2.
Alla Tana
Le avrei rubato l’innocenza
come si fa con il primo amore,
strappandole i segreti della sua prima intimità.
Per insegnarle che peccare insieme
non è punito se si vuole bene.
Hermione non poté far altro che ripensare alla
sera prima; alle parole che Fred le aveva detto; alla domanda che lei gli aveva
rivolto alla quale però lui non aveva avuto il tempo di rispondere. O forse non
le avrebbe comunque risposto. Perché Fred Weasley era fatto così. Faceva
domande e si aspettava risposte ma quando si trattava di lui… beh, non sempre
rispondeva, preferendo liquidare l’argomento con una battuta o un sorriso
malizioso. Era fatto così Fred Weasley ed Hermione lo sapeva bene. Non sarebbe
mai cambiato. Scosse la testa costringendosi a smettere di pensare a Fred. Uscì
dalla doccia e cercò di dare una forma ai suoi capelli crespi. Per fortuna sua
madre le aveva regalato di recente due pettinini in avorio che la ragazza
sistemò vicino alle tempie in modo da fermare anche solo un po’ quell’ammasso
di ricci ribelli che le ricadevano sulle spalle. Asciugò velocemente i capelli
con un semplice incantesimo e guardò il suo doppio che le restituì lo sguardo
dallo specchio sopra il lavandino. Aveva davvero gli occhi grandi e l’aria
delicata come le aveva detto Fred? Hermione aggrottò un sopracciglio e si
esaminò, critica. Se doveva essere sincera doveva ammettere che, diventando
adulta, era decisamente migliorata anche se sicuramente non si sarebbe mai
definita una ragazza bella, cosa che invece Fred le aveva fatto notare la sera
prima. Al solo ricordo di quelle parole le brillarono gli occhi. Spaventata e
irritata dall’improvviso rossore che le aveva imporporato il viso, distolse lo
sguardo e ritornò in camera.
Per poco non si prese un infarto quando vide un
gufo bruno che zampettava sulla sua
scrivania, spostandosi tranquillamente sulle sue pergamene ordinate e su alcuni suoi preziosi libri aperti.
“Accidenti! E tu che diamine ci fai qui?”
Hermione conosceva quel gufo, naturalmente. Il gufo aveva nel becco una
lettera: color arancione con una grande W
violetta stampata sul retro. Era la classica busta dei Tiri Vispi Weasley e il
gufo non era altro che quello di Fred e George. Howard. Che nome assurdo per un animale, aveva pensato la ragazza la prima
volta che i gemelli avevano fatto riferimento al gufo. Lei, in un primo momento,
aveva pensato addirittura che parlassero di una persona.
Hermione si affrettò a prendere la lettera e ad
intimare al gufo di spostarsi sulla voliera vicino alla finestra. Il volatile,
per tutta risposta, continuò a zampettare sulle sue carte. “Sei irriverente
proprio come i tuoi padroni!” sbottò lei spazientita e il gufo emise un verso
acuto e quasi canzonatorio. Aprì la lettera e si mise a leggerla.
Cara Hermione,
Ginny
Hermione
rimase per un attimo perplessa. In quella storia c’era qualcosa
che non
quadrava. Non prendendo nemmeno per un attimo in considerazione il Post
Scrittum, pensò che, il solo fatto che Ginny avesse usato la
lettera distintiva dei gemelli, non quadrava. La rilesse alla
ricerca di qualcos' altro di anomalo ma non riuscì a trovare
nulla. Decise così di
confrontare la scrittura della lettera ricevuta con una che sapeva per
certo
essere di Ginny. Aprì una grande scatola dove teneva tutta la
sua corrispondenza
magica e prese una pergamena della cognata, nonché migliore
amica. Non c’erano
dubbi: la scrittura era la stessa eppure qualcosa non la convinceva
affatto.
