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Autore: Sebastiano Theus    30/07/2014    4 recensioni
Geralt parte da Vengerberg in compagnia di Ranuncolo, impegnato in una pericolosa missione per riparare il liuto del bardo. Un'altra persona segue il loro stesso percorso per altri motivi: Essi Daven, vecchia conoscenza di Geralt. I due si incontreranno? Riusciranno a dirsi tutto quello che non hanno potuto dire in passato? O potranno solo vedersi da lontano, guidati da diverse correnti del destino?
*questa storia è il seguito de Un Vero Amico*
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Arrivarono alla radura a metà mattina. Sembrò apparire improvvisamente davanti a loro dopo l'ultima fila di alberi. Ranuncolo stette fermo qualche minuto cercando le parole per descriverla.
Il frinire delle cicale era assordante, un grido continuo che arrivava dai faggi, dai carpini e dai cespugli di rosmarino. Non c'erano uccelli a interrompere questo grido, tra le radici e il sottobosco non si distingueva nessun movimento di animali. Il sole era coperto da nuvole scure e veloci che lasciavano filtrare qualche raggio che andava a perdersi tra le spine dei rovi, dandogli un aspetto ancora più acuminato.
Antica, severa, fiera della propria solitudine, solcata da radici come rughe su una fronte accigliata. Ranuncolo la trovò ostile e aliena.
«Geralt, sicuro che sia questo il posto?»
«Hai visto anche tu la mappa, no?».
Il bardo annuì. Bergàc gli aveva dato indicazioni estremamente chiare.
Capì subito di non voler essere lì. Controllò da capo a fondo la mappa cercando una scusa qualsiasi per dire a Geralt che in realtà avrebbero dovuto girare dalla parte opposta diverse centinaia di metri prima. Inutile, la mappa era inattaccabile.
Sospirò mentre Geralt estraeva un lungo coltello e cominciava a farsi strada tra i rovi.
Le cicale si zittirono nel momento stesso in cui misero un piede avanti. Nel silenzio improvviso, Ranuncolo si rese conto che non era lui a non voler esser lì, era la radura stessa a non volerli.
Geralt portò la mano sul medaglione a forma di lupo, ma quello era perfettamente immobile.
«Andiamo, Ranuncolo. Non restare indietro.»
Geralt comprendeva lo stato d'animo dell'amico: lui stesso si sentiva oppresso da qualcosa di indefinibile, gli era quasi difficile respirare. Ignorò questa sensazione e continuò ad avanzare deciso verso il centro della radura, mentre le cicale riprendevano gradualmente volume.
Lo strigo si fermò solo quando vide una massiccia tavolata di pietra completamente avvolta da rampicanti. Il muschio filtrava tra i pori mentre le radici la chiudevano come in una gabbia e si insinuavano tra le crepe. Tra tutta la vegetazione che copriva la pietra, spiccava una serie di fiori tra il blu e il viola dalla vaga forma ad elmo, sorretti da un fusto lungo e dritto.
«Non è la radice del diavolo, quella?», chiese Ranuncolo.
«Aconito napello», precisò Geralt, «strozzalupo».
Gli strighi vantavano una conoscenza delle erbe estremamente precisa: per loro era indispensabile conoscere quali piante crescevano negli habitat delle creature che andavano a cacciare, così come era necessario conoscere i loro effetti qualora le si volesse utilizzare per preparare pozioni e infusi.
Chi la chiamava strozzalupo la conosceva soprattutto per i suoi presunti effetti contro i licantropi, oppure per la loro efficacia nel preparare trappole per volpi e lupi, mentre col nome di radice del diavolo si ricordava il suo effetto mortale in generale e per l'uomo in particolare. La pietra ne era praticamente ricoperta.
Tagliando i fusti col coltello, Geralt prese alcuni fiori, li avvolse stretti in un panno e poi ripose il tutto nella saccoccia.
«Ti serviranno?», chiese Ranuncolo.
«Non si sa mai».
