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Autore: Quasar93    25/08/2014    4 recensioni
Questa fanfiction sarà una raccolta di missing moments tra X-men first class e X-man days of future past. Come ha reagito Charles quando Erik fu sospettato dell'assassinio di Kennedy, come ha gestito i mesi dopo cuba? E se il momento in cui si sono rivisti al pentagono quando insieme a Pietro e Logan sono andati a liberare Erik non fosse stata l'unica occasione di parlare per il telepate e il manipolatore di metalli?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccomi con il nuovo capitolo. Finalmente Charles ha trovato il coraggio di parlare con Erik, ma gli sarà davvero d'aiuto o ha ragione Hank, e sta solo per commettere un grave sbaglio?  Buona lettura e scusate il ritardo, ma tra il gishwhes e le vacanze in posti sperduti senza wi-fi mi sono ridotta ad aggiornarla solo ora:) Alla fine ci saranno un paio di note, perchè la storia è ambientata nel movieverse ma ci sono un paio di riferimenti ad eventi narrati per ora solo nel fumetto, quindi non preoccupatevi se qualcosa non vi è subito chiaro.





Don’t know what’s going on
don’t know what went wrong
feels like an hundred years I
still can’t believe you’re gone
so I’ll stay up all night
with this bloodshot eyes
while these walls surround me
with the story of our life
 