Uno strillo acuto di Howard la fece sobbalzare. Quella giornata era
cominciata decisamente
male e se avesse continuato a quel modo, una morta prematura a causa di
infarto
non gliel’avrebbe levata nessuno. “Ecco cos’è
che non quadra! Perché Ginny
avrebbe dovuto usare il gufo di Fred e George se scriveva dalla
Tana?” Hermione
sorrise per la sua stessa intuizione. “Fred Weasley, se proprio
volevi fingere
di essere Ginny avresti dovuto essere più furbo” disse,
parlando come se Fred
fosse lì nella stanza con lei. Il gufo reclamò ancora la
sua attenzione. “Oh,
per Merlino! Un momento!” Hermione scribacchiò una veloce
risposta affermativa
sul retro della lettera e la riconsegnò al volatile che
planò fuori dalla
finestra perdendosi all’orizzonte.
“E
così vuoi vedermi, Fred? Beh, sappi che mi devi una risposta per quanto mi hai
detto ieri e anche per tutta questa farsa della lettera.” In Hermione era
rinato lo spirito combattivo da vera Grifondoro. Aprì l’armadio e si vestì in
fretta prima di scendere in cucina.
La
giovane donna aveva veramente sprecato tutta la mattinata e in men che non si
dica era già mezzogiorno. Solitamente, lei e Ron, non tornavano a casa per
pranzo, preferendo mangiare, a volte insieme ad Harry, in un pub babbano vicino
al Ministero. Ma in quei giorni che Hermione non era al lavoro, Ron preferiva
tornare a casa e pranzare con lei.
“Hermione,
stai bene?” Ron la guardò con aria preoccupata quando la vide prendere un
cucchiaio e tentare di inforcare una patatina fritta.
“Sì,
Ron. Perché?” gli chiese stupita. Ron indicò il cucchiaio che teneva in mano.
“Oh,
accidenti! Ecco perché non riuscivo a prenderla” sorrise un po’ confusa.
“Hai
dormito bene stanotte?”
“Certo.
Perché tutte queste domande, Ron?” scattò sulla difensiva.
“Mi
sembri strana. E stanotte continuavi ad agitarti nel sonno” le spiegò
semplicemente.
Hermione
si costrinse a stare calma. Dopotutto Ron si preoccupava solo per lei. “Va
tutto bene. E ti assicuro che stamattina ho riposato a sufficienza. Mi sono
svegliata alle dieci.”
“Ma
dai?? Non ci credo!”
“Certo!
E non ho concluso nulla qui a casa.”
Ron
si avvicinò a lei e le posò un tenero bacio sulla tempia. “Devi stare un po’
tranquilla. Riposarti. Ti vedo un po’ provata ultimamente. Vedrai che un paio
di giorni a casa basteranno a farti tornare di nuovo in gran forma.”
“Forse”
mugugnò sottovoce la ragazza. Ma Ron non la sentì. “Ora devo andare. Ci vediamo
stasera, Herm.” Ron aveva già recuperato il mantello per uscire.
“Ron,
aspetta.”
Ron
si voltò a guardarla, sorpreso dal tono apprensivo di lei. Che cosa stava
facendo? Voleva rivelargli il suo segreto così, di punto in bianco? Era forse
impazzita? No, doveva trattenersi. Una simile notizia meritava un momento
speciale da condividere insieme. Non poteva rivelarglielo mentre era sulla
porta, pronto a tornare al lavoro.
“Niente.
Volevo solo dirti che ti voglio bene, Ron. Ci vediamo stasera.”
“Anche
io ti voglio bene. A stasera.” Ron sorrise felice. Hermione era sicuramente la
miglior persona che avrebbe mai potuto incontrare in tutta la sua vita. Era
davvero un uomo fortunato.
“Signori
Weasley, è appena arrivato Howard con una lettera.”
“Grazie
Verity. È mia.” Fred prese la lettera che la commessa dei Tiri Vispi Weasley
gli porse prima di tornare al bancone del negozio.