Il bardo si chinò osservando il fianco della tavolata, poi attirò l'attenzione dell'amico.
«Cosa c'è?»
«Guarda! Ci sono delle iscrizioni.»
Dove la vegetazione non ricopriva la pietra, si vedeva una serie di scanalature geometriche evidentemente incise sulla superficie.
«Significano qualcosa?»
«Non so... Non ricordo di aver visto cose simili sui libri»
Cominciarono a rimuovere la vegetazione col coltello, notando che le incisioni, dai quattro angoli del tavolo, convergevano verso il centro diramandosi nel frattempo a formare un'intricata ragnatela. Geralt rimase perplesso quando si rese conto che i rampicanti nascondevano qualcosa al centro della tavolata: salivano arrampicandosi su qualcosa che si alzava verso il cielo di circa un braccio.
Geralt ripose il coltello e scostò lentamente con la mano i fiori, sentendo sotto di essi delle forme dure e in rilievo. Poi vide cosa c'era sotto e fece un salto indietro. Ranuncolo urlò ma venne coperto dal grido delle cicale che si fece sempre più forte, quasi una risata che saliva di tono raschiando le note più acute.
Sopra il tavolo li fissava il muso di un leone ruggente inciso nella pietra. Il tempo non aveva scalfito i lineamenti, li aveva resi più duri. Gli occhi, solo due buchi scuri su quel volto feroce, sembravano fissarli sfidandoli ad avvicinarsi. Dietro la criniera spuntavano otto zampe artigliate da ragno che si piegavano ad uncino verso di loro.
«Il Ragno Leonino...»
Lo strigo era immobile, sembrava paralizzato.
«Geralt, andiamocene! Adesso!»
Lui mosse la mano verso Ranuncolo senza voltarsi, facendogli segno di stare fermo.
«Sul serio! Non ha senso, non ne vale la pena solo per un liuto!».
La voce di Ranuncolo era veramente terrorizzata. Cercava in tutti i modi di non guardare quell'idolo che mostrava le zanne contro di loro. Il frinire delle cicale sembrava una sega intenta ad aprirgli il cranio. Sentiva il sudore scendergli dal collo e attaccargli la camicia alla pelle.
«Io me ne vado... Sul serio, ora mi volto e torno ai cavalli.»
Geralt si girò di scatto.
«Non muoverti da lì!»
Ranuncolo si paralizzò. Non riusciva a capire se a ringhiare così era il suo amico o quel leone che li fissava. Non riusciva a guardarlo: gli sembrava che quelle zampe da ragno si muovessero piano allungandosi verso di loro. Spostò gli occhi a terra cercando di smettere di tremare, ma non si mosse.
Il cervello dello strigo lavorava velocemente. Non aveva messo in conto di poter finire in quello che aveva tutta l'aria di essere un santuario dedicato a una delle divinità più antiche e malvagie che fossero mai state adorate da uomini, elfi o nani. C'era chi ipotizzava che esistesse anche prima della Congiunzione delle Sfere, quando la barriera tra i mondi si era indebolita lasciando che la magia e le creature che popolano i sogni e gli incubi delle persone filtrassero dai mondi esterni al loro. Per questo il medaglione degli strighi reagiva allo stesso modo contro mostri e magia: entrambi provenivano dall'esterno e questo faceva vibrare il muso di lupo che Geralt portava al collo.
Ma in quel momento, il medaglione era immobile. Geralt avanzò cautamente. Sentì il gemito soffocato di Ranuncolo alle sue spalle, ma lo ignorò. Sapeva che non avrebbe tentato nulla di stupido.
C'erano molte volte in cui Geralt odiava essere quello a cui la gente si rivolgeva per risolvere situazioni dalle quali pochi sarebbero usciti vivi e ancora meno quelli che se la sarebbero cavata senza conseguenze. Ricordava un uomo trasformato in una creatura orribile per aver insultato una sacerdotessa del Ragno Leonino. Sapeva di villaggi distrutti dall'improvvisa invasione di ragni velenosi, di uomini morti in maniera atroce dopo essere stati morsi da creature più letali di un cobra. Ma il medaglione non reagiva e quell'idolo non era altro che un sasso scolpito.
