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Autore: mamogirl    30/07/2014    1 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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*Diciannovesimo Capitolo*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fu con un'ombra di confusione che Brian accolse il risveglio quella mattina. Per quei primi attimi di coscienza, infatti, non trovò nessun appiglio che lo riconducesse a dove si trovasse o perché: la sua mente ancora era presa prigioniera e avvolta da un mantello di nebbia che offuscava ogni ricordo, quasi come se quelle maglie pesanti volessero trattenere ancora immagini e sensazioni della giornata precedente. Uno strano torpore cingeva il suo corpo, una sensazione quasi nuova dopo notti e notti trascorse a pizzichi e bocconi, rubando qualche attimo di sonno prima di essere attaccato, ancora, dai mostri e demoni di ciò che gli era successo.

Riposo.

Finalmente.

Il tanto agognato e desiderato riposo.

Non sapeva esattamente, Brian, quante ore avesse dormito ma sentì nascere un germoglio di soddisfazione e vittoria dentro di sé, per anche solo aver resistito e sconfitto gli incubi per più di qualche ora consecutiva. Una conquista quasi impossibile da raggiungere se non fosse stato per ciò che aveva distrutto e ridotto a macerie gli ultimi avamposti di un'ostinazione di cui, ora, riusciva solo a toccare gli ultimi filamenti.

I secondi erano scivolati via fino a quando, raccolti in un minuto, avevano lasciato entrare i ricordi che tanto faticosamente erano stati trattenuti dietro ad alte barricate. Nonostante le ore di riposo, sembrava comunque non esserci pace per muscoli e ossa che ancora sembravano e volevano apparire più pesanti e men che mai silenziosi. Per quante altre ore Brian avrebbe dovuto dormire prima di risentirsi come quei giorni prima dell'apocalisse, prima che quel suo piccolo ma confortevole mondo si ritrovasse preso in una centrifuga e scosso fino alle sue più basilari e necessarie fondamenta? Rivoleva, Brian, la fatica che aveva avuto origine da una notte di concerto e di corsa da una parte all'altra del palco, da quell'adrenalina che lasciava sempre i nervi frementi di estasi e di più che guadagnata soddisfazione; era la fatica che ti permetteva di buttarti sul letto e di immediatamente cadere fra le braccia di Morfeo, un sonno che avrebbe restituito forze e energie necessarie per affrontare il giorno successivo. La fatica che ora Brian sentiva, la fatica che gravava sul suo corpo come un pesante e invisibile macigno, altro non era che milioni di granelli di disperazione e di autodistruzione, di agonia e di continua e incessante lotta contro non solo i fantasmi del passato ma anche di quelle nere ombre che erano sempre più reali e pericolose. La fatica di quei momenti, nonostante il sonno, era la vittima di una mente che non aveva mai smesso di rimuginare e riflettere su ogni minimo e più piccolo problema, la stessa che si era ritrovata con ipotetiche spalle al muro mentre doveva schivare e ribattere a colpi quasi mortali. E la fatica, quella mattina, sapeva anche di lacrime finalmente lasciate scivolare, di singhiozzi che avevano dovuto graffiare per poter finalmente lasciar sentire e udire la loro voce e di un dolore che, finalmente, aveva chiuso quel nido che aveva creato dentro la sua anima. Perché quella mattina, oltre e vicino a quella fatica, Brian provava un senso di liberazione, di vuoto e di pace. Pace con il passato, pace con le cicatrici che avevano dato un ultimo grido di agonia prima di essersi mostrate pronte per esser lenite e guarite.

Era stato come se una potente e immensa onda si fosse scontrata contro di lui, una tempesta che aveva seminato il suo vortice al centro della sua anima e, con forza e intensità sempre più maggiore, aveva preso dentro di sé tutto ciò che aveva trovato sul suo cammino. Quell'onda aveva avuto un nome, l'etichetta di quel crollo che tanti avevano sperato e spinto affinché accadesse; Brian lo aveva temuto, lo aveva osteggiato e opposto ogni obiezione che riuscisse a trovare fra le sue maniche. Alla fine, si era arreso; alla fine aveva aperto i cancelli e lasciato che tutto e niente si scambiassero di posto, portandosi dietro con sé anni di illusoria tranquillità e quelle ultime settimane di incertezza e di capovolgimento di ogni sua più piccola convinzione.

Brian aveva temuto quel momento; stupidamente aveva creduto che piangere per tutto ciò che aveva perso e per tutto ciò che ancora lo affliggeva, non avrebbe portato nulla se non stanchezza e perdita di tempo e energie. C'era un nemico da combattere ma, scioccamente e ciecamente, non aveva mai visto che il più temibile e più facile da distruggere era il mostro che si portava dentro di sé.

La vergogna.

Il dolore.

Quei due sentimenti erano le braccia del mostro, erano gli artigli che avevano preso e disseminato veleno in ogni angolo di anima che erano riusciti a raggiungere. Si era cibato dell'oscurità in cui Brian lo aveva chiuso dentro, aveva affilato le ossa con le bugie e le dimenticanze, con l'ostentazione di chi voleva mostrarsi e essere forte, senza badare a quella piccola guerra che stava avvenendo proprio dietro ai suoi occhi.

Silenziosamente Brian aveva chiesto perdono con le sue lacrime, aveva abbracciato entrambi e aveva sentito il mostro sciogliersi come neve al sole, pura e limpida perché il nero era stato semplicemente il colore che lui stesso aveva voluto usare per colorare e dipingere ciò che aveva sempre considerato un incubo. E, quando gli ultimi singhiozzi avevano messo fine a quella sorta di Hiroshima emozionale, Brian si era ritrovato avvolto da un senso di sollievo e di completo vuoto. Non c'era più niente dentro di lui, non c'era più quel vaso sbeccato che aveva faticato a tenere insieme i cocci: c'era una nuova brocca, molto più imponente e pronta per essere riempita da amore e accettazione.

Prima di tutto, verso se stesso.

Se lo meritava, oltretutto. Meritava, finalmente, di osservarsi allo specchio e finalmente amare ciò che vi vedeva riflesso. Non solo fisicamente parlando ma anche orgoglioso di quell'anima che, finalmente, aveva la possibilità di poter uscire e mostrarsi. E anche se forse non sarebbe andato in giro a mostrarle, anche se forse avrebbe continuato a mascherarle sotto strati di vestiti, Brian avrebbe incominciato ad amare quelle cicatrici che quel passato aveva lasciato sulla sua pelle e sulla sua anima. Meritava di ripensare a quegli anni e a sentirsi orgoglioso dell'uomo che quel ragazzino era diventato, nonostante le cadute e l'odio che si era lanciato addosso perché era più facile così, era più semplice odiare il proprio riflesso così debole invece che tener conto delle conquiste. Non sarebbe stato facile, non sarebbe stato come aprire gli occhi e trovarsi ogni risposta di fronte a lui, pronta per esser raccolta e fatta propria. Era un piccolo passo, il primo gradino di un sentiero che sapeva, Brian, non sarebbe stato sempre completamente in discesa e senza ostacolo.

Con un piccolo sbadiglio, Brian aprì gli occhi e si ritrovò ad osservare la prima ragione per cui quel miracolo era potuto accadere. I capelli biondi sparpagliati sul cuscino bianco, le lunghe ciglia che sembravano stessero accarezzando la pelle e le labbra leggermente socchiuse. I raggi del sole, la luce dorata di una mattina che si era svegliata ben molto prima di loro, aveva scelto come sua tavola il corpo del compagno regalando così a Brian la bellezza di un'immagine che aveva sempre osato sognare fino a quel momento. Era stato proprio quell'immaginario disegno, quello scorcio di una quotidianità a cui lui poteva solamente aspirare, a fargli decidere di comprare immediatamente quella casa mesi e mesi prima: non appena era stato accompagnato nella stanza e aveva visto quell'enorme vetrata che, come uno specchio, rifletteva direttamente sul letto la perfetta combinazioni di azzurri fra mare e cielo, nei suoi occhi si era raffigurata quella scena che ora stava respirando e vivendo. Sì, scioccamente e ancor romanticamente senza speranza, Brian quel lontano giorno si era immaginato di potersi svegliare una mattina di fronte a quel reale e vivente dipinto, stretto e abbracciato fra le braccia dell'unica persona che aveva sempre preso parte e costruito ogni suo sogno e fantasia.

Aveva sognato, Brian.

Aveva fantasticato quel risveglio, conscio che se anche Nick avesse miracolosamente condiviso i suoi stessi sentimenti, lui non sarebbe mai stato capace di cercare e trovare una così intensa, profonda e naturale intimità.

E ora, invece, l'aveva.

Viso contro viso, pochi centimetri di distanza in cui poter sentire il respiro dell'altro contro la propria pelle; la mano sinistra di Nick rimaneva ed era rimasta appoggiata per tutta notte sul fianco di Brian, come se volesse impedire al compagno di scomparire e volatizzarsi via lontano da lui; una gamba di Brian, allo stesso modo, era intrecciata sopra la coscia di Nick, come se anch'egli avesse bisogno di quel contatto fisico per potersi ancorare e non perdersi negli incubi. Eppure, nel corpo e nell'anima di Brian, non c'era né tremore né paura. Quella posizione, quell'intimità, si era rivelata essere così naturale e confortante esattamente come aveva sempre letto, visto e immaginato; avrebbe voluto e avrebbe potuto rimanere così per ore, perso e intento a catalogare ogni piccolo dettaglio di quel corpo mentre aspettava, forse con un pizzico di trepidazione e ansia, che quelle lunghe ciglia lasciassero intravedere l'azzurro degli occhi.

Non c'erano più dubbi in Brian. Non c'era più, a scorrere insieme al sangue, la paura che Nick se ne andasse vedendolo crollare e apparire, di fronte a lui, senza più nessuna armatura o difesa. Era stata quella una delle obiezioni che lo avevano sempre portato a nascondersi, piuttosto che lasciare uscire tutto: una volta distrutto il primo mattone, sarebbe rimasto scoperto, un'anima vulnerabile e indifesa da cui tutti avrebbero potuto captare qualsiasi pensiero o emozione. Nick, soprattutto, avrebbe visto ogni suo singolo difetto e crepa e non ci sarebbe più stato demone o incubo che Brian avrebbe potuto ancora far finta che non esistesse.

Ma Nick era rimasto. Nick lo aveva stretto, lo aveva tenuto fra le braccia fino a quando anche l'ultima lacrima era scivolata via; aveva ascoltato ogni suo singhiozzo, lo aveva accarezzato e confortato con il tocco e la sensibilità di chi sapeva che non c'erano parole per far scomparire il dolore. Ciò che aveva, però, sconfitto ogni remora erano state quelle lacrime che il compagno aveva condiviso insieme a lui, quel dolore per ciò che era successo e che non aveva potuto ostacolare, quel sentimento di agonia per quel Brian che non avrebbe mai potuto conoscere e quella paura per ciò che, forse, era stato tolto loro in futuro. Come poteva, dunque, Brian aver dubbi su Nick? Come poteva anche solo lontanamente immaginare che, un giorno, Nick se ne sarebbe andato lasciandolo completamente senza appoggio e supporto?

Piangere non era bello. Piangere, crollare letteralmente come aveva fatto lui poche ore prima, non era qualcosa di attraente o romantico come poteva esserlo in un film o in un romanzo. Piangere era l'ultimo baluardo del proprio orgoglio, era un qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere di fronte alla persona a cui si era sempre promesso e giurato di essere guida e mentore, eroe e protettore. Piangere, Brian lo sapeva, lo aveva lasciato con due occhi ancora gonfi e umidi, come se ancora la sua anima stesse cercando di lasciar sfuggire via nuove gocce di disperazione e di sollievo; c'era una pressione che batteva contro le sue tempie, un assordante e costante battito che sembrava volesse richiamare la nausea, quasi come se ci fosse ancora qualcosa da poter riportare in superficie. C'erano ancora singhiozzi, ultimi singulti di un'anima che aveva perso la voce e che ora voleva solamente riposare e guarire.

