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Autore: fragolottina    03/09/2014    12 recensioni
"Ogni sei mesi tutti i ragazzi di tutte le scuole dello stato, di età compresa tra i diciassette ed i venti anni, venivano sottoposti ad un test.
Tutti i test erano spediti direttamente alla sede centrale dell’ADP a Vernon, dove erano analizzati, smistati e valutati.
C’erano tre responsi possibili: il primo, ragazzo normale, potevi continuare la tua vita come se niente fosse successo; il secondo, potenziale Veggente, non eri arrestato – od ucciso, come ebbi modo di scoprire in seguito – come un Veggente attivo, ma ad ogni modo eri obbligato a sottoporti a test clinici per valutare la tua resistenza al Mitronio, per calibrare una cura su misura; il terzo, potenziale Vegliante, un soldato, una risorsa del governo, da quel giorno la tua missione era quella di dare la caccia ai Veggenti attivi.
A quanto pareva, io ero una potenziale Vegliante."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Synt'
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MSC 29 fragolottina's time
ve lo devo dire, lettrucciole, per essere la piccola personcina iperperfezionista e paranoica che sono, mi ritengo piuttosto soddisfatta di questo capitolo.
l'ho temuto, ehi, se l'ho temuto, c'ho messo millemila anni a scriverlo! ma penso che ne sia uscito qualcosa di discretamente buono...
perchè questo preambolo? vi chiederete voi.
perchè questo è l'ultimo capitolo de "Il Mitronio di Synt"... buone, buone... stiamo, calmi. Ci sarà un Epilogo, ma in realtà si tratterà più che altro, di "anticipazioni sadiche e per niente anticipanti" sul prossimo capitolo della saga... ve lo ricordate, vero? che è una saga?
ci vediamo più giù...

29.
Te lo prometto


Courtney si svegliò nel letto di Jared e rimase ferma, con gli occhi aperti nella penombra delle tapparelle abbassate. Era consapevole del suo respiro dietro di lei, come lo era della pesantezza del suo corpo sul letto. Percepì la propria nudità come una colpa e non per quello che aveva fatto, ma come l’aveva fatto. Avevano abbozzato: ignorato discussioni e disaccordi ed avevano fatto l’amore.
    E Courtney si sentiva sporca e vigliacca.
    Non aveva mai pensato che qualsiasi cosa ci fosse tra lei e Jared non avrebbe funzionato come in quel momento, nel suo letto, la mattina dopo aver deciso che le sue motivazione non valevano quanto il suo abbraccio. Perché lo aveva deciso, ma non ci credeva. Aveva sempre creduto di essere nel giusto, ne era certa da quella mattina.
    Il telefono della caserma suonò, strappandola dalle sue riflessioni. Courtney si alzò, mentre Jared apriva lentamente gli occhi ed andò a rispondere avvolta nelle lenzuola.
    «Vegliante Williams.» si annunciò con la cornetta all’orecchio.
    «Salve, Vegliante, posso parlare con la sua Responsabile? È piuttosto urgente.»
    «Sono spiacente, la Responsabile Roberts non è in caserma in questo momento. Posso farla richiamare, vuole lasciarmi i suoi contatti?»
    Una risata. «Le dica soltanto che Wood la cerca.» disse. «Sono sicuro che troverà da sola il modo di contattarmi al più presto.»