Si fece avanti, raccolse tutto il proprio coraggio e appoggiò la mano sul muso del leone. Non avvertì nulla, nessuna magia, nessuna presenza. Tutto era fermo e quell'altare era solo pietra inerte.
Si voltò e vide Ranuncolo inginocchiato con le mani sopra la testa, tremante come chi si aspetta che il cielo gli crolli addosso schiacciandolo con tutto il suo peso.
«Tirati su, non c'è nulla.»
Lui non lo ascoltò.
«Avanti, questo posto è abbandonato da un sacco di tempo. Qualunque cosa ci fosse, non c'è più.»
«Sicuro?»
«Forza, vieni qui anche tu».
Ranuncolo si alzò e si avvicinò con evidente incertezza. Aspettò. Non accadde nulla. Sotto i suoi occhi da gatto, Geralt sorrideva. D'un tratto, l'atmosfera parve alleggerirsi.
«Mi son fatto prendere dal panico»
«Chiunque avrebbe reagito così»
«E ci credo! La prossima volta avvisami prima di tirar fuori una sorpresa del genere. Ci sono quasi rimasto secco per lo spavento»
«Non me lo aspettavo neanch'io...».
Rimasero in silenzio a riflettere su quello che avevano scoperto.
«Possibile che la gente di Passafiume adori una divinità simile?»
Geralt scosse la testa. «Non credo. Questo posto è vecchio, lasciato alle erbacce. Nessuno viene qui da molto tempo. E dubito che Bergàc, il comandante delle guardie, ci avrebbe indirizzato qui se fossero coinvolti in qualche modo.»
Ranuncolo provò a ribattere qualcosa, ma senza molta convinzione. Poi gli cadde l'occhio alla base dell'altare, e si chinò ad esaminarla.
«Guarda, sembra ci sia qualcosa...»
Geralt si abbassò a sua volta e studiò il punto che gli indicava l'altro. Alcune radici erano entrate in una crepa allargandola fino a poterci passare una mano. Un filo d'aria filtrava dalla crepa.
Lo strigo allargò le pupille fino a catturare ogni raggio di luce e guardò nella fessura: c'era evidentemente uno spazio abbastanza largo che andava verso il basso.
Si rialzò e disse a Ranuncolo di andare a prendere le pale legate alle selle. Quando il bardo tornò con gli attrezzi cominciarono a scavare, rivelando in poco tempo una scalinata che scendeva scomparendo sotto l'altare.
«Siamo davanti all'ingresso di un tempio?»
«Così sembra...»
«Sei sicuro che non c'è più nulla, Geralt?»
«Sicuro. Accendi la torcia e scendiamo.»
Ranuncolo non ebbe il tempo di chiedere perché, non ebbe tempo di maledire il cielo o il fato: Geralt scese quasi subito, esplorando l'oscurità coi suoi occhi da gatto. Lui si affrettò ad accendere la torcia e ad andargli dietro.

Le scale non scendevano tantissimo, ma abbastanza perché entrambi potessero stare con la schiena dritta senza toccare il soffitto. Le pareti erano ricoperte di muschi e sgretolate dall'umidità. Ogni tanto la torcia faceva scoprire incavi scavati a distanze regolari, nei quali si riusciva ancora a distinguere uno stucco di colore rosso che forse un tempo aveva decorato l'intera scala. Continuarono a scendere senza parlare finché non arrivarono in un'ampia stanza circolare, al centro della quale stavano un altro altare e un largo braciere di bronzo ormai ossidato, appoggiati sulla nuda roccia. Una serie di ragnatele correva lungo il soffitto, arrivando da un lato all'altro della stanza.
Ranuncolo la guardò impressionato.
Geralt sollevò la mano e le toccò. Si sfibrarono subito sotto il suo tocco, riducendosi in polvere.