“E
sentiamo, Freddie. Chi ti scrive?” chiese George fingendo indifferenza mentre
continuava a riordinare le scatole di Orecchie Oblunghe.
“Attendevo
una risposta dalla Granger.”
George
per poco non cadde dalla scala sulla quale stava già in precario equilibrio.
“Una risposta da Hermione? E cosa volevi da nostra cognata?”
“Le
ho chiesto di incontrarci oggi pomeriggio alla Tana e lei ha accettato. Perciò
per oggi il negozio è tutto tuo ma mi raccomando, voglio ritrovarlo quando
torno domani.” Fred si stava già allontanando verso il reparto delle Puffole
Pigmee che, quel giorno più che mai, scorrazzavano a più non posso nella loro
teca.
“Ehi,
non penserai davvero di liquidarmi a questo modo? Insomma, sei in debito con
me, ricordi? O forse te ne sei già dimenticato?”
Fred
sbuffò mentre George l’aveva raggiunto con ancora due scatole di Orecchie in
mano.
“Mi
ricordo, Georgie. Per fortuna nessuno mi ha ancora fatto un Oblivion” scherzò.
“Ok,
quindi dimmi che diavolo ti passa per la testa! Invitare Hermione alla Tana
proprio oggi che è giovedì, per giunta! Lo sai che la mamma il giovedì viene
sempre a Diagon Alley a fare compere e passa a salutarci invitandoci a cena
stasera. Cosa devo dirle quando non ti troverà?”
“Quando
arriverà la mamma le dirai una bugia. Ti inventerai qualcosa, ne sono sicuro.”
“Fred!
Allora, o mi dici cosa stai combinando o giuro che non ti lascerò uscire di
qui!” George aveva appoggiato le Orecchie su uno scaffale e guardava Fred con
uno strano cipiglio severo.
“Ehi,
stai per caso imitando Percy?”
“No,
in realtà imitavo Angelina, lei fa sempre così quando vuole farmi dire qualcosa
che io non voglio rivelarle.” I gemelli si guardarono e scoppiarono a ridere.
Verity li guardò perplessa dal bancone, certa di avere proprio due capi molto
bizzarri.
“Ok,
Freddie. Non dirmi nulla ma lascia che ti dia un consiglio.”
“Sarebbe?”
chiese Fred alzando un sopracciglio.
“Vacci
piano con lei. È sposata. E con nostro fratello per giunta! È nostra cognata.
Ricordalo sempre.”
“Non
sono così stupido, George” disse con una punta di risentimento nella voce. “E
nel caso tu non te lo ricordassi, io sono fidanzato.”
“Oh,
certo! Jessica! Come ho fatto a dimenticarla.” George si batté una mano sulla
fronte in modo estremamente teatrale. “Eppure sai una cosa. Sono convinto che
non avresti dovuto lasciare andare Angelina. I mesi in cui sei uscito con
Hermione ti hanno fatto male, fratello. O, per essere più precisi, ti ha fatto
male il post-Hermione. Con Angelina non avresti mai avuto tutti questi
problemi. Però devo ringraziarti altrimenti se tu non l’avessi lasciata, lei
non sarebbe mai venuta da me a farsi consolare.” E rise di gusto, seguito a
ruota da Fred.
“Vedi,
alla fine sei ancora tu in debito con
me. E non preoccuparti che conosco benissimo i limiti di una donna sposata.
Soprattutto se la donna in questione è la Granger.”
“D’accordo,
d’accordo. Ora però smettila di pensare a lei e vai a dare
da mangiare alle
povere Puffole altrimenti i prossimi clienti che verranno a comprarle
non le vedranno più così reattive ma solo rachitiche e
maltenute e i nostri affari ne
risentirebbero.” George diede una pacca sulle spalle a Fred prima
di recuperare
le due Orecchie dallo scaffale e tornare ad arrampicarsi sulla scala
traballante per sistemarle.
