, aggiunse baciandola lievemente sui capelli. “Mamma sarà a casa per le nove”.
Mel seguì con lo sguardo suo padre voltarsi e uscire di casa.

***

Lo scampanellio che accompagnava l'ingresso di ogni nuovo cliente nel negozio risuonò nell'aria, e per l'ennesima volta George Weasley alzò la testa talmente di scatto da provocarsi un dolore al collo. Alla vista di un'allegra famigliola di cinque persone borbottò un vago “Benvenuti” e tornò ad abbassare lo sguardo sulle sue scartoffie, deluso.
Ormai Mel doveva essere a casa, sua madre gli aveva detto che aveva una Passaporta prenotata per mezzogiorno. Certo, lo spostamento l'avrebbe stancata, avrebbe dovuto disfare le valigie e risistemare tutto, e di certo non avrebbe avuto il tempo di passare in negozio quel giorno, eppure non poteva impedire a quel barlume di speranza di ripresentarsi continuamente ogni volta che qualcuno varcava la soglia del suo negozio.
Aveva imparato a memoria l'unica lettera di Mel ricevuta in quelle sei settimane, a forza di leggerla e rileggerla ogni sera prima di coricarsi. Gli scriveva entusiasta dei Medimagi che la seguivano, delle lezioni teoriche e pratiche, dei suoi colleghi quasi tutti più anziani di lei, di Parigi. Ogni volta che tornava su quelle righe le immaginava dette da lei, con quella cadenza tanto diversa dalla sua che ormai aveva imparato ad amare, con le parole storpiate sulle lettere nasali e le inconfondibili R francesi. Di certo il corso l'aveva tenuta impegnata, o non gli avrebbe scritto solo quelle poche pagine in tutti quei giorni.
Lo consolava il fatto che Mel fosse all'oscuro di tutte le cose orribili che lui aveva appreso in quelle settimane e ogni tanto si chiedeva come avrebbe fatto a tenerle per sé senza condividerle con lei, non contando il fatto che molti dei suoi turbamenti erano causati dagli esperimenti del signor Coppard.
Nuovo scampanellio, nuovo scatto, nuovo crampo al collo.
“Benvenuti”, sibilò tra i denti, massaggiandosi la nuca dolorante.
“Per la barba di Silente”, esclamò Fred esasperato gettandogli un'occhiataccia. “VAI DA LEI!”

 

 

“Oh, Mel, è tutto semplicemente favoloso!”
Lavanda e Calì stavano scartando i regali che Mel aveva comprato loro a Parigi. In Francia stava prendendo piede, tra le adolescenti, il famoso Specchio Consigliere, uno specchietto portatile che si apriva fino a divenire a figura intera e ti dava consigli intelligenti e ti riempiva di complimenti. L'unica pecca era che i modelli erano incantati in modo che parlassero in francese, ma Mel era certa che avrebbero potuto ovviare al problema facendosi aiutare da maghi con più esperienza di loro.
In più la ragazza aveva deciso di sfruttare i nuovi preparati appresi al corso di Medimagia dirottandoli in prodotti di cosmetica di sua invenzione che aveva deciso di regalare alle sue amiche. Ecco quindi che Lavanda e Calì scartarono entusiaste due identiche scatole rotonde contenenti fiale e fialette colorate.
“Unguento Cambiacolore per Unghie”, lesse Lavanda, “applicato sulle unghie cambia loro il colore in base al vestito indossato. Ingredienti: sangue di camaleonte, essenza di papavero, polvere di...”
“Senti qui!” la interruppe Calì. “Maschera Rinfrescante per Viso. Applicato sulla cute, impedisce al sangue di affluire improvvisamente evitando rossori indesiderati”, poi gettò a Lavanda uno sguardo malizioso. “Mettila quando uscirai con Ron”.
Lavanda arrossì violentemente e rivolse una smorfia a Calì.
“Non ti è ancora passata la cotta per Ron?”, fece Mel ridacchiando.
“Al contrario”, rispose Calì prima che Lavanda potesse aprir bocca, “non fa che parlare di lui ed escogita le tecniche più impensabili per vederlo”.
“Finora senza risultato”, sbuffò l'altra. “La situazione è talmente tesa che i miei non mi permettono praticamente di uscire. Non sai quanto ho dovuto insistere per convincerli a venire qui, oggi pomeriggio”.
“Non manca molto all'inizio dell'anno scolastico”, le disse Calì in tono ottimistico. “A partire da settembre avrai tutte le occasioni che vuoi”.
Era bello stare in compagnia delle sue amiche a parlare di argomenti frivoli come tecniche di approccio e cosmetici. Mel sapeva che non appena le due sarebbero partite se ne sarebbe andata anche la spensieratezza. Certo, con George l'atmosfera non era pesante in nessun caso, ma ogni qualvolta si trovava in compagnia dei suoi genitori gli argomenti erano solamente il lavoro, l'Ordine della Fenice e le riunioni, e ogni giornale non faceva che ricordare alla gente della pericolosità della situazione attuale.
Quindi cercò di godersi quelle poche ore il più possibile pensando con impazienza all'inizio del suo secondo anno a Hogwarts, il sesto per le sue amiche.

