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Autore: Fantasiiana    03/08/2014    6 recensioni
Persefone, dea della primavera e regina degli Inferi, è improvvisamente scomparsa. Zeus non permette agli altri dei di unirsi alle ricerche e gli Inferi sono completamente allo sbaraglio. Ade ha infatto fermato la Morte dall'uccidere e non la rilascerà finchè Persefone non sarà tornata al suo fianco.
Ma una creatura che non veniva vista da secoli torna a fare breccia nel cuore del dio dei morti, mentre la sua consorte è tenuta prigioniera e privata della memoria.
Una terribile vendetta è in corso e mira a spodestare la dea dal suo trono e dal suo ruolo di moglie.
Di amori, oscurità, vendetta e gelosia.
A voi se leggere o meno.
**************************
Dal secondo capitolo:
-Ora basta!
La sala calò nel silenzio più assoluto.
-Nessuno di voi abbandonerà il proprio posto.
-Persefone è anche tua figlia!- squittì indignata Demetra, scattando in piedi. -Come puoi...
-Così ho deciso- la interruppe Zeus alzando una mano. -Non voglio rischiare un'altra guerra per una distrazione.
-Quindi Persefone sarebbe questo? UNA DISTRAZIONE?!- chiese ancora Demetra, ma non ricevette risposta.
Si voltò, allora, verso Ade.
-E tu? Non dici niente?!
-Non mi aspettavo nulla di più.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Persefone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima di lasciarvi a questo terzo capitolo vorrei condividere con voi un video (assolutamente meraviglioso) trovato su internet che, oltre a rappresentare la fine della mia vita sociale... o, se preferite, della mia vita e basta u.u, credo rappresenti alla perfezione (o quasi) il mito di Ade e Persefone. Grazie a tutti voi che continuate a leggere^^
https://www.youtube.com/watch?v=_CZb8Lpy068&hd=1

(Dico solo che nei prossimi capitoli, come in questo, vi saranno molti flash back)



Capitolo 3





 

Il palazzo nero era completamente immerso nel silenzio.
Ade aveva cacciato tutti quella mattina stessa, quando il dolore stampato sui volti stravolti dei servitori per la scomparsa della loro amata e dolce regina era diventato troppo opprimente da sopportare.
Il re degli Inferi aveva passato giorni sul suo cocchio nero, spronando i cavalli a macinare chilometri, a controllare ogni angolo di pianeta, ogni anfratto, ogni luogo, a interrogare ogni creatura vivente in cerca di colei senza la quale non riusciva a vivere, a respirare.
Ma niente: Persefone sembrava sparita nel nulla. Nessuno sapeva assolutamente niente.
Stava quasi terminando i luoghi dove cercarla e ogni minuto che passava sentiva la rabbia crescere dentro il suo cuore ferito.
Non era come quando lei tornava da sua madre. Lui sapeva che c'era, che ci sarebbe sempre stata ad aspettarlo, come lui aspettava lei, sempre.
Ora, invece, era totalmente scomparsa e Ade temeva il peggio. Era fragile, in fondo, la sua Persefone, e di tutto può subire un cuore fragile, non corrotto dal male. Al solo pernsiero i polmoni gli si serravano come a voler smettere di vivere. Ma non poteva farle questo. Se lei era in pericolo doveva trovarla, vendicarla. Sì, l'avrebbe vendicata, lei e tutto il male che avevano fatto loro. Avrebbe sfogato tutta la sua ira, la sua frustazione sui rapitori di sua moglie.
Ade sospirò stancamente, lasciandosi cadere su una poltrona nera davanti al camino. Le fiamme si stavano ormai del tutto consumando, soffocate dal freddo di quel luogo.

Si prese la testa fra le mani. Sarebbe impazzito, poco ma sicuro. Il dolore si sostituiva alla rabbia e viceversa in continuazione, dominandolo completamente e impedendogli di controllarsi. Avrebbe voluto urlare, correre, distruggere tutto quello che gli capitava a tiro, lasciarsi andare all'odio folle che covava nel cuore, ai suoi istinti di Cronide che difficilmente riusciva a domare in assenza di lei, ma le parole di Atena gli risuonavano continuamente in mente, fermandolo sul momento.

"E poi non sono sicura che lei vorrebbe questo..."

