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Autore: NinaBlueOceanAndSky    06/09/2014    0 recensioni
Una terribile tempesta si abbatte sulla città.
Lampi,Tuoni,Vento...sangue.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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POV David -part1-

Come d' accordo, tornai in quella topaia che si osava definire casa. Cercando di fare il meno rumore possibile, entrai nell'abitacolo raggiungendo a passo felpato l'immenso e inquietante androne. Con mio gran stupore notai che i due ragazzini dormivano ancora,beati e dolci come angioletti. Lentamente posai lo sguardo sulla ragazza, era davvero molto bella peccato che era solo poco più che una bambina. Con un sorriso amaro cominciai a pensare che avrei potuto provarci se fosse stata solo qualche annetto più "matura". All'improvviso, aspettando che i due pargoli si svegliassero, cominciai a ripensare con amarezza al mio passato che pensavo oramai di aver eliminato completamente dalla mia mente. Prima che la mia famiglia si trasferisse definitivamente negli States, abitavamo in una bellissima e lussuosissima villa a tre piani a York, nello Yorkshire. I miei nonni, ricchi e ben conosciuti duchi gallesi, cedettero dopo la loro morte tale meraviglia architettonica a mio padre Richard Miller. Mio padre era sempre stato un uomo di bell'aspetto dal quale presi tutta la sua fisionomia: dai suoi occhi azzurri cristallini fino al suo fisico possente. Ma i capelli…già i capelli erano come quelli di mia madre, castani lucenti. Papà era un ufficiale della marina inglese perciò era raro stare insieme in sua compagnia. Credo che non avesse assistito a nessuno dei miei compleanni e così come si perse anche la festa di diploma del mio liceo. -Chissà se si sarà perso anche la mia nascita?-pensai ridendo tra me e me. Era sempre stato un tipo molto severo e austero;al contrario mia madre era una donna a dir poco dolce e soave. Riusciva a mettere di buon umore chiunque le stesse accanto e portava sempre un raggio di sole anche nella giornata più uggiosa. Alla fine del liceo, dopo essere rimasta incinta di me, decise di non iscriversi al college al fine di inseguire il suo più grande sogno: la stilista. I suoi genitori,nonché miei nonni materni, non condivisero la sua scelta e così la diseredarono, non offrendole nemmeno un contributo economico. Mio padre però,nonostante il suo carattere chiuso, l'amava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Così decise di sposarla in modo tale da poter offrire a me e a lei un futuro migliore. I genitori di papà non accettarono mai tale unione e così un'altra famiglia fu divisa per sempre. Eravamo rimasti solo in tre. Con il pretesto che mia madre non lavorava, mio padre era il solo che si dovesse occupare delle spese e dei contributi economici. Sfortunatamente, in seguito ad una crisi economica generale, i fondi per l'esercito inglese furono dimezzati e con essi furono di conseguenza anche gli stipendi di tutti gli ufficiali, sottoufficiali e soldati vennero diminuiti. Con coraggio, mio padre decise di trasferirsi in America e così andammo a vivere a San Francisco, in California. Negli USA mio padre percepì il doppio del guadagno e mia madre riuscì ad aprire il suo primo negozio d'abbigliamento. Durante il periodo dei miei diciotto anni, mentre mio padre si trovava a combattere in Afghanistan, decisi di arruolarmi io stesso nell'esercito per seguire le sue orme. Mia madre era da sempre stata contraria, non solo perché avesse paura che potessi fare la fine di papà ma perché temeva la solitudine. Nonostante tutti i litigi e le suppliche che mi fece per impedirmi di entrare nel corpo dei marines, andai all'ufficio di collocamento a Dallas,in Texas e da lì iniziò la mia avventura verso il pericolo,il sangue e la morte. Non scorderò mai quel triste e spiacevole giorno in cui la guerra portò via con sé mio padre. Era il giorno del ringraziamento ed io ero tornato a casa da pochi giorni, papà avrebbe dovuto raggiungermi da lì a pochi giorni. Da quando ero diventato un caporale, mi capitava spesso di ricevere