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Autore: Dreamhunter    30/09/2008    1 recensioni
AU. Una vacanza, un incontro magico che resta un bel ricordo. Ma se dopo dieci anni il destino ci si mettesse di mezzo? Fred Burkle saprà cogliere l'inaspettata occasione?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Winifred Burkle
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due

Dieci anni dopo, in una caffetteria di Los Angeles. L'una del pomeriggio, pausa pranzo. Un appuntamento fisso, almeno due volte la settimana.
Io. E le mie amiche.
E' più forte di me : non riesco ad essere amica di una che mi somiglia. Mi annoierei.
Così, eccoci lì. Tre donne diversissime allo stesso tavolo.
C'era Anya Jenkins Giles, trentotto anni, due bambini e un prestigioso negozio d'antiquariato in società col marito. Pragmatica, allo stremo. Con un ottimismo affilato come uno stiletto : te lo piantava nello stomaco e restava ad assistere alla tua agonia di essere naturalmente pessimista, finché non ti arrendevi e ammettevi che il bicchiere era mezzo pieno.
C'era Faith Lehane, la più giovane, ventun anni appena. Lavorava all'obitorio (giuro) e arrotondava come animatrice in discoteca. Sosteneva che doveva bilanciare il freddo col caldo. E per essere calda, lo era di sicuro. Cambiava ragazzo di continuo, si dichiarava senza vergogna schiava degli ormoni.
E poi c'ero io, Winifred Burkle...E beh, io...
Ero io. E praticamente ho già detto tutto.
Trentatré anni, dopo la laurea, gli stage, i master...ecc. ecc....avevo finito con l'insegnare matematica e fisica al liceo Emery ed odiavo cordialmente ognuno dei miei studenti. Per il resto...Abitavo con il mio gatto, Fitzgenbaum (per i più intimi, Fitz) e...ah, sì, uscivo da qualche settimana con un tipo che mi aveva presentato Anya. Insegnante anche lui, ma universitario, di lingue antiche. Wesley Wyndham-Price, inglese come il mio primo amore.
E basta. In comune con William non aveva altro.
William, già...
"Hai un muso talmente lungo, oggi, che si srotola fin fuori dal locale...", notò Faith, con una stecca di liquirizia tra le labbra rosse. Aveva un'adorabile bocca a cuore, invidiabile. E un viso da bambola.
Gonfiabile, precisava lei ogni volta che glielo dicevo.
Anya le diede uno schiaffetto sulla mano. "La pianti di succhiare così quella liquirizia? Il barista ti sta fissando...".
"Avrà voglia di liquirizia...". Faith ammiccò.
E ridemmo tutte e tre.
"Però davvero...". Anya mi guardò. "Hai una faccia...Che c'é?".
Era una donna bellissima, secondo me, bionda, piccola e spumeggiante. Aveva qualcosa delle dive anni Quaranta.
"Ieri sera mi ha telefonato la mia vecchia professoressa di matematica del liceo, la signora Shelby. Suo figlio si sposa e mi ha anticipato che a giorni avrei ricevuto la partecipazione. La sua futura moglie é di Los Angeles e quindi il matrimonio si farà qui e hanno pensato di invitarmi...".
"Ed é questo che ti rende triste? Il matrimonio?". Faith annuì con aria grave, arrotolandosi una ciocca nera intorno a un dito. "Ti capisco".
Anya la fulminò con un'occhiata storta. Mi scrutò con sguardo spietato. "Sputa il rospo".
"William Shelby...Beh...Avevo una cotta stratosferica per lui...".
"Oddio. E ce l'hai tuttora? Non ti é mai passata?". Anya mi guardò con disapprovazione.
"Ma no, per carità. E' da una vita che mi é passata", mi affrettai a specificare. "E' tutto un insieme di cose...Il tempo che scorre, credo. William era l'epitome del ragazzo trasgressivo, in spolverino di pelle e capelli ossigenati. E adesso si sposa. Tu pure sei sposata. E tutte le mie ex compagne di scuola lo sono. Tutti vi costruite qualcosa, avete un compagno o una compagna...Ed io...".
Mi gingillai il bicchiere tra le mani, come le eroine dei film noir che bevono con occhio vitreo nei bar aperti di notte. "Io vivo con Fitz".
"Un momento...e Wes?".
Oh, cielo...
"Wes...é...".
"Wes". Terminò per me Faith, che non lo sopportava. "Un nome, una garanzia".