 

Quella sera sua madre tornò stremata dal San Mungo ma tartassò sua figlia di domande su tutto quello che aveva appreso durante il suo soggiorno francese.
“Abbiamo iniziato con le ossa più semplici, mamma, tipo la prima settimana ho aggiustato nasi e dita dei piedi”, stava spiegando Mel con tanto orgoglio che sembrava avesse trovato rimedio al morso di Lupo Mannaro, “poi siamo passati alle braccia, le costole... queste cose qui. E mentre eseguivamo gli incantesimi il dottor Garous ci interrogava per sapere se avevamo l'esatta cognizione di ciò che stava accadendo. Come nelle vere scuole di specializzazione, mamma!”
La signora Coppard non poteva non sorridere di fronte a tanto entusiasmo e non sembrava esserci verso di interrompere la figlia.
“E ti ricordi di Louise Rodrigues, la figlia del professor Rodrigues di Erbologia? Ho saputo dalla zia Claudine che lei non è stata ammessa al tirocinio”, annunciò trattenendo a stento l'euforia.
“Non dirmi che ce l'hai ancora con quella ragazza per averti costretta a tenere il discorso di fine anno al primo anno”.
“È stato il momento più umiliante della mia vita, mamma!”, esclamò sentendo di nuovo salire il rossore per la vergogna, “e far parlare una bambina del primo anno davanti a tutta la scuola è un'usanza barbara, non capisco perché Madame Maxime si ostini a tenerla in vita”.
“Io trovo che sia interessante sapere cos'abbia da dire un alunno del primo anno dopo la sua prima esperienza in una scuola di magia. E in più tempra il carattere”, aggiunse con saggezza.
“Mi ha veramente temprata, quell'esperienza, davvero”, borbottò Mel sarcasticamente ripensando a tutti i suoi enormi problemi d'ansia e timidezza.
“Prima che mi dimentichi, George ha lasciato una cosa per te un paio di giorni fa”, disse la signora Coppard porgendo a Mel una copia della Gazzetta del Profeta. Era già aperta su una pagina verso la fine e su una colonna laterale c'era niente meno che una foto in bianco e nero di Fred e George, che ghignavano in direzione di Mel sotto il titolo stampato in lettere più grandi: “Tiri Vispi Weasley: quando un passatempo diventa un lavoro a tempo pieno”.
“Per le chiappe di Merlino!” strepitò sbalordita.
“Mélanie!”, esclamò sua madre scandalizzata. “È George che ti insegna un gergo simile?”
Ma Mel non l'ascoltava più, aveva strappato la pagina e si era precipitata in camera a leggere. L'articolo si trovava nella rubrica “lavoro” e iniziava descrivendo l'atmosfera allegra che aleggiava nel negozio anche in un momento critico come quello, per poi passare al racconto di come era nata l'idea del negozio di scherzi. Seguiva un'intervista a Fred e George, che Mel lesse estremamente divertita. C'era una parte in cui i due parlavano di genitori e i fratelli, per anni costretti a essere cavie involontarie dei loro esperimenti; un'altra in cui Fred citava il professor Piton, che una volta nel corso di una punizione l'aveva costretto a pulire il sangue di salamandra residuo dai calderoni. In quel modo si era reso conto che gli effluvi del sangue aveva uno strano effetto nauseante e in quel periodo lui e George avevano messo a punto le Pasticche Vomitose. A quel punto nell'intervista subentrava George, dichiarando pubblicamente che il professor Piton occupava un posto speciale nel loro cuore. Seguiva poi l'avvincente racconto della loro uscita di scena dalla scuola sotto gli occhi della Umbridge, descritta con dovizia di particolari ed esaltata in termini che definire entusiastici era un eufemismo.
Mel terminò l'articolo con un sorriso che andava da un capo all'altro del suo viso e con un desiderio quasi doloroso di avere George lì con sé in quel momento. Chissà se sarebbe passato quella sera...