Nick non avrebbe dovuto essere lì. Non con lui, non in quella situazione che ancora Brian faticava nel comprendere che fosse davvero reale. Ma lo era ed ancor più vero era quel contatto che sapeva di caldo e di amore, un costante memo che non ci sarebbero state obiezioni e ostacoli a farli ancora allontanare.

Poteva abituarsi, Brian. Non era forse quello parte del processo di guarigione? Abituarsi a quella sempre più crescente intimità, abituarsi ad aver qualcuno su cui potersi fidare ciecamente; qualcuno su cui poter crollare e sapere, con assoluta certezza, che non avrebbe trovato rivoltante svegliarsi e trovarsi di fronte un viso ancora segnato dalle lacrime. Sì, poteva abituarsi ad imparare ad avere fiducia in Nick, a testare i propri limiti e cercare sempre di renderli più ampi, fino a quando avrebbe finalmente raggiunto quella tanto agognata e desiderata normalità. E anche se, forse, non sarebbe mai stato in grado di donarsi completamente a Nick, Brian sapeva che insieme sarebbero riusciti a trovare compromessi e equilibri. Non era quello l'amore, d'altronde? L'amore quello vero, quello pratico e non solo abbellito di grosse promesse e parole che sembravano essere uscite da libri di poesia. L'amore pratico, l'amore quotidiano che si dipanava nei momenti buoni e cattivi, che cercava di scavalcare i problemi e di trarre il meglio da ogni situazione. Era a quello che, ora, Brian si stava aggrappando per incominciare a rinascere da nuove spoglie. Era a quel momento, a quel risveglio così naturale e semplice, che Brian stava stringendo attorno ogni sua speranza. Non importavano e non avrebbero avuto importanza e attenzione, almeno quel giorno, i motivi per cui entrambi si trovavano in quel luogo che solo Brian conosceva; per un giorno, anche solo per misere ventiquattr'ore, tutto ciò che avrebbe avuto rilevanza nella mente di Brian sarebbe stato riprendere in mano i cocci e i cardini della sua vita, incominciando a gettare delle fondamenta per quella che sarebbe stata l'unica vera ragione per cui valeva la pena combattere con la testa e l'orgoglio così altri che chiunque avrebbe potuto notarli.

Come se fosse il gesto più naturale e istintivo al mondo, come se fosse qualcosa a cui lui fosse abituato a fare ogni giorno, Brian si sporse con il viso abbastanza per poter appoggiare le labbra sulla fronte di Nick, lì in quel punto dove la pelle si lasciava imbellire e proteggere dai capelli. Il sorriso nacque naturalmente, una curva su quella linea che era sempre stata dritta e piegata da una disperazione che ora vibrava lentamente in sottofondo, come se essa avesse compreso di esser stata sconfitta e messa in secondo piano.

«Bri?»

Il richiamo arrivò da un lieve sussurro, la voce ancora imprigionata nel sonno e sottolineata da un'espressione aggrottata mentre Nick tentava, quasi stoicamente, di svegliarsi e comprendere che cosa avesse svegliato il compagno.

«Sh. - Ribatté Brian, posando l'indice sulle labbra di Nick. - Torna a dormire.»

Nick rispose con un mugugno, più simile ad un grugnito, prima di voltarsi e rimanere supino; il braccio non perse il contatto con il corpo di Brian, stringendolo ancora più a sé e quasi costringendo il ragazzo a riaggiustarsi in modo da essere più comodo.

«Anche tu, vero?»

Il sorriso continuò a rimanere sul volto di Brian. Come poteva non sorridere quando, finalmente, non c'era nessun filo di paura o di panico dentro di lui? Sapeva che gli incubi e tutto quel dramma lo avrebbe aspettato non appena messo piede fuori da quella casa e da quel paesino che era diventato il suo rifugio. Ma ora, mentre appoggiava la testa sul petto di Nick e la mano andava a tener conto dei battiti del suo cuore, non c'era niente che poteva farlo tornare in quell'angolo buio in cui si era rintanato per dieci anni.

«Sì.»

 

 

 

 

 

********

 

 

 

 

 

Poche ore più tardi, fu un urlo a ridestare Brian. Non apparteneva a lui quel grido, non era l'effetto e conseguenza di un incubo capace di sfuggire al suo controllo e di riprendersi palco e attenzione in un battito di ciglia. Non poteva essere suo quell'urlo poiché, quella notte, non c'era stato nessun demone né fantasma o frammento del passato: Brian si era semplicemente ritrovato immerso in un universo completamente buio, un nero imperscrutabile e un mare così calmo e placido che, per qualche secondo, aveva pensato Brian che non appartenesse nemmeno alla sua mente. Invece lo era perché anch'essa era così esausta fino all'ultima cellula, fin all'ultimo nervo, da non poter più essere in grado di lanciare le sue reti intrise di veleno e renderlo prigioniero di tutto ciò che avrebbe preferito non ricordare mai più.

No, quell'urlo apparteneva ad un'altra voce. Quel grido apparteneva a qualcuno che aveva promesso, si era ripromesso e aveva giurato ad ogni lacrima, che avrebbe protetto più della sua stessa vita e sanità mentale. La voce era quella di Nick e bastò quella semplice constatazione per far rinascere il panico dentro Brian.

Stupido! Stupido! Stupido!

L'attacco arrivò senza bisogno di avvertimenti o segni premonitori. Arrivò e colpì Brian in pieno petto, portandosi via la capacità effettiva e pratica di respirare, incamerare aria e ossigeno vitale affinché i propri polmoni potessero assolvere la loro primaria funzione. Nelle orecchio, nell'udito, l'unico suono era quel grido che continuava a venir ripetuto come se fosse una traccia ormai bloccata, rovinata dal pensiero di ciò che poteva essere successo.

Come aveva potuto pensare di essere al sicuro?

Come aveva potuto pensare di proteggere Nick quando non era mai riuscito a proteggere se stesso?

Stupido, stupido, stupido!

Avrebbe dovuto tenere in conto quell'ipotesi. Perché non ci aveva pensato? Oh, già! Troppo occupato a piangere, troppo occupato a commiserarsi e a provare pietà per quel destino e, nel frattempo, nessuno si era accorto che erano stati seguiti. Nessuno si era reso conto che Tyler li aveva seguiti. Lo avrebbe sempre fatto, d'altronde. Era come una mosca di cui non ti riesci a liberare, era un invisibile segugio che non avrebbe mai perso il passo. Un’ombra che si sarebbe sempre nascosta nel buio, in un angolo così piccolo e innocuo da farci caso solamente quando era troppo tardi per combattere o difendersi.

Una vocina, una flebile candela che ancora cercava di resistere in quella tempesta di panico e ansia, stava tentando di dirgli qualcosa: era la voce della ragione, dell'essere obiettivi e pratici, e cercava di mettere un puntino su quella frase. Potevano esserci mille motivi per quel grido. Poteva, e doveva esserci, una ragione molto più semplice e innocua. Ma quelle parole non arrivarono mai ad essere ascoltate.

Agendo solo sotto la spinta dell'istinto, Brian si ritrovò a camminare verso il luogo da cui Nick aveva urlato. La cucina. L'unica altra stanza, dopo il salotto, che aveva accesso diretto sulla spiaggia. Che cosa gli era venuto in mente di comprare quella casa in cui chiunque avrebbe potuto entrare? Un rifugio, lo aveva sempre considerato. Un rifugio che ora sembrava essere una fortezza senza più mura o barricate che potessero trattenere e respingere i nemici.

Stupido, stupido, stupido!

Brian attraversò il corridoio, maledicendosi mentalmente per l'improvvisa lunghezza e quasi irraggiungibile distanza dalla camera da letto. Il silenzio della mattina era soppresso e soffocato da un costante ronzio nelle orecchie di Brian, un suono che si alternava a quel battito impazzito e troppo veloce, troppo rapido per essere fermato e riportato alla normalità. Non sapeva nemmeno che cosa avrebbe fatto una volta giunto alla sua destinazione anche se ciò che più lo terrorizzava, e aumentava il suo panico, era non sapere ciò che avrebbe trovato di fronte a suoi occhi. Per un istante, si ritrovò fermo a pochi passi dalla stanza: il terrore aveva immobilizzato ogni muscolo, l'ansia aveva preso in ostaggio i nervi e li stava letteralmente torturando con le più fervide e angoscianti immagini, tratteggiate in schizzi rossi e pallidi contorni di qualcosa che avrebbe dovuto rimanere lontano da quell'angolo sicuro.

Pochi passi. Pochi passi e quella minima distanza fu sufficiente a dare una sferzata al panico, facendo provare a Brian la netta sensazione che quella casa, già di per sé piccola, si stesse rimpicciolendo e chiudendosi attorno a lui.

Pochi passi. Eppure, con uno sforzo dettato solo da quell'orgoglio che non avrebbe mai accennato a scomparire nei momenti peggiori, Brian si ritrovò a compierli uno dopo l'altro. Se anche Tyler fosse stato lì. O peggio, se anche Tyler fosse ancora presente in quella casa, scappare e fuggire non sarebbe servito a nulla, se non a prolungare quell'agonia e quel continuo e incessante terrore. Ora, più di qualsiasi altro, era il momento per tirare fuori quella forza e quel coraggio di cui tutti si complimentavano e gli invidiavano.

Ora, più di qualsiasi altro attimo, era giunto il momento di affrontare il suo nemico e metter fine a quell’incubo.

Pochi passi e Brian si ritrovò sulla soglia, quella linea di confine fra realtà e incubo, fra terrore e... sollievo. Sì, sollievo. Perché ecco che cosa erano stati quei minuti, quei lunghi e quasi interminabili attimi. Erano stati frammenti di un incubo che, anche se sfuggito via dalla sua naturale ambientazione onirica, si era scontrato ed era stato sconfitto dalla più semplice realtà. E il sollievo, in quel momento, fu così potente da lasciare Brian senza nessun supporto, un colpo secco allo stomaco e un'ondata capace di portare via ogni energia mentale. Non c'era stato nessun attacco, non c'era sangue da cancellare via e nessuna situazione estrema a cui dover far fronte. Nella luce della cucina, in quel luminoso raggio che arrivava direttamente dalla finestra e riscaldava piastrelle e mura, Nick si trovava sano e salvo. Maledicendo una padella e insultando delle povere uova che avevano avuto l'ardire di cadere e rompersi sul pavimento. Ma, a parte ciò, Nick stava bene.

Brian si lasciò scivolare contro lo stipite della porta, raccogliendosi poi in una sorta di protettivo guscio. Nonostante l'essersi reso conto che non c'era e non c'era mai stato un effettivo pericolo, li echi del panico continuavano ad essere delle reti strette attorno a lui. In quel frangente, Brian sapeva che sarebbe bastato poco per mandare al diavolo quel patto di risoluzione che aveva stretto con se stesso durante quelle ore antecedenti al suo risveglio; l'orlo del precipizio si stava sgretolando sotto le sue gambe e, con una tentatrice voce, sussurri cercavano di portarlo là dove Brian si era ripromesso non sarebbe mai più tornato. Era forse quello il test più importante, uno snodo fra il lasciare che ci fossero solo parole e intenti invece che prendere quelle promesse e trasformarle in azione.

E l'avrebbe fatto, Brian.