«Non sono ragnatele... Sembra un tessuto di qualche tipo...»
Ranuncolo osservò meglio. Vide i lembi fissati al soffitto con dei chiodi. Era evidentemente un drappo stracciato al punto da dar l'idea di una ragnatela. Se fosse un'impressione voluta o un effetto del tempo, Ranuncolo non avrebbe saputo dirlo.
Osservarono l'altare e il braciere. Entrambi erano solcati da decorazioni che ricordavano la tela di un ragno, ma non trovarono altro di interessante. Sulla parete dietro all'altare, dalla parte opposta a quella da cui erano entrati, si aprivano due porte ad arco, una di fianco all'altra.
«Destra o sinistra?»
Ranuncolo alzò le spalle. «Decidi tu.»
Geralt andò alla porta di sinistra. I bordi dell'arco erano  decorati di rosso. Aspettò che Ranuncolo facesse luce con la torcia e poi passò dall'altra parte.
Si ritrovarono in una stanza più piccola, quasi intima. Un'occhiata a destra gli confermò che anche l'altra porta si apriva sullo stesso ambiente. Oltre a quelle c'erano altre due porte sui lati opposti e quello che sembrava un pozzo al centro del pavimento. C'era perfino una carrucola con una corda che scendeva giù fino a perdersi nel buio. Ranuncolo trattenne il respiro mentre Geralt prendeva la corda e cominciava a tirare. Pochi secondi dopo, dal pozzo salì un piccolo secchio. Era pieno di melma maleodorante. Lo strigo calò di nuovo il secchio e poi si guardò attorno.
La stanza sembrava mantenere parte della decorazione originale: la parte a sinistra era dipinta di rosso, anche se ormai quasi del tutto scrostato. Di che colore fosse la parte destra non si riusciva a capire. Ranuncolo ipotizzò che fosse un colore poco resistente, come quello del azzurrite. Sulle pareti erano anche dipinte alcune figure, ma erano così sbiadite che non si riusciva a dar loro un senso. Sia a destra che a sinistra le figure principali erano femminili, coperte da un mantello con un cappuccio, con un bastone in mano e una folla di uomini inginocchiati davanti a loro. Nonostante non si riuscisse a comprendere il significato, il tono delle figure era decisamente diverso da una parte all'altra della stanza: da una parte, il rosso era dato dalle fiamme che si riuscivano a distinguere mentre divoravano la carne di uomini e donne e bruciavano i villaggi. La donna col mantello e il bastone stava in mezzo a queste fiamme con le mani alzate, trionfante. Dall'altra parte, la stessa donna toccava con la punta del bastone alcuni uomini distesi a terra, e quelli si rialzavano.
«Queste donne sembrano uguali...», osservò Ranuncolo.
«Che siano la stessa persona?»
«Chissà... Ma sembra tutto così vecchio...»
Geralt sapeva cosa intendeva dire Ranuncolo. Ma lui stesso aveva smesso di contare gli anni della propria esistenza, e i maghi riuscivano ad interrompere l'invecchiamento e vivere per tutto il tempo che volevano.
Osservarono le due porte che si aprivano nella stanza. Erano una a destra e una a sinistra.
Stavolta decisero di andare a destra.
La stanza era larga quasi quanto la precedente. Un tavolo di legno la occupava nel mezzo. Era coperto di muschio e funghi al punto di avere un colore tra il verde e il grigio. Il resto dello spazio era occupato da un letto, quello che sembrava un caminetto, un catino, alcune mensole con vasi di diverse forme e dimensioni. I vasi erano pieni di terra secca. Osservando il caminetto, Geralt trovò un'apertura nel soffitto occupata da terra e radici. Trovò altre aperture simili sul soffitto e ipotizzò che fossero passaggi per l'aria. Ranuncolo stava esaminando il letto. Sopra vi era disteso un vecchio mantello con cappuccio. Ranuncolo provò a prenderlo in mano, ma quello si sfaldò in polvere.
«Per gli dei... Solo il tempo potrebbe ridurre un tessuto in queste condizioni.»