***

Mel attese quella sera e le due sere di seguito. La terza mattina dopo il suo ritorno ricevette un gufo e il suo cuore fece una capriola alla vista della calligrafia non esattamente ordinata di George.


Mel,
oggi c'è una riunione dell'Ordine a casa dei miei, a Ottery St. Catchpole. Vieni? Mi spiace non essere riuscito a venire da te in questi giorni, poi stasera parliamo se ci sei.
Se ci sei? Certo che ci sei.
Ti aspetto,
George.

 

Il romanticismo non era certamente il punto forte di George, ma Mel lo amava anche per questo. Non ci sarebbero mai state smancerie con George Weasley, niente serenate romantiche o petali di rosa. I loro appuntamenti erano più in stile irruzione a Mielandia, visite a sorpresa nel cuore della notte alla Torre Grifondoro, cene tranquillissime che poi finivano con loro due che si rotolavano avvinghiati in camera di Mel. Di certo non si sarebbe mai annoiata con George. Non vedeva l'ora di sapere cosa si erano inventati lui e Fred in quelle settimane, quindi decise di mettere la parte la vergogna di trovarsi in presenza della famiglia Weasley al completo e, dopo aver ritagliato e intascato l'articolo, andò in salotto dai suoi genitori per comunicar loro la sua presenza alla riunione di quella sera.

 

Quando i tre Coppard fecero il loro ingresso nell'affollata cucina di casa Weasley furono subito investiti da un inebriante odore d'arrosto e a Mel venne l'acquolina, nonostante avesse già cenato. Tutti le rivolsero occhiate stupefatte e George non era presente per salvarla dall'imbarazzo. In compenso la signora Weasley la stritolò in un abbraccio urlando “Bentornata!” e obbligandola a ingurgitare un'enorme fetta di budino al cioccolato fatto in casa.
“È andato tutto bene in Francia?”, le domandò Harry con un tono che, almeno secondo Mel, sembrava più cortese che realmente interessato.
Harry sedeva accanto a Ron e sembrava quasi strano vedere i due senza Hermione.
Mel per rispondere ingoiò un po' troppo budino e il boccone le andò di traverso.
“Benissimo”, esalò con gli occhi pieni di lacrime. Harry le sorrise vagamente e tornò a confabulare con Ron.
Di fronte a lei, Kingsley la salutò con un cenno del capo mentre stringeva con calore la mano ai suoi genitori. Erano inoltre presenti Tonks, dall'aria stranamente seria, la professoressa McGranitt, immersa in una discussione col signor Weasley, e Lupin, seduto in fondo alla tavolata e perso tra i suoi pensieri. In un angolo, Bill e Fleur si scambiavano effusioni.
Dove accidenti era George?
Nemmeno Fred era all'orizzonte, ma c'erano diversi posti vuoti alla tavola, il che poteva solo significare che si trovavano in una delle stanze ai piani superiori.
Mel sbuffò.
Poi nella cucina fece il suo ingrsso Ginny, sgranocchiando qualcosa di dolce.
Chissà se stava ancora con Dean, e se sapeva del bacio che le aveva dato alla festa di fine esami. Di certo non sarebbe stata lei a informarla. Mica c'entrava nulla, lei.
Poi finalmente entrarono Fred e George.
George non si accorse subito di lei, poi Fred gli mollò una gomitata e quando incrociò lo sguardo con Mel rimase come folgorato. Mel desiderò ardentemente non trovarsi con le guance arrossate e gli occhi lacrimanti per il troppo dolce ingurgitato, eppure da quello che leggeva negli occhi di George, lui non avrebbe potuto aspettarsi di meglio. E, senza dire nulla, anziché avvicinarsi a lei arretrò nel corridoio, ammiccando impercettibilmente in direzione di Mel. La ragazza colse al volo, grata di poter lasciare la cucina sovraffollata, e si affrettò nella stessa direzione.
Il corridoio era in penombra ma i due si trovarono all'istante e si baciarono con urgenza, con foga, senza quasi prendere respiro.
“Non hai risposto alla mia lettera”, ansimò George tra un bacio e l'altro. “Pensavo non saresti venuta”.
“Volevo farti una sorpresa”, rispose Mel in sussurro con le dita affondate nella sua maglietta.
Non si erano mai baciati in quel modo, con un impeto e una veemenza tali da rasentare la violenza, quasi a voler recuperare in pochi istanti tutte quelle settimane di lontananza.
Mel percepì vagamente che George l'aveva trascinata in una stanza e stava chiudendo la porta a chiave. D'un tratto seppe quello che sarebbe successo e si prese un attimo per respirare.