Attacco dopo attacco, giorno dopo giorno. Non sarebbe stato facile, sapeva Brian che sarebbe stata forse una delle cose più difficili da affrontare ma piangere, ora, su ciò che era stato non avrebbe portato via nemmeno un'ombra di panico.

Chiuse gli occhi, appoggiando la fronte contro le ginocchia. Intimò al suo cuore di smetterla di battere così velocemente, quasi come se esso stesse cercando di sfuggire via dalla gabbia toracica che lo teneva prigioniero. E, senza esser in grado di dire quanto tempo trascorse, lentamente il suo respiro incominciò a tornare normale, portandosi dietro quella sensazione di esser sul punto di svenire per la mancanza di ossigeno. Solo i suoi nervi continuarono a tremarono, dando l'aspetto a Brian di una foglia alle prese con le folate di vento. Ma, al contrario di essa, Brian si rialzò e combatté contro quella corrente.

Combattere il negativo con il positivo, era quella una delle prime frasi che la sua terapista aveva cercato di consigliargli. Consiglio che Brian a malapena aveva captato, men che meno ascoltato, compreso o fatto proprio. Ancora rinchiuso nella sua bolla di autodistruzione, ricordava che avrebbe voluto urlare contro quella donna e domandarle come diavolo avrebbe potuto trovare anche un solo filo di positività in quello che gli era successo. Ora, invece, non solo Brian sapeva dove trovare quei fili ma essi erano riuniti in quel ragazzo che aveva di fronte agli occhi.

Lentamente, Brian si avvicinò a lui e mise in atto un'altra immagine che lo aveva avvolto e spinto a comprare quella casa. In quella cucina così luminosa, in quella stanza dove il sole giocava a riflettersi sulle piastrelle e sul pavimento e l'aria del mare dava un buongiorno tutto speciale, Brian si era sempre immaginato una scena del genere, una mattina sorniona in cui abbracciare il proprio compagno mentre intenti a preparare la colazione. Il suo cuore fece un salto all'indietro di fronte a quell'intento, spinto più che altro da quella primitiva difesa attorno ad un'anima che era ormai stata lasciata completamente scoperta.

Una volta scomparsa la distanza fra di loro, una volta raggiunto il compagno in piedi di fronte ai fornelli, Brian prese un profondo respiro e, socchiudendo gli occhi, cinse le braccia attorno alla vita di Nick. Si alzò in punta di piedi e, a tempo di quel battito all'improvviso sempre più forte e veloce, appoggiò le labbra sulla base della nuca e vi lasciò un bacio.

Un sorriso apparve sul volto di Nick, un volo di speranza batté contro il cuore mentre le sue mani andavano a coprire ed intrecciarsi insieme alle dita di Brian.

«Ehi.»

«Buongiorno.»

L'augurio uscì in un suono un po' strozzato, la gola ancora resa un arido deserto dopo essersi prosciugata durante la notte. Ma c'era un punto di solarità in quella semplice parola, una positività che si unì a quei raggi di sole che scaldavano la stanza. Senza nemmeno bisogno di chiederlo, Nick allungò la mano verso dove aveva scoperto venivano tenuti i bicchieri e, dopo averne preso uno, lo riempì con dell'acqua fresca. Doveva sembrare sciocca quella scena, se qualcuno mai sarebbe stato lì presente, vedendo loro due muoversi sincronizzati e senza mai staccarsi l'uno dall'altro. Ma non durò a lungo perché, in qualche modo, Nick fu costretto ad interrompere quell'abbraccio per passare il bicchiere nelle mani del compagno.

«Dormivi così profondamente che ho preferito non svegliarti.» Commentò mentre, con l'indice, accarezzava dolcemente la linea della mascella. C'erano segni che non poteva non notare, li indizi che parlavano di un risveglio non certo dettato dall'aver finalmente esaurito il bisogno di dormire. Ma li lasciò perdere, li lasciò sfuggire via perché quel sorriso era qualcosa di molto più importante e soddisfacente. Era qualcosa che augurava il miglior risveglio e buongiorno che avessero loro mai avuto nelle ultime settimane. Era qualcosa che batteva, profumava e sapeva di speranza.

«E hai deciso di tentare di avvelenare chiunque nel raggio di cinque chilometri?»

L'umorismo, la battuta, non erano mai mancati nemmeno nei momenti peggiori. Eppure, in quella cucina lontano da tutti e da tutto, sembrava essere quella uno scorcio di normalità troppo bella per non poterla afferrare senza rischiare di rovinarla.

«In che senso? - Domandò Nick con la fronte aggrottata. - E' solo una frittata, sono ben capace a farla.»

Lo sguardo di Brian, a quelle parole, cadde se quelle macchie che ancora erano sfuggire alla pulizia di Nick.

«Okay, okay. Ho fatto un piccolo errore ma... - Nick alzò la padella con una mano e, con l'altra, semplicemente l'indice. - ... sono capace di cucinare.»

«Oh, non metto in dubbio le tue capacità. Ma quelle uova sono rimaste in quel frigorifero dall'ultima volta che sono stato qui. Ovvero prima del tour.»

«E' già tanto che ci sia elettricità in questo posto dimenticato da Dio. - Ridacchiò Nick. - Seriamente, come diavolo sei finito qui? Nemmeno mi ricordo il nome! Gou qualcosa... nel Maine.»

«Gouldsboro.»

«Appunto. Quanti abitanti ci sono?»

«Pochi. Ecco perché me ne sono innamorato.»

«Nessuno sapeva che avevi questa casa. Pensavo che avessi tenuto la casa di Atlanta.»

Brian scosse la testa. «L'avevamo comprata perché Leighanne voleva stare vicino ai suoi genitori. Una volta che ci siamo lasciati, mi è sembrato giusto che fosse lei a tenerla, visto come l'ho presa in giro per tutti questi anni.»

Nick non commentò quell'ultima frase, non solo perché vi era un lieve fondo di verità in quelle parole ma perché sapeva che Brian avrebbe opposto resistenza ad ogni sua obiezione. Non era quello il momento per ritrovarsi a discutere su cose così futili e inutili, considerato che tutto voleva Nick tranne che parlare della ex fidanzata del suo compagno. Così Nick lasciò scivolare via le risposte e le obiezioni, facendo proprio quel nuovo pezzo di informazione.

«E quindi sei finito qui?»

«Avevo bisogno di un posto tutto mio, un angolo in cui non sarebbe mai arrivata la fama e dove avrei potuto essere solamente Brian. Anche se ancora dovevo capire chi fosse quel Brian. Così, nei momenti di pausa, prendevo la macchina e semplicemente guidavo, fermandomi in piccoli paesini per riposare: se il luogo mi piaceva, rimanevo in una locanda e giravo attorno, cercando la casa perfetta.»

«E così sei finito qui.»

«Più o meno, sì. - Ribatté Brian con un velo di risata rauca. - Mi sono innamorato di questa casa non appena l'ho vista. Ha una vista stupenda e... mi sembrava il luogo perfetto dove incominciare a cercare e costruire una sorta di vita. Credo.» A quell'ultimo tono di indecisione, Brian abbassò gli occhi e puntò la sua attenzione su quel poco di acqua rimasta nel bicchiere.

Nick rimase qualche secondo in silenzio, completamente portato via da quanto il ragazzo di fronte fosse differente da quello che aveva tenuto stretto fra le braccia solamente qualche ora prima. Dove prima Brian avrebbe cercato di nascondere ogni croce, ogni titubanza o insicurezza, ora non aveva più remore nel mostrarle e lasciare che chiunque potesse vederle.

Soprattutto a lui.

«Ti assomiglia, lo sai? Questa casa, intendo. E' molto Brian.»

Era stata una sorpresa quando, il giorno prima, Brian aveva mormorato il nome di quel paesino. «Portami a casa.» gli aveva semplicemente scongiurato e come non avrebbe potuto Nick cercare di esaudire almeno quella preghiera? Così aveva guidato fino a quel paesino dimenticato da chiunque, in quella casa che sapeva di Brian in ogni angolo e che lasciava, a chi oltrepassava la soglia, la sensazione di essere in un posto caldo e confortevole. Non era, quella casa, la stessa mansione di Atlanta dove quasi serviva una mappa per non perdersi fra i corridoi e quell'immenso parco attorno; era, invece, un piccolo cottage che bastava appena per loro, costringendo la loro guardia del corpo a dormicchiare sul divano. Costruita su un unico piano, quella casetta era l’unica costruzione all’interno di una delle tante insenature che caratterizzavano quella parte di costa del Maine; se da una parte si affacciava sulla spiaggia e, quindi, poi sul mare, dall’altra invece era circondato da un giardino che consentiva e regalava privacy e tranquillità. Era da esso che, per mezzo di un sentiero in ciottoli, ci si addentrava prima in un patio, adornato con vasi di fiori e piante aromatiche, per poi entrare nella casa: il salotto dava il benvenuto in quelle mura, accompagnando poi il visitatore nell’open space che univa sala da pranzo e cucina; in fondo al corridoio, dall’altra parte, bagno e camera completavano quel piccolo rifugio. Eppure, Nick riusciva a comprendere come mai Brian si fosse innamorato di quel luogo: non solo per lo spettacolo di spiaggia e mare a portata di pochi passi ma quelle enormi vetrate che lasciavano entrare i raggi e la luce del sole, inondando le pareti e le piastrelle di un immenso oceano dorato. Entravi in quelle stanze e avevi subito la sensazione di esser immerso in un abbraccio, un calore che si avvolgeva attorno al corpo come una coperta e che ti sussurrava che sarebbe bastato un respiro profondo per poter ritrovare se stessi.

Esattamente come Nick si sentiva, ogni volta, quando aveva o si trovava fra le braccia del maggiore.

«Davvero? - Domandò Brian con un'espressione sorpresa ad ingrandirgli gli occhi. - Non è nemmeno terminata.» Terminò poi, guardandosi in giro e cogliendo quegli angoli che si era ripromesso di completare il più velocemente possibile.

«Non si nota nemmeno. - Lo rincuorò Nick. - Sì, ti assomiglia. E non solo perché è piccola. Ma perché ti dà l'impressione di essere davvero a casa, un luogo in cui poter esser se stessi, in cui sentirsi protetti. In cui essere normali persone invece che cantanti superstar.»

«La casa di Atlanta era bella, perfetta come luogo dove incominciare la propria famiglia e passarsela di generazione in generazione. Ma era troppo grande. E anche se volevo stare da solo, anche se stavo cercando un posto dove potermi nascondere da tutti e da tutto, allo stesso tempo non volevo essere schiacciato dalla solitudine. E qui... - Brian volse lo sguardo verso la finestra, piccola rispetto all'enorme vetrata che si apriva e dava accesso al terrazzo, posta sopra il lavandino. - ... ti basta aprire le finestre per avere i suoni della spiaggia e della gente che si incontra e chiacchiera. Posso accendere lo stereo in sala e poterlo sentire fino in camera. Non sono costretto a vivere nel silenzio. Non sono costretto a sentirmi solo quando non ho nessuno attorno.»

Nick allungò la mano, appoggiandola sopra il dorso di quella di Brian. Impegnati a chiacchierare e senza rendersene conto, si erano spostati sulle sedie bianche che circondavano il grande tavolo. Eccoli lì, seduti, l'uno di fronte all'altro e più vicini di quanto lo fossero mai stati, non solo fisicamente parlando.

«Ora non sarai più solo. - Il tono di voce di Nick si addolcì, rivelando una tenerezza che sempre e solo con Brian riusciva a manifestarsi in modo così naturale e puro. - E la casa sarà di certo meno silenziosa con me in giro.»