"Non essere cattiva", la rimproverò Anya. "E' un bravo ragazzo. E non é neanche brutto...Credevo che ti piacesse".
"E mi piace, però...".
Però...però...
Anya scivolò nella modalità scendiamo-nei-dettagli. "Mmm...ma siete stati a letto?".
Sospirai. "Due o tre volte".
Faith inarcò un sopracciglio. "Due o tre? Non può essere così difficile ricordare il numero esatto...".
Le fissai entrambe, significativamente. "Due o tre", ribadii.
"Proprio non funziona?", insistette Anya, desolata.
Lei era del parere che trovarsi un uomo fosse una faccenda molto simile al trovarsi un lavoro. Occorreva metodo, impegno, realismo.
Purtroppo io non ero d'accordo. Troppo emotiva.
Scossi il capo. "Rinunciaci, sono un caso disperato".
Una frase come questa era controproducente, con Anya. La invogliava a fare esattamente il contrario.
"C'é sempre quell'avvocato che conosco...", azzardò.
"Il nano?", esclamò Faith. "Ma sei pazza?".
"Non é un nano. Solo, non é molto alto".
"E' un nano".
Le sopracciglia di Anya si riunirono in una linea corrucciata. "Che c'é di male se non é alto? Con gli uomini non alti si crea più intimità...Arrivi prima alla meta".
Faith finse di tenersi lo stomaco. "Cos'é questa? La cazzata du jour ? Tesoro, sta tranquilla che alla meta ci si arriva. Oh, se ci si arriva...Specie quando ti puoi arrampicare su due spalle larghe, forti e virili...Te la creo io l'intimità".
"Calma, ragazze", mi intromisi divertita. "Adesso devo andare. Ho il pomeriggio libero e intendevo approfittarne per stirare la montagna di biancheria che mi attende speranzosa da una settimana...".
Che vita eccitante, eh?
Fitz, io e il ferro da stiro. Attenzione, vietato ai minori.
Le salutai alla svelta, ansiosa di rimanere sola con i miei pensieri da zitella depressa. Me ne andai conscia dei loro sguardi preoccupati puntati sulla mia schiena.
Certe volte mi sentivo proprio una palla al piede, a tediarle con la mia inconsistenza...Odio il vittimismo.
Con due autobus fui a casa. Ritirai distratta la posta dalla mia cassetta e la smistai salendo in ascensore. Uh, la partecipazione per il matrimonio di William. Eccola qua. Era già arrivata, in carta patinata color crema e oro.
"Ciao, Fitz".
Fitz sollevò una palpebra, mentre io richiudevo la porta, poi si riavvolse in una indifferente palla di pelo rosso sul sofà. Gli lasciavo la ciotola piena ogni mattina e quanto rientravo, tutti i giorni, giaceva in coma digestivo.
Calciando via le scarpe e sbirciando svogliata la pila di biancheria sull'asse da stiro, aprii la busta della partecipazione.
E per un attimo smisi di respirare.
Anzi, no...Smisi di respirare del tutto.
William si sposava con...
...Dru O'Connor.


Emergenza.
In caso di emergenza le amiche corrono a casa tua pur con figli al seguito appena ritirati da scuola e rinunciano al loro orgasmo quotidiano con il nuovo boyfriend che vedono solo il pomeriggio.
E il tuo gatto ti disereda per tutto il casino che hai portato in casa sua e sparisce in un nascondiglio misterioso in cui non lo scoverai mai.
"Non potrebbe trattarsi di un'omonimia?", azzardò Faith, che stava affogando la frustrazione per il sesso mancato in una vaschetta di gelato alla vaniglia, seduta alla penisola della cucina. "Magari non é quella Dru O'Connor...".
Anya uscì dal salotto, accostando la porta, dopo aver messo un cartone in dvd per i figli. Ne tenevo sempre per loro, in caso di evenienza (e poi, lo confesso, i cartoni animati piacciono anche a me). Scosse il capo dubbiosa. "No, ci credo poco. Non é un nome poi così banale...Ma certo, potrebbe essere". Mi scrutò, mordendosi un labbro. "Non me ne avevi mai parlato...".
Sembrava offesa.
"Dio...E di che ti avrei dovuto parlare? Neanche me ne ricordavo...".
Sì, beh...
Faith ridacchiò, con il cucchiaio che le pendeva dalle labbra. "Non ricordavi e appena hai letto il nome di sua sorella sei corsa a telefonarci come se stesse per arrivare il Big One?".
"Vuoi dire che non ci hai più pensato?", chiese Anya.