Dawn Dandley andò ad aprire alla porta dopo essere stata bruscamente svegliata dal campanello impazzito. Era appena l’alba ed anche se il mondo stesse andando a rotoli, non le sembrava un buon motivo perché la svegliassero.
    Quindi era pronta a tirare fuori gli artigli e ricordare loro che il suo benestare era negli interessi di tutti, ma non lo fece: guardò il ragazzo davanti a lei, la pistola che le puntava contro. Non c’era sedativo in canna, né Mitronio, ma piombo.
    «Conosco il patto che aveva fatto con Josh: una sola domanda e lei avrebbe risposto sinceramente.» le ricordò Nate. «Josh diceva sempre di non sapere cosa chiederle. Io però lo so, so esattamente qual è la domanda da farle.»
    Dawn Dandley annuì. «Se Rom…»
    Lui scosse la testa prima che lei potesse finire. «Romeo non verrà. Courtney sta dando a Zach il doppio della dose della sua cura. Qualsiasi cosa succederà, Romeo sarà lì.»
    «Il doppio?!» domandò lei facendo per correre in avanti, Nate si spostò con lei per impedirle di allontanarsi.
    «La mia domanda.» ripeté.
    «È una follia, è pericoloso. Per l’amor del cielo, è con il suo cervello che state trafficando.» lo rimproverò.
    «La mia. Domanda.» disse di nuovo, irremovibile.
    Dawn Dandely lo fissò indispettita e si sistemò la vestaglia addosso con un gesto secco, prima di incrociare le braccia sul petto. «Ebbene, Vegliante, qual è la tua domanda?» lo sfidò.
    «Cos’è Zach?»
    Dawn Dandley rimase in silenzio per una manciata di secondi, poi scoppiò a ridere in modo così spontaneo ed autentico che Nate ne rimase completamente spiazzato, la sua sicurezza vacillò ed ebbe un attimo di esitazione nel vederla rientrare, ma poi la raggiunse e la trattenne per un braccio.
    «Aspetti, deve rispondere!» si lamentò.
    «”Cos’è Zach”?!» ripeté divertita. «Non è una domanda, sono almeno venti!»
    «Risponda come se fosse una.»
    «Un esperimento firmato da me.» disse pratica. «Nato umanissimo, reso Veggente grazie ad una straordinaria manipolazione genetica, con al suo interno un organo extra che produce una sostanza tanto simile al Mitronio da produrre gli stessi effetti su di lui.»
    Nate le lasciò il braccio, fece un passo indietro. Il suo viso era una maschera di orrore. «Come?»
    Per un attimo Dawn si concesse di osservare la sua espressione sbalordita e goderne, nemmeno lui, nonostante il suo cervello fosse estremamente vivace e lucido, aveva pensato così in grande. Poi però si incupì, le era capitato troppe volte di gioire per la riuscita di un esperimento che avrebbe portato a conseguenze terribili. C’erano vittorie che non andavano festeggiate, vittorie che non valevano la battaglia. Entrò in casa, ma lasciò la porta aperta sapendo che lui l’avrebbe seguita.
    «Logan Douquette sa essere convincente. Mi ha offerto soldi, protezione. Ha avvelenato mio marito con il plutonio, mia figlia era già rinchiusa in una gabbia.» gli lanciò un’occhiata. «Un’offerta che non ho potuto rifiutare.»
    «Ma si rende conto che lo ha reso…»
    «Sì, me ne sono resa conto.» disse fissandolo, decisa e furiosa. «Ma avevo un fratello ed era un Veggente. Volevo salvare almeno lui.»
    Tornò ad incamminarsi in corridoio e Nate la seguì fin nella cucina. «Signora Dandley.» la supplicò dalla soglia dopo averla raggiunta. «La prego, mi spieghi.»
    Dawn Dandely lo guardò, provò ad immaginare la frustrazione, il tormento; l’essere tanto rivoluzionari, sentirlo scorrere, ma non saperlo mai del tutto. Pensò ad Helen che giocava nel suo salotto, a come sorrideva, felice. Nessun Vegliante avrebbe mai potuto provare una tale felicità e la colpa era sua.
    «Perché gli avete dato il doppio della cura?» gli domandò.
    Nate si guardò intorno vago. «Abbiamo motivo di credere che Wood e di suoi fantastici Veglianti stiano per venire a darci una mano.» scosse la testa. «Jean è preoccupata e lo sono anche io, è stato Logan Douquette a chiamarli. Zach non può stare qui con loro.»
    La donna sospirò. «Ti conviene sederti, è una lunga storia.»

Courtney mi guardò prima di attaccare a Zach il secondo sacchetto di sangue, sembrava quasi che volesse chiedermi il permesso. Mi aveva spiegato le sue motivazioni, le avevo anche capite, ma non ero riuscita a dire né sì né no.
    «Fallo e basta, Court.» la incoraggiò Zach.