-Di tutte le persone, Charles, tu sei l’ultimo che mi aspettavo di vedere-
-Credimi, non sei il solo che avrebbe evitato volentieri questa conversazione- rispose Charles, guardandolo con una cattiveria che non gli si addiceva per nulla, -ma ho bisogno di mettere una pietra sopra a tutto quanto e non posso farlo se prima non chiudo i conti tra di noi- le braccia lungo i fianchi, i pugni stretti.
-Più che per parlare sembra che tu sia venuto per prendermi a pugni- ghignò Erik.
-Non tentarmi. Non sono più l’uomo che ero, Erik.-
Poi d’improvviso l’ambiente cambiò un attimo, veloce come un flash, per poi tornare lo stesso.
-Cos’è successo, un altro dei tuoi trucchetti?- disse mimando un gesto con la mano.
-Ho spostato la conversazione all’interno della tua mente, così le guardie non si insospettiranno vedendoti parlare da solo, ma mi ci è voluto più tempo del previsto- rispose Charles, per poi tirare un pugno in faccia a Erik, senza nessun preavviso. – E questo è un altro dei vantaggi -
L’altro rimase un attimo senza parole, ma decise di non commentare il gesto.
-Una volta ci avresti messo un secondo a entrare nella mia mente- disse invece.
-Una volta non ero stato senza poteri per più di due anni- per la seconda volta il manipolatore di metalli rimase un momento interdetto.
-Charles, cos’hai fatto?-
-Nulla che ti possa interessare. E poi non siamo qui per parlare di me.-
disse Charles risistemandosi i capelli che gli erano finiti sugli occhi.
Erik rimase in silenzio, pensieroso. Il suo vecchio amico era diverso, cambiato, ma ancora non riusciva a capire cosa c’era di sbagliato.
Ma qualcosa c’era, ne era certo, e non era solo il suo aspetto a impensierirlo, la sua espressione, il suo sguardo, erano così diversi da quelli a cui era abituato.
-Erik, perché?- Chiese Charles, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
-Perché, cosa?-
-Non prendermi per stupido, sai benissimo cosa- disse aprendo le braccia ad indicare la stanza di massima sicurezza che si era impegnato a ricostruire anche nella mente di Erik.
-Non l’ho ucciso io- disse calmo.
Charles lo fulminò con lo sguardo.
-Dico davvero, Charles-
-La pallottola ha curvato-
-Perché ho cercato di salvarlo!- ribadì, mentre la rabbia iniziava a farsi strada nella sua voce.
-Vorrei tanto crederti- disse il telepate mentre la rabbia lasciava per un attimo spazio alla tristezza nei suoi occhi blu.
-E’ la verità, Charles-
-E perché avresti tentato di salvarlo, sentiamo-
-Perché era uno di noi- disse abbassando lo sguardo.
Charles scoppiò a ridere, di una risata che poco aveva a che fare con la felicità.
-Il presidente era un mutante?- chiese incredulo, portandosi una mano alla fronte.
-Si. L’unica cosa di cui sono colpevole è di aver lottato per quelli come noi!- sbottò Erik, lasciando uscire la rabbia che nascondeva dietro la sua fredda calma.
-Io stavo lottando per quelli come noi, Erik! Con la mia scuola i mutanti avrebbero finalmente trovato il loro posto nella società e non sarebbero stati temuti. Sarebbero cresciuti in un ambiente protetto e avrebbero imparato a controllare i loro poteri senza ferire nessuno, così da far sentire gli umani sicuri. Invece grazie ai tuoi atti terroristici gli umani hanno sempre più paura di noi. Oddio Erik, pensano addirittura che tu abbia ucciso il presidente.- applaudì lentamente, fissando negli occhi quello che una volta era come un fratello per lui, lo sguardo colmo di disperazione e rimpianti.
-Ah si? E dov’eri negli ultimi tre anni eh? Dov’eri mentre i tuoi preziosi studenti sono stati mandati a morire in Vientnam? Banshee è morto, Havok in guerra. E non sono i soli. Emma è stata uccisa e Azazel è scomparso, si sospetta sia stato rapito per condurre degli esperimenti. Esperimenti, Charles, esperimenti sui tuoi simili.- sibilò il manipolatore di metalli.
Charles sentì il vuoto formarsi nel suo stomaco. Azazel ed Emma erano nemici ma non avrebbe mai desiderato la loro morte o tanto meno che venissero usati come cavie da laboratorio. Abbassò lo sguardo non sapendo come ribattere, i pugni serrati.
-Non hai niente da dire adesso eh?-
-Lo sapevo. Di Sean e Alex.- si limitò a dire.
-Dovevano essere al sicuro, nella tua scuola. Che tu hai chiuso per darti a cosa? Guardati sembri un…- Erik si interruppe quando, mentre squadrava Charles per trovare un aggettivo adatto a descriverlo, aveva notato le cicatrici sui polsi.
-Charles, dimmi che non hai fatto quello che penso- disse con un tono misto tra rabbia e preoccupazione.
-Ti ripeto che non siamo qui per parlare di me- rispose, tirandosi il più giù possibile le maniche della camicia e stringendo i polsini tra le mani, ma Erik non lo ascoltò e gli prese un polso tirandogli su con forza la manica della camicia fin quasi alla spalla, tenendolo fermo contro il muro con l’altro braccio per impedirgli di divincolarsi.
-Che cosa cazzo ti è passato per la mente?- disse guardando le cicatrici sui polsi prima e i fori a metà dell’avambraccio poi.
-Ci hai abbandonati, ci hai abbandonati tutti per chiuderti in quella villa a farti e ad autocommiserarti! Sei rimasto li, a crogiolarti nella tua depressione mentre la nostra gente veniva uccisa!- disse spingendo il braccio con cui lo bloccava più forte per poi lasciarlo andare.
-Non hai nessun diritto di parlarmi così!- urlò scosso Charles, tirandosi di nuovo giù la manica della camicia a coprire il suo maldestro tentativo di togliersi la vita. -Non sono stato io ad andarmene, tre anni fa, su quella spiaggia a Cuba. Ti sei preso tutto quanto, tutto quello a cui tenevo, e sei andato via lasciandomi solo-
-No Charles, tu mi hai lasciato solo, quando mi avevi promesso che non lo sarei stato mai più. Ti ho chiesto di restare al mio fianco, e di aiutarmi, aiutarmi a proteggere la nostra specie, i nostri fratelli mutanti e tu mi hai voltato le spalle. Non appena hai visto com’è davvero il mondo hai preferito rintanarti di nuovo nella tua stupida utopia irrealizzabile. Si è visto a cosa ha portato- disse, indicando l’altro con disprezzo –E non azzardarti a parlarmi di perdere tutto. Cosa ne vuoi sapere tu di cosa vuol dire perdere tutto? E io non mi sono mai ridotto così, ne ho mai tentato di.. dio, non riesco nemmeno a dirlo-