Brian si ritrovò semplicemente a sorridere; il suo sorriso rispose all'accenno di risata che sfuggì via dalle labbra di Nick, il cuore un po' più gonfio e caldo per quell'implicita promessa che rendeva ancora più tangibile e reale quel giuramento che Brian aveva stretto con se stesso quella mattina. Più di tutto, e forse a discapito di tutto, era a quel futuro che ora Brian si affidava e per il quale avrebbe affrontato a testa alta anche il più minuscolo dei problemi e ostacoli. Così si ritrovò a piegarsi in avanti, annullando quel poco di aria e spazio rimasto fra lui e Nick, e appoggiare le labbra su quelle del compagno. L'inizio di quel bacio fu titubante, incerto fra quelle striature che ancora volevano ricordare a Brian che cosa era stato scritto e inciso sulla sua pelle. Ma ogni tocco era un ricordo che veniva cancellato, ogni carezza di labbra era un brutto pensiero che veniva sostituito da quelle sensazioni che nascevano e diventavano sempre più intense e assordanti. Non c'era spazio per i dubbi, non c'era un attimo in cui entrambi avrebbero potuto dedicare a obiezioni o rimorsi. Era quello come il loro primo bacio, il primo dove finalmente c'era una sorta di verità in entrambi: niente bugie, niente fughe dal passato o cercare di nascondere qualcosa che non era ancora reale.

Semplicemente loro.

«Wow.»

Fu un respiro a sfuggire via a Brian mentre appoggiava la mano sulla guancia di Nick e le sue labbra, ancora, cercavano le ultime carezze sulla bocca di Nick.

Per tutto il tempo del bacio, Nick aveva osservato attentamente Brian. Il primo tocco era arrivato sì all'improvviso, cogliendolo impreparato e così di sorpresa perché tutto si era aspettato ma non quello.

Non quel Brian.

Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto, Nick, pensare e prepararsi ad un'apparizione di quella forza che nemmeno sotto le ultime ondate di tempesta si era lasciata spezzare e distruggere. Era lì, invece, in tutta la sua più fiera lucentezza, mostrando piccoli scorci di ciò che sarebbe diventato il loro futuro. Ma non era quella maschera dietro cui Brian si era nascosto fino a quel momento, non era quel continuo illudersi di non aver nessuna macchia o ferita: davanti a lui, davanti ai suoi occhi, Brian si stava mostrando senza più remore o paure. C’era il sorriso, c’era la speranza e la voglia di incominciare a vivere nel presente, invece di fuggire solo dal passato; allo stesso tempo, però, c’erano in primo piano tutte le sue debolezze, tutta la stanchezza e il dolore.

«Sei differente. - Si ritrovò Nick a pronunciare, appoggiando anch'egli la mano sulla guancia di Brian. - I giorni precedenti, anche quando cercavi di sorridere per rassicurarmi e rassicurare tutti, c'era quell'espressione negli occhi di chi è tormentato, di chi non riesce a sfuggire ai propri problemi. Ora quell'espressione è scomparsa. Ora sei davvero Brian, forte e allo stesso tempo non imbarazzato delle tue debolezze.»

«Avevate ragione. Avevo... avevo bisogno di quel crollo. Non l'ho mai fatto, lo sai? Ero sempre pieno di rabbia, ero sempre convinto che piangere su ciò che mi era successo non avrebbe cambiato nulla. E, per qualche tempo, non avevo nemmeno la forza di piangere. E poi... - Brian scrollò le spalle, appoggiando la schiena contro lo schienale della sedia. - ... beh, lo sai. Ho cercato di dimenticare tutto. In questi dieci anni non mi sono mai reso conto che quel Brian era solamente un bambino che aveva solamente bisogno di essere abbracciato, di essere confortato perché non aveva onestamente idea di dove sbattere la testa. Ho sempre pensato a tutto quello che avevo perso, a tutto quello che mi era stato portato via e a come ancora ne ero segnato e di quanto ancora me ne vergognassi. Questi due giorni mi hanno aperto gli occhi. Non posso dire di aver fatto completamente pace con il mio passato ma... diciamo che siamo riusciti a trovare un giusto compromesso. E anche se Tyler è ancora là fuori a rendere la mia vita ancor più complicata, ho una ragione in più per non lasciarlo vincere ancora una volta.»

«E quale sarebbe?»

«Mattine come queste. Addormentarmi e svegliarmi accanto a te, scoprire ogni giorno fino a quanto posso spingermi e imparare un nuovo modo per starti e averti accanto. Ho sempre pensato di non poter mai avere tutto questo, una vera relazione e un amore capace di vedere oltre ciò che mi è successo.

Eppure sei qui.

Mi hai visto crollare, mi hai sentito urlare e piangere e hai visto la parte che credevo più brutta e orribile della mia anima. E, questa mattina, mi sono svegliato con un braccio stretto attorno, come se avessi avuto paura che potessi sgaiattolare via nella notte.»

«Nessuna parte della tua anima potrà mai essere brutta. Orribile è ciò che Tyler ti ha fatto. Deplorevole è il suo comportamento e questa sua ossessione per te. Ma tu e la tua anima? Mai, non potranno mai esserlo.»

Brian si lasciò accarezzare da quelle parole, le prese e le mise in un angolo dove sapeva avrebbe potuto sempre guardare nei momenti di maggior dubbio e insicurezza. Dove prima avrebbe semplicemente abbassato lo sguardo e trovato ogni scusa possibile come obiezione, in quel momento invece Brian accettò quel complimento con un solo sprizzo di rossore sulle guance.

«Anche con gli occhi gonfi e l'aspetto di un fantasma?» Scherzò, quindi, con una punta di risata bagnata da quelle lacrime che ancora inumidivano e rendevano lucidi gli occhi.

«Credimi, mi sono svegliato accanto a persone che avevano un viso molto più orribile del tuo! E non avevano di certo trascorso ore a piangere.»

La risata aumentò di volume e intensità, spezzando via una parte di serietà in cui quella discussione e conversazione si era appena dipinta. Non voleva, Brian, già spezzare quel desiderio che aveva creato quella mattina, quella voglia di trascorrere almeno un giorno senza parlare di mostri e demoni, di come imbarcarsi in quella relazione già difficoltosa come ogni storia d'amore. Ma alcuni punti dovevano essere messi in chiaro, c'erano alcune certezze e decisioni di cui Nick doveva essere messo al corrente: niente più ombre, niente più segreti pronti a sgretolare qualsiasi sicurezza erano riusciti a costruire.

«So che non sarà facile. So che ci saranno giorni in cui tener fede alla mia promessa sarà di per sé un peso e una missione difficile. Ma ora più che mai voglio tutto questo: voglio queste mattine, voglio una vita normale. E, chissà, magari amandoti riuscirò ad imparare ad amare me stesso.»

 

 

 

 

 

********

 

 

 

 

Gouldsboro era un villaggio della costa del Maine, una landa divisa fra cottage isolati e caratteristici per chiunque avesse voluto trascorrere una vacanza accerchiato da silenzio e natura. Il centro vero e proprio, il cuore di quella piccola cittadina quasi sconosciuta alla maggior parte delle persone, si estendeva con vie sempre perfettamente curate, edifici storici di cui la popolazione ne andava oltremodo fiera e orgogliosa e quelle spiagge che la rendevano un posto perfetto per nascondersi o fuggire via dalla caotica vita di città. Ogni famiglia si conosceva da generazione a generazioni, secoli in cui i rami si erano allungati e intrecciati fra loro; pur essendo una comunità molto intima e stretta, però, i forestieri che venivano e finivano per vivere lì venivano accettati e accolti senza remora o diffidenza.

Come tutti i piccoli paesi americani, anche Gouldsboro era stato colpito dalla crisi che aveva quasi messo in ginocchio la propria economia, basata principalmente sulla pesca e su quel turismo che veniva sempre abbandonato per far fronte a bisogni più necessari e primari. Così, la piccola locanda cittadina, costruita quasi un secolo prima e passata nelle mani della stessa famiglia, era diventata il centro di ritrovo per chi ormai non aveva più un lavoro con cui trascorrere tutto il tempo. Molti di essi erano pescatori, schiacciati dal tempo che continuava sempre a peggiorare e dall'inquinamento che distruggeva quei pochi pesci che ancora nuotavano in quelle acque. Molti di essi erano padri di famiglia, ingarbugliati in una situazione in cui non sembrava esserci fine e il cui peso del fallimento gravava sulle loro spalle ogni giorno di più. Molti di essi erano uomini senza più speranza, se non quella dell'oblio promessa da pinte di birra e qualsiasi altro tipo di alcohol disponibile. E, fra questi uomini e in passato lavoratori, vi era qualcuno che non avrebbe di certo rifiutato a sporcarsi le mani e invischiarsi in affari rischiosi se significava poter avere la possibilità di tirare un attimo di respiro e mettere a tacere debiti che rischiavano di soffocarli.

Anthony Rhodes aveva sempre desiderato di poter fuggire via da quel piccolo punto su una cartina. La vista di quell'esteso color azzurro lo aveva sempre attratto e, come una sirena incantatrice, lo aveva richiamato a aprire le sue ali e volare via per trovare nuove avventure. La fortuna, però, aveva un differente disegno per il suo futuro: un incontro, una notte romantica e annegata in stelle e alcohol, e ogni sogno di una vita nuova e avventurosa era stato cancellato da un vagito nove mesi più tardi. L'onore e il senso del dovere erano stati valori così inculcati dentro di lui sin da piccolo che, fuggire, non era nemmeno passato per un brivido o un attimo di paura: nascosti i propri sogni in un cassetto e gettato quest'ultimo in un angolo così lontano e appartato da non esser mai più disponibile a esser recuperato, Anthony aveva accettato qualsiasi tipo di lavoretto che gli permettesse di mantenere e dare ai propri figli tutto ciò che lui aveva sempre desiderato per se stesso. C'erano state notti in cui, con le braccia strette attorno alla moglie e gli occhi chiusi ingannando il sonno, Anthony si lasciava prendere per mano da come sarebbe potuta essere stata la sua vita se fosse partito, se si fosse lasciato dietro tutta quella miseria e, come tanti emigranti prima di lui, ritornare una volta diventato ricco e famoso.

Il mattino, dopo quelle fantasie notturne, era sempre più pesante e difficile da affrontare, soprattutto in quegli ultimi mesi dove il lavoro era diventato sempre più scarno e scarso che la speranza era solo un piccolo punto pronto per essere schiacciato. Invece di trascorrere ore al largo, su una minuscola barca e tornare con le reti pietosamente vuote, i pomeriggi venivano trascorsi ad un tavolo della locanda, il boccale di birra sempre pieno e il pericoloso passatempo di giocare a poker quando nemmeno sapeva a memoria le regole.

Quel giorno, una giornata in cui il sole batteva e sapeva di estate anticipata, Anthony si trovava come al solito alla locanda. In passato, nei primi momenti dopo la sua costruzione, quell'edificio era stato utilizzato come cantina per gli appartamenti che si trovavano ai piani superiori. Casse e casse di vini venivano stipate in quei locali fino a quando arrivò l'idea di trasformare quella collezione in un'attività che avrebbe permesso ai proprietari di guadagnare. Così, enormi e piccoli tavoli di quercia vennero disposti in tutta l'aerea, un bancone venne posizionato su lungo tutta una parete e, in poco tempo, essa divenne il punto e luogo d'incontro per la maggior parte degli uomini di quel piccolo paesino.

