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Autore: Mirty_92    15/09/2014    3 recensioni
Hermione deve fare i conti con una vecchia relazione che pensava di aver definitivamente archiviato. Il tempo è passato e ha cambiato la sua situazione (ora è una donna sposata) ma forse non il suo cuore. Fred rientrerà prepotentemente nella sua vita con la spavalderia che gli è caratteristica ma con una punta di maturità in più che li farà crescere entrambi rendendoli consapevoli del loro neonato legame di parentela. Da tutto ciò il titolo di questa FF: Cognati si diventa, non si sceglie.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Hermione, Granger, Ron, Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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2.    Alla Tana

 


 

Le avrei rubato l’innocenza

come si fa con il primo amore,

strappandole i segreti della sua prima intimità.

Per insegnarle che peccare insieme

non è punito se si vuole bene.

 

Hermione quella mattina si svegliò di soprassalto, tutta tremante e madida di sudore. Aveva avuto un incubo, un incubo che non faceva da anni. Più precisamente da quando Fred l’aveva lasciata, al suo quinto anno ad Hogwarts. Un incubo che l’aveva tormentata per molto tempo ma che poi, come ogni cosa, aveva cessato di invadere il suo sonno. Ed ora eccolo lì. Era tornato. Hermione non voleva pensarci. Si costrinse a respirare normalmente. Tutta quell’agitazione non le faceva di certo bene. Guardò con la coda dell’occhio la sveglia sul suo comodino e sobbalzò. Erano le 10 del mattino. Ron era già andato al lavoro da un pezzo mentre lei aveva dormito più del previsto. Non poteva permettersi di perdere così le giornate di permesso che si era concessa. È vero che doveva riposare, ma la sua idea di riposo ideale era quella di starsene comodamente seduta sul divano immersa nella lettura di un buon libro, non certo quella di dormire così a lungo per poi svegliarsi di soprassalto a causa di un incubo. Il pensiero del brutto sogno stava cercando nuovamente di farsi strada nella sua mente. Hermione doveva fare qualcosa per evitarlo così si alzò dal letto e aprì la finestra. Era una bella e soleggiata giornata di maggio e l’aria fresca che le colpì il viso riuscì un po’ a placare la sua ansia. Decise che una doccia avrebbe fatto il resto, assicurandole un maggior controllo sui suoi nervi così tesi e tremolanti. Si diresse in bagno e lasciò che il gettò d’acqua si scaldasse per bene prima di infilarsi veloce nella doccia. L’acqua calda le scorreva lungo il corpo e portava via con sé non solo l’appiccicaticcio del sudore ma anche i pensieri tristi che continuavano, ad intermittenza, a ricordarle il sogno fatto. Smettila, Hermione. Si disse. È stato solo un incubo, un sogno! Nulla di più. Fred sta bene, fin troppo bene a dirla tutta. L’hai visto ieri sera.
Hermione non poté far altro che ripensare alla sera prima; alle parole che Fred le aveva detto; alla domanda che lei gli aveva rivolto alla quale però lui non aveva avuto il tempo di rispondere. O forse non le avrebbe comunque risposto. Perché Fred Weasley era fatto così. Faceva domande e si aspettava risposte ma quando si trattava di lui… beh, non sempre rispondeva, preferendo liquidare l’argomento con una battuta o un sorriso malizioso. Era fatto così Fred Weasley ed Hermione lo sapeva bene. Non sarebbe mai cambiato. Scosse la testa costringendosi a smettere di pensare a Fred. Uscì dalla doccia e cercò di dare una forma ai suoi capelli crespi. Per fortuna sua madre le aveva regalato di recente due pettinini in avorio che la ragazza sistemò vicino alle tempie in modo da fermare anche solo un po’ quell’ammasso di ricci ribelli che le ricadevano sulle spalle. Asciugò velocemente i capelli con un semplice incantesimo e guardò il suo doppio che le restituì lo sguardo dallo specchio sopra il lavandino. Aveva davvero gli occhi grandi e l’aria delicata come le aveva detto Fred? Hermione aggrottò un sopracciglio e si esaminò, critica. Se doveva essere sincera doveva ammettere che, diventando adulta, era decisamente migliorata anche se sicuramente non si sarebbe mai definita una ragazza bella, cosa che invece Fred le aveva fatto notare la sera prima. Al solo ricordo di quelle parole le brillarono gli occhi. Spaventata e irritata dall’improvviso rossore che le aveva imporporato il viso, distolse lo sguardo e ritornò in camera.

