.:The Dog:.
Capitolo 6: “Torna da me”.
Fu per me
un vero stupore vedere proprio quel ragazzo nel salotto di casa mia.
Non sapevo
nulla di lui.
Non sapevo
chi fosse, quanti anni avesse o qualsiasi altra cosa lo
riguardasse…
L’unica
cosa che sapevo e di cui ero assolutamente certo, era l’invidia che provavo nei suoi confronti.
La prima
volta che lo vidi, fu in un pomeriggio di metà Agosto, ero
appena uscito da scuola (in quel periodo c’erano diversi esami a cui
dovevo partecipare), e dal momento che era una bella giornata di sole avevo
deciso di lasciare a casa la macchina per poter fare quattro passi.
Avevo
appena passato un brutto periodo della mia vita e, a dirla tutta, non ne ero ancora completamente uscito.
Avevo preferito accantonare ciò che sentivo.
Avevo
deciso che sentimenti come: dolore, rabbia e odio, non erano sentimenti adatti
a me…non mi servivano…per questo motivo costruii
dentro di me una sorta di…barriera.
Una
barriera impenetrabile, che mi avrebbe permesso di andare avanti senza
problemi, senza dolori…ma soprattutto, non avrebbe permesso a nessuno di
raggiungere e ferire ancora una volta il mio cuore.
Probabilmente
non era il miglior modo per andare avanti ma, stavo bene…e questo mi bastava.
Con questo
pensiero, passeggiavo tranquillamente fra le strade del ritorno, senza pensare
a nulla, quando d’un tratto sentii un rumore provenire
da un vecchio parco abbandonato.
“Sarà un
cane. In genere non passa mai nessuno per di qua…” pensai.
Incuriosito,
andai a dare un’occhiata.
Quello che
vi trovai era un ragazzo.
Abbastanza
alto (forse più basso di me di qualche centimetro), dalla corporatura asciutta
ed atletica, indossava un paio di jeans blu scuro e una felpa nera, che facevano risaltare perfettamente i lisci capelli neri
che gli ricadevano scompostamente lungo
il viso…sul quale spiccavano in modo ambiguo le carnose labbra di una tonalità
di rosato più scura rispetto a quella della carnagione, che era lievemente
pallida.
Stava
energicamente prendendo a calci e pugni il muro in pietra che circondava il
piccolo parco.
-Ahi! Porca
– soffocò la frase -...stupido muro!- urlò dopo aver sferrato
un pugno ed essersi fatto male .
Senza
accorgermene, un sorriso divertito mi illuminò il
viso.
Un
sorriso…?
Da quando
non sorridevo così…sinceramente?
Da mesi.
Sentii lo
stomaco stringersi.
-Ti odio!...tiodiotiodiotiodio!!!- urlò
poi al muro, prima di accovacciarsi e iniziare a piangere a dirotto,
nascondendo il viso fra le braccia.
Senza accorgermene
feci un passo indietro…sentivo un senso di nausea alla
bocca dello stomaco.
-Perché non
ti accontenti…perché mi abbandoni?!- continuò a voce
più bassa e roca a causa delle lacrime.
Sentii come
se qualcosa si fosse spezzato…la testa mi faceva male…mi sentivo come
soffocare...che diavolo stava succedendo?!
Via.
Dovevo
andare via.
Via da lui,
da quel posto.
Così,
spaventato, mi girai e corsi il più velocemente
possibile.
Dopo un po’
senza fiato, iniziai a rallentare.
Fortunatamente, li
vicino c’era una panchina di legno nascosta all’ombra di un albero.
Mi
avvicinai e mi ci sedetti.
Con i
gomiti appoggiati sulle ginocchia, nascondendo il viso fra le mani, potevo
sentire chiaramente gli incontrollabili battiti che il mio cuore stava subendo.
Paura…
“Ma che cosa mi prende?” sussurrai.
Dolore…
“Non è
possibile! Sto piangendo! No…no,no,no!!! Perché?!
PERCHE’?! ...Non voglio piangere!Le lacrime non aiutano!
Non servono!”
Rabbia…
“Stupido
ragazzo! È colpa sua! Tutta colpa sua!!! Delle sue
parole e delle sue lacrime!!!”
Perplessità…
“ Ma come ha fatto un semplice ragazzo a distruggere quello
che ho tanto faticato a costruire? Come?!”
Invidia…
“Almeno lui
riesce ad esternare ciò che sente…”
Mi alzai
dalla panchina e piano mi incamminai verso casa.
Ricordo con
precisione la faccia di Alfred quando tornai a
casa…era preoccupato.
Ma non mi impotava nulla in quel momento…difatti con apatia mi
trascinai nella mia stanza e mi ci rifugiai.
Non uscii
da li fino al giorno dopo, quando decisi di ritornare in
quel posto.
Non so
perché...ma volevo riandarci, molto probabilmente per osservare nuovamente da
lontano quel ragazzo.