Come tutti i giorni, Anthony sedeva in un tavolo all'angolo, nella zona più addietro della locanda e dalla quale si doveva per forza transitare per poter raggiungere il bagno; il continuo andirivieni di persone non gli aveva mai dato fastidio e, in un certo senso, lo aveva sempre fatto sentire meno solo. Quasi tutti condividevano i suoi stessi problemi e dubbi, righe e solchi di preoccupazione che si potevano notare nelle fronti corrugate, negli occhi già annebbiati da fumo e alcohol, da droghe e sogni che richiamavano vecchie glorie e futuri in cui ancora si poteva sperare. Ripensandoci, a mente fredda e con il senno di poi, l'uomo si ritrovò a domandarsi per quale motivo era stato scelto proprio lui per quel lavoro. Era stato l'ammontare di tutti i suoi debiti? O il fatto, il piccolo e misero dettaglio, che nessuno in famiglia sapesse della sua situazione? O erano stati tutti i soldi persi al gioco, quelli spesi per una bottiglia di birra di troppo o per un effimero tentativo di distrarsi e allontanarsi da quel luogo tetro e buio in cui era caduto?

Non lo avrebbe mai saputo.

Anthony non avrebbe mai saputo perché, proprio al suo tavolo, in quel pomeriggio che solo annunciava una serata ancor più anonima e annoiata, si sarebbe fermato quell'uomo con il potere di cambiare, stravolgere e distruggere, infine, la sua vita.

Non riuscì mai a vederlo. Non riuscì mai a descriverlo perché non solo quel locale era sempre buio ma anche perché il suo interlocutore era sempre rimasto controluce. Interlocutore. Non esattamente, considerato che non avevano mai scambiato parola. Quello strano individuo aveva semplicemente lasciato cadere un telefonino e una busta prima di scomparire così come, improvvisamente, era comparso davanti a lui.

Nemmeno il tempo di stupirsi, nemmeno il tempo sufficiente per domandarsi e chiedere che cosa stava succedendo che il telefono, lasciato così casualmente sul tavolo, incominciò a squillare. Anthony si guardò attorno, dubbioso se dovesse rispondere o meno. La curiosità era tanta, fremeva dentro di lui per cercare di comprendere e di discernere quel mistero.

Era davvero per lui quella chiamata?

Se non era, invece, avrebbe dovuto o meno rispondere?

Lo squillo terminò nel mentre della sua indecisione e, proprio quando Anthony stava per allungare la mano e recuperare la busta che giaceva sotto il telefono, ecco che questo riprese a squillare.

Si guardò in giro, sperando di poter ritrovare l'uomo misterioso che aveva abbandonato quell'altrettanto e più sconosciuto pacchetto, ma non vi era traccia di quell'individuo. A quel punto, vi era un'unica cosa da fare.

Le dita si strinsero attorno al cellulare, l'indice schiacciò il pulsante per dare inizio alla comunicazione e, con un respiro tremolante e carico di ansia e trepidazione, Anthony rispose a chiunque fosse dall'altra parte della cornetta.

«Pronto?»

«Finalmente ha risposto, Anthony! Iniziavo a dubitare che il mio amico fosse riuscito nel suo intento.»

«Con chi sto parlando?»

«Non è importante sapere il mio nome. La domanda più importante è sapere se la somma è abbastanza per lei.»

«Somma?»

«Non mi dica che non ha nemmeno aperto la busta. Su, su, lo faccia! Controlli!»

Spinto da quella voce così autoritaria, Anthony si ritrovò a tendere la mano e soppesare quella busta bianca. Solo al tatto, solo a prenderla sul palmo, essa sembrava contenere abbastanza denaro per poter realizzare, finalmente, quel sogno che lo inseguiva sin da piccolo.

«Dovrebbe esserci abbastanza per poter pagare i suoi debiti e magari fare qualche piccolo regalo a sua moglie. Non si sa mai che cosa potrebbe sapere, no?»

Vi era una lieve, sottilissima e velata minaccia in quelle parole. Sua moglie, quella santa donna che ogni giorno lo rincuorava dicendo che un giorno sarebbero riusciti ad andarsene, non poteva sapere che oramai lui non aveva più lavori da più di un mese e che quasi tutti i loro risparmi era stati spesi per i suoi capricci.

«Che cosa vuole da me?»

Una risata si allungò nell'etere, arrivando a tratti quasi malefica.

«Un solo piccolo favore. Che cosa può essere un piccolo lavoretto fra amici?»

«Non siamo amici. Non so nemmeno il suo nome.»

«Oh, invece credo proprio che siamo amici. Gli amici si aiutano, giusto? E io sto aiutando lei con quella busta e salvare la sua famiglia. Oltre a far sì che niente possa accadere loro. Sarebbe davvero un terribile destino se qualcosa succedesse a sua moglie, vero? O a suo figlio. Quanti anni ha? Abbastanza per guidare, no?»

La rabbia si mischiò con la disperazione ed un accenno di sconfitta incominciò a farsi strada dentro Anthony: di fronte a quella minaccia non poteva sottrarsi. Per un qualche sconosciuto motivo, il suo istinto gli stava urlando che con quel tizio, con quella voce quasi metallica al telefono, c'era poco da scherzare o giocare.

«Chi mi dice che non è solo un bluff?»

«Caro Anthony, il mero fatto che io sappia ogni minimo movimento o spostamento di tutta la sua famiglia dovrebbe già dirgli che un bluff non è nemmeno lontanamente vicino a questo posto.»

«Che cosa vuole?» Domandò Anthony, la voce ormai sconfitta e le dita della mano strette con spasmodica intensità attorno al bordo del tavolo.

«Ora incominciano a ragionare. Come le ho detto, si tratta semplicemente di uno scambio di favori. Io la aiuto con il suo problema di liquidità mentre lei mi aiuta per una questione un po' più... personale.»

«In che senso?»

«Come si sentirebbe se qualcuno si intromettesse fra lei e sua moglie? Come si sentirebbe se qualcuno cercasse di portargliela via e far passare lei come il cattivo della situazione?»

«Tradito. Furioso.»

«E cercherebbe di farla pagare a questo terzo incomodo, vero?»

«Sì.»

«Ecco. Questo è il piccolo favore che le sto chiedendo, Anthony. Impartire una piccola lezione.»

«La aiuterò. Anche perché ha reso quasi impossibile rifiutare. Le domando solo una cosa in cambio.»

«Più di quello che già le ho offerto? - Una risata interruppe quel momento carico di tensione. - Non riesco a capire come mai non riesca mai vincere a carte.»

«Il suo nome. Mi sembra congruo sapere il suo nome, visto che lei conosce così tanto e tutto su di me.»

«Ha ragione. Ha ragione.» Rispose la voce dopo un attimo di silenzio.

«Quindi mi darà con chi sto parlando da più di dieci minuti?»

Un altro attimo di silenzio.

Anthony poteva sentire il rumore statico della conversazione, il battito sempre più rapido del suo cuore e il vociare del locale era diventato un ovattato sottofondo.

«Brian. Brian Littrell. Questo è il mio nome.»

 

 

 

 

 

 

***********

 

 

 

 

 

C'era qualcosa di speciale in quel luogo e Nick stava incominciando a comprendere la ragione per cui Brian se ne era innamorato a tal punto da comprare una casa e considerare di viverci. Forse era la vista che si godeva da quella terrazza: un dipinto con tutte le sfumature dell'azzurro, indistinto fra cielo e mare, che si allungava e allargava fino all'infinito, regalando la sensazione che bastasse semplicemente lanciare i propri problemi in un punto per vederli scomparire.

Con i gomiti appoggiati sulla ringhiera, le dita intrecciate l'una nell'altra mentre il pollice destro giocava con una vecchia cicatrice lasciata sul polso sinistro, Nick osservava il punto più lontano della costa, quella punta sulla cui estremità si ergeva un faro e, dietro di esso, l’inizio di una tempesta che si stava avvicinando verso quel piccolo paesino. Nubi grigie incominciavano a diventare sempre più nere, ingrossandosi e allargandosi con fare minaccioso mentre, ogni tanto, un bagliore dorato lasciava presagire il rombo di tuoni e fulmini.

La mente di Nick si stava agitando esattamente come quella tempesta; per giorni era stata calma, impossibilitata da pesanti corde nell’essere lasciata libera e rincorrere tutti i pensieri che si stavano formando. Non c’era tempo per fermarsi, non c’era nemmeno uno spiraglio per poter lasciare adito a quelle immagini che volevano prendere vita, volevano lasciar sprigionare tutta la loro voce.

Ma non poteva.

Non aveva potuto.

Era stato semplice, in quei giorni, sviare l’attenzione e le energie su ben altri pensieri e problemi. Brian era stato il suo centro, e non solo da un punto di vista strettamente romantico. Su di lui, attorno a lui, erano state concentrate tutte le sue attenzioni, anche se Nick dubitava che avessero avuto un qualche minimo effetto. Dal giorno in cui si erano messi insieme, la promessa che aveva stretto con se stesso era sempre e solo vissuta in parole e mai concretizzata realmente in fatti. La realtà, nella sua più dolorosa delle accezioni, era solo una: per quanto potesse dire e dirsi di essere in grado di sopportare il peso di qualcun altro, il fallimento era tutto ciò che lo avrebbe abbracciato nel momento in cui avrebbe iniziato a mettere fede e pratica a quelle parole.

Che aiuto aveva portato a Brian?

Nessuno, era quella la più cruda verità.

Non sapeva, Nick, come reagire o comportarsi con il maggiore. Soprattutto alla luce di ciò che gli aveva raccontato. Un brivido si fece strada lungo la schiena, facendolo rabbrividire nonostante i caldi raggi di sole che stavano usando la sua pelle come letto su cui addormentarsi. Ancora non riusciva bene a collegare quella violenza al ragazzo che aveva conosciuto e che era diventato parte di sé in tutti quegli anni. Era impossibile, era illogicamente impossibile che lo stesso Brian di cui si era innamorato per quell’ottimismo e solarità infinità fosse lo stesso a cui era stata rubata buona parte della sua adolescenza.

Eppure, era vero.

E Nick non aveva idea di come comportarsi. Era vero, i sentimenti per Brian non erano cambiati ma, anzi, si erano all’improvviso ingigantiti e aumentati di intensità, assieme a quell’ammirazione che mai aveva pensato potesse raggiungere nuovi livelli. Ma, nonostante le belle parole, quel segreto aveva cambiato radicalmente le carte in tavola e lo aveva messo in una posizione scomoda e quanto mai fragile.

Come poteva far finta di niente?

Non poteva dimenticare ciò che era stato fatto, non poteva scordare che, forse, lui e Brian non sarebbero mai riusciti a essere una coppia totalmente normale. Eppure, non era la probabile mancanza del sesso ciò che lo impauriva: in confronto a ciò che aveva guadagnato, rispetto a quell’intimità che andava oltre quella meramente fisica, il dubbio se mai Brian fosse riuscito a mettersi tutto alle spalle non lo spaventava come avrebbe dovuto in teoria.

Ciò che lo terrorizzava, ciò che ora lo lasciava impietrito di fronte all’ennesima dimostrazione di forza, era la consapevolezza che avrebbe, di certo, combinato qualche disastro. Un passo falso, un gesto che sarebbe potuto essere confuso e si sarebbe ritrovato a ferire, ancora, la persona che più amava nella sua vita.

Lo aveva già fatto, no?

Non importava che Brian avesse dimenticato, non importava che Brian avesse perdonato quel suo momento di pazzia. Nick non riusciva a dimenticare quegli attimi, non riusciva a perdonare di essersi comportato esattamente come quel pazzo e psicopatico da cui stavano cercando di liberarsi.

Ma era il senso di inutilità la stella di quello spettacolo, era quell’amico che si era preso un posto in prima fila e difficilmente Nick sarebbe riuscito a scrollarselo di dosso. E quella mattina ne era stata un’ennesima dimostrazione, l’ennesima prova che, in realtà, Brian non avrebbe mai lasciato controllo e potere nelle sue mani.

Quella mattina. Nemmeno poche ore prima. Una manciata di minuti prima.

Perché mai Brian avrebbe dovuto farlo?