Geralt si spostò di fianco al tavolo. Gli bastò una leggera pressione per staccarne un pezzo consistente. Alcuni vermi cominciarono a spostarsi rapidamente tra il legno e la sua mano. Geralt aprì le dita e lasciò cadere il tutto senza curarsene più.
Tornarono indietro e superarono l'altra porta. La stanza era quasi speculare: un tavolo le cui gambe avevano però già ceduto da tempo, un letto, un caminetto, alcune mensole. Geralt notò qualcosa di diverso sulla parete davanti a loro. Si avvicinò riconoscendo senza nessuna difficoltà una rastrelliera per spade. Non si stupì affatto di trovarla completamente vuota.
«Sembrerebbe che dormissero in queste stanze...»
«Due persone?»
«Perché no? Nonostante tutto il simbolismo, scavare questi ambienti deve essere stato molto faticoso, dubito l'avrebbero fatto per una persona sola.»
Geralt annuì soddisfatto del ragionamento di Ranuncolo.
Il resto accadde molto velocemente.
Il medaglione si mise a vibrare come impazzito. Geralt sentì dietro di sé la voce strozzata di Ranuncolo.
Gli sembrò di voltarsi lentamente, troppo lentamente. La prima cosa che vide fu il pelo: una pelliccia scura e ispida che occupava tutta la porta da dove erano entrati. Poi il muso gigantesco rivolto verso di lui, la bava che scendeva dalle labbra aperte su una poderosa fila di denti, gli incisivi robusti come quelli di un topo. Impugnava una spada enorme alla propria destra, mentre a sinistra aveva uno scudo alto quanto lui e decorato a ragnatela. Ranuncolo gli era proprio accanto, lo osservava tremando con gli occhi sgranati.
Mosse un braccio quasi con noncuranza scagliando il bardo contro un muro. Ranuncolo si accasciò a terra inerte.
Poi la cosa si mosse. Si scagliò contro lo strigo mulinando la spada con una velocità impressionante.
Geralt si proiettò in avanti, si abbassò in scivolata sentendo il filo dell'arma che passava sopra la sua testa. Si rialzò con uno scatto delle cosce, estrasse la spada e parò un fendente dall'alto. Fece una mezza piroetta con un taglio diretto al braccio, ma andò a sbattere contro lo scudo della creatura. Il colpo risuonò come un gong. Improvvisamente, Geralt si sentì come se avesse ricevuto un pugno in testa. Arretrò di colpo mettendosi sulla difensiva.
Studiò il suo avversario. Era veloce, troppo veloce per la sua taglia. Non aveva mai visto nulla di simile. Il medaglione continuava a vibrare. Il suo muso sembrava quello di un topo. I baffi saettavano mentre anche lui lo fissava.
Poi Geralt rimase stupito. Quella cosa stava sorridendo?
La creatura si mise a colpire violentemente lo scudo con la propria spada. L'aria si riempì di un rumore assordante.
Geralt non sentì il proprio urlo mentre si tappava le orecchie con le mani. Il terreno gli mancò sotto i piedi, si ritrovò in ginocchio senza neppure rendersene conto, registrò solo superficialmente di aver lasciato cadere la spada. Capì d'un tratto cosa aveva voluto dire la vecchia quando lo aveva messo in guardia contro i rumori forti.
La cosa si avvicinava continuando a battere contro lo scudo. Ogni colpo era un'ondata che gli attraversava il cranio, gli afferrava il cervello e glielo scagliava contro il muro. Non riusciva a muovere un muscolo. Le sue gambe erano gelatina, il terreno una melma informe che non poteva sostenerlo. Quella creatura si avvicinava, un attimo ancora e avrebbe sentito il sibilo della spada sul suo collo.
Ma il colpo non arrivò. I battiti si interruppero all'improvviso mentre Ranuncolo balzava sulla schiena del mostro pugnalandolo alla gola. Si sentì un ringhio rabbioso mentre quello lasciava andare la spada, afferrava il piede del bardo e lo scagliava di schiena contro il tavolo.