Così,
nascosto dietro una delle quattro facciate dei muri
che circondava il parco, attraverso un buco, osservavo da lontano quel ragazzo.
Diversamente
dal giorno prima, stava cercando di aggiustare la
vecchia altalena, aveva persino portato degli appositi attrezzi.
Dopo un’ora
e qualcosa, era riuscito a sistemare il sedile ligneo e un po’ incerto ci si sedette sopra.
Fortunatamente
per lui, aveva fatto un buon lavoro.
Il sedile
era tornato come nuovo e con un sorriso soddisfatto iniziò
a dondolare piano…più che dondolarsi, sembrava si stesse cullando.
Difatti dopo un po’ chiuse gli occhi.
Per un
fugace attimo pensai che fosse davvero tenero in quella posizione.
Restai a
guardarlo ancora un po’ prima di incamminarmi nuovamente verso casa.
Nei giorni
seguenti, appena avevo un po’ di tempo libero tornavo
in quel parco ad osservare quello strano ragazzo che tanto mi incuriosiva e che
pian piano stava scombussolando tutto quel che avevo imposto al mio
cuore…mentre l’invidia verso di lui mi logorava lentamente,facendomi
impercettibilmente sospirare di continuo..
Poi, a inizio Settembre, successe una cosa strana…andando al
parco non ritrovai quel curioso ragazzo…pensando che sicuramente aveva
qualcos’altro da fare, tornai a casa.
Il problema
fu che per tutta la prima settimana di Settembre, lui non si fece vivo,
lasciando quel piccolo parco nuovamente vuoto come lo era stato per parecchio
tempo.
Sconfortato
da ciò, non tornai più…
Ero
arrabbiato.
Sapevo che
non avevo motivo per esserlo, ma era più forte di me!
Mi sentivo
così infantile!
Ma come potevo perdonarmi un simile errore?!
Far entrare
nelle mie abitudini un ragazzo che nemmeno conoscevo e permettergli di creare
scompiglio dentro me…davvero una mossa geniale!
E in più
non sapeva nemmeno che esisto…ma forse questo era un
bene.
Forse…tutto era un bene…soprattutto il fatto che sia sparito di colpo...in questo modo almeno, potrò
riordinare le idee e tornare alle mie solite abitudini e ai miei vecchi
lucchetti che appesantiscono il battito del mio cuore…
Molto meglio così!
Spero di non rivederlo mai più!
Dio solo sapeva quanto mi sbagliavo!
Qualche giorno dopo, improvvisamente, la mia adorata cagnolina
scomparve.
Ero sconvolto.
Ero completamente nel panico.
Adoravo quel cane…era una delle poche cose che veramente avesse importanza per me.
Non potevo minimamente pensare di vivere senza…
Con Alfred la cercai ovunque…ma niente.
Poi accadde quello che non avrei mai immaginato…
Ero nel mio letto a recuperare la notte insonne passata a cercare
Luna , senza nessun risultato.
Era ormai pomeriggio, quando mi svegliai.
Anche se ero ancora molto assonnato, decisi di scendere e magari mi
sarei fatto preparare anche un buon caffè da Alfred, prima di uscire nuovamente
a cercare Luna.
Così, lentamente iniziai a scendere le scale e dopo un sonoro
sbadiglio, chiamai il mio fedele maggiordomo per
capire dov’era.
La risposta di Alfred non si fece
attendere molto:
- Sono qui signorino. Mi trovo in salotto,
con un gentilissimo ragazzo che ci ha riportato la nostra Luna, che ora è in giardino-
Mi fermai di colpo, credevo di aver udito
male…
“Luna era davvero ritornata?”…per confermare le parole di Alfred,mi precipitai in salotto.
- Cosa?
Luna è tornata? - chiesi
appena notai la figura di Alfred.
- Si, signorino. – rispose
con un gran sorriso.
- E dov’è ora?- chiesi con entusiasmo
- In giardino a riposare al sole. Sa come è
fatta la nostra Luna!-
- Già…- dissi mentre giravo
il volt, notando solo ora la figura
accanto al mio maggiordomo.
Seduto compostamente sul mio
divano c’era il ragazzo che tanto aveva scombussolato il mio animo…
Il ragazzo che per settimane
avevo invidiato incontenibilmente, come un bambino che
invidia i giochi di qualcun altro!
Mentre con lo sguardo color
miele osservavo con più precisione i lineamenti morbidi del suo viso, ammisi a me
stesso la motivazione, che io stesso trovavo molto stupida, per la quale
provavo così tanta invidia.
Lo sfogo.
Gli strani sfoghi che quel
ragazzo usava rinchiudere in quel vecchio parco mi
facevano salire l’invidia…
Per il semplice motivo che
io, a differenza sua, non facevo altro che accantonare il mio dolore senza mai
affrontarlo.
Reprimevo così tanto i
sentimenti che potevano provocarmi dolore, che nemmeno una lacrima aveva
percorso mai il mio viso…
Ero davvero patetico!