Il cambiamento nel ragazzo era straordinario. Per giorni, per settimane, Nick si era trovato di fronte l’ombra e il fantasma del Brian che gli era stato prima amico e poi amante e compagno. Sorrideva, continuava a tenere in piedi la facciata che si era costruito negli anni ma, poco sotto la superficie, era così palese e apparente che stava velocemente crollando: lo si vedeva negli occhi, in quella luce che qualcuno aveva spento e portato via, lasciando in cambio l’immagine e i filamenti di un incubo e di uno spettro. Poi era arrivato, finalmente, il momento in cui nessuna forza o energia era stata in grado di trattenere le lacrime e la disperazione che tempestava dentro quell’anima, nubi e chicchi di gradine che erano stati coltivati e alimentati da quell’incubo che sembrava non avere fine. Nick si era trovato spiazzato, incapace di trovare parole o frasi per confortare quell’anima che era rimasta segregata per anni e anni, impossibilitata a chiedere e ottenere quell’abbraccio che avrebbe potuto rimetterla in sesto. E mentre i minuti si trasformavano in lunghe e interminabili ore, anche lui si era ritrovato a piangere, a condividere lacrime silenziose che si mischiavano e perdevano con quelle di Brian. In quelle gocce, in quell’acqua salata raccolta in un’unica particella, vi era raccolto non solo una sofferenza empatica per quel bambino che non aveva conosciuto, per quel Brian che non aveva mai potuto sfiorare se non nei racconti di Kevin o nelle immagini di infanzia dipinte per caso. No, Nick si era ritrovato a lasciarsi fuggire via quel sentimento di oppressione che lo stava tenendo prigioniero, quella rabbia e odio verso la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito ad aiutare il compagno. Come poteva? Come poteva mettere una pezza quando nemmeno era stato in grado di aiutare e salvare se stesso?

Un sospiro. Un tremolante sospiro, intrecciato e infarcito di lacrime che chiedevano di uscire, fu l’unica risposta. Era tutto un controsenso, come sempre quando di mezzo c’era Brian. Era sempre stato così e Nick non era mai riuscito a comprendere come mai, proprio con lui, si ritrovava sempre a non essere in grado di fare ciò che era sempre stato naturale e implicito in lui: per anni si era preso cura dei suoi fratelli, per anni aveva praticamente mandato avanti lui la sua stessa famiglia e, eppure, quando era Brian a trovarsi nel bisogno, ogni insegnamento e ogni conoscenza se ne andavano via correndo, lasciandolo impietrito e… inutile.

Non era nemmeno riuscito a convincerlo a mangiare o a dormire! Aveva fatto tutto da solo esattamente come, quella mattina, aveva deciso di non lasciarsi più condizionare dal suo passato.

Come ci riusciva?

Dove nasceva quella forza?

Lo ammirava. Oh, più dell’amore, era l’ammirazione che continuava a crescere sempre più d’intensità. Ma, allo stesso tempo, lo odiava. Non era esattamente odio, non era lo stesso bruciante e rosso sentimento che provava per il cattivo e mostro di tutto quella storia; non sapeva, Nick, come ben definirlo ma era una sorta di risentimento che era iniziato a montare e nascere all’alba della rivelazione di Brian. Era, quel sentimento, frutto di anni in cui Nick non aveva fatto altro che prendersela con il maggiore, a prendere un pugnale e infilare la punta dentro una ferita che nemmeno sapeva che esistesse, ungendola con accuse di non saper, di non poter davvero sapere come ci si poteva sentire di fronte ad innumerevoli e continui colpi del fato e del destino. Quante volte lo aveva insultato? Quante volte Nick aveva rifiutato l’aiuto del maggiore perché sicuro che non avrebbe mai potuto capire? Come poteva quel Brian, quel Brian che non aveva mai avuto un problema nella vita, poter comprendere il casino che era e sarebbe sempre stata la sua vita?

Ed ora, ora che sapeva la verità, Nick si odiava per tutto quello. Voleva cancellare tutto, più di tutto voleva poter tornare indietro e riprendere ogni singola parola d’insulto che aveva lanciato come arma.

Ma non poteva.

Doveva fare i conti con tutto quello che aveva fatto in passato, con il suo comportamento da pazzo e bambino viziato e ringraziare ogni santo per il semplice motivo che, nonostante tutto, Brian avesse e continuasse a sceglierlo come compagno di vita.

Era quello il punto e il problema fondamentale. Quella decisione avrebbe dovuto cementare la convinzione di aver fatto almeno una cosa giusta nella vita, avrebbe dovuto aumentare la sua autostima e cercare, in ogni modo, di essere tutto ciò che Brian aveva bisogno in quel momento. E, invece, eccolo lì, tormentato dai dubbi e prigioniero di una rabbia che cercava di mascherare la propria commiserazione.

Eccolo lì a cercare una giustificazione, un alibi per poter abbandonare la nave e scappare prima di combinare disastri.

“Nick? Io sono pronto, possiamo andare…”

La voce di Brian fu il click che riportò Nick alla realtà, accorgendosi per la prima volta di quelle lacrime che erano riuscite a scivolare via a sua insaputa. Con ancora la schiena voltata verso il compagno, si asciugò velocemente le guance sperando che i suoi occhi non fossero rossi abbastanza da contraddire le sue parole.

“Okay. Devo solo…”

Non riuscì a terminare. La voce si interruppe, infrangendosi contro il groppo ruvido e graffiante di tutto quel cumulo di emozioni che avrebbero voluto urlare e prendere a calci qualcosa. O qualcuno. Nick non disse nulla, rimase perfettamente immobile, le braccia perpendicolari al corpo mentre Brian si avvicinava. Chiuse gli occhi nell’esatto attimo in cui percepì il respiro del ragazzo a pochi centimetri dal suo collo, quel profumo di shampoo che Brian si ostinava a non cambiare sin da quando si erano conosciuti.

La prima carezza, un soffio di dolcezza, lo colse di sorpresa. Si era aspettato, Nick, domande e commenti su quel suo momento di debolezza.

Invece.

Niente di tutto quello, quasi come se Brian già sospettasse che quelle lacrime sarebbero arrivate, prima o poi. Il pensiero lasciò un’altra cicatrice, perché era un’altra tacca nella lista di tutte quelle cose che Brian riusciva a fare mentre lui si trovava ad arrancare e cercare di comprendere come lui riuscisse sempre a percepire che cosa stesse passando per la sua testa e anima. Una lacrima scivolò via, il labbro inferiore venne preso prigioniero dai denti per impedire ad un singhiozzo di fuggire via e una seconda carezza si appoggiò sulla guancia, rimanendo lì con quella calda impronta di amore e di comprensione.

«Br..»

«Sh.»

Non disse nient'altro. Brian semplicemente circondò il corpo del ragazzo nell'abbraccio più stretto che potesse riesumare in quel momento. Non importava ciò che il suo corpo potesse pensare o ripescare dal passato; anzi, in quel momento il passato e tutto ciò legato ad esso sembravano solamente degli echi di un incubo che sapeva di infanzia e adolescenza. Si era così tanto perso in se stesso, in tutti i suoi problemi e su come cercare di rimettersi in piedi, che Brian aveva totalmente e completamente trascurato gli effetti e le conseguenze su chi lo circondava.

Su Nick.

Tecnicamente, ci aveva pensato ma sempre e solo in riferimento a come lui avrebbe potuto comportarsi o su come avrebbe reagito di fronte alle sue parole. Il mondo, fino a quella mattina, era ruotato attorno a lui ed era quello un altro cardine che Brian voleva smontare. Così si strinse attorno a Nick, infondendogli tutto quell'amore che stava, lentamente, cancellando gli strascichi di insicurezza e dubbio su quella relazione; strinse le braccia attorno alla vita, appoggiando la testa in quel perfetto incavo fra collo e spalla e lasciando che fossero le sue dita a trasmettere segnali di conforto.

Sfogati. Ecco che cosa volevano dire quelle linee e tocchi. Butta fuori tutto, non avere paura.

Fu come se Nick avesse compreso quei segni. Pur insultandosi mentalmente, pur rifiutandosi di ammettere che era ciò di cui aveva bisogno, Nick abbassò il viso e lo nascose fra i ciuffi e riccioli biondo miele di Brian, lasciando che fossero essi ad assorbire quelle lacrime che finalmente potevano essere libere di fuggire; le dita si strinsero attorno alle pieghe della maglietta che Brian indossava mentre i singhiozzi facevano tremare nervi e muscoli come se fossero foglie fragili vittime del vento.

«Andrà tutto bene. Nick, andrà tutto bene.» Sussurrò Brian, un sospiro intervallato da piccoli tocchi di labbra sulla pelle.

«Come puoi dirlo? Come puoi?»

Le parole vennero inghiottite dai singhiozzi e Nick si ritrovò a staccarsi da quell'abbraccio, il fuoco di rabbia si era ingigantito all'improvviso e aveva aura di poter bruciare chiunque gli stesse vicino.

«Devo pensarla in questo modo. Se penso a tutto ciò che c'è di negativo... sai bene dove e come mi ritroverò.»

«Io... - Nick alzò le braccia al cielo, i pugni ben stretti e le unghia ormai conficcate dentro la pelle. - ... c'è un pazzo che sta facendo terra battuta attorno a te. Un pazzo che dieci anni fa ha distrutto la tua vita e...»

«E cosa? Nick, te l'ho detto, non posso continuare a lasciare che il passato mi condizioni. E non dovresti farlo nemmeno te.»

«Come? Non sono come te! Non ho nemmeno idea da dove riesci a tirare fuori quella forza e... - Le spalle si abbassarono sotto il peso di quel tumulto dentro la sua anima. Non riusciva, Nick, nemmeno a trovare le parole per spiegarsi. Frasi e parole sfuggivano via così rapidamente che rimanevano solamente monconi che non avevano nessun senso o filo logico. - ... perché sono qui, eh? Non ti sono d'aiuto, non sarò mai d'aiuto perché non so nemmeno di che cosa hai bisogno. Non riesco nemmeno a capacitarmi di quello ti è successo e non riuscirò mai a comprendere ciò che tutto questo significa per te.»

«Quando ancora non sapevi, quando ancora ti eri promesso di lasciarmi spazio e fiducia, ricordi che cosa hai fatto? Hai cercato di capire senza nemmeno chiedere, ti sei messo ad indagare per potermi aiutare senza dovermi forzare.»

«Era diverso.»

«Perché?»

«Perché non ho mai messo in pratica niente di tutto quello che ho letto! Non... ho avuto paura. Paura che fosse tutto vero, paura che tu fossi realmente come quelle persone di cui leggevo. E ora che il peggior incubo si è rivelato reale, mi ritrovo al punto di partenza. Vorrei aiutarti. Ma non so come.»

Non era quello il momento, per Brian, di dimostrare insicurezza. Nemmeno lui sapeva di che cosa avesse bisogno, forse una gigantesca spugna che cancellasse tutto e gli permettesse di ricominciare su un nuovo libro, completamente bianco e pulito. Ma per quanti dubbi e incertezze ci fossero, ora doveva riprendere in mano il controllo e dare un senso a Nick. Mettergli di fronte ciò che era davvero e non quel riflesso di odio e vittimismo in cui Nick si lasciava sempre prendere prigioniero. Così era sempre stato. E così doveva essere in un rapporto, dove ci si aiutava e supportava a vicenda, a prescindere da chi avesse più o meno diritto di essere triste o piangere.

«Ho solo bisogno che mi ami. Sapere questo, avere la prova e dimostrazione pratica che non sono solo belle ma illusorie parole, è tutto ciò che mi serve per rialzarmi in piedi ogni volta.»