Fred,
dal canto suo, seguì la seconda parte del consiglio di George e diede da
mangiare alle Puffole ma non riuscì a togliersi dalla testa Hermione. Lei gli aveva
detto di sì; sarebbe andata alla Tana nel pomeriggio. Possibile che avesse
veramente creduto che fosse stata Ginny a mandarle la lettera? In tal caso il
loro ultimo prodotto era davvero un’ottima invenzione se era riuscito ad
ingannare persino la Granger. Eppure, in cuor suo, Fred pensava solo a lei e al
momento in cui l’avrebbe nuovamente rivista da sola.
Hermione
era sempre stata una ragazza puntuale e da grande non era di certo cambiata. Alle
due in punto comparve nel giardino della Tana e andò a suonare alla porta. Il
suono della campanella si propagò attraverso le colline verdeggianti
circostanti la casa dei suoi suoceri. Le era sempre piaciuta la Tana. Era il
posto che le ricordava la sua adolescenza. A dire il vero, negli anni che aveva
frequentato Hogwarts, Hermione aveva soggiornato più volte alla Tana che a casa
sua. Un po’ se ne rammaricava per i suoi genitori, ma d’altra parte, il fatto
che la Tana fosse una casa di maghi, la faceva sentire sempre a suo agio. Suonò
un’altra volta perché nessuno era ancora venuto ad aprirle. Aspettò ancora un
momento sentendosi per un attimo presa in giro. Possibile che non ci fosse
nessuno? Nemmeno Fred? Hermione abbassò piano la maniglia e si accorse che la
porta era aperta.
“Ehi,
c’è nessuno?” chiese rimanendo sulla soglia. Era sempre stata una ragazza ben
educata e anche se quella casa era ormai come se fosse una seconda abitazione
per lei, non si sarebbe mai azzardata ad entrare senza permesso.
“Ma
guarda un po’ chi abbiamo qui! Buon pomeriggio.”
Decisamente
quella giornata non era giornata. Qualcuno doveva volerla morta, sì, proprio
morta d’infarto! “Ehi, ti ho fatto spaventare?” Fred, che naturalmente l’aveva
vista sobbalzare, la guardava con il suo classico sorriso sghembo dal
pianerottolo del primo piano.
“No,
Fred. Mi hai fatto solo prendere un accidente!” spiegò sarcastica. Fred rise e
la raggiunse. “Non stare lì sulla porta. Entra pure. Che bella sorpresa! A cosa
debbo l’onore della sua visita, ex Prefetto-perfetto?”
Hermione
lo guardò torva. “A che gioco stai giocando, Fred? Mi hai scritto tu di venire
qui questo pomeriggio.”
“Io?”
Fred assunse un’aria incredula. “Io non ho scritto nulla a nessuno.”
Hermione,
che nel frattempo si era chiusa la porta alle spalle, aveva incrociato le
braccia al petto con fare risoluto. “Certo, come no! Allora la lettera che ho ricevuto
stamattina non era tua ma guarda caso tu sei qui alla Tana.”
La
ragazza aveva assunto un’espressione di disappunto così comica che Fred scoppiò
a ridere. “Così hai capito che non era di Ginny. E come hai fatto se posso
saperlo? Il Post Scrittum non ti ha convinto?”
“Ti
facevo più furbo, Fred. Hai mandato Howard. Perché mai Ginny, che abita ancora
alla Tana, avrebbe dovuto mandare Howard che è il gufo personale tuo e di
George?”
“Perspicace
conclusione, Granger. Ho voluto mettere alla prova la tua sagacia. Un ex
Prefetto deve mantenere certi standard. Complimenti, mi hai scoperto. Ma vorrei
chiederti una cosa. Non hai pensato nemmeno per un momento che potesse essere davvero
una lettera di Ginny?”
“Beh,
la scrittura era identica.”