________


George, al contrario, quasi non si rese conto di nulla. La sorpresa di vedere Mel quella sera, in casa sua, dopo più di un mese e mezzo di separazione, aveva leso pesantemente alle sue capacità di ragionare, e sapeva solo che la voleva. La voleva più di ogni altra cosa.
Non ebbe quasi il tempo di respirare tanto la copriva di baci. In pochi attimi si trovò disteso sopra di lei in quello che era stato il letto di Charlie, senza nemmeno avere bene chiaro come ci erano arrivati.

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Vederlo preda dei suoi istinti più primordiali la eccitò in un modo che non le era mai sembrato possibile. La penombra le permetteva di distinguere le sue labbra umide, gli occhi semichiusi mentre si chinava per baciarla, i capelli che gli si incollavano alla fronte mentre si imperlava di sudore. Se poi abbassava lo sguardo sul suo petto nudo che a intervalli regolari si incollava al suo sentiva la lucidità vacillare.
Non era come l'aveva immaginato, non era come aveva previsto, non stava accadendo né nel luogo né nel momento adatto.
Ma non avrebbe potuto essere più perfetto.

_______


George non avrebbe potuto fermarsi nemmeno volendo. Percepiva che Mel era nervosa ma sapeva che lo voleva quanto lui. La baciò su ogni centimetro del corpo, anche là dove sapeva che si sarebbe vergognata a morte, ma doveva sapere che lui amava ogni parte del suo corpo.
Entrò in lei cercando di farle il meno male possibile ma sentì comunque le sue unghie conficcarglisi più a fondo sulla schiena.
Se prima faticava già a restare lucido, da lì in poi perse totalmente ogni cognizione del tempo e dello spazio.
Finì tutto in pochi minuti, ma per entrambi ogni secondo vissuto assunse un valore assoluto che sembrò durare in eterno.

_______
 

“Sei bella”, mormorò George baciandole la spalla. Al contrario di lei si era rivestito quasi subito, tornando a sdraiarsi accanto alla ragazza dopo aver constatato che avevano ancora tempo.
In tutta risposta Mel piegò leggermente il capo in modo che le loro fronti si toccarono.
Si sentiva stranamente calma, come se l'esperienza appena passata fosse stata talmente surreale da non averla vissuta in prima persona.
Senza alcun motivo apparente fece scivolare il lenzuolo che la copriva giù fino alla vita, lasciandole il seno scoperto. Sentì George deglutire.
“Io dovrei trovare la forza di uscire da questa stanza”, sospirò. “Così non è che mi aiuti”.
“Forse non voglio che tu esca”, ridacchiò Mel.
Era bello aver vinto il pudore e starsene lì sdraiata con George senza vergognarsi del proprio corpo. La consapevolezza che lui la desiderava, poi, la rendeva stranamente sicura di sé.
A un tratto lui fece per parlare ma esitò. Poi tentò di nuovo.
“Non l'avevo premeditato”.
Mel aspettò un po' prima di rispondere.
“Lo so”.
“E forse non è andata come ti aspettavi”, aggiunse George con una punta appena percettibile di nervosismo.
Mel smise di accarezzargli la mano e per un istante restò immobile.
“È andata anche meglio”, rispose.

 

 