«Sì ma... come puoi ancora fidarti di me? Come puoi non avere paura che possa farti ancora del male?»

«Non posso. Ma poi come puoi tu sapere che non sarò io a farti del male? Nessuno di noi può saperlo. Amare è un atto di fede, fidarsi e credere di non doversi ritrovare con il cuore spezzato. Ma se continui a pensare a ciò che è stato, se continui a ritornare su quell'errore e a non perdonarti, non riuscirai mai a guardare avanti.»

«Sono stato uno stupido. Ma... ma non riesco a non pensare di poter essere come lui.»

«Con lui intendi Tyler?»

«Sì.»

L'ammissione fu potente quasi come un colpo sferrato dritto allo stomaco. Si attorcigliò attorno ad esso, incominciò a stringere fino a quando un senso di nausea incominciò a risalire su per la gola. In qualche modo, Brian avrebbe dovuto immaginarlo. A ruoli opposti, a posizioni inverse, anche lui avrebbe incominciato a formulare quella paura, rendendola così grande e opprimente da cancellare e impedire di vedere tutto il resto. E, allo stesso ed esatto modo, anche Brian per anni aveva permesso ad un'antica paura di prender così tanto possesso di se stesso da lasciarlo sordo alle parole di chi diceva e affermava il contrario.

«Posso continuare a ripeterti, all'infinito, che tu e lui non sarete mai la stessa persona. Potrei ripeterti, fino all'ultimo respiro, che sono sicuro che non riusciresti mai a ridurmi come lui ha fatto. - Mentre Brian pronunciava quelle parole, in un sussurro che risuonava più deciso e determinato di quanto mai urla e grida avessero potuto ottenere, si avvicinò a Nick appoggiando poi la mano lì dove batteva il suo cuore. - Ma fin quando continuerai a credere ciò, le mie parole saranno solamente buttate al vento. Solo tu puoi convincerti che non siete lo stesso mostro, solo tu puoi incominciare a credere che sì, hai commesso un errore, ma che non lo ripeterai in futuro. Solo tu puoi renderti conto di quanto stai lasciando che problemi e ricordi del passato ti stiano condizionando ora.»

La mano di Nick andò ad appoggiarsi sopra il dorso di quella di Brian. Come sempre, il maggiore era riuscito a infilarsi dentro la sua anima, captando sin dalle prime parole qual era il punto attorno cui stavano ruotando quelle lacrime e quelle urla.

«E' difficile non dare ascolto a tutte quelle voci. E’ difficile non credere a ciò che mi hanno sempre ripetuto, a ciò che io stesso mi sono detto per poter continuare ad andare avanti.»

«Lo so. Sono come piccole zanzare che continuano a ronzarti attorno e, invece di succhiare sangue, si cibano di consapevolezza e sicurezza. Devi solo trovare il modo per schiacciarle.»

«E suppongo che tu non mi possa imprestare il tuo, vero?»

«Vorrei. Esattamente come tu vorresti entrare nella mia testa e cancellare via tutto affinché io sia felice, vorrei poter far lo stesso con te. Ma non posso. Avevi ragione, ho bisogno di essere egoista e pensare solo a me stesso. Non ho le energie per essere anche il tuo supereroe. - Un timido sorriso illuminò entrambi i volti, rischiarendo quella discussione che stava pesando su di loro come pesanti nubi grigie. - E, in realtà, è solo uno spreco di tempo aspettare che qualcuno arrivi e risolva tutti i propri dilemmi. Il tuo supereroe deve essere te stesso. Solo tu puoi davvero salvarti e ricominciare tutto da capo.»

Ci fu un attimo di silenzio, un frangente di tempo in cui Nick lottò, ancora, contro il groppo in gola. Ma, almeno, in quel momento quella bolla era formata da commozione e dal più grande senso di amore mai possibile verso una persona. Perché fu in quel momento che Nick comprese ciò che aveva letto in uno di quei tanti siti che aveva controllato e studiato praticamente a memoria: quella non era la sua battaglia. Non era nemmeno la loro di guerra. Era qualcosa che Brian doveva affrontare con le proprie di armi, anche se a volte avrebbe significato dover abbassare la guardia e cercare un nascondiglio. Esattamente come lui doveva affrontare da solo le sue insicurezze e cercare, per la prima volta, di lenire quelle ferite che il passato, la sua famiglia e se stesso avevano inflitto. Lui e Brian non dovevano essere degli eroi salvatori per l’altro; lo dovevano essere, prima di tutto, per loro stessi.

D'istinto, prima ancora di parlare, si ritrovò ad appoggiare le labbra sulla fronte di Brian e lasciarvi un lungo bacio, un sospiro che sapeva di ringraziamento e di quant'ammirazione e amore potesse convertire in quel gesto. Quando Nick si staccò, ancor prima di poter formulare un suo primo accenno di risposta, Brian prese la sua mano e l'appoggiò su quel punto in cui pelle e capelli si incontravano.

«Qui c'è una piccola cicatrice. E' stato quando mi ha preso, dopo esser scappato la seconda volta, e buttato per terra. C'era un pezzo di legno e ci ho sbattuto contro la tempia.»

Dalla tempia, Brian fece scendere le due mani fino alla spalla.

«Mi stringeva le mani dietro la schiena, in modo da non farmi scappare. E me le ha strette così forte da dislocarmi la scapola.»

Il corpo tremava. Nick percepiva con quanta intensità il ricordo di quei momenti si stava facendo pesare su ogni muscolo e nervo. Avrebbe voluto mettere a tacere quella voce, nonostante tutto senza un filo di fremito o nervosismo, ma intuiva che era quello di cui Brian aveva bisogno in quel momento. Stava tenendo fede a quel giuramento di mostrarsi, invece di nascondere e lasciare che marcisse e avvelenasse tutto il resto dell'anima.

Le dita, intrecciate insieme, scivolarono fino alla vita. I fremiti aumentarono di intensità, ancora incapaci di distinguere da ciò che quei tocchi significavano ora dal ricordo di ciò che era stato in quel passato che era tornato come un mare in burrasca. Ma la voce, la voce non aveva e non tremava neppure per un attimo.

«Lividi. Neri segni delle dita che mi tenevano fermo. - Brian si staccò qualche attimo da Nick, la distanza sufficiente per potersi voltare e alzare la maglietta. - Avevo la schiena piena di graffi e tagli. Alcuni si sono infettati e sono rimaste queste quasi invisibili cicatrici bianche.»

Brian rimise a posto la maglietta, voltandosi una seconda volta per ritornare ad osservare Nick.

«La cosa peggiore sai qual è? E' continuare a sentire le sue mani su di me, il suono della sua voce, il suo respiro. Lui è sempre qui, nella mia testa. Non c'è secondo che passi senza che ricordi qualcosa di quella giornata. E non c'è attimo in cui non voglia fare come ho sempre fatto, dimenticare tutto e far finta che niente sia successo.»

«Ma ti ritroveresti ancora in queste condizioni, prima o poi.»

«Quando dico che tutto ciò che puoi fare è amarmi, non è solo una di quelle belle frasi magiche dei film. Non posso cancellare ciò che è stato ma tu puoi aiutarmi a sostituire quei ricordi con sensazioni ed emozioni molto più positive. E per quanto possa essere spaventato, per quanto ancora ci siano voci e urla che sono sicuro che tenteranno di ostacolarmi, non vedo l'ora di vedere che cosa possiamo diventare. Non vedo l’ora di appoggiare una mano sul fianco e pensare che una tua carezza abbia lasciato un tocco caldo invece di un livido.»

Quell'ottimismo era fin troppo contagioso per non esserne minimamente toccati o influenzati. E la verità era che anche Nick non vedeva l'ora di scoprire che cosa il futuro avrebbe riservato loro ma sapeva che sarebbe stato più difficile se avesse continuato ad aspettarsi il peggio da ogni situazione. O piangersi addosso.

Senza aggiungere nient'altro, Nick abbassò semplicemente il viso in modo da poter essere allo stesso livello di Brian; bastò uno sguardo, un'espressione colma di dolce comprensione, per rimettere a posto quell'improvviso aumento di battito e di calore nel ragazzo. Bastò una semplice carezza labbra contro labbra, naso contro naso, per cementare e sugellare quel nuovo inizio. Non servivano più parole. Non serviva, almeno in quel momento, ripetersi promesse e giuramenti.

Era il momento di mettere in pratica, di incominciare a dare un nuovo senso e direzione alle loro vite. E a quella che volevano che fosse solo loro, vissuta insieme attimo dopo attimo.

«Ora che ne dici di andare a fare colazione?»

Una risatina sfuggì dalle labbra di Nick, prima che esse si riappoggiarono sulla bocca di Brian. «Ormai è ora di pranzo.»

«Anche meglio. Conosco un ristorantino sulla spiaggia che fa dell'ottimo pesce.»

«Finalmente!»

«Finalmente cosa?»

«Finalmente ti sento parlare di cibo.»

Una risata si unì a quella che aveva intrecciato le sue corde attorno all'esclamazione di Nick.

«E non mi hai ancora visto alle prese con la spesa.»

«Non vedo l'ora.»

«Posso chiederti una cosa?»

«Certo.»

«Solo per oggi, possiamo far finta di essere solamente Brian e Nick? Niente altre discussioni, niente altre paure e timori. Niente Tyler. Solo per questo giorno.»

Come poteva, Nick, rifiutargli ciò? Da una parte, la proposta di Brian giungeva con un accenno di sorpresa da parte sua. Avrebbe voluto, Nick, regalargli più di un giorno senza problemi o dubbi; avrebbe voluto, Nick, che quella giornata, fatta solo di primi approcci e prime esperienze insieme, potesse durare fino all'infinito. E un futuro, forse non molto lontano, avrebbe, Nick, potuto donarglielo. Ma ora, anche se solo per un giorno, Nick poteva solamente mettere un braccio attorno alle spalle di Brian e offrirgli, offrire ad entrambi, un piccolo scorcio di normalità.

 

 

 

 

 

*******

 

 

 

 

 

Trovarlo era stato un gioco da ragazzi, in quel paesino così piccolo da essere solamente un buco di case e pochi negozi.

Anche se il piano non era stato, almeno in principio, quello. Quando lo aveva progettato, in una notte quando ancora nascondersi era l'unica soluzione possibile, lo aveva fatto prevedendo di controllare e supervisionare tutto da lontano.

All'ombra. Come un burattinaio si nasconde per non far scovare il trucco.

Al sicuro, in modo da non correre mai più il rischio di essere arrestato di nuovo. Ingiustamente.

In quei piani, però, non aveva tenuto conto dell'attrazione. Avrebbe dovuto, visto che era stata essa la principale cause di tutti i suoi mali. Avevano cercato di fargli comprendere quanto essa fosse sbagliata. Malata. Ma come essa poteva essere qualcosa di così brutto quando, in realtà, era la cosa più bella che gli fosse capitato? Erano gli altri che non capivano, non lui. Erano gli altri ad avere qualcosa di sbagliato e di malato nella loro mente se non riuscivano a vedere quanto lui e Brian fossero destinati a stare insieme. Erano gli altri a leggere qualcosa di ossessivo in un sentimento che era solo la più pura espressione dell'amore.

Come potevano non vederlo?

Come potevano non notare e rendersi conto di quanto potente e incontrollabile fosse quella forza che li attraeva uno con l'altro?

Dovevano stare insieme, maledizione!

Brian doveva stare con lui, non con quel ragazzino biondo che non sapeva nemmeno come prendersi cura di lui! Eppure, i ruoli erano completamente invertiti: a lui era toccato osservare da lontano, ingoiare bile di gelosia e invidia, conati di rabbia, mentre quello stupido ragazzino poteva camminare tranquillamente insieme a Brian. Mentre quell'idiota poteva mettere un braccio attorno alla schiena e comportarsi come se fosse quello un suo diritto.