«Dopo aver inventato il Mitronio diventai molto famosa, probabilmente troppo.» iniziò Dawn Dandley mescolando un tè che non aveva zuccherato. «Non ti sei fermato a pensare a quanto il mio lavoro fosse buono, vero?» rise. «Il Mitronio non è un veleno, è più simile ad un virus. L’ho costruito partendo da un campione di quei famosi cosini che dicono al cervello di un Veggente “Funziona di più”, li hanno solo loro, sai? Il Mitronio li intercetta, li muta e li fa diventare come lui. Intercettatori e cosini lottano finché nell’organismo non ce ne sono abbastanza da vincere. Ci vuole un po’ di tempo perché tutto avvenga senza che il paziente se ne accorga. Sai, i proiettili della ragazzina? Lì il quantitativo e circa tre volte superiore al limite consigliato: gli intercettatori entrano e li sterminano, se il cervello è abbastanza forte da resistere a quel cambiamento così repentino, lo smaltisce lentamente; altrimenti…»
    «Dieci anni.» ricordò Nate.
    «Meno in realtà, l’ADP vuole stare sicura, ma iniziando a diciassette direi che a ventitré non ci sono più pericoli.» scrollò le spalle con noncuranza. «Forse può comparire della febbre.»
    «E Zach?»
    Dawn Dandley rise. «Somministrare una sostanza ogni giorno per dieci anni ad un gruppo di adolescenti è una buona soluzione, ma non è la migliore. I Veggenti stavano iniziando ad organizzarsi in gruppi di ribelli, avrebbero messo le mani sul Mitronio, l’avrebbero studiato e combattuto – lo stanno facendo, con Zach c’hanno provato, anche se gli avevo detto che non avrebbe funzionato.»
    Nate ripensò all’incidente della Bandiera Svizzera, alle pillole che Zach aveva ingoiato senza tanti pensieri.
    «La cura prima o poi sarebbe diventata obsoleta, bisognava pensare in modo diverso.» continuò, ma abbassò lo sguardo. «Logan Douquette venne da me, mi disse che voleva un’attenta analisi ed un’eventuale modifica del DNA di suo figlio. Voleva che fosse un Veggente e voleva che non lo sapesse mai. Vedi, ragazzo, la Veggenza non inizia a diciassette anni, come non lo inizia la sessualità. Tu hai un pene da quando nasci, solo non sai esattamente a cosa serve. Crescendo ne diventi consapevole, capisci. Diciassette anni è una buona età per iniziare la cura, ma questo non significa che non ci siano persone che inizino a vedere prima.»
    Nate continuò a guardarla fisso, non riusciva capire tutto, ma stava cercando di registrare ogni informazione nella sua mente per esaminarla poi.
    «Ci sono bambini che iniziano a vedere precocissimi, sono quelli che poi l’ADP cura come Veggenti appena dopo il test. Ad ogni modo, con lui non c’era una donna gravida ed io gli dissi che non si poteva fare, non sapevo fare un Veggente dal niente, non ero Dio. Mi serviva un ovulo o un seme, o meglio ancora tutti e due. Lui annuì e se ne andò, pensai che fosse finita lì.»
    «E invece no.» suggerì Nate.
    Dawn scosse la testa. «Mesi dopo tornò da me con una Veggente, una ragazza madre di un Veggente a sua volta. Logan me la presentò come sua moglie e come la madre di suo figlio. Dissi di no. Dissi di no così a lungo da sacrificare tutto per quel no. Poi Dhelia Gamley in Douquette venne da me, avrà avuto vent’anni. “Non ci riusciranno”, mi disse.» bevve un sorso di tè. «Feci Zach esattamente come lo voleva Logan, maschio, alto, buon metabolismo. Decise ogni cosa, colore di capelli, lunghezza del piede, tutto. Poi mi chiese se avevo risolto il problema della Veggenza.» rise. «L’avevo risolto la prima volta che era stato lì.»
    «Come?» chiese Nate, Dawn lo vide deglutire.
    «Gli ho costruito una specie di tumore su misura.»
    Nate aggrottò le sopracciglia senza parole.
    «Ho preso una manciata di cellule che sarebbero diventate ghiandole linfatiche e ho detto loro di diventare qualcos’altro. Logan era stato chiaro, voleva che suo figlio fosse un eroe, voleva che vedesse, ma che non lo sapesse. Veggente a metà, in modo da dipendere per sempre dal suo giudizio. Così feci in modo che il suo tumore rilasciasse una sostanza, in risposta agli stimoli più forti, che lasciasse inalterato un intuito più sviluppato ed inconscio.»
    «Quindi dobbiamo asportare quel tumore?» domandò Nate.
    «Quel tumore non c’è più da tempo.» Dawn sorrise. «Ci ha pensato Sean, per questo adesso il Mitronio ora lo prende da fuori e per questo lo sta uccidendo. Quello che produceva il suo corpo era armonizzato al suo organismo, per essere artificiale era molto naturale.»
    «Ma deve essere stato curato per più di dieci anni, perché continuare? Se anche in passato vedesse, non ci vede più.» obbiettò.
    Dawn rise. «Ma l’ho fatto io e Logan voleva che il suo obbediente soldatino durasse più di dieci anni. È durato quasi venti se ci pensi.»
    «E perché non…» Nate si morse la lingua prima di proseguire. «Perché non funziona più?» chiese anche se si vergognava di parlare di Zach come di una cosa.
    «Quando gli intercettatori diventano troppi, quando sono più dei cosini che vorrebbero attivare il tuo cervello, se continui ad assumere Mitronio, iniziano ad andare in giro per tenersi occupati: rallentano gli impulsi nervosi, i riflessi… Zach era già oltre il limite quando hanno iniziato a darglielo. È forte, ma se tu avessi preso tutto il Mitronio che ha preso lui saresti un vegetale da qualche anno ormai.»
    «Io non sono un Veggente.» disse Nate.
    Dawn Dandley sorrise e si sporse sul tavolo. «Ma certo che lo sei.» si strinse nelle spalle. «Lo siete tutti.»