Mi trovavo di fronte ad un
semplice ragazzo che con i suoi sfoghi mi aveva sbattuto in faccia la semplice
realtà.
In quel momento il mio cuore
sentì il bisogno di avvicinarsi a lui…
Così con la mia solita aria
gentile, mi presentai a lui…e da li il destino iniziò
a tessere le sue trame su di noi, senza che ce ne accorgessimo.
Senza un motivo preciso, io e
Oliver, legammo profondamente.
Con lui mi sentivo veramente
a mio agio…veramente bene.
Anche Alfred se ne accorse e ne era profondamente felice…tanto che ad un
certo punto iniziò lui stesso ad invitare Oliver a casa.
Il tempo che passavo con lui, io lo prendevo
come una forma di sfogo personale, ma ovviamente lui questo non lo sapeva!
Per la mia natura emotiva
non ho mai sentito il bisogno di comunicare delle cose così personali…
Però,
non so perché, ma ero convintissimo che Oliver se ne fosse reso conto e che silenziosamente
accettasse la situazione...
Finalmente dopo mesi, il
dolore che avevo accumulato in seguito a quella
stupida fede in oro che tenevo e tengo tutt’ora conservata in una nera
scatolina nel cassetto, stava man mano svanendo dal mio cuore.
I miei polmoni, perfino, mi
sembrava che respirassero nuova aria, più fresca e più salutare rispetto alla
precedente.
Mi accorsi di questa cosa
già all’inizio del “rapporto” che stavo costruendo con Oliver…
Fu una mattina che andammo
in un centro commerciale non lontano dal centro di Londra.
Mentre facevo vari acquisti
con lui, vicino ad un carrettino di gelati, notai quella figura a me così
familiare che aveva tanto dannato il mio cuore
tradendolo…
Rimasi lì immobile a
fissarla…mi sentivo come intrappolato e senza vie di uscita…ma
ecco che un semplice e abbagliante spiraglio di luce mi aveva fatto voltare il
viso senza difficoltà alcuna….
La voce di
Oliver, innocente e allegra
arrivò al mio udito riportandomi in quello stato di benessere che avevo
conosciuto grazie a lui.
Da lì, il tempo velocemente è passato…tre mesi di continua vicinanza abbiamo vissuto
insieme…
La presenza di Oliver nella mia casa…nel mio cuore, era diventata oramai
indispensabile…
Così tanto che quando,
alcune volte, ritardava a venire da me, il mio stato d’animo andava nel panico
più totale…
Quasi certamente, è stato
proprio grazie a quei momenti che ho capito che oramai Oliver era diventato
veramente essenziale per me.
Il suo sguardo grigio perla,
le ciglia lunghe e nere, i fini capelli neri, le sue labbra lievemente carnose,
il suo sorriso infantile, la sua voce calda ed allegra,le
mani affusolate, la sua pelle morbida, il profumo che emanava…tutto questo era
diventato indispensabile…così tanto da far battere il mio cuore.
Ma
come sempre, sono stato il solito stolto...
Una settimana fa, Oliver mi ha confessato i suoi sentimenti…
Me li ha confessati con un
bacio…
Un bacio che è stato di una
coinvolgenza unica, da mozzare il fiato…
Probabilmente ho sempre
desiderato con tutto il mio corpo sfiorare quelle labbra un po’ carnose…e
quando ho potuto farlo ho dato libero sfogo alle mie emozioni…
Ma
ecco che il dubbio si è insinuato in quel contatto così paradisiaco.
Il dubbio di un incerto
futuro che mi si parava davanti…
Una vita con Oliver era
quello che desideravo di più?
La paura di un nuovo
rapporto che poteva provocarmi ancora dolore…forse ancor più struggente del primo mi ha paralizzato..
Ed allora le mie labbra si son fermate frenando quella passione che era riemersa…
Un’amarezza incredibile ha
avuto il sopravvento e la mia finta indifferenza si è riflessa negli occhi di Oliver, che veloce mi ha lasciato li, da solo, per
scappar via, preso alla sprovvista da quel che aveva osservato con tristezza e
dolore nei miei occhi.
Per una settimana Oliver non
si è presentato…
Mi sentivo morire.
Il vuoto aveva preso il suo
posto…
L’agonia di un dolore lento
e straziante aveva attanagliato nuovamente il mio cuore, che aveva deciso di
rinunciare ancor prima di provare…
Ero sul mio letto quando mi
chiesi:
“Me lo posso perdonare?..”
No.
Non potevo perdonarmi di
aver fatto soffrire la persona che mi aveva riportato la vita, la speranza, l’armonia...la
facoltà di amore nuovamente.
Due stille salate scesero
lungo il mio viso e finirono sulle lenzuola chiare del mio letto matrimoniale.
In due pallini scuri e umidi
si trasformarono le mie lacrime…e li rimasero sole mentre il mio corpo con
decisione si alzava dal letto e combatteva il letargo in cui era finito, per
dirigersi verso la mia macchina con la quale mi accinsi a raggiungere casa
Wood.
Continua…