sue chiamate o lettere dall'Afghanistan presso la base. Quel giorno però, stranamente, non arrivò nemmeno una sua telefonata a casa. Stavo iniziando ad affettare il d'orato e croccante tacchino sul tagliere, quando ad un certo punto qualcuno bussò alla porta di casa "Oh vado a vedere chi è. Spero tanto che sia tuo padre." Disse mamma felice e spensierata come una bambina. Peccato che il suo sorriso si spense del tutto quando vide sull'uscio della porta un probabile sottoufficiale. L'uomo teneva una busta gialla tra le mani, non c'era bisogno di capire cosa le stesse dicendo era chiaro che quel giorno mio padre non sarebbe mai più tornato a casa. Avrò sempre impresso in testa il ricordo di mia madre con in mano la busta giallastra, lo sguardo vitreo rimpiazzato in seguito da un velo di lacrime, le mani che stringevano disperate il pezzo di carta,stropicciandolo, avvicinandolo sempre di più al viso fino ad impregnarlo del liquido amaro dei suoi occhi umidi. Ricorderò sempre di quando si accasciò al suolo in ginocchio piangendo e gridando nella totale disperazione ed io di come corsi verso di lei cercando di tranquillizzarla stringendola sempre più forte contro di me, in modo tale da fermare le sue convulsioni dovute al pianto violento. Erano passati tre mesi da quando furono celebrati i funerali solenni per mio padre. Mia madre diventava sempre più depressa ogni giorno che passava ed io, nonostante potessi combattere in guerra o lottare contro ogni ostacolo sul mio cammino, in quel momento mi sentii totalmente impotente. Riuscii ad ottenere una licenza di congedo per un paio di mesi in modo tale da potermi occupare di mia madre. Benché mi sforzassi di distrarla in qualsivoglia modo, lei purtroppo era morta dentro. Quando morì mia madre avevo da poco venticinque anni, le avevano diagnosticato un tumore al seno,incurabile avevano dichiarato spiacevolmente i medici. Non mi era rimasto più nulla in California, ero rimasto completamente solo e sebbene avessi ancora dei nonni non mi presi la briga di andare a "recar loro fastidio";d'altronde loro stessi non si erano scomodati di venire ai funerali dei rispettivi figli. Decisi di trasferirmi al Clay National Guard Center, una delle basi che si trovava in Georgia. Trascorsi altri otto anni alla base, ero stato promosso da poco a grado maggiore di sergente. Ironia della sorte, quella stessa sera della mia promozione era anche la sera del mio trentatreesimo compleanno e i miei compagni vollero farmi uscire per andare a festeggiare. Eravamo entrati in uno squallido night club del centro; al suo interno ai tavolini in legno appiccicaticci di birra e di chissà quale altro liquido corporeo, sedevano uomini attempati con un poco di pancetta, insomma i classici camionisti dalla canottiera lercia e con in testa cappellini a visiera. Tra i tavoli, passavano veloci e sinuose come vipere le cameriere giovani e sensuali. Vestivano, se si potesse dire vestire, dei bikini ridottissimi che coprivano a malapena i capezzoli e la zona pubica. Nonché a me e ai ragazzi disgustasse lo spettacolo,anzi ma sinceramente non facevano per me quel "genere" di ragazze. Ci sedemmo ad un tavolo e dopo aver ingurgitato per due ore di fila litri e litri di birra, sentii due mani che si erano appena posate sul mio petto. Stavano massaggiando i miei pettorali e nonostante tutto l'alcol in circolo, giurai anche di aver percepito un seno morbido e prosperoso appoggiarsi contro la mia schiena. Percepii l'eccitazione aumentare e l'erezione che avevo nei jeans stava diventando sempre più insopportabile e difficile da contenere. Cominciai ad accarezzare quelle splendide e delicate mani di fata quando la bocca di quella che spero fosse stata una splendida e affascinante donna si posò contro un mio orecchio e mi sussurrò al suo interno "Mio bel marine vorresti vivere per sempre?"smisi di accarezzare quelle mani e lentamente mi voltai verso la donna misteriosa, cercando di capire se stessi avendo a che fare con una pazza o con uno scherzo architettato dai miei cari amiconi.

  
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