“Ah,
allora hai controllato!” esclamò Fred con fare indagatore.
“Certo
che ho controllato. Ginny che scrive una lettera con la vostra posta personale.
Mica sono stupida, Weasley.”
“Sei
sempre riuscita a tenermi testa, Granger. Anche a Hogwarts, devo ammetterlo.”
“È
per questo che mi hai lasciata?” Hermione si morse la lingua un attimo dopo che
quelle parole erano uscite dalla sua bocca. Cosa diavolo le era preso? Fred la
guardò per un attimo, stupito. Non pensava che lei sarebbe mai tornata
sull’argomento dopo così tanto tempo. Fred Weasley preferì non rispondere. Le
diede le spalle ed entrò in cucina invitandola a seguirlo.
“Se
non sbaglio ti avevo invitata per un thè o preferisci una tisana?”
Bene.
Lui non voleva risponderle e lei lo avrebbe accontentato ripagandolo con la
stessa moneta. “Dov’è Molly?” disse non rispondendo di proposito alla sua
stupida offerta. Fred corrugò per un attimo la fronte. Aveva del carattere, la
Granger.
“Mia
madre è a Diagon Alley. Sai, è giovedì oggi.” Hermione capì all’istante. Sapeva
esattamente che il giovedì per Molly Weasley era sacro. Passava a Diagon Alley
a fare spesa per la settimana e poi immancabilmente passava dai gemelli al
negozio, per salutarli e per invitarli a cena la sera stessa. Naturalmente era
un’abitudine che si era consolidata con gli anni e tutta la famiglia Weasley ne
era al corrente. “Allora, thè o tisana?”
“Tisana,
grazie” si arrese la ragazza.
“Al
karkadè, presumo.”
“Come
fai a ricordartelo?” chiese stupita. Fred fece spallucce. “Sei l’unica in
questa casa che riesce a bere quella brodaglia. Mamma compra quelle tisane
apposta per te, quando vieni a trovarla.”
Hermione
non aggiunse altro. Lei e Fred rimasero in silenzio mentre il ragazzo si dava
da fare a preparare un thè e una tisana. “Allora, Granger. Non sei
curiosa di sapere come ho fatto a scriverti quella lettera?” le chiese mentre
le porgeva una tazza enorme di tisana che emanava un buon profumo.
“Dovrei
esserlo, Fred?” Poi le balenò in testa un’idea improvvisa. “Non è che per caso
hai coinvolto davvero Ginny in questa storia inducendola a scrivermi da parte
tua?”
“Mi
stai forse accusando di aver usato un Imperius su mia sorella?” Fred rise di
gusto.
“Dai,
dimmi come hai fatto. Vedo che muori dalla voglia di raccontarmelo” disse
rassegnata la ragazza.
“Mi
conosci bene, Granger” le rispose soddisfatto.
“Più
di quanto vorrei, purtroppo” aggiunse lei, questa volta sottovoce. Fred non la
sentì o, forse, fece finta di non averla sentita. Estrasse quella che sembrava
una comune penna a sfera dalla tasca della sua giacca color melanzana e la mise
sotto gli occhi di Hermione.
“Ammira,
Granger. L’ultima brillante invenzione dei gemelli Weasley.”
La
ragazza guardò l’oggetto perplessa. “A me sembra una comunissima penna
babbana.”
“Ed
è proprio questa la genialità! Non è quel che sembra! Questa è un a penna a sfeba!”sentenziò convinto il
gemello. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. Gli Weasley erano tutti
uguali: non riuscivano proprio a non storpiare i nomi degli oggetti babbani.
“Una penna a sfera, vorrai dire” lo
corresse lei, paziente. “E io cosa ho detto?” chiese, piccato.
Hermione
scrollò il capo. C’era poco da fare con gli Weasley e ancor di più con Fred. Era
dannatamente testardo.