Zach ascoltò il resoconto di Matt con attenzione, seduto su una sedia, non sul letto. Forse avrei dovuto ascoltare anche io, ma conoscevo quella storia e preferivo guardare lui. Non era più malato e lui era il primo a saperlo, si muoveva in modo diverso. Tutto il suo corpo era teso nello sforzo di mantenersi immobile, sapevo che se i suoi muscoli avessero ceduto anche soltanto per un minuto avrebbe distrutto quella stanza, forse tutto l’ospedale.
    «Lo voglio vedere.» disse cupo.
    «Cosa?» chiese Matt.
    «Quella cosa che avevo nel braccio.» spiegò fissando Matt negli occhi.
    Lui mi guardò, come se ci fosse bisogno del mio lasciapassare; mi strinsi nelle spalle, non spettava a me quella decisione.
    Matt prese l’affarino dalla tasca e glielo porse, rimanemmo tutti in silenzio mentre se lo rigirava tra le dita.
    «Mi controllava.» disse.
    «Sì.»
    Lo lasciò cadere per terra, il guscio di plastica nel quale l’aveva messo Matt si ruppe e l’affarino rimbalzò contro la scarpa di Zach, che sollevò il piede e lo spiaccicò a terra. Si alzò in piedi. «Vado a cercare mio padre.» annunciò.
    «Non mi pare una buona idea.» osservò Matt.
    Ma Zach lo ignorò completamente e guardò me. «Tu resta con Courtney.» disse prima di uscire dalla stanza.
    Mi voltai verso di lei in attesa che dicesse qualcosa, di solito era lei a farlo ragionare, a spiegargli perché una cosa era folle; non sempre la ascoltava, ma se non altro era l’unica a sapere cosa dirgli per provarci.
    «Dove sono le pistole di Becky?» chiese questa volta a Matt.