La riunione si protrasse a lungo, come previsto dai suoi genitori. Mel non aveva nemmeno provato a chieder loro di poter assistere, tanto la risposta la conosceva già, quindi era tornata in cucina e si era seduta assieme a Harry, Ginny e Ron, vagamente a disagio. I tre avevano subito interrotto il loro confabulare e Mel si sentiva quasi stanca di scatenare quella reazione ogni volta si trovasse in compagnia di Harry e Ron.
“Posso andarmene, se preferite”, sbottò in tono che decisamente non le si addiceva.
I tre, in effetti, rimasero leggermente sorpresi.
“Non dire sciocchezze”, Ginny fu la più rapida a rispondere. “Facevamo come al solito congetture sulle riunioni dell'Ordine”.
Harry scoccò a Ginny un'occhiata indecisa, un misto di risentimento e dubbio. Poi forse ragionò che in fondo Mel era sulla stessa barca del resto di loro quindi scrollò le spalle.
“Non può essere una riunione tanto importante se Silente non è presente”, commentò Ron. “Magari faranno il punto della situazione o discuteranno cose meno importanti”.
“Ho sentito i miei che citavano Hogwarts, oggi pomeriggio, a casa mia”, intervenne Mel. “Forse metteranno a punto qualche via d'accesso segreta in caso di bisogno. Dato che tu, Harry”, aggiunse, indicandolo, “sei sicuramente una delle persone che Voi-Sapete-Chi vuole con più insistenza, magari si aspettano che i Mangiamorte attacchino la scuola o qualcosa del genere”.
Lo disse con una tranquillità che stonava con una teoria così inquietante.
“I tuoi ti raccontano quello di cui si parla alle riunioni?”, fece Ron molto stupito.
“No, ovviamente”, rispose Mel frugandosi le tasche, “ma non ce n'è bisogno”.
Tirò fuori l'inconfondibile filo color carne che i tre identificarono come un Orecchio Oblungo.
“Da noi le porte sono tutte stregate in modo che quelli non funzionino”, sbuffò Ginny.
“Forse non più”, la contraddisse Harry a voce un po' più alta. “Ora che Fred e George fanno parte dell'Ordine magari la signora Weasley pensa che non ce ne sia più bisogno”.
“Harry, ragiona”, disse Ginny. “Potremmo anche non essere Fred e George, ma la mamma non vi chiama “i piccoli investigatori” per caso. Sa che cerchiamo sempre di cogliere il minimo accenno ai piani dell'Ordine”.
“Beh, andiamo a verificare”, propose Harry alzandosi in piedi, seguito di ruota da Ron.
“Aspettate”, obiettò Mel. “Moody ci vedrà”.
“Moody oggi non c'è”, intervenne Ron. “È con Silente e Piton chissà dove, forse a cercare di guarire la sua mano morta”.
“Quale mano morta?”, domandò Mel mentre Harry e Ginny ridacchiavano.
“La sua mano morta”, ripeté Ron. “Da un po' di tempo si fa vedere con una mano bruciata. La sfoggia come se fosse un tesoro raro”.
Mel alzò le sopracciglia ma non dedicò alla mano di Silente più di un istante di preoccupazione. Seguì gli altri tre su per le scale e poi per un corridoio illuminato su cui si aprivano diverse porte. Si avvicinarono all'ultima facendo estremamente attenzione a non fare rumore e Mel passò l'Orecchio Oblungo a Harry perché lo posizionasse e facesse la prova.
Niente.
“Aveva ragione Ginny”, sibilò il ragazzo irritato.
I quattro fecero dietro front e tornarono al piano di sotto, delusi.
“Hai origliato altro dai tuoi genitori, a parte quello che ci hai detto prima?”, chiese Harry a Mel.
“Prima che partissi per la Francia si parlava sempre di un certo Hopkin”, ricordò Mel. “Ma non ho ben chiaro chi fosse. Papà parlava della sua guarigione, se non sbaglio”.
“Forse è uno dei nostri che è stato ferito da un Mangiamorte”, buttò lì Ginny.
“O un Mangiamorte ferito dai nostri”, le fece eco Ron.
“Non essere ridicolo, Ron. Perché mai dovremmo curare un Mangiamorte ferito?”, fece Ginny incredula.
“Comunque sia, non avevamo mai sentito di questo Hopkin, giusto?”, chiese Harry per cercare conferma. “Sei sicura c'entrasse con l'Ordine? Magari era solo uno dei pazienti di tuo padre”.
“Ogni volta che l'ho sentito nominare da papà, poi la mamma chiedeva se avesse informato Silente degli sviluppi. Potrebbe anche non avere nulla a che fare con l'Ordine...”
“Ma tu non la pensi così”, terminò Harry, chiedendole implicitamente una conferma.
Mel annuì.