“Ok,
lasciamo stare e dimmi cosa ci fai con una penna. Avete abbandonato le Piume
Autocorreggenti in favore delle penne babbane?”
“Questa
non è una comune penna babbana. Cioè, lo era prima che io e George gli
facessimo qualche piccola modifica” un ghigno soddisfatto si fece largo sul suo
volto. “Guarda, ti faccio vedere come funziona.” Fred recuperò al volo una
pergamena vuota e una lettera che aveva scritto Ginny. Usando la penna,
scarabocchiò sulle parole scritte dalla sorella ma nessuna traccia di
inchiostro scese a deturpare la bella e minuta grafia della ragazza. Fred
guardava di sott’occhi Hermione che attendeva la magia, pazientemente. Fred
lasciò passare di proposito qualche secondo e poi si mise a scrivere sulla pergamena
bianca che improvvisamente si riempì della grafia di Ginny. Hermione non riuscì
a trattenere un’espressione colpita.
“Stupita,
vero Granger?” ammiccò il ragazzo. Era troppo tardi per Hermione fingere che quell’incantesimo non l’avesse sbalordita.
“Niente male, Weasley. Devo ammetterlo. Ed è già in commercio?”
“Non
sarai mica interessata seriamente ad un nostro prodotto, Granger? Altrimenti ti
assicuro che ti potremmo assumere subito come ragazza per gli sponsor
ufficiali. Ne stiamo giusto cercando una.”
“No,
grazie. Ho già un lavoro” affermò convinta e risentita. Fred si accorse della
punta di acidità trapelata dalle sue parole “Ehi, mica ti ho proposto un lavoro
disonorevole! Comunque tornando alla tua domanda… no, non è ancora in
commercio. La lanceremo in estate, prima che inizi la scuola. Nessuno sarebbe
interessato adesso ad una chicca del genere, ti pare?”
“E
perché contate che l’inizio della scuola farà avere successo a questa penna?”
“Granger,
stai perdendo colpi. Immagina di possedere un simile tesoro. Niente più lettere
di rimprovero insegnanti-genitori. Solo, se necessario, lettere di elogio. Per
non parlare di voti cambiati”.
Hermione
sgranò gli occhi. “Fred! È illegale questa cosa e lo sai!”
Fred
fece spallucce. “Noi vendiamo solamente. Sta a chi la compra farne buon uso. Io
ad esempio l’ho sfruttata in modo positivo.”
“Per
farmi giungere qui con l’inganno.” La ragazza incrociò le braccia al petto,
indispettita.
Fred
scoppiò a ridere. “Dai, Granger. Non dirmi che davvero non avevi capito che
venendo qui oggi avresti trovato me! Me l’hai confermato tu stessa quando sei
entrata.” Hermione era arrossita. Fred aveva ragione. Sapeva esattamente che
quel pomeriggio non avrebbe incontrato Ginny eppure aveva deciso di recarsi
comunque alla Tana.
“Ok,”
ammise “allora dimmi perché mi hai fatto venire qui. Non sarà solo mica per
mostrarmi una stupida penna, vero?”
“Ehi,
la penna a sfeba non è stupida!” protestò Fred, fingendosi offeso. “Comunque
no. non ti ho fatto venire qui per questa. Volevo vederti, Granger. Voleva
stare un po’ da solo con te.” La schiettezza disarmante di Fred le fece
trattenere il respiro. Fred era scaltro e lei lo sapeva bene.
“E
perché volevi stare da solo con me? Ieri non ti è bastato?” L’unico modo che
Hermione conosceva per tenere a bada Fred in questi suoi momenti di
irresistibile e disarmante franchezza era giocare la carta della studiata
indifferenza. Hermione assunse così un’espressione di ostentata superiorità.
“Mi
è forse proibito passare del tempo con mia cognata, da solo?” Fred, dal canto
suo, rispondeva ad una domanda con una domanda. Era chiaro che non voleva
risponderle.