Zach raggiunse la stanza di suo padre senza farsi domande, sua madre era lì con lui e lo guardò con aspettativa e complicità, come aveva fatto per tutta la sua vita. In diciannove anni era sempre stato sicuro di una cosa: niente di tutto quello che aveva fatto per sua madre era mai stato sbagliato.
    «Però! Stai bene, Zach.» osservò suo padre.
    Zach chiuse la porta ad occhi bassi. «Avevo un microchip che ti diceva dov’ero?» gli chiese direttamente. Sentiva Sean nell’aria, se fosse stato vivo, sarebbe stato presente. E gli avrebbe portato la sua mazza da baseball.
    Suo padre fece scorrere gli occhi su di lui ed il suo sguardo rivelava la domanda che avrebbe posto se fosse stato molto più stupido: “Non ce l’hai più?”.
    Zach chiuse gli occhi scuotendo la testa, amareggiato. Non avrebbe dovuto farlo, la sua mente si riempì di immagini come dopo la morte di Sean, prima di cercare di ucciderlo: non era mai stato bravo a gestire certi colpi pesanti. Li riaprì e sbatté velocemente le palpebre per scacciare tutto tranne il presente. Guardò sua madre in cerca di aiuto e la vide mimare un respiro profondo.
    «Zach, non so se ti ricordi, ma sei stato un ragazzino piuttosto problematico.» gli spiegò suo padre con una calma ed una praticità che lo fecero infuriare ancora di più: facevano apparire tutto normale. Era normale mettere un chip all’interno del corpo del proprio figlio, era normale chiuderlo dentro il portabagagli della propria auto con le costole rotte, era normale spedirlo in accademia militare perché non obbediva.
    «Ero preoccupato. Prima di mandarti in accademia avevi provato a scappare di casa e non mi piaceva saperti a zonzo chissà dove. Avevi dodici anni!»
    Non se lo ricordava. Era scappato di casa? Quando? E per andare dove poi? Dalla testa gli partì una fitta, si portò una mano alla tempia, come per non far uscire quello che c’era dentro. Dentro c’era troppa roba. Faceva caldo, un caldo infernale.
    «Zach, dove sei? Stai guardando dove ti trovi?» gli chiese sua madre, un’eco lontana.
    Era dentro la sua giacca da Veggente, era così consumata che ce ne sarebbe voluta una nuova, Jean non lo avrebbe mai mandato da nessuna parte con quello straccio rattoppato. Guardò sé stesso come si sarebbe guardato allo specchio, guardò il taglio che aveva la giacca sotto le costole, sapeva che la cicatrice lasciata da Romeo era lì. Si guardò negli occhi.
    Lo sapevi, te lo ricordi? L’hai raccontato a Becky, gli disse sé stesso.
    “Non potevo saperlo”, pensò, ma ovviamente sé stesso intercettò quel pensiero.
    Non potevi, ma lo sapevi. Te lo ricordavi, lo sapevi.
    Zach sentì il duro del pavimento quando cadde a terra, poi uno spasmo familiare al braccio, un muscolo che guizzava indipendentemente dalla sua volontà: convulsioni.

Dhelia Doquette balzò in piedi non appena il corpo del figlio toccò terra, recuperò un portagioie dal proprio comodino e lo usò per colpire il marito alla nuca. Preso alla sprovvista, Logan Douquette finì a terra, mentre anni di gioielli e regali si sparpagliavano sul pavimento e sotto i letti dell’ospedale.
    Romeo e Jamie entrarono nella stanza senza degnare l’uomo a terra di uno sguardo, ma concentrandosi subito e solo su Zach. Jamie tirò fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e glielo legò tra i denti per evitare che soffocasse con la sua stessa lingua, Romeo gli passò le manette.
    «Ehi.» obbiettò Dhelia Douquette.
    «Signora, di Jamie non si ricorda ed io non gli sto esattamente simpatico.» le fece notare. «Prima o poi si svegliare e non sarà di buonumore.»
    Dhelia sospirò. «Abbiatene cura.» ma stavolta guardò Jamie mentre lo diceva.
    Lui ricambiò il suo sguardo e deglutì. «Sa che lo farò, signora Douquette, l’ho promesso.»
    «In bocca al lupo con suo marito.» le augurò Romeo, prima di afferrare Zach sotto le braccia e trascinarlo fuori. Jamie salutò la donna con un cenno della testa, poi chiuse la porta inchiavandoli dentro.

Fummo veloci, il tempo di prendere le mie pistole, il tempo necessario a Courtney di legarsi i capelli e recuperare un manganello che aveva nascosto chissà dove, il tempo che Matt ci dicesse “Vado a rubare una macchina, ci vediamo in garage”.
    Non lo fummo abbastanza, la situazione era già precipitata.
    In prossimità della camera dei genitori di Zach ci trovammo invischiati in una guerriglia tra i Veggenti, che avevano creato un fronte compatto per non far passare nessuno, e gli agenti dell’ADP, decisi a raggiungere e liberare il loro più grande benefattore.
    Io e Courtney rimanemmo immobili a guardarli per una manciata di secondi, senza capire. Eravamo lì per aiutare Zach a difendersi e liberarsi definitivamente dal controllo ossessivo di suo padre, ma la realtà era che forse, a quel punto, avremmo dovuto aiutare lui.
    Perché i Veggenti avevano attaccato Logan Douquette e sua moglie così, di punto in bianco, proprio il giorno di Zach poi? Non aveva senso, c’erano state altre mille occasioni migliori di quella da quando era lì.
    Un guizzo rosso attirò la mia attenzione. Dietro il muro all’apparenza inviolabile di Veggenti c’erano Romeo e Jamie che trasportavano qualcosa… qualcuno…
    Mi voltai prima che il mio cervello mettesse insieme tutti i dettagli. C’era un altro ascensore dall’altra parte e loro dovevano per forza scendere per uscire di lì.