La mano diafana si serrò sul bracciolo nero, le dita scavarono nell'imbottitura.
Saggia, ingenua Atena... Già, lei non l'avrebbe voluto, ma non glielo avrebbe neppure fatto pesare. Avrebbe preso le sue mani fra le proprie e le avrebbe baciate, sorridendogli e trasmettendogli tutto il suo appoggio, il suo amore, il suo conforto. E lui avrebbe sentito di amarla, sempre di più, perchè l'infinito non ha limiti, si sarebbe chiesto perchè proprio a lui toccava di essere l'uomo più fortunato dell'intero Cosmo, si sarebbe domandato se non fosse tutto un sogno, una lenta tortura, meravigliosa illusione della sua mente rassegnata... E lei avrebbe diradato tutte le nubi oscure del suo animo con le sue labbra di pesca, vere e tangibili, dannatamente tangibili, con i suoi occhi nei quali Ade amava perdersi e affogare tutto il suo dolore, perchè Persefone non se ne sarebbe mai andata, non si sarebbe mai arresa, mai spenta, limpida luce fra le tenebre, e l'avrebbe sostenuto per sempre. Persino ora gli sembrava di sentire la sua risata, il profumo inebriante dei suoi capelli morbidi dove il dio affondava le dita e il viso, beandosi e saggiandone la consistenza delicata. Era preziosa, Persefone, così fragile e delicata come può esserlo un bocciolo in balia di una tempesta, ma avrebbe sempre trovato la forza di andare avanti, di sostenere entambi, per lui. E di questo Ade gliene sarebbe sempre, immensamente stato grato. A differenza di come si potrebbe pensare era lei la più forte dei due, quanto la più debole, e Ade l'avrebbe protetta. Sì, l'avrebbe fatto, ad ogni costo, come aveva promesso di fare secoli prima, perchè l'amava, perchè ne aveva bisogno, e perchè lei era la sua unica ragione di vita. E su questo non aveva bisogno di giurare sullo Stige.
Una lacrima nera rugò le gote pallide del dio, ma nessun dito infastidito corse a spingerla via e lei potè continuare a scendere indisturbata, seguita da molte altre sue sorelle.
Il fuoco ebbe uno spasmo.
Ade si voltò a guardarlo, incontrando gli occhi tristi di una bambina vestita di cremisi, che lo guardava seria.
Il dio chinò il capo.
-Divina Estia- salutò.
Non l'aveva mai chiamata sorella. Forse perchè fin dalla primo momento che l'aveva vista gli era sembrata troppo eterea per essere vera, come un essere primordiale cui si doveva del rispetto.
-Ade- ricambiò lei.
Il suo tono era malinconico.
-Ade, il fuoco è debole.
Lui rimase lì, ad osservarla immobile.
-La casa è fredda- continuò Estia, guardandolo con quegli occhi da cerbiatto, così penetranti da sembrar volergli carpire l'anima. Si guardò intorno e andò a carezzare dei fiori appassiti in un bellissimo vaso argentato.

-Aggiungerò dei fiori! E delle piante rampicanti circonderanno le colonne! Vedrai, sarà meraviglioso!
Il dio rise.
-Anzi, sai cosa? Un giardino! Un immenso giardino all'ingrsso del palazzo! Con pietre preziose e ogni genere di fiore esistente al mondo!
-E non appassiranno?
-Sottovaluti le mie speciali doti di dea della primavera, amore mio.
-Affatto, Persefone, ma...
Lo baciò e le parole gli morirono in bocca, soffocate dalle labbra di lei.
-Sarà tutto perfetto, Ade. Promesso...

-Sono consapevole delle mie mancanze- rispose Ade, distogliendo lo sguardo dai fiori che gli ricordavano in modo troppo doloroso sua moglie e il modo in cui l'avrebbe guardato se avesse saputo in che stato versava il palazzo.
-La famiglia si sta spezzando- mormorò Estia. -Come il tuo cuore, dio degli Inferi.
Ade strinse gli occhi fino a farsi male.
La bambina gli prese delicatamente una mano, rinchiudendola fra le sue, piccine e calde.
-Non puoi andare avanti così.
Un singhiozzo.
-Ho cercato... d'ovunque... Ma è... E' scomparsa...
Estia non rispose, continuandolo a fissare seria.
-Il dolore che stai provando non è debolezza, Ade. Fortificati con esso, sfruttalo per ritrovarla.
-Ho sgretolato montagne, inaridito fiumi, setacciato mari e selve...
-Quello che ci fa gioire può anche essere quello per cui soffriamo- recitò la dea, cupa.
Il dio si riscosse. -Cosa...
-Cerca, Ade...
La sua voce echeggiò per la stanza, mentre la sua figura si faceva tremolante.
-Non permettere al fuoco di spegnersi...
La mano gli ricadde sul ginocchio, mentre l'altra cercava di afferrare disperata la scia di fumo profumante di biscotti caldi e pane appena sfornato lasciato dalla dea.
E con quell'odore a riempirgli le narici, Ade chiuse gli occhi e ricordò.