"Sì e no. Per un po'". Ero rannicchiata nella mia sedia a dondolo di vimini da vecchia signora. Faith ne era orripilata, ma io la adoravo. Trovavo il suo dondolio rassicurante. "All'inizio...Domandai anche di lui a Cordelia".
Le orecchie di entrambe si fecero attente. Ecco la fonte primaria del loro disappunto. Non il fatto che non avessi confidato loro una cottarella estiva, ma che avessi scordato di aggiungere che avevo frequentato Cordelia Chase Christopher, famosissima modella, recentemente passata al cinema.
"E...?".
"Fu circa un mese dopo, quando tornai dal Texas. Lei mi raccontò che probabilmente avrebbe saltato il secondo anno di college, perché un celebre fotografo...".
"Wilson Christopher?", mi interruppe Anya, protendendosi sul tavolo. "Quello che poi avrebbe sposato?".
"Già, quello...le aveva proposto un contratto imperdibile. Mi congratulai...e ne approfittai per informarmi educatamente sulla sua famiglia e ...".
"E sul maschione", concluse Faith, leccando con intenzione il cucchiaio.
Miseria ladra. Diventai rossa, nonostante tutto. Di solito mi divertiva che Faith riuscisse a rendere allegramente sconcia qualsiasi cosa, ma non quel giorno...Quel giorno era troppo confusa. E non sapevo nemmeno perché di preciso, accidenti.
Solo per via di un nome? Della possibilità di un rincontro?
Era sensato? O semplicemente patetico?
"Mi diede una strana risposta...", proseguii incerta. "Disse che Liam, terminato lo stage post laurea, aveva cominciato a viaggiare per conto dell'azienda import-export del padre e che era molto cambiato, che non l'avrei riconosciuto...E aveva un tono definitivo...".
"Come se ci avesse litigato?", ipotizzò Anya.
Infatti. Era esattamente ciò che avevo pensato anch'io all'epoca. Cordelia era una ragazza solare. Non rammentavo di averla mai vista in collera. Tranne quella volta...Tanto che non avevo più avuto il coraggio di nominare Liam. E mi ero convinta che fosse meglio, in fondo. Col tempo Liam sarebbe divenuto un sogno sbiadito, come William.
E così era andata, in un certo senso.
"Poi non vi siete più sentite?".
Guardai Anya, riscuotendomi. "Cordy ed io? No...Lei non é più tornata al nostro college. Christopher l'ha lanciata come modella e se l'é sposata. Ed io mi sono laureata e ho seguito un paio di corsi di perfezionamento a New York. Ci eravamo ripromesse di tenerci in contatto, ma poi...Sapete come va a finire in questi casi".
"Non stiamo uscendo un po' dal seminato, però?", intervenne Faith. "Ammetto che farei carte false per imbucarmi ad una delle feste di Wilson Christopher, ma...cioé che ci frega di Cordelia? E' sul maschione che dobbiamo concentrarci. E sull'effettaccio che ti fa".
Stavo per protestare. Per obbiettare che non mi faceva nessun effetto.
Bugiarda.
Ok, é vero. Non avevo più pensato a lui. A che scopo il contrario?
Ma di fronte a quella partecipazione...
Di colpo era come se gli avessi detto addio solo la sera prima. Possibile che per dieci anni mi fossi illusa? Che non mi fossi affatto liberata del suo ricordo come credevo?
"Ehy, potrebbe essere come nei film, no?", continuò Faith agitando il cucchiaio. "Adesso magari é brutto, grasso e calvo....".
Magari.
Anya ridacchiò. "Mhm...Quanti anni dovrebbe avere ora?".
"Circa trentacinque".
Lei annuì..
"Brutto e grasso?", domandai con vocina minuscola. Sì, dai. Ti-prego-ti-prego-ti-prego...
"No. Da come me l'hai descritto, sarà probabilmente al top della sua virilità. E' sopra i trenta che gli uomini diventano Uomini. E un uomo come quello, la U maiuscola, deve averla doppia".
Splendido.
Liam più bello di allora?
Ed io ero più vecchia. Ergo, con un cuore più debole...Voilà. Di qualcosa si deve pur morire. Il mio destino era calare il sipario con un infarto. Speravo perlomeno che non mi rimanesse un'antiestetica smorfia sulla faccia. Sarebbe già stato abbastanza imbarazzante crepare ad un matrimonio...Ma il rictus no. Quello NO.