Jamie e Romeo raggiunsero l’ascensore ed entrarono non appena le porte scorrevoli si aprirono. Romeo premette il pulsante del parcheggio, mentre Jamie appoggiava con delicatezza Zach alla parete, come un giocattolo rotto, ma prezioso. Aveva smesso di avere le convulsioni da un po’, ma era rimasto incosciente, ogni tanto il suo corpo era ancora scosso da un tremito, ma sospettava che fosse per quello che stava vedendo dietro le sue palpebre abbassate. Sapeva cosa stava vedendo: un mondo spaventoso ancora lontano da loro, ma che presto li avrebbe raggiunti.
    L’ascensore non si mosse.
    «Siamo in ritardo.» lo informò Romeo. «Hanno bloccato gli ascensori.»
    «Siamo Veggenti, come facciamo ad essere in ritardo?» sbottò Jamie facendosi aria. «Non poteva essere un po’ più piccolo?»
    «Che facciamo?»
    Lui continuò ad osservare Zach, somigliava a Sean. «Io resto, li trattengo, tu prendi le scale. Chiama qualcuno perché ti aiuti e…»
    Smise di parlare al suono di passi che si avvicinavano e si voltò metà curioso e metà preoccupato, imitato da Romeo.
    Jean Roberts si avvicinò a loro. Entrò nell’ascensore e si accucciò accanto a Zach, gli sfiorò il viso; Jamie e Romeo rimasero immobili a guardarla, senza sapere bene come comportarsi.
    «Perché è svenuto?» domandò lei.
    Romeo deglutì e prese fiato. «Sovraccarico.»
    «Starà bene?» chiese guardandolo.
    Fece di sì con la testa, Jamie si sorprese di trovare nello sguardo di Romeo una tale deferenza, come se si fosse trovato davanti un essere mistico, una regina, qualcuno di intoccabile. Era solo una Responsabile.
    «Okay.» Jean si alzò ed uscì dall’ascensore, recuperò la propria tessera personale – erano poche le porte che non si sarebbe aperte davanti a lei con quella – aprì un piccolo sportello, sistemato sotto il pulsante di chiamata dell’ascensore, ed il coperchio rivelò una fessura.
    «Jean, mi dispiace per Josh. Non lo sapevo, io pensavo…» borbottò Romeo fissandola, si sentiva in colpa e Jamie lo sapeva. Aveva cercato di salvare Josh, si era impegnato, ma lui si era buttato da quel palazzo comunque; non c’era motivo di colpevolizzarsi, Josh era già distrutto per sempre, avevano combattuto una battaglia già persa.
    Jean tenne gli occhi fissi su di lui, mentre infilava con delicatezza la propria tessera nella fessura. «Non fermarti.» disse, poco prima che le porte scorrevoli si chiudessero tra i loro due mondi. E Jamie si disse che in fondo, dopo tutto, Jean Roberts non era soltanto una Responsabile.