“E quando sei tornata non li hai più sentiti parlare di lui?”, domandò Ginny.
“No. Però è anche vero che sono tornata solo da pochi giorni e i miei sono fuori la maggior parte del tempo. Comunque terrò le orecchie aperte”, promise.
Si rese conto che gli altri tre messi insieme possedevano un carico di informazioni grande nemmeno la metà di quello che aveva lei. Più di una volta aveva sentito la frase “giocare ai detective” associata a loro tre e Hermione, quindi magari ci si aspettava che avrebbe tentato di reperire quante più notizie possibili. Di Mel invece nessuno avrebbe sospettato, era sempre stata abituata a pensare per sé e a non immischiarsi negli affari degli altri, chi mai poteva pensare che passasse il tempo a origliare i suoi genitori per carpire quante più informazioni poteva?
Era mossa dal timore che ai suoi potesse capitare qualcosa, e ora che anche George faceva parte dell'Ordine della Fenice le sue paure erano raddoppiate.
Sopra le loro teste sentirono dei passi muoversi pesantemente e intuirono che la riunione era terminata. Poi le voci divennero sempre meno attutite e infine fecero tutti il loro ingresso nella sala da pranzo, confabulando a voce più o meno alta. Tra tutti, spiccavano le esclamazioni di Anne Marie Coppard e di Molly Weasley, che ridacchiavano come se fossero di ritorno da una serata danzante particolarmente emozionante.
“Siamo oneste, cara. I francesi considerano la nostra cucina al pari del peggior piatto peggio cucinato. È chiaro che la torta dovrà essere confezionata da un vostro chef”, stava insistendo la signora Weasley.
“È vero che siamo orgogliosi della nostra cuisine come di poche cose al mondo, mia cara Molly, ma nemmeno il più patriottico di noi direbbe di no a uno dei tuoi capolavori”, la rassicurò la signora Coppard con calore.
“Non è esattamente nostra usanza che la torta sia preparata dalla madre dello sposo, ma i dettagli magari li vedremo in seguito”, rispose con aria complice.
Mel diede loro le spalle con decisione, divenendo in un istante rossa come il sole al tramonto.
Harry, Ron e Ginny le scoccarono un'occhiata interrogativa.
“Sicuramente... nel senso...”, balbettò la ragazza, “Bill e Fleur...”
“No, cara. Parlano proprio di te”, sopraggiunse Fred alle sue spalle. “E tra parentesi, la mamma non vede l'ora di spupazzarsi un nipotino, quindi ti consiglio di cominciare a fare pratica”, aggiunse abbassando la voce in modo che sentisse solo lei.
La quale divenne, se possibile, ancor più scarlatta, e gli rivolse un'occhiata furibonda.
“George ti ha fatto leggere la nostra intervista sul Profeta?”
“Sì”, rispose Mel ancora un po' imbronciata. “Carina la dichiarazione d'amore a Piton”.
“Quella è tutta di George. Fossi in te sarei gelosa”, sghignazzò strizzandole l'occhio. “Ecco la nostra metà”, esclamò poi guardando George che varcava la soglia della cucina.
“Fred!”, quasi gridò George con una strana luce negli occhi. “Ho avuto la migliore delle idee al mondo!”
“Queste riunioni ci ispirano sempre idee geniali per il negozio”, spiegò Fred agli altri con fierezza. “La scorsa volta Moody non la smetteva di cavarsi e rimettersi l'occhio magico, ed era talmente disgustoso che ci ha permesso di ideare dei confetti a forma di occhi che in teoria dovrebbero rimbalzare fino a finirti in bocca...”
“Ma in pratica al momento si limitano a rotolare”, precisò George con disappunto.
“Insomma, qual è stata la tua idea oggi?”
“Hai presente quando Lupin raccontava di come ai Lupi Mannari malati quando tornano umani cadano le zanne?”
Mel trattenne un rigurgito.
“Denti finti che cadono a comando!”, esclamò George gioioso.
A Mel parve un'idea ridicola, e notò che Harry, Ron e Ginny si guardavano bene dall'esprimere la loro opinione.
“È l'idea più eccezionale che abbiamo avuto dai tempi delle Liquirizie Levitanti!”, strepitò Fred mettendosi a saltare.
“Quell'idea è stata mia...” provò a puntualizzare Mel ma fu travolta dai gemelli che avevano dato inizio a una specie di abbraccio ballato e saltato.
“La signora Coppard dovrebbe vedere George ora”, ridacchiò Ginny spostandosi per non essere investita dai due. “Dubito che lo vorrebbe ancora come genero”.