"Dio...", mi lamentai, facendo cigolare la sedia a dondolo. "Mi sento un'idiota...Perché mi é preso questo attacco di panico? ".
Faith mi allungò un buffetto affettuoso, con aria vissuta. "Non c'é mica da vergognarsi, tesoro. Sono gli ormoni".
Anya la fissò cupa. "Prima di conoscerti, io, sai, non detestavo quella parola...ormoni...Ora".
"Che falsa". Faith le puntò contro il cucchiaio. "Guarda che li vedo, i tuoi ormoni...Sono tutti festosi e scintillanti. Scommetto che il caro Rupert te li centrifuga per bene, se si impegna".
"Programma lungo. Per capi resistenti", ammiccò Anya.
Cristo.
Due amiche messaline. A me.
La vita é ironica.
Messaline... e difficili da distrarre.
"Non ci hai ancora detto la cosa basilare", osservò infatti Anya, con sguardo da falchetto predatore (tipica razza di falchetti con capelli biondi ed intelligenza adamantina). "Ti sei pentita di non averlo baciato?".


Sì? No?
Non risposi. Non ne ero sicura.
Era il bacio non dato che rimpiangevo? Il ragazzo ricco e triste della mia unica settimana italiana?
O semplicemente un'emozione irripetibile?
Rivederlo cosa avrebbe significato?
E se mi fossi accorta che non provavo nulla?
Oppure se lui non avesse ricordato l'accaduto? O peggio ancora se mi avesse chiesto scusa?
L'avevo già specificato che sono un tipo che rimugina?
Se non si era capito...
E considerando che al matrimonio di William e Dru mancava ancora un mese...No. Probabilmente non sarebbe stato un infarto ad uccidermi. Sarei schiattata prima per aneurisma da sovraccarico cerebrale (non credo che esista questa definizione, ma c'é sempre un primo caso clinico per ogni malattia).
Mi ingegnai ad affrontare l'attesa stoicamente e piano, piano, l'uno dopo l'altro trascorsero quindici giorni, tra compiti da correggere, biancheria pulita che non la smetteva di accumularsi e Fitz con la diarrea.
"Ieri sera ho parlato al telefono con William", raccontai ad Anya, mentre giravamo per i negozi di Rodeo Drive. Scrutai incerta una vetrina. "Non ho tutti questi soldi da spendere, però...".
"Sì che li hai. Per queste nozze li hai", mi zittì perentoria, entrando in un atelier. "Ti ha chiamata William, quindi?".
"Sua madre. Lui era a cena da lei ed é venuto al telefono. E' contento che vada al matrimonio".
"Appunto. Lo vedi? Non badare a spese per quest'occasione". Si bloccò, con la mano tra gli abiti appesi in fila in uno scaffale. "Adesso perché ridi?".
"Anya...tu cosa ti aspetti che succeda, di preciso?".
Lei sbatté le palpebre innocente. "Nulla. Ma non sei più una ragazzina. Adesso sei una donna. Una bella donna. E devi dimostrarlo a tutti. A Liam. A William. A chiunque".
"Se la metti così, mi viene voglia di darmi malata".
"Non ti azzardare. Se non ci vai, ti disconosco", intimò Anya e sfilò un vestito dallo scaffale.
Un vestito di Donna Karan che valeva uno stipendio. E che ovviamente comprai.
Un tubino color pesca, senza spalline, con un giacchino corto in tinta, e sandali Prada abbinati. Come essere ricoperta d'oro. Promisi ad Anya che mi sarei fatta delle foto.
Con il nuovo acquisto nell'armadio, stranamente ritrovai una lucida serenità. Forse lo shock della sorpresa si andava riassorbendo. Anya aveva ragione. Chiunque fosse stato presente al matrimonio, specie le varie miss Nest, Morgan e Kendall dei miei stivali, doveva rendersi conto che la piccola Winifred era cresciuta. E in quanto a Liam...Sicuramente era sposato. Come poteva non esserlo?
Avremmo al massimo scambiato qualche chiacchiera educata, a me sarebbe accelerato un po' il cuore, e poi ognuno per la propria strada.
Chiaro, limpido. Più che nella pubblicità del Glenn Grant.
E quando, quella sera di metà marzo, suonò il telefono, pensai a Wes.
Il giovedì, mi chiamava sempre per informarsi sui miei - prorompenti, folli, numerosi, eccitanti - progetti per il week end.
"Pronto?".
Ma non era Wes.
"Fred? Ciao. Come stai? Sono Cordelia".


Grazie a chi sta leggendo!!


  
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