Il mio ascensore e quello che trasportava Romeo, Zach e Jamie si aprirono contemporaneamente, in un momento di simbiosi tecnologica che non sarebbe capitata mai più.
    Sollevai le pistole davanti a me, una puntata su Romeo, l’altra su Jamie, non sapevo a chi sarebbe toccato il Mitronio, non mi interessava. Romeo mi guardò i suoi occhi erano enormi e nel suo sguardo c’era determinazione e sfida, perché lui lo sapeva, lo sapeva dall’inizio, dalla prima volta che ci eravamo incontrati, che ci saremmo trovati lì, che lui sarebbe stato all’interno del mio raggio di tiro. Ci aveva pensato, si era preparato, lui aveva deciso, aveva deciso di non tirarsi indietro; anche se potevo sparargli, anche se mi ero vista farlo, lui era venuto lì e non sarebbe scappato.
    «Scegli, Rebecca Farrel, conosci le conseguenze di ogni tua azione: le hai viste.»
    Zach sollevò le palpebre, il suo sguardo vagò per il garage, prima spaesato, cercando di raccogliere più dettagli possibili del luogo dove si trovava, poi febbrile, mentre realizzava. Trovò me, i suoi occhi si spalancarono di sorpresa e paura, verdi come i prati che non esistevano a Synt. Mugugnò forte, ma non sapevo se stava cercando di dirmi di scappare o di aiutarlo.
    Mi sta chiedendo di aiutarlo ed io non so che fare…
    Jamie cercò di tenergli ferme le gambe, ma lui riuscì comunque ad assestargli un calcio ben fatto. «Ahia! Maledetto marmocchio, i calci li prendo sempre io.»
    Lui non lo stava ascoltando, guardava me. Non so cosa pensasse: mi odiava perché ero immobile davanti a lui e non lo stavo aiutando? Era preoccupato perché temeva mi facessero del male? Avrei avuto modo di chiederglielo in futuro? Per terra, imbavagliato ed ammanettato, in disordine e fradicio di sudore, non sembrava niente di più di quello che era: un ragazzo di diciannove anni.
    Un ragazzo che avevano avvelenato per diciannove anni.
    «Devi andare con loro.» dissi abbassando le pistole. «Io lo so che non capisci e mi odierai per averti tradito, ma…» deglutii, volevo essere ovunque tranne lì. «Loro ti aiuteranno.»
    Zach smise di mugugnare, ma nel suo sguardo non c’era accettazione né comprensione: era sconvolto, offeso, io lo stavo tradendo. Di nuovo.
    «Mi dispiace.» piansi. Ero armata, potevo salvarlo, ma avrebbe significato condannarlo a qualcosa di peggio. Perché quella decisione toccava me? Mi avrebbe odiata per sempre.
    «Se non lo faccio, ti consumerai.» deglutii. «Ti ho visto indebolirti, i tuoi occhi si offuscheranno e diventeranno grigi, perderai i capelli a manciate.»
    Zach mi fissava e basta, immobile.
    «Ti serve un alibi, ragazzina.» mi suggerì Romeo.
    Distolsi lo sguardo dal suo perché non riuscivo più a sostenerlo, scossi la testa. «Vi siete fatti scudo con lui, mi sono lasciata prendere dall’emotività e non ho avuto il coraggio di sparare.»
    Romeo ghignò. «Hai proprio talento.»

Matt mi trovò seduta per terra, in mezzo al parcheggio con le ginocchia strette al petto e le pistole accanto a me. Mi si fermò di fronte e si accucciò. «Stai bene?»
    Non risposi, deglutii. «Si sono nascosti dietro Zach, non ho avuto il coraggio di sparare.»
    Lui mi guardò ed io pensai distintamente che non poteva credermi, non dopo tutto quello che avevamo fatto, non dopo tutto quello che ci eravamo detti.
    «Davvero?» domandò e si sedette accanto a me. «Ho consegnato le chiavi del fuoristrada a Ryan perché portasse Jamie Ross, Romeo e Zach imbavagliato via di qui.»
    «Perché l’hai fatto?»
    «Ryan mi ha detto che li avevi lasciati andare.» si strinse nelle spalle. «Se tu ti fidi, io mi fido.» disse offrendomi la mano.
    Io la strinsi, grata di quel piccolo conforto.
    Nate ci venne a prendere circa un’ora dopo con uno dei fuoristrada che erano in caserma, non ci chiese niente e non ci disse niente, ma tutti sapevamo che era sparito per ore e tutti sapevamo dove era andato. Salii sul sedile posteriore, Matt su quello del passeggero. «Dove andiamo?» chiese.
    «Torniamo in caserma, non abbiamo più niente da fare qui.» ci disse, mentre usciva dal parcheggio. «E le verdure.» aggiunse, ma sembrò costargli una fatica immane. «Non si mangiano verdure che non abbiamo comprato noi, niente di quello che ci arriva dall’ADP. È un ordine da Caposquadra.» incrociò il mio sguardo nello specchietto retrovisore, ma lo distolse subito dopo.