“No
di certo. Ma ci sarà un motivo. D’altra parte, avrei anche altro da fare, se
permetti.”
“Smettila,
Granger. Dì la verità. Te lo aspettavi questo invito.” Hermione si morse il
labbro inferiore. Se l’aspettava davvero? Fred continuava a guardarla con il
suo consueto sorriso sghembo.
“Questo
non ha importanza. Ma tu non mi hai risposto. E nemmeno ieri sera, se vuoi
proprio saperlo. Perché mi hai detto quelle cose?” Hermione ripartì
all’attaccò, ricordando lo scopo che si era prefissata nel momento stesso in
cui aveva risposto affermativamente all’invito. Doveva scoprire cosa voleva
Fred da lei.
Fred
alzò gli occhi al cielo. “Uffa. Possibile che uno per fare dei complimenti ad
una ragazza debba per forza avere un motivo nascosto?”
“Sì,
non sei tipo da complimenti, Weasley. E lo so bene.”
“Ehi,
vacci piano. Una volta, se non ricordo male, ti feci un complimento a scuola
che costò molto ad entrambi.”
Hermione
non se l’era dimenticato. Era lo stesso complimento che, la sera prima, Fred
aveva spassionatamente negato di aver mai, non solo detto, ma anche "subìto". Nessuno mi ha mai rubato il cuore.
Quelle parole fecero montare la rabbia ad Hermione.
“Ti
riferisci per caso a quel Mi hai rubato
il cuore, Granger che ieri hai prontamente smentito con il tuo Nessuno mi hai mai rubato il cuore?”
“Vedo
che ti ricordi.” Fred non sembrava affatto turbato dal tono minaccioso della
ragazza. Anzi, pareva divertito.
“Qualcosa
mi è rimasto in mente.” sbottò sarcastica.
“Anche
quello che seguì?” Fred la stava facendo dannare e la stava conducendo, un
passo alla volta, sulla via di ricordi dolorosi che lei pensava di essere
riuscita orami ad archiviare. A quanto pareva però non si trattava propriamente
di un capitolo interamente chiuso. Hermione si sentì percorrere da un brivido
quando ricordò quello che era accaduto quel giorno tanto tempo prima e si
ricordò anche di come avesse mentalmente, maledetto prima e benedetto poi,
l’entrata inopportuna di Cho Chang in quel corridoio nascosto dove l’aria era
satura di baci e sospiri.
Fred
la osservava attentamente. Le guance di Hermione si erano tinte improvvisamente
di rosso e lo sguardo di lui si era fatto ad un tratto più malizioso.
“Noto
con piacere che hai buona memoria, Granger” le disse, commentando il suo
evidente imbarazzo.
“L’ho
sempre avuta. Ma Fred, ora basta. Dimmi cosa vuoi da me?”
“Che
tu sia sincera con me.”
Hermione
lo guardò stupita. “In che senso?”
“Se
la Chang non ci avesse interrotto quella volta, saresti arrivata fino in fondo
con me?”
Le
pupille di Hermione si dilatarono per la sorpresa e sulle sue guance
probabilmente avrebbe potuto friggerci due uova. Accidenti a Fred Weasley e
alla sua stramaledetta schiettezza!
“Che
importanza può avere ora? Sono passati tanti anni.” Hermione cercava di
costringersi a respirare normalmente. Per fortuna Fred gli era seduto di fronte
e non a fianco. Il tavolo tra loro era un’opportuna barriera.
“Molta”
disse con disinvoltura il ragazzo, bevendo un sorso di thè. “Perché se tu mi
rispondi a quest’unica domanda io ti dirò perché ieri ti ho detto quelle cose e
perché oggi ti ho invitata qui.”
