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Autore: FairLady    21/08/2014    4 recensioni
Due occhi scuri, lo specchio di un'anima profondamente ferita.
Un nome sussurrato dal vento che arrivi a lenire un dolore ormai senza tempo.
Due cuori affini che si fondono in un unico corpo immortale, quello dell'amore.
Prima storia in questo fandom. Please, be kind.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aura, Michael e quell’amaca un po’ consumata dal tempo, i cui ganci scricchiolavano appena, forzati dal peso dei loro corpi, era ciò che si poteva vedere nel giardino di casa Mitchell, quella notte del primo Gennaio 1992. Faceva un freddo pazzesco, ma bardati nei loro cappotti e vicini com’erano, la temperatura esterna non si stava affatto rivelando un problema, anzi.
Dopo quel primo, imbarazzato, caldo, morbido bacio si erano accoccolati uno vicino all’altra sotto al platano americano – spoglio a causa della stagione –, con la guardia del corpo che da qualche passo di distanza continuava a sorvegliarli.
C’era silenzio, un silenzio pacifico e pieno di tante parole che non avevano bisogno di essere pronunciate. Stavano bene lì nei loro pensieri, che sicuramente erano per entrambi gli stessi, e non esisteva alcun motivo per interrompere quello scambio discreto di emozioni, possibile semplicemente ascoltando il cuore dell’altro battere a un ritmo più incalzante del normale. L’unico problema sarebbe stato l’arrivo a casa della famiglia di Aura: di certo avrebbero trovato strano vederli abbracciati sull’amaca come due fidanzati; non aveva avuto modo – o voglia – di prepararli all’eventualità che una simile circostanza si potesse presentare. In realtà, anche lei non era stata preparata a quello che stava vivendo; comunque, rifletté tra sé, fintanto che in piazza ci fosse stata birra a sufficienza sarebbero stati tranquilli.
«A cosa stai pensando?» con la sua voce carezzevole Michael ruppe il silenzio, non che ne sentisse la necessità, ma la mente delle donne era sempre stata per lui un tale mistero che, dopo gli ultimi avvenimenti, avrebbe voluto sapere cosa passasse per la mente di Aura.
Lei, presa di sorpresa, inizialmente non seppe cosa rispondere, poi sorrise nel buio stringendo più forte le braccia intorno al torace di Michael.
«Pensavo che a mio padre verrebbe un colpo se la birra finisse alla festa e, costretto a rientrare a casa per fare scorta, ci trovasse qui così.»
Istantaneamente il moro s’irrigidì; non gli capitava da tempo immemore di trovarsi in una situazione del genere – davvero non ricordava nemmeno cosa volesse dire avere a che fare con una persona che non facesse parte del suo modo patinato, e comunque, più in generale, era passato del tempo da quando aveva provato qualcosa di forte per una donna, e le cose non erano andate granché bene –, cosa avrebbe dovuto fare?
«Rilassati – lo rassicurò però lei, dopo aver percepito la tensione nei suoi addominali –, è tutto ok. Capita molto di rado che la festa s’interrompa per mancanza di beni di primaria necessità.»
Michael cercò di tranquillizzarsi, ma la rigidità non lo aveva abbandonato.
«È che non vorrei farti finire nei guai – ammise lui, confermando quanto ancora fosse preoccupato –, mi dispiacerebbe.»
Aura si tirò un po’ su facendo leva sul gomito e improvvisamente l’amaca iniziò a vacillare pericolosamente; entrambi allargarono le braccia per cercare di nuovo l’equilibrio e scoppiarono a ridere.
«Piano! – la redarguì teneramente – così ci fai ribaltare!»
Quando riacquisirono una certa stabilità, per evitare altri imprevisti Aura tornò alla posizione di poco prima – la sua preferita –, abbracciata a lui, che con la mano sinistra le accarezzava il braccio.
«Non credo che finirei nei guai, in effetti. Alla fine dei conti ho ventotto anni, penso che si aspettino che prima o poi riesca a trovare un ragazzo.»
A quell’ultima affermazione Michael avvampò e sorrise un po’ in imbarazzo. Se non fosse stata notte fonda probabilmente Aura avrebbe visto il suo viso incendiarsi di ogni tonalità di rosso conosciuta, e ringraziò il cielo che così non fosse. Non amava particolarmente mostrarsi vulnerabile, anche nella vita professionale preferiva ridurre al minimo i momenti in cui doveva parlare davanti al pubblico; aveva sempre preferito comunicare attraverso le canzoni e i passi di danza. Quello sì che gli veniva bene. Era chiaro, però, che lei conoscesse già più di quanto lui stesso avrebbe voluto svelare. Quando si era trasformato in un libro così facile da leggere?
«Scusa, non volevo metterti a disagio – furono infatti le parole di Aura –, hai capito cosa volevo dire.»
«Scusami tu, Auralee, non sono pratico di queste cose, non so mai cos’è la cosa giusta da fare.»
Lei riuscì ad alzare il capo cercando i suoi occhi scuri nel buio di quella notte tanto luminosa per lei; straordinariamente li trovò che la fissavano con intensità.
«Vorrà dire che impareremo insieme» gli rispose con un soffio di voce, perché quegli occhi grandi ed espressivi le toglievano il fiato ogni volta. Il sorriso un po’ imbarazzato di Michael, ma visibile anche nell’oscurità del giardino, era l’unica risposta che Aura avrebbe potuto aspettarsi e quella che avrebbe sicuramente sentito più sincera.
 
