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Autore: FairLady    04/08/2014    4 recensioni
Due occhi scuri, lo specchio di un'anima profondamente ferita.
Un nome sussurrato dal vento che arrivi a lenire un dolore ormai senza tempo.
Due cuori affini che si fondono in un unico corpo immortale, quello dell'amore.
Prima storia in questo fandom. Please, be kind.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con il suo placido dondolio, l’autobus stava accompagnando Aura all’aeroporto da dove sarebbe partita per raggiungere Burlington.
Guardava fuori dal finestrino la città dormire ancora e non poteva fare a meno di pensare che solo poche ore prima era in compagnia di Michael; sognava ad occhi aperti di essere con lui, di sentire ancora le sue dita affusolate e perfette tra le proprie.
Erano rimasti tutta la serata sul divano, con le mani nelle mani. Avevano parlato parecchio, più o meno di tutto e di niente; lui le aveva raccontato molti aneddoti divertenti, talvolta commoventi, della sua vita da pop star; avvertì grazie a essi quanto cuore e quanta anima mettesse in qualsiasi cosa facesse. Lei, invece, benché non avesse avuto una vita interessante quanto quella di Michael, lo intrattenne raccontandogli della sua vita a Burlington, di quanto fosse stata sempre sicura di quello che avrebbe fatto da grande e di quanto, negli anni del liceo, le fosse costata a livello di vita sociale quella sua determinazione: vivere come una normale adolescente le veniva difficile, ed era una cosa che i suoi coetanei non erano riusciti a comprendere. 
Michael e lei erano stati seduti talmente vicini che era riuscita a percepire perfettamente quel suo profumo dolce, buono, rilassante. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo per poter meglio respirare quell’essenza, per imprimersela addosso cosicché avrebbe potuto ricordarla anche quando fosse stata a centinaia di miglia lontana lui; ma non si azzardò mai a varcare quei confini, a fare l’intraprendente. Michael, ormai le era chiaro, non era come gli altri – ci avrebbe messo le mani sul fuoco – e lei non sentiva il bisogno di uomini come tanti: lei aveva sviluppato molto velocemente il bisogno di lui. Come fosse possibile che anche Michael avesse in qualche modo necessità di lei, questo ancora lo ignorava, ma l’idea di averlo nella sua vita – e il come non le sarebbe importato – la rendeva estremamente felice.
 
«Mi sarebbe piaciuto passare il Natale insieme, sai? Sarebbe stato il più bello dei regali per me, Auralee.»
«Non scherzavo quando ti ho detto che non sparirò, che ho già così tanto bisogno di te nel caos che è la mia vita.»
«I tuoi occhi, per me, sono come la quiete dopo la tempesta.»
«Grazie per la splendida serata, era da tanto che non stavo così bene con qualcuno.»
 
Ripensava alla timidezza che traspariva dalla sua voce mentre le diceva quelle cose; aveva un tono delicato e morbido, come un cuscino su cui riposare e trovare pace: qualunque altro uomo sarebbe stato frainteso – troppa sensibilità per l’animo di un uomo medio –, Aura avrebbe potuto pensare che avesse secondi fini, ma Michael le aveva pronunciate con un candore e una genuinità tali che non potevano essere che autentiche, sentite. Vere. Non c’erano mire particolari, non era una tattica per entrare nelle sue grazie e ottenere chissà cosa. Lui era così, puro e innocente, come un bambino. Era ciò che gli aveva letto nello sguardo sin dalla prima volta che lo aveva incrociato.
 
