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Autore: Rowena    10/09/2008    1 recensioni
La gita scolastica di quest’anno dell’Osaka High sarà in California.
Oh no. No no no, non può essere!
Ci deve essere un errore: questa giornata sembrava così promettente, il tempo splendido e una giornata a caccia di saldi con la mia migliore amica in programma, quindi perché si deve abbattere su di me questa disgrazia?
Non è giusto, non me lo merito.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Va bene, Mizuki, ragioniamo con calma.
Sano Izumi è qui. In California. Più precisamente in casa mia. Sulla soglia della mia camera, la mia bella stanzetta che sembra un tempio a lui consacrato. Per di più in compagnia di mia madre e della mia migliore amica, con la quale ho appena finito di parlare di lui.
No, questo è decisamente troppo: trenta secondi per cacciare tutti fuori e lanciarmi a rinnovare la camera per rendere la situazione meno imbarazzante. Posso farcela solo per la forza della disperazione. Ventinove, vent’otto, ventisette…
Quando riapro la porta, tre paia d’occhi mi osservano con aria stranita; non stento a crederlo, sono sudata e ho il fiatone come se avessi corso la maratona!
Sono sfinita, ma per lo meno la grande opera è compiuta.
“Sano-kun” comincio, ma ancora non va bene: troppa gente a guardarci, mi sento osservata. Lui stesso sembra imbarazzato, come se il pubblico lo mettesse a disagio: per uno che è abituato a saltare davanti a centinaia di persone è strano, no?
Mamma lo capisce, ci vede annaspare e decide di venirci in aiuto. Ti voglio tanto bene, non so se te lo dico abbastanza spesso ma è così.
Ora più che mai, almeno. E dire che pensavo di non poter provare ancora la gratitudine che ho sentito al momento della loro partenza in Giappone.
“Io torno in cucina, Mizuki: se avete bisogno di qualcosa datemi un chiamo, va bene?” Sorride ancora, tutta fiera di sé, e si rivolge direttamente a Sano. “È stato un piacere conoscerti finalmente, Sano-kun. Mi auguro di vederti spesso nei prossimi giorni”.
Lui sorride e s’inchina appena per rispondere a mia madre. “La ringrazio, signora; è stato un piacere anche per me, sebbene non abbia capito per quale motivo abbiamo evitato suo marito”.
Lo so io, il perché: se papà l’avesse visto, l’avrebbe tenuto sotto torchio per ore tanto per sapere cosa è successo davvero in Giappone. Ho idea che la mia versione non l’abbia convinto molto, chissà poi per quale ragione…
Sorridendo, mamma risponde all’inchino e se ne va: rimaniamo in tre.
“Che ci fai qui, Sano?” chiedo ancora dubbiosa. Non ci credo che sia davvero qui.
Julia sembra sul punto di darmi un pugno in testa. Che c’è, che ho detto?
Non mi sembra che sia tanto normale la materializzazione improvvisa di Sano sulla soglia della mia stanza, no?
Infatti, Sano stesso si limita a sorridere prima di rispondere, per nulla sorpreso dalla mia domanda. “Mio padre mi ha portato a un meeting a porte chiuse per i migliori saltatori del mondo. Dice che mi aiuterà a recuperare i miei vecchi standard”.
Vorrei dirgli che per me già quel giorno d’autunno, quando ha saltato ai nazionali, era ai suoi vecchi standard, però mi limito ad annuire. Ne abbiamo già parlato, nella camera che dividevamo all’Osaka High; sentir dire dal ragazzo di cui mi sono innamorata che grazie a me è riuscito a diventare una persona migliore…
Beh, è uno dei tanti aspetti che non avevo preventivato quando ho deciso di entrare in una scuola maschile per incontrarlo e aiutarlo a tornare in pista. Non che mi lamenti, anzi!
“Potevi scrivermelo, sarei venuta a prenderti in aeroporto a saperlo”.
Lui si avvicina e mi scompiglia i capelli, come ai vecchi tempi. “Volevo farti una sorpresa”.
“Oh”.
Julia sta trattenendo un attacco di risa, me lo sento; ma che ha da divertirsi così? Proprio non capisco.
Sarà meglio fare le presentazioni, prima che la situazione degeneri.
“Dopo aver sentito questa qui idolatrarti per anni, sono contenta d’incontrarti di persona, Sano-kun. Mizuki è davvero la tua fan numero uno, sai?”
Terra, inghiottimi.
Sano, controllato come sempre, non fa una piega. “Altrettanto. E sì, la sua ostinazione perché tornassi a saltare me l’ha fatto pensare”.
“Ehi, come sarebbe?” Mi prendi in giro, Sano?
“Con tutta quella robaccia ritagliata dai giornali che ti sei portata in Giappone, oseresti negarlo?”
“Ma è stato un incidente…” biascico a malapena sentendo le guance in fiamme. “Ho rischiato di farmi scoprire subito. Piuttosto, come hai fatto ad arrivare qui?”
Lui allarga le braccia e le incrocia dietro la schiena, ricordando molto Nakatsu, sempre ridacchiando. “Ho chiesto l’indirizzo a tuo fratello”.
Semplice, conciso, furbo. Da quando lui e Shizuki si scrivono? Mi sento un po’ accerchiata da questa famiglia di complici che agiscono alle mie spalle!
Ora che ci penso, mio fratello aveva chiesto a Sano di tenermi d’occhio… Probabilmente si sono tenuti in contatto fin da allora. Sarà meglio tenerlo a mente d’ora in poi.
Sospirando, faccio per dire qualcosa a Julia, quando mi accorgo che non c’è più.
“Uh? Se ne è andata?”
“Sì, eri così presa a pensare che non te ne sei accorta. Allora”, attacca poi con un sorrisetto che non mi ispira nulla di buono, “cos’è che hai nascosto in tutta fretta quando siamo arrivati?”
Oh mamma. “Niente che ti possa interessare!” sbotto imbarazzata.
Fai che non abbia visto nulla, fai che non abbia visto nulla…
Ma, ovviamente, Sano si avvicina sicuro all’armadio dove ho infilato tutti i manifesti compromettenti e ne recupera uno, lo srotola per poi fermarsi a guardarlo, quasi stupito. “Non pensavo che mi avessero messo su tanti poster: hai l’intera collezione, o sbaglio?”
Terra, riapriti e inghiottimi di nuovo. Voglio morire per la vergogna!
“È tutta roba vecchia, la tengo lì appesa da anni; quando sono tornata non li ho tolti perché…” Come faccio a dirti che ho preferito lasciarli alle pareti per avere l’illusione di dividere ancora la stanza con lui? È davvero troppo, anche per me.
“Akiha mi ha portato una foto di noi due quasi subito dopo la tua partenza. È molto bella; ne ho fatto fare una copia anche per te, così puoi tenere quella invece di tutte quelle gigantografie”.
Mi guarda fisso e sorride in quel modo speciale, tutto per me. Sembra che questo mese non sia passato, sembra di essere tornati a quel momento unico in aeroporto.
“Mi sei mancata, Mizuki”. Il suo abbraccio, forte e improvviso.
Ora sì, che sono tornata a casa.



   
 
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