Le morbidi coltri del talamo nuziale lo avvolgevano fresche, mentre un dolce profumo invadeva l'aria. Persefone era seduta al suo fianco sorridente e bellissima come sempre.
-Buon giorno, mio signore- lo salutò chinandosi a baciarlo.
-Dunque l'estate può dirsi conclusa- ragionò il dio.
-Definitivamente- confermò lei.
-Non vedevo l'ora.
Ade fece leva con le braccia e, facendola ricadere fra i cuscini morbidi, si sistemò sopra di lei, carponi, mentre la risata della dea, colta alla sprovvista, gli riempiva melodica le orecchie e lo faceva diventare pazzo d'amore.
Si chinò a baciarla, facendo attenzione a non ferirla, delicata com'era.
-Aspetta, mio signore- lo fermò lei posandogli una mano sul petto nudo. -Ho una sorpresa!
Ade inarcò un sopracciglio, squadrando indagatore il suo sorriso emozionato.
-Che tipo di sorpresa?
Lei lo scostò con gentilezza, o meglio lui le permise di alzarsi, prese un vassoio argentato da un tavolo d'ebano in fondo alla stanza e si voltò a mostrarlo ad Ade. Sopra di esso, un semplice oggetto di forma circolare, dorato e profumante di miele, con delle fette di melograno disposte a formarme un cuore.
-Cos'è?- chiese sospettoso.
-Si chiama "torta". I mortali la offrono agli dei. Mamma ne ha trovata una in un tempio in Grecia- spiegò. -Mi ha detto come prepararla. E' molto povera in realtà: bastano farina e miele. Mi sembra vuota e monotona, così ho aggiunto i melograni.
Ade coninuò a squadrarla con sospetto.
-Coraggio, assaggia!- lo incalzò Persefone, staccandone un frammento e avvicinandoglielo alla bocca.
Il dio socchiuse le labbra e fece come ordinato.
Era dolce, per via del miele, ma il succo aspro dei melograni creava un'ottimo contrasto.
Sorrise, ingollando il pezzo di torta.
-Allora? Ti piace?- chiese ansiosa la dea bambina.
-Deliziosa- rispose lui.
Lei parve illuminarsi.
-Te ne preparerò altre! Vedrai, mio signore, non...

-Non devi chiamarmi "signore"- l'interruppe lui, sorridendo e avvicinandosi flessuoso.
Le guance chiare di lei si tinsero velocemente di rosso.
-Oh... Come vuoi tu, A...- balbettò, ma lui le arrivò pericolosamente vicino, il fiato caldo di miele a soffiargli sulle labbra e facendole tremare le ciglia.

-Non riesco a sentirti, Persefone- mormorò mellifluo.
Lei deglutì, accennando ad un sorriso.
-Come desideri... Ade.

-Mio signore?
Ade si riscosse, riportato bruscamente alla realtà da quella voce profonda. Serrò la mascella, cercando di trattenere la rabbia, i pugni già circondati da fuoco nero.
-Thanatos- disse. -Credevo di aver detto di non voler essere disturbato.
Thanatos deglutì.
-Lo so, mio signore, ma... Credo sia importante...
Il dio scattò in piedi.
-Persefone?
-No, mio signore...
Thanatos si fece da parte, sotto l'occhio indagatore del suo re, rivelando colei che fino a quel momento era rimasta celata agli occhi di entrambi.
La pelle diafana, i capelli lunghi e inanellati fino ai fianchi, neri come la pece, le vesti attillate al corpo sinuoso, le orecchie lievemente appuntite, due profondi pozzi bui al posto degli occhi e un sorriso malizioso stampato in volto.
Il dio non si scompose, ma la ninfa lo conosceva abbastanza bene da sapere che era rimasto stupito della sua improvvisa comparsa.
-Salve, mio signore- lo salutò beffarda con una riverenza. -Vi sono mancata?
-Menta- ricambiò lui, atono. -Bella come sempre.

  
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