Sarebbe stata dura stare lontana da Los Angeles anche solo per un paio di settimane, adesso che lui era entrato nella sua vita, ma in cuor suo Aura sapeva che non lo avrebbe perso, che in qualunque posto fosse andata, sarebbe sempre rimasta dov’era il suo cuore.
Ovviamente i suoi genitori, come tutto il resto della famiglia, non avrebbero potuto non accorgersi di quanto Aura fosse cambiata in un anno, e non di certo a livello fisico. Aura era cambiata nel cuore, e quell’essere così diversa, lì dove la vita pulsa, dove nasce e si evolve, si rifletteva immancabilmente negli occhi, nei sorrisi, nei gesti. In ogni cosa.
Auralee aveva vissuto una vita mediamente tranquilla, con gli alti e bassi che la crescita porta con sé, certamente, ma la sua infanzia era stata serena e spensierata come avrebbe dovuto essere quella di ogni bambino; l’adolescenza aveva causato qualche crisi esistenziale dovuta ai cambiamenti fisici della pubertà, ma era una ragazzina equilibrata, pacifica e studiosa.
Era sempre stata una bella bambina, solare e sorridente, che da grande si era trasformata in un’incantevole adulta, ma aveva sempre avuto in testa l’idea di costruirsi un futuro, di farlo nel campo dell’interior design, e così era andata. Non era mai uscita con un ragazzo – da quel che ne sapevano i suoi genitori –, e se anche ci aveva provato, era finito tutto ben prima che qualcosa potesse cominciare davvero. La sua mente e le sue forze erano tutte concentrare sulla scuola e su quello che essa le avrebbe permesso di costruire.  
Non era fatta per i rapporti di coppia, lei. Non si era mai immaginata con un uomo accanto – almeno non lo aveva mai fatto fino ad allora; per cui, la sua famiglia non riuscì a capire immediatamente cosa stesse succedendo.
La sorprendevano spesso con la testa fra le nuvole e gli occhi trasognati; ascoltava musica, lei che, della musica, non gliene era mai importato niente; passava le ore a scrivere su un quaderno, e nessuno sapeva cosa scrivesse. Era un’altra Aura, sicuramente meno seriosa, più sciolta, più rilassata. Sembrava più… felice.
I suoi genitori non erano di quelli che tartassavano di domande fino allo sfinimento: vedevano che era contenta e quella era la sola cosa importante; si fidavano ciecamente e lei sapeva bene che, se e quando ne avesse avuta voglia, avrebbe potuto raccontare loro ogni cosa.
 
La notte di Capodanno il paese usava riunirsi in un enorme tendone nella grande piazza principale per dare il benvenuto al nuovo anno tutti insieme, tra canti, balli e buon cibo. Aura aveva sempre adorato quella tradizione, anzi, ne era sempre stata una delle organizzatrici, ma quella volta… quella volta, guardandosi intorno e vedendo le sue amiche di vecchia data accompagnate da fidanzati e mariti, non percepiva altro che quel posto immaginario accanto a sé più vuoto e freddo che mai.
Le feste, che di solito passavano troppo velocemente, quell’anno invece non volevano saperne di finire.  Era certamente contenta di essere a casa – quanto le era mancata la cucina di sua mamma –, ma non vedeva l’ora di tornare a Los Angeles.
Avrebbe tanto voluto sentire la voce di Michael in quel momento, e un po’ si dava della stupida: fra loro non c’era niente, se non una nuova amicizia tutta ancora da costruire, invece lei per quell’uomo dolcissimo che, per quanto ne sapeva, poteva essere sbucato solo da un regno incantato, sentiva dentro già qualcosa di così grande che non riusciva più a pensare ad altro.
I suoi sensi appannati l’avevano resa una menomata sentimentale per tutta la vita e adesso che finalmente era in grado di sentire, di vedere, di odorare, gustare e toccare si sentiva sopraffatta, eccitata, smaniosa. Era come se ormai non riuscisse più a farne a meno. Quel treno era partito a tutta velocità e non esisteva qualcosa in grado di farlo tornare indietro. Aveva solo bisogno di Michael, ma in un modo che nemmeno lei comprendeva.
«Cosa c’è, sorellina? È tutto ok?»
Era stata così tanto immersa nei suoi pensieri che non si rese nemmeno conto della festa intorno a lei che allegra esplodeva con il solito tripudio di luci, colori, suoni e odori a lei così familiari e cari.
Guardò suo fratello come se avesse dormito per ore e si fosse appena svegliata in un letto che non fosse il suo.
«Sì, Danny, perché? Va tutto bene…»
Lui, con un gesto delicato delle dita, guidò il suo viso fino a farlo voltare verso il centro del tendone: lì un numeroso gruppo di persone di ogni età, un po’ ubriaca e tanto felice, ballava il tradizionale ballo folkloristico.
«Di solito tu sei là in mezzo, Aurie – lui era l’unico che la chiamasse così –, invece te ne stai qui trasognata, con un mezzo broncio su quella tua bellissima bocca e non ti stai godendo niente di questo ultimo giorno dell’anno.»
Aura, con due dita, eseguì sul viso del fratello lo stesso suo gesto di poco prima e guidò il suo sguardo sorpreso al tavolo delle vecchie compagne di scuola.
«Le vedi quelle, Dan? – gli chiese retorica – Hanno la mia età! Non avranno una carriera folgorante, che nemmeno io ho, dopotutto; non avranno preso una laurea e non avranno un negozio di antichità ad LA, ma… hanno un uomo accanto.»
«Come si chiama? Dai, sputa il rospo.» Danny guardava sua sorella con rinnovato interesse e con un affetto nel cuore che si percepiva attraverso le pupille castane. Lei non seppe cosa rispondere; sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato e, in un certo senso, fu contenta che fosse con lui. Il problema, però, era che non si sentiva ancora pronta per condividere qualcosa che nemmeno lei comprendeva.
«Non c’è proprio nessun nome da fare o qualcosa da raccontare, Dan. È solo che mi sto accorgendo del tempo che passa e forse inizio a sentire che manca qualcosa nella mia vita.»
 
