Cap.6 My teddy bear is Bucky
Steve si sedette sul
letto, si tolse lo scudo e lo appoggiò
contro il comodino. Dalla finestra aperta entrava dell’aria
fredda che gli
faceva oscillare il ciuffo biondo. Rogers si voltò sentendo
la porta aprirsi,
vide Bucky chiudersela alle spalle. Lo osservò ansimare e
strinse i pugni.
“Siamo sotto
attacco? L’Hydra non era sconfitta?!”
domandò.
Bucky sorrise e negò con il capo.
“Rilassati. Ho
solo capito che mi piace il tuo sex simbol”
spiegò. Steve avvampò e si voltò di
scatto.
“Ti …
ti ringrazio di avermi salvato … anche se ero il tuo
bersaglio” farfugliò.
“Sì
… sì … cambia discorso” si
lamentò il migliore amico.
Guardò un computer chiuso sopra una scrivania. Si
girò e osservò una scarpiera
bianca. Raggiunse una sedia in vimini e si appoggiò contro
la sua spalliera.
“Toglimi una
curiosità. I capillari degli occhi mi
esplodevano e li avevo sempre arrossati. Tenevo i capelli lunghi. La
mia voce
era modificata dalla maschera. Avevo cambiato carattere, ricordi e
persino
aspetto in un certo senso. Mi spieghi come mi hai
riconosciuto?” domandò Bucky.
Steve sollevò un orsacchiotto dal letto e lo
osservò. Il migliore amico si
sedette accanto a lui facendo scricchiolare le assi del letto.
“Ti prendi cura
di me da quando ero bambino. Sei il mio
migliore amico” rispose. Bucky si sporse e gli
baciò una guancia. Lo abbracciò
per i fianchi e gli mise la testa sulla spalla.
“All’epoca
eri uno scricciolo” sussurrò. Steve
arrossì e
sospirò.
“Sì,
mammina” lo prese in giro. Bucky sollevò il
braccio di
metallo e gli tirò una ciocca bionda.
“Attento, parli
con un assassino che i coltelli li sa far
cantare adesso” lo minacciò.
“Sei sempre
stato meglio di me” mugolò Steve. Bucky
sgranò
gli occhi, si rizzò, gli afferrò il mento e lo
fece voltare.
“Tu sei Capitan
America. Sei il simbolo di tutti. Non ti
sminuire più così” ordinò.
Steve arcuò la schiena e alzò le spalle.
“L’ho
sempre fatto” brontolò. Bucky gli
appoggiò la fronte
contro la sua.
“Sei il mio
capitano, la persona che mi ha salvato e per cui
affronterei altre mille morti e tremila torture”
dichiarò. Le iridi azzurre di
Steve divennero liquide.
“Vorrei solo
essere tuo fratello” mugolò. Bucky lo
abbracciò
e annuì.
“Perdonami
little brother. Tu hai mantenuto tutte le tue
promesse con me e io ti prometto questo. Sarò per sempre
accanto a te, fratello
mio, mio capitano e …”. La voce gli divenne roca e
strinse gli occhi. Sfiorò le
labbra di Steve con le proprie.
“E mio
amore”. Aggiunse. Steve arrossì e rispose al
baciò.
Bucky si staccò e gli tirò la guancia.
“Ammettilo, per
te sono come l’orsacchiotto che ti ho
regalato” ribatté.
“Figl** di
pu***na, mi hai fatto preoccupare da morire! E mi
hai fatto dire cose smielate!” gridò Steve. Gli
tirò a sua volta le guance,
utilizzando entrambe le mani. Bucky scoppiò a ridere.
“Ecco, ora ti
riconosco! Allora, lo dividiamo la meraviglia
con pizzetto?” domandò.
“Se non ti
ammazzo prima!” ululò Steve. Bucky lo
lasciò
andare, si tolse le mani di Steve dalle guance e si alzò dal
letto. Corse fino
alla finestra aperta e si mise in piedi sul davanzale.
“Che stai
facendo?!” gridò Rogers.
“Dimenticavo,
stava venendo a baciarti” rispose Bucky. Si
girò e si lanciò dalla finestra. Il battito
cardiaco di Steve accelerò. Sgranò
gli occhi e si voltò guardando la porta aprirsi, Tony
entrò nella stanza.