Hermione
vide qualcosa di strano scintillare negli occhi del ragazzo ma sperò
ardentemente di essersi sbagliata. La sua sanità fisica e mentale cominciava a
vacillare. Rifletté per un istante e vagliò tutte le opzioni. Poteva mentire e
andarsene da quella casa chiedendo a Fred di stare lontana da lei, oppure poteva
dire la verità e mettere in pericolo il suo matrimonio perché, quello che
Hermione aveva letto negli occhi di Fred, era chiaramente desiderio. Desiderio
di lei. Valeva la pena rischiare? La parte più incosciente di lei prevalse.
“Sì,
Fred. Sarei arrivata fino in fondo.” Non smise di guardarlo negli occhi, anche
se farlo gli costò molta fatica. Fred, contrariamente a quanto si era
aspettata, non fece commenti ma si limitò a rispondere alle sue domande.
“Ieri
ti ho detto quelle cose perché ho sentito il bisogno di dirti la verità. Ho
capito di averti persa per sempre quando hai sposato mio fratello. Finché
uscivate insieme non mi era mai passato per la testa che tu potessi davvero
sposarti con lui ma poi… quando ti ho vista andare verso l’altare… Dannazione,
Granger! Ho realizzato davvero che avresti trascorso la tua vita lontano da me
e che non sarei stato io la tua prima volta. E oggi ti ho chiesto di venire qui
perché volevo che tu sapessi tutto questo. Sono stanco di fingere. Ho aspettato
fin troppo: otto mesi. Anche se non te l’ho mai detto io ti amo e ti amerò
sempre.”
Hermione
a stento tratteneva le lacrime. Mai aveva sentito Fred parlarle in modo tanto
appassionato e malinconico ad un tempo.
“Fred,
io… io non posso tradire Ron. Io… gli voglio molto bene. Non posso distruggere
quello che abbiamo costruito per una cosa che ci è quasi successa da ragazzi e
di cui nessuno capirebbe l’importanza che per noi avrebbe potuto avere.” Ora le
lacrime le scendevano copiose sul volto. Fred strinse i pugni e si costrinse a
rimanere seduto. Non si sarebbe avvicinato a lei. Per quanto potesse
desiderarla, entrambi in quel momento erano vulnerabili. Lei più di lui e lui,
non poteva approfittare così della situazione e di lei. Sua cognata. Non avrebbe mai fatto questo torto a Ron, suo
fratello.
“Lo
so, Hermione. E ti capisco. Anche io voglio bene a mio fratello e so che lui ti
renderà felice.”
Hermione
continuava a singhiozzare in maniera incontrollabile e si chiese perché Fred
non la consolasse ma restasse lì, seduto di fronte a lei, distante anni luce
dal suo dolore. Eppure anche Fred soffriva. Soffriva in silenzio. Aspettò che i
singhiozzi di lei si calmassero da soli, poi, come se entrambi avessero capito
di non avere più nulla di cui parlare, si alzarono e Fred la accompagnò alla
porta.
“Abbi
cura di te, Granger. Sei una ragazza forte. Sopravviverai alla mia smielata confessione
e andrai avanti” abbozzò un sorriso che era solo l’ombra di uno dei suoi soliti
ghigni. Le diede un bacio sulla fronte e poi la guardò, ancora con il volto
rigato di lacrime, smaterializzarsi dalla Tana, da lui e da un sogno ormai
infranto.
Fred
si lasciò cadere sulla poltrona del salotto e si prese la testa fra le mani. La
consapevolezza di averla persa ancora una volta, gli cadde addosso come un
macigno. E questa volta l’aveva persa per sempre. Lei l’aveva rifiutato, lui si
era reso conto che, comunque fossero andate le cose, non avrebbe mai potuto
compiere un atto così meschino nei confronti di suo fratello. Il loro peccato
magari non sarebbe stato punito perché si volevano bene ma il peso di ciò che
avrebbero potuto fare li avrebbe logorati ed infine distrutti. Hermione l’aveva
capito così se n’era andata via. Lontano da lui.