Geralt sollevò lo sguardo giusto in tempo per vedere Ranuncolo passare attraverso il tavolo, arrivare a terra e spalancare la bocca come se dovesse sputare i polmoni dalla gola. Non riusciva ancora ad alzarsi. Il mostro riprese la spada e la sollevò per abbatterla contro il poeta.
Geralt chiuse le dita nel Segno Aard e gliele puntò contro. Ma quello era troppo grosso, e lui si sentiva ancora troppo debole.
All'ultimo momento, Geralt cambiò bersaglio e puntò le dita verso il basso: l'energia magica scagliò lontano Ranuncolo nel momento stesso in cui la spada calò su di lui. Schegge e pezzi di pietra schizzarono in aria mentre l'arma si conficcava nel pavimento.
Lo strigo si rialzò ancora traballante. Vide il suo avversario sforzarsi di estrarre la spada da terra: si era conficcata per quasi metà della lama. Geralt cercò di avanzare ma il corpo non gli obbedì. Dovette appoggiarsi contro il muro per non cadere di nuovo.
Di nuovo, quella cosa si mosse troppo velocemente: lasciò perdere la spada e si lanciò con tutto il proprio peso contro lo strigo. Lui non provò neanche ad evitare l'impatto. Sentì il pelo avvolgerlo, si sentì sollevato verso il soffitto, percepì un dolore lancinante quando si trovò tra le sue ossa e il muro, poi qualcosa che cedeva dietro di lui, aria, pietrisco, radici.
Caddero a terra entrambi. Il mostro cercava di chiudere le fauci attorno al suo cranio, ricoprendo la sua fronte e i suoi occhi della saliva che colava dai suoi denti. Con uno scatto improvviso, Geralt gli afferrò la gola e poi lo colpì sul muso con le borchie d'argento che aveva sui guanti. Quello lo lasciò andare immediatamente e ringhiò furioso mentre si massaggiava il volto con la zampa destra.
Lo strigo si rialzò e si prese una frazione di secondo per guardarsi attorno. Erano all'aperto, nella radura. Erano passati attraverso un'intera parete di roccia? Evidentemente doveva essere più friabile di quanto avesse pensato. Si chiese comunque come facesse a stare ancora in piedi.
Poi sentì un liquido vischioso colargli lungo il petto.  
Temette il peggio, poi capì. Le pozioni che portava sul cinturino sotto il farsetto. Ovviamente non potevano resistere a un impatto del genere.
La creatura si stava ancora riprendendo dal suo colpo, ma non era nulla che potesse fermarla davvero. C'era una sola possibilità: Geralt cercò sotto il farsetto, trovò la pozione che voleva, ringraziò il cielo che fosse ancora intera e ne bevve il contenuto con una sola sorsata.
Ora doveva solo aspettare che facesse effetto.
Il mostro si riprese in quel momento. Fissò Geralt con una rabbia e un odio che non avevano misura. Si scagliò contro di lui cercando di squarciarlo con gli artigli. Geralt fece una capriola di lato ritrovando finalmente la propria agilità. Estrasse la seconda spada che portava sulla schiena, quella d'acciaio, e colpì il suo avversario schivando un'altro dei suoi attacchi.
Osservò il filo dell'arma: non c'era la minima traccia di sangue. Evidentemente il colpo era rimbalzato sulla sua pelle senza fare danni, proprio come temeva. Geralt lanciò la spada lontano, a quel punto gli era solo d'impiccio. Si piegò in avanti chiudendo le mani a pugno, le borchie d'argento ben esposte sulle sue nocche.
Danzarono per un tempo che parve infinito. Ogni respiro si dilatava scandendo il ritmo dei colpi e delle schivate. La creatura incassava i pugni, Geralt schivava con una piroetta, non gli dava pace. Ma troppe volte era stato quasi colpito e gli attacchi di quel mostro si facevano sempre più precisi. Il tempo stava per scadere.