Per poco non si prese un infarto quando vide un gufo bruno che zampettava sulla sua scrivania, spostandosi tranquillamente sulle sue pergamene ordinate e su alcuni suoi preziosi libri aperti.

“Accidenti! E tu che diamine ci fai qui?” Hermione conosceva quel gufo, naturalmente. Il gufo aveva nel becco una lettera: color arancione con una grande W violetta stampata sul retro. Era la classica busta dei Tiri Vispi Weasley e il gufo non era altro che quello di Fred e George. Howard. Che nome assurdo per un animale, aveva pensato la ragazza la prima volta che i gemelli avevano fatto riferimento al gufo. Lei, in un primo momento, aveva pensato addirittura che parlassero di una persona.
Hermione si affrettò a prendere la lettera e ad intimare al gufo di spostarsi sulla voliera vicino alla finestra. Il volatile, per tutta risposta, continuò a zampettare sulle sue carte. “Sei irriverente proprio come i tuoi padroni!” sbottò lei spazientita e il gufo emise un verso acuto e quasi canzonatorio. Aprì la lettera e si mise a leggerla.

 
Cara Hermione,

Come stai? È un po’ che non ci vediamo. Ho saputo da Harry, che ha saputo da Ron, che ti sei presa qualche giorno di riposo dal lavoro. Cosa ne dici se ci vediamo alla Tana oggi pomeriggio verso le due? Potremmo prenderci un thè e parlare un po’. Mi hanno posticipato il prossimo allenamento così ho pensato che sarebbe carino passare un po’ di tempo insieme. Ho un sacco di cose da raccontarti. Aspetto una tua risposta.

Con affetto,
Ginny

P.S.: Non farti ingannare dalla lettera. In realtà è la prima che ho trovato alla Tana. Fred e George lasciano sempre in giro un sacco di cose e sì, anche se la Tana non è più casa loro, stai tranquilla che avranno sempre qualcosa che gli appartiene qui.

 
Hermione rimase per un attimo perplessa. In quella storia c’era qualcosa che non quadrava. Non prendendo nemmeno per un attimo in considerazione il Post Scrittum, pensò che, il solo fatto che Ginny avesse usato la lettera distintiva dei gemelli, non quadrava. La rilesse alla ricerca di qualcos' altro di anomalo ma non riuscì a trovare nulla. Decise così di confrontare la scrittura della lettera ricevuta con una che sapeva per certo essere di Ginny. Aprì una grande scatola dove teneva tutta la sua corrispondenza magica e prese una pergamena della cognata, nonché migliore amica. Non c’erano dubbi: la scrittura era la stessa eppure qualcosa non la convinceva affatto. Uno strillo acuto di Howard la fece sobbalzare. Quella giornata era cominciata decisamente male e se avesse continuato a quel modo, una morta prematura a causa di infarto non gliel’avrebbe levata nessuno. “Ecco cos’è che non quadra! Perché Ginny avrebbe dovuto usare il gufo di Fred e George se scriveva dalla Tana?” Hermione sorrise per la sua stessa intuizione. “Fred Weasley, se proprio volevi fingere di essere Ginny avresti dovuto essere più furbo” disse, parlando come se Fred fosse lì nella stanza con lei. Il gufo reclamò ancora la sua attenzione. “Oh, per Merlino! Un momento!” Hermione scribacchiò una veloce risposta affermativa sul retro della lettera e la riconsegnò al volatile che planò fuori dalla finestra perdendosi all’orizzonte.