Courtney saltò sul tetto della caserma dei pompieri, ovviamente non poteva stare su quello della caserma dei Veglianti, non si sentiva sicura anche se erano passate ore ed era notte. L’ADP, sotto ordine di Wood, presidiava la caserma fino al suo arrivo.
    Ad un certo punto i Veggenti in ospedale si erano arresi ed avevano sciolto le righe per andarsene, Logan Douquette era stato liberato, aveva raccontato che il Veggente dai capelli rossi lo aveva colpito ed aveva approfittato del fatto che sua moglie avesse cercato di soccorrerlo per portare via Zach.
    Tutte le forze dell’ordine presenti in quel momento gli avevano giurato che avrebbero ritrovato suo figlio ed alle orecchie di Courtney quella dichiarazione era suonata come una sentenza di morte.
    Romeo sbucò fuori dopo quasi un’ora, un’ora durante la quale Courtney aveva pensato che Becky gli avesse effettivamente sparato – con quella ragazza non si poteva mai sapere. Solo in quel momento però, si rese conto che una parte di sé stessa era stata in pensiero per lui e si sentì sollevata nel vederlo sano e salvo.
    «Hai rapito Zach.» lo accusò.
    «Sto cercando di aiutarlo.» ribatté lui.
    Lei scosse la testa e si avvicinò. «Sta arrivando Wood.»
    «Lo so.» rispose.
    «Vi daranno la caccia.»
    «Lo so.» ripeté.    
    «Batteranno tutta Synt a tappeto.»
    «Lo so.» la guardò annoiato. «Dimmi qualcosa che non so.»
    «Zach sta bene?»
    Lui le posò le mani sulle spalle. «Sta bene e starà bene, hai la mia parola, Courtney.»
    Strinse le labbra e deglutì. «Ti troveranno?»
    Romeo scosse la testa con un sorriso divertito a piegargli le labbra.
    «Dovrò darti la caccia.» continuò lei, fissandolo.
    Lui rimase in silenzio per qualche secondo, smise di guardarla e la sua espressione divenne molto seria, poi: «Sì, dovrai.» allontanò le mani da lei, come se quel paragrafo di vita finisse lì e tutto, presto, sarebbe rientrato in schemi già conosciuti, già affrontati.
    Courtney prese la mano che si stava allontanando da lei e si avvicinò. Romeo non si mosse quando si avvicinò ancora, non era armata, non era pericolosa, non voleva esserlo. Chinò il viso verso di lei quando fu troppo vicina perché riuscissero a guardarsi negli occhi.
    «Promettimi di nasconderti, non farti trovare. Scappa quando sarò troppo vicina.»
    Romeo appoggiò la fronte contro la sua. «Ti prometto che mi nasconderò.» mormorò, le loro labbra si sfioravano quando parlava. «Ti prometto che non mi troverai, penserai che me ne sia andato, crederai che io non sia mai stato qui.»
    Courtney sapeva di doversi allontanare, ma semplicemente non voleva.
    «Scapperò quando sarai troppo vicina, ma non mi piacerà.»
    «È una promessa?» chiese Courtney porgendogli il cercapersone perché lo riprendesse.
    Romeo lo guardò, poi le strinse le dita per farglielo tenere. «Te lo prometto.»
    Courtney fece un passo indietro e chiuse gli occhi. «Uno…» iniziò a contare.
    Arrivò a cento, quando li riaprì Romeo non c’era più.


dunque... beh, ammetto che tutta la parte che riguarda la genetica di Zach ed il funzionamento del Mitronio è frutto di ore di chiacchiere notturne tra me ed il mio ragazzo...
medico? biologo? chiederete voi.
no, ingegnere. ingegnere lui, linguista io, capirete che è tutto molto teorico, quindi, no, se andate da un genetista, non vi fa Zach.
... era tanto per mettere in chiaro...
scherzi a parte, se tra voi ci sono genetisti, biologi, medici, tuttolgi che troveranno degli errori, senza alcun rancore, ci sono, lo ammetterò davanti ad ogni corte con ogni giudice e vi vorrò bene come prima...

dunque, l'epilogo verrà pubblicato venerdì 12

vi lascio i nostri contatti: la fanpage e twitter

vi voglio bene! baci
   
 
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