 

 

Mel e i suoi genitori se ne andarono di lì a una decina di minuti. George la baciò con insistenza davanti a tutti i presenti, sebbene Mel odiasse farlo in pubblico, e le strizzò l'occhio prima di guardarla sparire attaccata al braccio della signora Coppard.
Era talmente stralunata per tutta la serata appena passata che la Materializzazione congiunta le fece più male del solito e appena mise piede a terra vomitò.
“Baciare George ti fa quest'effetto?”, la stuzzicò sua madre.
“Vomito due volte su tre quando mi smaterializzo con te”, ansimò la ragazza pulendosi la bocca alla svelta. “Stranamente non succede mai quando sono con papà”.
La signora Coppard sbuffò piccata.
La famiglia fece per avviarsi verso l'entrata quando si accorsero di due sagome in ombra che si stagliavano sul vialetto d'ingresso.
I tre si bloccarono come un sol uomo, e a Mel andò il cuore in gola.
Poi la luna li illuminò e distinsero chiaramente Silente e Piton.
La ragazza si rilassò ma i suoi non mossero un muscolo. Anzi, il signor Coppard puntò la bacchetta contro Silente chiedendo: “Chi ha intercesso per me perché avessi il lavoro al San Mungo?”
Silente si sciolse in un gran sorriso e i suoi occhiali a mezzaluna scintillarono.
“Ma mio caro Alexandre, colui di cui parli si trova proprio qui accanto a me”, esclamò con calore ammiccando a Piton, che al contrario non mosse un muscolo e si limitò a fissare i tre Coppard che si avvicinavano un po' più tranquilli.
“E c'è anche la giovane Mélanie, che piacevole coincidenza”, disse allegramente rivolgendo alla ragazza un piccolo inchino. Mel arrossì e non fece in tempo a rispondere che Silente stava già salutando sua madre. “Madame Anne Marie, è sempre un piacere. Ho aggiunto qualche altro termine al mio dizionario francese, più tardi la costringerò a correggere la mia pronuncia”.
La signora Coppard rise e fece strada a tutti quanti verso l'interno.
“Non l'aspettavamo, professore, o l'avremmo accolta in maniera più appropriata”.
“È stata una decisione dell'ultimo momento”, spiegò Silente dando galantemente la precedenza in casa alle signore. “Approfitto della presenza di Severus per parlare a tutti e tre”.
Mel si chiese con quale forza i suoi genitori avrebbero affrontato una riunione con Silente dopo quella appena conclusa con gli altri membri dell'Ordine. Sua madre fece strada ai due ospiti verso il salotto, segno che era lì che avrebbero discusso. Dalla sua camera non avrebbe certo sentito nulla e si chiese se posizionando l'Orecchio oblungo accanto allo stipite sarebbe riuscita ad allungarlo almeno fino alla stanza degli ospiti, a qualche metro di distanza.
“Buonanotte a tutti”, annunciò prima di infilare la mano in tasca.
“Non così in fretta, signorina Coppard”, esclamò giovialmente Silente. “Che ne dici di ascoltare le nostre parole in questa stanza, piuttosto che dal fondo del corridoio?”
I genitori di Mel aggrottarono le sopracciglia ma Mel arrossì violentemente.
“Silente, cosa...”, fece il signor Coppard.
“Oh, non parlerò di nulla che non sia inopportuno per Mélanie”, lo rassicurò Silente.
Anche Piton aveva stretto le labbra, segno che disapprovava la decisione del Preside. Mai quanto la madre di Mel, però, la quale non poté fare a meno di domandare: “Professore, nostra figlia è minorenne... forse sarebbe opportuno...”
“Ciò che sarebbe opportuno, Anne Marie”, la interruppe garbatamente Silente, “è che vostra figlia prendesse lezioni di Occlumanzia. Così le sue future intenzioni resteranno sconosciute ai più”, dichiarò strizzando l'occhio a Mel. “Ma non perdiamo altro tempo. Signorina Coppard”, disse rivolgendosi direttamente a Mel. La ragazza notò che era la prima volta che accadeva. “Come analizzeresti questa?” chiese il Preside poggiando delicatamente sul tavolo la sua mano destra.
Mel ricordò quanto detto da Ron circa la “mano morta” di Silente. In effetti sembrava carbonizzata, come se fosse stata letteralmente infuocata da qualcosa. La osservò per un momento e dichiarò: “Mi sembra un'ustione grave di tipo A”. Non ne era convintissima, ma non avrebbe saputo classificarla in altro modo. Quale mano morta, pensò risentendo le parole di Ron. Una pomata risanante di sua madre e la pelle morta sarebbe caduta e sarebbe stata sostituita dalla nuova.