«E vorrei tanto sentire la voce di Michael, adesso.»
 
Non aveva raccontato di Michael a nessuno, nemmeno a Tanisha che, rimasta sola ad LA, aveva deciso di tornare ad Haiti dalla famiglia per il Capodanno, e che quindi era praticamente irraggiungibile. Avrebbe tanto voluto confidarsi con qualcuno, ma aveva timore a farlo: si trattava pur sempre di un personaggio famoso a livello planetario, non del vicino di casa, per cui attese pazientemente la resa di suo fratello e si unì al resto del paese in mezzo all’improvvisata pista da ballo.   

 
*** 

Mancavano circa quaranta minuti allo scoccare della mezzanotte, tutti si stavano raggruppando intorno al grande abete, vicino al palco dove la The Sixth Band stava suonando una cover di Come Together dei Beatles; Aura ascoltava rapita, ricordando di aver sentito quella canzone cantata da Michael nel film Moonwalker, e il suo cuore si riempì di malinconia: quell’uomo stava diventando un’ossessione vera e propria! Cosa cavolo le aveva fatto?
Qualche secondo dopo, intorno a lei scoppiò un tumulto generale, di cui però non riuscì proprio a capire la causa; la band smise di suonare e i componenti iniziarono a guardarsi gli uni gli altri con sguardo attonito. Passarono solo pochi istanti e il signor Rogers, vicesindaco e organizzatore dello spettacolo, salì sul palco visibilmente emozionato e pieno d’orgoglio.
«Cari concittadini, ho appena scoperto che la nostra splendida Auralee ci ha fatto un regalo davvero sensazionale. Non ha detto nulla fino a ora perché non era sicura di riuscir…»
Aura lo fissò incredula, mentre tutte le persone si girarono a guardarla, sorridendole; non riuscì davvero a capire che cosa avesse fatto di così straordinario finché…
«È con immenso piacere che vi presento il nostro ospite d’onore, inaspettato e davvero gradito, qui per festeggiare con noi questo nostro Capodanno 1992: Michael Jackson!»
Aura fu sul punto di perdere i sensi mentre la folla acclamava il Re del Pop tra grida e applausi scroscianti. Sembrava che Burlington stesse per esplodere: probabilmente avrebbero avvertito il boato fino a Chicago! Tutti iniziarono ad abbracciarla e baciarla, passò di persona in persona, e senza rendersene conto si ritrovò sotto al palco. Michael, accompagnato dalla The Sixth Band, aveva ripreso a cantare “Come Together”, sorridendole come solo lui sapeva fare e facendole mancare per l’ennesima volta la terra sotto ai piedi.
Non poteva credere che Michael fosse veramente lì a casa sua, a Burlington.
Non poteva credere che l’oggetto del suo unico desiderio si fosse appena materializzato sotto i suoi occhi meravigliati, come se le fosse bastato chiederlo, per averlo lì per lei.
Non poteva credere al pensiero che, mentre lo ammirava nel suo habitat naturale – così sciolto e sicuro e selvaggio – le si era appena formato nel cuore:
“Io lo amo.”                                                                

 
 “Come together
Right now
Over me”
   
 
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