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Autore: SilverSoul    30/08/2014    3 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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3) La vita secondo Soul: quanto è difficile non essere Raperonzolo
 
Alle sette in punto due occhi carmini si spalancarono, anticipando la sveglia.

Dal groviglio di coperte emerse una figura alta e slanciata, il petto segnato da una cicatrice che correva dalla spalla destra al fianco opposto.

Soul si grattò la testa, sbadigliando vistosamente, e si vestì di tutto punto ancora prima di scendere dal letto, come del resto faceva tutte le mattine. Dopo aver capito che da cinque minuti stava tentando di infilarsi la maglia al posto dei pantaloni, sistemò gli abiti sugli arti corretti, dirigendosi verso il bagno, per tentare di darsi una svegliata immergendo il viso sotto il flusso di acqua gelida che sgorgava dal rubinetto, un’abitudine che aveva preso al tempo delle superiori e che ancora non lo abbandonava.

E, come ogni mattina da almeno dieci anni, tentò di sistemare i candidi ciuffi ribelli che, appena sveglio, sparavano selvaggiamente in qualsiasi direzione, conferendogli un’aria da riccio che si è appena rotolato nell’erba alta: e questo, per uno che, come lui, aveva fatto dell’essere cool uno stile di vita, era assolutamente da evitare.

Tentò. Ecco la parola chiave.

Ancora ad occhi chiusi, infatti, si tastò la nuca, alla ricerca di quella criniera da domare in un look finto scarmigliato che l’avrebbe reso sexy e cool, aspetto grazie al quale aveva fatto capitolare numerose donne nel corso della sua vita.

Niente.

Ecco cosa trovarono le sue mani in esplorazione. Assolutamente niente, se non una zazzera finissima ai lati della testa, e giusto qualche ciocca poco più lunga sopra.
Soul dischiuse gli occhi lentamente, prima uno e poi l’altro,sperando ardentemente che quello che era successo il giorno prima sia stato solo un incubo: un ragazzo dagli occhi rossi gli restituì lo sguardo dallo specchio, scrutandolo attentamente.

“Non posso essere io” pensò Soul, prima di iniziare a sventolare la mano davanti agli occhi dello sconosciuto, “non sono assolutamente io” rifletté, girandosi a guardare se, per caso, e solo per caso, dietro di lui si trovasse uno dei sette sosia che ognuno di noi ha al mondo.

“Dove. Sono. Finiti. I. Miei. Capelli.”
 
***

Soul non era arrivato a Death City da neanche una settimana, che aveva già un paio di lavori. Okay, uno non se l’era proprio cercato lui, ma il risultato era lo stesso. Il mattino lavorava come fattorino nel negozio di suo cugino Tom, il quale gentilmente si era anche offerto di ospitarlo. Ed ecco il problema: il proverbiale e inossidabile orgoglio degli Evans. Nonostante non fosse in buoni rapporti con molti della sua famiglia, il “piccolo” di casa Evans aveva ereditato una buona parte dei modi di fare e delle caratteristiche del suo nobile casato, tra le quali l’orgoglio era preponderante.

Aveva accettato il lavoro che gli veniva offerto solo dopo che Tom l’aveva assicurato che comunque avrebbe cercato, di lì a breve, qualcuno che lavorasse come fattorino: non voleva essere di peso e scombussolare il povero cugino. Quindi, aveva deciso che sarebbe stato un coinquilino-fantasma fino a quando non avesse potuto permettersi un piccolo appartamento: avrebbe dimostrato a tutti che sapeva cavarsela da solo, non aveva bisogno che il cugino gli facesse da balia.

Così, aveva deciso di farla lui, la balia. Dato che aveva il pomeriggio libero e gli servivano quattrini, si era offerto come babysitter: e di lavoro ce n’era.

Dopo un paio di settimane, era arrivato a gestire circa 10 piccole pesti di sei o sette famiglie diverse, a giorni alterni: circolava la voce che sapeva trattare con i bambini, accudirli e calmarli, arrivava sempre puntuale e, soprattutto, tutti i cuccioli d’uomo lo adoravano e ascoltavano tutto quello che diceva.
E se dapprima le famiglie erano un po’ titubanti ad assumerlo, a causa dei mille orecchini, il giubbotto di pelle sempre addosso e i capelli mai in ordine, si erano ricredute immediatamente dopo aver visto gli occhi a cuoricino dei loro pargoli ogni volta che si parlava di Soul.

Ora, dal punto di vista dell’albino, il lavoro era semplice: si trattava di stare spaparanzato sul divano a godersi le partire di basket in tv, scolandosi una  bibita, e lasciando che i bimbi si intrattenessero da sé.

O, meglio, questo era quello che accadeva dopo che Soul e le pesti da accudire siglassero IL patto: il ragazzo si impegnava a procurare loro, di sottobanco, patatine, caramelle, dolci e schifezze che i genitori avevano espressamente proibito e consentiva loro di guardare quanta tv volessero, mentre i ragazzini accettavano di importunarlo il meno possibile.
Semplice e pulito, vantaggioso da entrambe le parti.