«Michael, – Miko, appostato vicino alla veranda, si fece avanti nel buio – dobbiamo andare, il tragitto per l’aeroporto è lungo.» La guardia non avrebbe voluto interrompere quel momento, era troppo tempo che non vedeva il cantante così interessato a una ragazza tanto da portarlo a mollare per due giorni le prove e ad avere anche un piccolo diverbio con John, che ovviamente non era d’accordo riguardo quella partenza improvvisa.
Michael si era persino rifiutato di specificare all’entourage la destinazione di quel viaggio: si era visto costretto a dirlo a Miko, sua guardia del corpo e suo confidente da anni. Glielo aveva dovuto confessare perché, come era ovvio, John e Suze lo avevano obbligato a portarselo dietro – ormai gli era quasi impossibile andare persino al bagno, senza di lui.
«Te ne vai di già?» la voce di Aura, sorpresa ed evidentemente un po’ delusa, arrivò all’orecchio di Michael come una stilettata.
«Piccola, credimi, vorrei restare, ma ho fatto già una gran fatica ad allontanarmi per queste poche ore», la tristezza e il rammarico di doversene andare era perfettamente udibile dalla sua voce, si sentiva il cuore in pezzi all’idea di ripartire, ma se non voleva finire in qualche guaio più grosso – e, soprattutto, se non voleva attirare troppa attenzione su Auralee –, avrebbe dovuto agire cautamente, tenendo un basso profilo, per quanto possibile; già poteva immaginare l’interrogatorio che gli avrebbero fatto una volta tornato a Los Angeles, avrebbe fatto meglio a rientrare in fretta per non aggravare ulteriormente la situazione.
Aura capì immediatamente, e conscia del grande regalo che aveva già ricevuto vedendoselo piombare a Burlington senza preavviso la notte di Capodanno, si rassegnò all’idea di vederlo andare via. Dopotutto, prima di imbarcarsi in quella strana crociera tumultuosa, sapeva con chi aveva a che fare – e, tutto sommato, entro qualche giorno sarebbe tornata in California anche lei. Forse non avrebbe dovuto aspettare poi così tanto per rivederlo. Forse.
 
***
 
Era rientrato in tutta fretta a Neverland, con Miko che tentava con le sue solite frasette sottili e ambigue di farlo parlare e con la voglia strana e prepotente di fare dietrofront e tornare da lei. Da Aura.
Appena messo piede a Santa Ynez nel pomeriggio, John gli piombò accanto come un condor, con l’espressione tirata di chi si sta trattenendo dall’esplodere e gli occhi fintamente amichevoli. Era un brav’uomo, per carità, ma a volte Michael mal soffriva la pressione talvolta troppo forte del ruolo che ricopriva, e iniziava a sentire dentro la necessità di prendersela con un po’ più di tranquillità.
«Non che qualche ora di stop ci abbia fatto male, Michael, e sono sicuro che il motivo del tuo viaggio è stato sicuramente di una certa rilevanza, ma…»
«John, amico, non siamo in ritardo. È tutto ok, da domani mi rimetto al lavoro e non ti accorgerai nemmeno che ho saltato quasi due giorni di prove. Non ti preoccupare.» lo interruppe Michael con la sua proverbiale, delicata gentilezza.
L’uomo in giacca e cravatta non se la sentì di ribattere, anche se ne avrebbe avuta voglia; sedette sul divano vicino al camino continuando a parlare con Suze e uno degli elettronici, seguendo con lo sguardo il cantante che si allontanava verso la cucina.
Dalla finestra aperta sentiva le risate gioiose dei bambini che approfittavano della splendida tiepida giornata di sole per giocare all’aria aperta, e istantaneamente si sentì il cuore leggero.
Chissà come sarebbe stato avere lì fuori dei bambini suoi… e magari di Aura.
Scosse la testa come a scacciare quel pensiero fuori luogo e azzardato, non da lui, non da Michael. Eppure negli ultimi giorni faticava a riconoscersi, forse erano diventati proprio da lui. No?
«A cosa stai pensando così intensamente, con così tanto turbamento?»
La voce di Liz lo riportò sul pianeta, si volse verso di lei e gli sorrise grato e sollevato che fosse lì. Aveva proprio bisogno di un’amica con cui parlare.
«Michael, tesoro…» la donna, bellissima ed elegantissima, lo strinse come la chioccia che era sempre stata, si lasciò baciare in fronte da lui e lo abbracciò di nuovo. «Te lo avevo detto che a un certo punto sarei arrivata.»
«Dov’è Larry? È venuto con te?» le chiese mentre fingeva di voler preparare del the pur non essendone in grado. Elizabeth gli si avvicinò e gli prese dalle mani il bollitore guardandolo con affetto.
«Non voglio il the, voglio che mi dici cosa succede. Quando sono arrivata John era un fascio di nervi.»
A quelle parole Michael ricambiò lo sguardo dell’amica, sentendo nel cuore che a lei – e soltanto a lei – avrebbe davvero potuto dire qualunque cosa; nonostante i timori che provava, si decise a parlare, sussurrando appena. Le guance s’imporporano forse per l’emozione, o per l’imbarazzo di stare per dire veramente quello che aveva in mente. Fece un profondo respiro e velocemente pronunciò quelle poche parole:
«Liz, penso proprio di essermi innamorato.»
 
 
When it gets dark and cold
We hold each other till we see the sunlight
 
 
 
 
   
 
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