Nessuno commentò la sua dichiarazione, il che le fece venire il dubbio che forse aveva commesso un errore. Poi sentì sua madre tirare su col naso e sentì le viscere contrarsi leggermente.
“Mamma?”
La signora Coppard fece uno sforzo evidente per calmarsi e sorridere.
“Osserva meglio, Mélanie”.
E Mel osservò meglio. Non aveva osato chiedere a Silente il permesso di toccargli la mano, ma il professore la invitò con lo sguardo a tastare dove riteneva opportuno, e sotto il suo sguardo incoraggiante la ragazza sollevò con entrambe le mani quella bruciata di Silente.
Per poco non se la lasciò sfuggire dallo sconcerto.
Tastava quelle che senza dubbio erano vesciche di natura oscura, causate forse da un incantesimo mal riuscito o, peggio ancora, da una maledizione. La mano era andata, preda di una cancrena di tipo permanente e infettivo, praticamente morta.
La sua mano morta.
Il che voleva dire che ne aveva perso per sempre l'uso.
“Proprio così”, convenne il Preside, leggendo nuovamente i suoi pensieri. “Sono certo che tu non abbia mai visto nulla del genere, nemmeno al tuo tirocinio a Parigi. Sbaglio?”
“No, signore”, pigolò Mel in risposta.
“Ottimo”, disse allegramente l'altro. “Ogni aspirante Medimago dovrebbe fare tesoro di ogni caso che gli si presenta davanti, e converrai con me che il mio sia alquanto singolare”.
“Professore, la smetta di scherzarci su, per favore”, intervenne la signora Coppard con gli occhi bassi. Mel si rese improvvisamente conto che per i suoi genitori quella strana visita equivaleva a una specie di tortura.
“Mélanie”, intervenne suo padre cercando di tenere la voce ferma, “il professor Silente è stato vittima di una maledizione molto potente, che l'avrebbe ucciso in poche ore se il professor Piton non fosse intervenuto”. Mel scoccò un'occhiata fugacissima a Piton, ma distolse subito lo sguardo vedendo che quest'ultimo la fissava insistentemente. “Purtroppo la morte della mano è solo... il principio. Non vi è modo di uccidere la maledizione, sebbene la mamma stia dando fondo alle sue riserve per creare un antidoto. Essa si rafforzerà e tra qualche mese si espanderà al braccio e poi al torace”.
Mel impallidì.
Non era letteralmente possibile che Silente fosse in pericolo di vita. Era un pensiero informulabile, una visione inimmaginabile, profondamente sbagliata.
Sedeva allo stesso tavolo di quelli che probabilmente erano i due più grandi pozionisti della Gran Bretagna, possibile che non riuscissero a mettere a punto un piano?
“Purtroppo è così”, dichiarò Silente ascoltando di nuovo mentalmente i pensieri che si succedevano nella mente della ragazza. “A tempo debito stabilirò se informare o meno gli altri membri dell'Ordine della Fenice, ma nel caso sarò io e soltanto io a decidere come e quando farlo. Capisci cosa voglio dire?”
Mel annuì, sebbene in realtà non avesse idea di dove il Preside volesse andare a parare.
“Il che significa che non dovrai parlare con nessuno di quanto appreso stasera. Nemmeno coi tuoi amici più cari. Né prima né dopo la mia morte. Pensi di poterci riuscire?”
Doveva tenerselo per sé. Come avrebbe fatto a tenersi per sé una notizia del genere?
“Penso di poterci riuscire, professore”, dichiarò con una tranquillità che stonava col pallore che si era impossessato del suo viso.
“Voglio darti fiducia, Mélanie. Scelgo di non farti stringere un Voto Infrangibile per convincerti a tenere il segreto ma sappi che, una volta tradita la mia fiducia, difficilmente la si riconquista”, disse Silente in tono solenne.
Mel deglutì.
Poi il Preside le rivolse un sorriso stanco.
“Ora ti chiedo di lasciarmi solo coi tuoi genitori e col professor Piton, gentilmente”.
La ragazza si alzò e fece per lasciare la stanza.
“E... Mélanie”, la fermò Silente. “Per stasera hai sentito abbastanza. Ti chiedo di coricarti immediatamente e di riposare la mente”.
In altre parole: non cercare di origliare, tanto se ne sarebbe accorto.
Ma chi ci pensava a origliare ancora, pensò di sfuggita Mel mentre faceva i gradini per il piano di sopra a due a due. Chi voleva sapere quali altri orrori si erano e si sarebbero abbattuti sugli altri membri dell'Ordine della Fenice. Forse era meglio restare all'oscuro di tutto, chiudere gli occhi e dimenticare.
Spalancò la porta del bagno e vomitò di nuovo in preda ai tremori.

  
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