Dalla tasca della giacca, le sue dita trovarono il cellulare e digitarono un semplice e quanto mai lapidario messaggio.

Un unico ordine.

Non poteva permettere che tutto ciò potesse continuare. Non poteva permettere ancor un minuto di più di quella pantomima e di quella che, oh sì, doveva essere un'agonia per Brian. Lo avrebbe ringraziato per ciò. Forse non immediatamente. Forse, almeno all'inizio, si sarebbe arrabbiato e non avrebbe visto il vero motivo per cui aveva fatto tutto ciò. Ma Brian, alla fine, avrebbe compreso e lo avrebbe ringraziato per avergli dato quella lezione.

Non arrivò nessuna risposta. Non doveva arrivare perché colui a cui aveva mandato quell'ordine non aveva modo per rifiutarsi di farlo.

Poi rimase in attesa.

Nascosto in un angolo, lontano affinché nessuno dei due lo notasse ma abbastanza vicino per avere la prima fila di fronte a ciò che sarebbe stato il più bel spettacolo di quei giorni. Con quel piano, ne era sicuro, sarebbe riuscito a prendere due piccioni con una fava: non solo si sarebbe tolto di mezzo un fastidioso ostacolo per il suo fine ultimo, ma avrebbe impartito un'importante e più che mai meritata lezione a quel ragazzo che, ostinatamente, non voleva rendersi conto della verità. Se solo non avesse fatto quelle dichiarazioni, se solo avesse accettato di venire insieme a lui e ammettere quella verità che entrambi sapevano, forse lui non sarebbe arrivato mai a quel punto.

Ma era tardi per quei ma o forse.

Continuò ad osservare la coppia, la rabbia che aumentava ad ogni stretta e a ogni sorriso. Come poteva Brian sorridere a quel mezzo damerino, quello spilungone che nemmeno si rendeva di quale gemma rara avesse fra le mani? Era lampante che non si era nemmeno accorto della fortuna che era capitata fra i suoi piedi, bastava osservare a come aveva lasciato che Brian deteriorasse in quei pochi giorni. Dimagrito. Pallido. Persino il suo sorriso sembrava più spento del solito, come se anche quel naturale gesto richiedesse più energie di quelle che possedeva.

Poi, finalmente, accadde ciò che stava così tanto aspettando.

Fu un secondo. Un attimo che, agli occhi di qualsiasi mero spettatore, sarebbe parso solamente uno sfortunato caso del destino. Il ragazzo biondo si staccò qualche secondo da Brian, le labbra che si muovevano per mormorare una rassicurazione; a pochi metri, dall'altra parte della strada, c'era parcheggiata la loro macchina ed era lì che Nick si stava dirigendo. Così tranquillo, ancora sorridente per ciò che aveva, forse, detto a Brian, non si accorse di guardare se arrivava o meno una macchina.

L'impatto fu inevitabile.

Per un secondo in tutta la strada cadde un innaturale silenzio. Le poche persone in giro si fermarono ad osservare ciò che era successo, sconvolti e senza sapere che cosa fosse più giusto fare.

L'urlo spezzò quel frangente di immobilità e assenza di rumori. Risuonò contro ogni vetro, si infilò in ogni vicolo e pertugio lasciato aperto. Infine, giunse alle orecchie di chi era stato la mente a causare tutto ciò, colui su cui cadeva la colpa per quel corpo che ora giaceva incosciente in mezzo alla strada.

Ma lui non si sentiva responsabile. C'era un'unica punta di rimorso ma essa nasceva e moriva solamente con la consapevolezza di quell'espressione di dolore su quel volto che amava. Ma era tutto lì, altri sentimenti non trovavano posto fra l'eccitazione e la soddisfazione nel vedere portato a compimento il suo progetto.

E poi tornò quell'attrazione. Poi tornò quella sirena che incominciò a cantare sempre più forte, più alta rispetto alla confusione che si era generata dopo quell'unico urlo.

No, non era stata programmata.

No, quell'idea che stava incominciando a nascere non faceva parte del piano.

Ma come poteva resistere?

Più ci rifletteva, più l'accarezzava, più quell'idea sembrava essere la perfetta occasione per accelerare tutto e giungere al suo scopo finale. Quale miglior modo se non quello? Quale migliore opportunità se non quella di approfittarsi di un momento di totale debolezza, confusione e colpa per riprendersi ciò che era e sarebbe dovuto essere suo sin dal principio?

I piedi incominciarono a muoversi quasi senza bisogno di esser comandati o ricevere un ordine; in pochi secondi, Tyler si ritrovò più vicino a Brian di quanto fosse mai stato in quegli ultimi dieci anni. Il ragazzo che amava era girato di spalle, inchinato e inginocchiato accanto alla figura del biondino a cui stringeva la mano. Fu quel contatto a dare una sferzata ancor più alla sua rabbia e a cancellare ogni remora e obiezione di fronte a quell'improvvisa e impreparata idea. Non poteva più permettere che quel rapporto continuasse, non quando di fronte a lui si alzava la concreta possibilità di recidere ogni legame e di incominciare a far nascere le proprie di radici.

Appoggiò la mano sulla spalla, il brivido di calore per quel fugace contatto fu una scarica di adrenalina e energia che rincuorò Tyler su quella sua decisione. Poco, pochi attimi lo separavano dal mettere finalmente a finire quell'agonia per la distanza.

Si abbassò. In modo da poter avvicinarsi ancor di più e poter solamente sussurrare in un orecchio, invece che catapultare tutta l'attenzione su di lui. Il trucco, in quel frangente, era non rendersi visibile e farsi notare il meno possibile: dovevano scomparire senza che nessuno potesse ricordare o rammentare qualcosa di differente o strano.

Nessuno avrebbe dovuto vedere una coppia scomparire e dissolversi nel nulla.

«Serve aiuto?»

All'inizio, Brian non diede cenno di aver riconosciuto la sua voce. Fu un groppo duro da rimandare indietro, fu una saetta di rabbia che, però, Tyler doveva ricordarsi che non era colpa del ragazzo. Era colpa di chi li aveva tenuti lontani, di tutti quegli anni trascorsi senza che Brian potesse udire la sua voce e discenderla da quei ricordi distorti che gli avevano inculcato da chi non li voleva insieme.

All'inizio, Brian non alzò nemmeno il volto. Continuando a tenere lo sguardo fisso su Nick, balbettò sconvolto una semplice richiesta di chiamare aiuto, chiunque e qualsiasi che potesse aiutare il suo compagno.

Poi si bloccò. Tyler sentì, sotto ancora quella mano che non riusciva a staccare dalla spalla di Brian, il corpo irrigidirsi mentre il volto si girava appena. Quel tanto per ritrovarsi, finalmente, sguardo contro sguardo. Quel tanto per, finalmente, ritrovarsi puntati quegli occhi azzurri che aveva dovuto osservare schermati e filtrati da foto e televisione. Ogni dubbio scivolò via di fronte a quell'azzurro: lì, in quel momento, Tyler si rese conto che niente e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

Le dita della mano si strinsero attorno alla maglietta e a quel primo strato di pelle. Vide una reazione incominciare a formarsi sul volto di Brian, un'espressione quasi simile al dolore e qualcos'altro, anche se non poteva o non voleva riconoscerla.

«Dobbiamo andare.»

Brian scosse la testa, cercando di liberarsi da quella stretta. Gli occhi tornarono a fissare la figura stesa di fianco a lui, la testa appoggiata sulle sue ginocchia e quei capelli che accarezzava con infinita tenerezza. Scosse di nuovo la testa in rifiuto, non avrebbe mai abbandonato quel posto e, men che meno, lo avrebbe fatto per allontanarsi con il suo più spaventoso incubo.

La rabbia aumentò in Tyler di fronte a quel rifiuto. Non lo avrebbe accettato, non poteva accettarlo soprattutto se veniva da Brian. Aumentò la stretta, pizzicando e assicurandosi di poter poi ritrovare un segno di quel suo passaggio sulla pelle.

Il primo marchio su qualcosa che sarebbe sempre stato suo.

«Se ti sta davvero a cuore il suo bene, ti conviene venire con me. - Un sibilo, simile a quello di un serpente velenoso mentre stringeva il suo corpo viscido attorno alla sua vittima. - Senza attirare l'attenzione.»

La minaccia sortì l'effetto desiderato. In un battito di ciglia, Brian lasciò perdere ogni obiezione e rifiuto, negli occhi una luce che si poteva solamente definire come paura. Ma Tyler non la vide, accecato dalla consapevolezza che il suo desiderio si stava trasformando in realtà: la mano, stratta attorno alla maglietta di Brian, scivolò dalla spalla fino ad incontrare l'opposta compagna; le dita si strinsero attorno al polso e Tyler non poté fare a meno di notare quanto fragile e piccolo esso fosse.

Oh, con lui le cose sarebbero cambiate!

Oh, con lui Brian sarebbe rinato, avrebbe cercato e fatto fiorire quella bellezza che nessuno ancora era riuscito a far brillare in tutta la sua maestosità.

Scomparirono nel nulla. Due silenziose figure che scivolarono via dal campanello di gente accorsa attorno all'incidente, due ombre che si unirono a quelle degli edifici e delle case, dei lampioni e dei vicoli che si trasformavano in stradine. E da stradine, poi, si dividevano in fitti sentieri di rocce quando portavano verso il mare o alti e sempre più spessi alberi quando portavano verso i boschi.

Scomparirono, Brian e Tyler, senza che nessuno se ne accorse. Senza che nessuno notasse lo sguardo terrorizzato e angosciato di Brian, in netto contrasto con l'espressione più colma di estasi e gioia di Tyler. Senza che nessun'orecchia captasse la flebile e debole preghiera di Brian, parole e frasi mormorate a fior di labbra che chiedevano solamente che almeno una vita fosse risparmiata, in quel disastro. Senza che nessuno notasse quel breve attimo in cui gli occhi di Nick si aprirono, muovendosi nella frenetica ricerca di chi lo aveva sempre consolato in quei momenti. Senza che nessuno ascoltasse quel sussurrato e rauco «Brian», un richiamo che si perse in un cielo azzurro e con il vento che lo disperse fra le rocce e i boschi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

__________________________________________

Un po' di note riguardo questo capitolo. 
E' stato un parto! lol

A parte gli scherzi, avrei potuto averlo pronto molto prima se solo, dopo quasi 8,000 parole, non mi fossi resa conto che ciò che avevo scritto contraddiceva il capitolo precedente. Quindi ho dovuto riscrivere tutto e, credo, sia stata una benedizione perchè amo come è venuto questo capitolo. 

Amo questi personaggi. Sì, ciò implica che amo questo Nick. XD Ma ho sempre detto che amo molto di più i miei Nick rispetto a quello reale (sono una ragazza complicata, lo so. lol). Amo questi personaggi perchè sono cambiati, pur tenendo quelle caratteristiche che dovrebbero rimandare ai veri e reali Brian e Nick. Soprattutto, spero di poter far giustizia a quello scricciolo di forza che è il vero Brian.

Secondo.

Anche i cattivi hanno il libero arbitrio. lol

Non doveva essere questo il finale. Avevo già programmato come avrebbe dovuto terminare ma Tyler ha deciso di fare ciò che voleva. E, devo dire, che ho subito amato questa sua presa di autonomia e indipendenza. Era la sferzata che mi serviva per non cadere in stallo con questa storia. Ora non vedo l'ora di continuare a scrivere per farvi vedere come andrà a finire.

Al prossimo capitolo!

(e, nel frattempo, io recupero i pop-corn in attesa dei commenti e delle varie ipotesi.)

Cinzia

   
 
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