-Ho avuto le mie ragioni. I ragazzi, Erik, è stato come perdere i miei figli! E..-
-Anche io ho perso una figlia, ma non mi nascondo dietro Anya per giustificare i miei errori!- urlò Erik, resistendo all’impulso di saltare adosso a Charles e ricambiare il pugno che gli aveva assestato poco prima.
-E per il resto.. – si toccò il braccio all’altezza del gomito, senza rispondere alla provocazione dell’altro, – ho dovuto farlo. Per poter camminare, per..-
-Hai rinunciato ai tuoi poteri per più di tre anni per poter camminare?- lo interruppe Erik.
-Ho rinunciato ai miei poteri per poter pensare, per poter dorm..- si interruppe guardandolo truce
–tanto cosa ti interessa, sei tu l’unico che sa cosa vuol dire soffrire qui!- gli urlò, con una voce così piena di rabbia che mai Erik aveva sentito prima.
-Non ho mai detto questo-
-Ah no? Vuoi sapere come ci si sente? Quando tutti i tuoi sogni vanno in frantumi? Vuoi sentirlo?- Charles non diede all’altro mutante il tempo di rispondere che gli si lanciò contro prendendogli la testa tra le mani e stringendogli le tempie tra le dita.
In un momento Charles gli riversò nella testa tutte le emozioni che aveva provato negli ultimi anni.
La fredda tristezza di quando, a Cuba, aveva raggiunto la consapevolezza di aver fallito nel salvarlo dai suoi demoni. L’ottimismo, che aveva cercato comunque di dimostrare dopo che lui e Raven se ne erano andati. La tristezza profonda di quelle notti in cui comunque non poteva evitare di pensare a tutto quanto.
Il dolore di aver perso le gambe, gli ospedali, gli interventi. La straziante disperazione di quando aveva dovuto chiudere la scuola, così profonda che sembrava divorarlo dall’interno.
Erik restava li, mentre Charles gli riempiva la testa di sentimenti e immagini, sensazioni, ricordi.
Poi vide il nero della depressione e i ricordi sfuocati dall’alcol e dal siero. Lo vide stare meglio e poi ricadere in basso mentre scopriva di Sean e di Alex. La voragine di dolore riaprirsi nel suo cuore e sentì i suoi polsi fargli male mentre cercava di buttare fuori da se quel dolore schiacciante.
Ogni cosa la provava sulla sua pelle, come se fosse lui a vivere quei momenti e non fossero solo ricordi proiettati nella sua mente.
Poi ci fu qualcos’altro, qualcosa che non c’entrava con il resto.
Fu come un flash e Erik si ritrovò a guardare una scena che non capiva e a provare un dolore diverso. C’era un bambino, rintanato in un angolo e un uomo adulto che cercava di farlo alzare. Quando finalmente l’uomo riuscì nel suo intento il bambino si mise a piangere e l’uomo iniziò a picchiarlo.
La scena cambiò ancora, l’uomo ora era in piedi vicino a un macchinario e il bambino era legato su una parte di questo. L’uomo stava per mettergli in testa una specie di casco pieno di elettrodi e il bambino urlava, piangeva ma l’uomo non dava segno di smettere. E la paura, la paura era così intensa da scuotere perfino un uomo adulto come lui.
Poi, così come era iniziata la connessione psionica fu bruscamente interrotta.
Erik si ritrovò a guardare un Charles sconvolto. Si sentì la faccia umida, si passò una mano sulla guancia. Aveva, pianto?
-Charles, eri tu quel bambino?- chiese Erik
-Non avresti dovuto vedere quelle cose- disse indietreggiando inconsciamente e stringendosi nelle spalle.- non ho riguadagnato abbastanza controllo sui miei poteri-
-Perché non me ne hai mai parlato?-
-E’ stato un errore venire qui. E’ stato un tutto un errore. Dimentica quello che hai visto- disse, la voce nervosa e lo sguardo basso.
-E’ il tuo passato, non puoi rinnegarlo. Così come non puoi rinnegare quello che ti è successo negli ultimi anni. Devi accettarlo o non riuscirai mai ad andare avanti.- alzò inconsciamente il braccio con tatuato il suo numero da prigioniero.
-Non posso farlo, Erik. Non sono più l’uomo che ero. Non sono abbastanza forte- disse fissandolo negli occhi con lo sguardo blu carico di sofferenza, il sorriso triste. – Forse avrei dovuto lasciarti annegare quel giorno, a quest’ora avrei risolto tutti i miei problemi.-  disse con la stessa fredda consapevolezza di quando l’aveva lasciato andare la prima volta.
-Charles, so che non lo pensi davvero- disse Erik, sforzando un sorriso, fingendo che quelle parole non l’avessero nemmeno sfiorato quando invece erano state come una pugnalata al cuore.
-Ormai quel che è stato è stato, ma per il bene di entrambi, devi dimenticare questo incontro. Addio Erik-
Si avvicinò all’altro ancora una volta e appoggiò la fronte alla sua per aumentare il contatto telepatico, immobilizzandolo con i suoi poteri prima che potesse fare qualcosa per impedirglielo.
-Charles, no-
-Addio- bisbigliò ancora mentre una luce bianca avvolgeva l’ambiente, accompagnando il telepate fuori dalla mente dell’altro mutante.
-Addio-
 
 
 
 
I feel so much better
Now that you're gone forever
I tell myself that I don't miss you at all
I'm not lying, denying that I feel so much better now
That you're gone forever

 
Note:
1) Nel fumetto è canon che il padre di Charles, quando questi era bambino, lo picchiasse e facesse esperimenti su di lui.
2) Erik, tra la fuga dal campo e il primo incontro con Charles si fa una vita con Magda da cui ha una figlia, Anya. Anya muore nell'incedio appiccato alla casa di Erik da alcuni uomini per questioni di soldi e perchè avevano scoperto che lui era un mutante. Erik tenta invano di salvarla ed in quel momento subisce la piena attivazione dei suoi poteri uccidendo tutti  i colpevoli. La moglie, sconvolta, lo definisce un mostro e fugge abbandonandolo, già incinta di Pietro e Wanda.
  
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