A ciò si aggiungeva poi la simpatia spontanea dei bimbi verso quell’essere stravagante e sempre imbronciato: i bambini avevano trovato un compagno di gioco sempre disponibile per una partita alla Play Station o a basket mentre le bambine… be’, nel loro piccolo, erano donne, quindi venivano ammagliate da quegli occhi di fuoco contornati da candida neve, e si limitavano a fissarlo, un po’ intimorite e un po’ ammiranti, senza osare neanche respirare.

Oh. E poi, c’era lui.

Il piccolo Spirit*: lunghi capelli rossi, sempre vestito elegante, con le sue giacchette,  ed una grande passione per i coltelli e le lame in generale.
Era uno degli ultimi acquisti di Soul, ed era una palla al piede: tra loro, era stato odio a prima vista.

Ovviamente, Spirit aveva rifiutato IL patto e non solo: aveva minacciato di svelare i metodi da babysitter di Soul a tutto il quartiere, facendogli perdere i suoi clienti, se avesse smesso di essere la sua balia.

Ebbene sì, gente: il grande e cool Soul era ricattato da un bimbo che a malapena gli arrivava al ginocchio.

Nessuno delle babysitter precedenti del piccolo rosso, infatti, aveva resistito più di qualche giorno alle torture del bimbo, il quale si aggirava per casa armato dell’argenteria, tendendo agguati alle povere malcapitate, giocando  “alla guerra”, per poi ritrasformarsi nel lezioso e capriccioso moccioso di sempre appena i suoi genitori rimettevano piede in casa. Genitori che, ovviamente, stravedevano per lui.

Soul era bloccato in quella casa ogni mercoledì, ed ogni stramaledettissima volta era una battaglia: se le davano di santa ragione, volavano vasi e forchette, si tiravano i capelli, imbrattavano i pavimenti e le pareti, distruggendo casa.
Vincevano a turno, un mercoledì Soul e uno Spirit, prolungando quella mischia selvaggia fino alle sei di sera, ora del rientro della madre del piccolo: allora, spalla a spalla, scopa e stracci alla mano, pulivano il disastro che avevano combinato, aiutandosi a vicenda.

Non li avevano ancora scoperti, segno che potevano mettere su insieme un impresa di pulizie efficientissima, se solo avessero collaborato.

Il giorno prima del risveglio del nostro Soul era stato, guarda caso, un mercoledì. E non uno qualsiasi, ma uno di quelli in cui la vittoria era toccata al piccolo tormento: Soul era tornato a casa stanco, sudato e sporco, ma era solo durante la doccia che aveva scoperto il peggio.
Aveva una gomma da masticare appiccicata sui capelli.

Ma, si sa, al peggio non c’è mai fine.

Aveva scoperto di avere quell’impiastro sulle ciocche proprio mentre si stava facendo lo shampoo: ergo, aveva sparso l’ammasso schifoso su tutta la sua meravigliosa chioma, prima di accorgersene.

Aveva urlano tante maledizioni e bestemmie che, se avesse potuto, Mefistofele si sarebbe prodotto in una standing ovation con tanto di ola. Aveva chiuso l’acqua, giurando vendetta, ed era corso in giro per casa coperto solo da un asciugamano sui fianchi, alla ricerca di Tom, che aveva trovato in cucina a guardare uno di quei programmi da casalinga disperata, della serie “corso di cucina per deficienti: impara anche tu!”.

Solo poche volte nella sua vita aveva lasciato che qualcuno gli toccasse i capelli, ma quella volta aveva implorato: e Tom, trattenendo a stento le risate, aveva tagliato via la gomma e aveva cercato di sistemare il taglio il più possibile.

Alla fine, Soul era corso a letto, rifiutandosi di passare davanti ad uno specchio o di toccarsi i capelli con le mani, timoroso del vuoto che avrebbe trovato, certo che era tutto solo un brutto sogno: era andato a dormire con le lacrime agli occhi, dopo tanto tempo.

Ma, in fondo, era Soul Eater Evans, e non si sarebbe fatto sconfiggere da un ragazzino: le lacrime rimasero aggrappate lì dov’erano, sulle ciglia, rifiutandosi di cadere.

Un ghigno si disegnò sulle sue labbra, un ghigno malefico.

“Oooh, dopo questa, sarà guerra aperta, piccolo demonio”.
 
 



*Spirit: ovviamente qui non faccio riferimento al padre di Maka, che è perso nei suoi viaggi, ma ad un piccolo bambino che ha le sue fattezze e che da’ grattacapi al nostro povero eroe. Mi piaceva l’idea che Spirit gli desse il tormento anche se non come genitore della sua “piccola bambina” ;)
  
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