Poi quello colpì Geralt con lo scudo. Una spallata improvvisa. Lo spinse e lo schiacciò contro un albero. Il suono che usciva dalla sua gola sembrava una risata mentre usava sempre più energie per abbattere il suo avversario contro il tronco.
Poi smise di spingere. La sua risata si strozzò mentre sentiva qualcos'altro far forza dall'altra parte dello scudo. Si oppose, ma la spinta diventò sempre più potente. Le sue zampe raschiavano il terreno mentre indietreggiava in modo inesorabile. Due mani ricoperte di sangue afferrarono i bordi dello scudo, continuarono a spingere e intanto cominciarono a ruotarlo di lato. Cercò di opporsi, ma lo scudo continuava a girare, gli torceva il braccio, tirava tendini che sembravano infrangibili, ossa che sembravano fatte d'acciaio. Quando si spezzò, sembrò che una quercia si fosse spaccata in due. L'urlo coprì ogni altro suono, lo scudo continuava a ruotare senza quasi trovare più ostacoli. Poi vide il volto del suo avversario: la ferocia che vide nei suoi occhi schiacciò ogni sua resistenza, il suo ghigno proiettava una malvagità tale da bruciargli il cuore.
Lo vide solo per un istante, poi Geralt lo colpì con una testata. Indietreggiò riuscendo a sfilare il braccio spezzato dallo scudo. Lo strigo continuava ad attaccarlo senza dargli tregua, ogni colpo raggiungeva il volto, il braccio, lo stomaco. La sua difesa era stata completamente annientata.
«Geralt!»
Si vide solo un lampo argenteo nell'aria. Geralt afferrò la spada al volo e tagliò penetrando nel petto della creatura, raggiungendo i polmoni, l'aorta. Fece una piroetta di slancio alle sue spalle colpendola dall'alto al basso sul collo, tranciando la carotide e la trachea. Era morta prima ancora di cadere al suolo.
Ranuncolo pensò di non aver mai sentito un silenzio simile. Geralt era immobile, l'arma alzata e pronta a colpire di nuovo. Lui si era arrampicato dal buco lasciato dai due nel soffitto portando la spada d'argento con sé. Si era salvato solo perché il tavolo marcio aveva attutito la caduta Lo aveva visto spezzare il braccio del mostro e poi prendere la spada che lui gli aveva lanciato e porre fine al combattimento. Non aveva mai visto nulla di simile.
Poi Geralt si voltò verso di lui e il sangue gli si gelò nelle vene. Il suo volto era contratto in un ghigno feroce, i suoi occhi da gatto erano iniettati di sangue. Si girò del tutto mostrandogli il filo della spada. Pensò di fuggire. Sapeva che sarebbe stato inutile.
Poi Geralt inspirò profondamente e abbassò l'arma. Prese una foglia e pulì la lama dal sangue come poteva. Si sentiva mancare, ma decise che era un pessimo momento per svenire. Fece cenno a Ranuncolo di raggiungerlo, senza trovare le forze per dire alcunché.
Poi accadde ancora qualcosa.
La creatura cominciò a fremere e a ronzare, sembrava piena di insetti. Il medaglione riprese a vibrare come se volesse forare il petto di Geralt. La creatura si contorse, il pelo cadde a terra e si ridusse in polvere mentre le ossa si rimpicciolivano schioccando come se si stessero rompendo una a una.
Quando il medaglione dello strigo tornò immobile, davanti a loro c'era un essere umano riverso sulla pancia. Lo girarono e impietrirono entrambi riconoscendo il figlio del sindaco del paese, Astario, ricoperto del proprio sangue. Rimasero lì ad esaminarlo senza riuscire a dire una parola. Il ragazzo aveva una mano chiusa a pugno. Ci volle uno sforzo notevole per aprirgli le dita e scoprire cosa stringeva.
Geralt e Ranuncolo rimasero un po' a domandarsi cosa potesse essere, poi conclusero che non era altro che un topino schiacciato.
  
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