“E così vuoi vedermi, Fred? Beh, sappi che mi devi una risposta per quanto mi hai detto ieri e anche per tutta questa farsa della lettera.” In Hermione era rinato lo spirito combattivo da vera Grifondoro. Aprì l’armadio e si vestì in fretta prima di scendere in cucina.

 

La giovane donna aveva veramente sprecato tutta la mattinata e in men che non si dica era già mezzogiorno. Solitamente, lei e Ron, non tornavano a casa per pranzo, preferendo mangiare, a volte insieme ad Harry, in un pub babbano vicino al Ministero. Ma in quei giorni che Hermione non era al lavoro, Ron preferiva tornare a casa e pranzare con lei.

“Hermione, stai bene?” Ron la guardò con aria preoccupata quando la vide prendere un cucchiaio e tentare di inforcare una patatina fritta.

“Sì, Ron. Perché?” gli chiese stupita. Ron indicò il cucchiaio che teneva in mano.

“Oh, accidenti! Ecco perché non riuscivo a prenderla” sorrise un po’ confusa.

“Hai dormito bene stanotte?”

“Certo. Perché tutte queste domande, Ron?” scattò sulla difensiva.

“Mi sembri strana. E stanotte continuavi ad agitarti nel sonno” le spiegò semplicemente.

Hermione si costrinse a stare calma. Dopotutto Ron si preoccupava solo per lei. “Va tutto bene. E ti assicuro che stamattina ho riposato a sufficienza. Mi sono svegliata alle dieci.”

“Ma dai?? Non ci credo!”

“Certo! E non ho concluso nulla qui a casa.”

Ron si avvicinò a lei e le posò un tenero bacio sulla tempia. “Devi stare un po’ tranquilla. Riposarti. Ti vedo un po’ provata ultimamente. Vedrai che un paio di giorni a casa basteranno a farti tornare di nuovo in gran forma.”

“Forse” mugugnò sottovoce la ragazza. Ma Ron non la sentì. “Ora devo andare. Ci vediamo stasera, Herm.” Ron aveva già recuperato il mantello per uscire.

“Ron, aspetta.”

Ron si voltò a guardarla, sorpreso dal tono apprensivo di lei. Che cosa stava facendo? Voleva rivelargli il suo segreto così, di punto in bianco? Era forse impazzita? No, doveva trattenersi. Una simile notizia meritava un momento speciale da condividere insieme. Non poteva rivelarglielo mentre era sulla porta, pronto a tornare al lavoro.

“Niente. Volevo solo dirti che ti voglio bene, Ron. Ci vediamo stasera.”

“Anche io ti voglio bene. A stasera.” Ron sorrise felice. Hermione era sicuramente la miglior persona che avrebbe mai potuto incontrare in tutta la sua vita. Era davvero un uomo fortunato.

 

“Signori Weasley, è appena arrivato Howard con una lettera.”

“Grazie Verity. È mia.” Fred prese la lettera che la commessa dei Tiri Vispi Weasley gli porse prima di tornare al bancone del negozio.

“E sentiamo, Freddie. Chi ti scrive?” chiese George fingendo indifferenza mentre continuava a riordinare le scatole di Orecchie Oblunghe.

“Attendevo una risposta dalla Granger.”

George per poco non cadde dalla scala sulla quale stava già in precario equilibrio. “Una risposta da Hermione? E cosa volevi da nostra cognata?”

“Le ho chiesto di incontrarci oggi pomeriggio alla Tana e lei ha accettato. Perciò per oggi il negozio è tutto tuo ma mi raccomando, voglio ritrovarlo quando torno domani.” Fred si stava già allontanando verso il reparto delle Puffole Pigmee che, quel giorno più che mai, scorrazzavano a più non posso nella loro teca.

“Ehi, non penserai davvero di liquidarmi a questo modo? Insomma, sei in debito con me, ricordi? O forse te ne sei già dimenticato?”

Fred sbuffò mentre George l’aveva raggiunto con ancora due scatole di Orecchie in mano.

“Mi ricordo, Georgie. Per fortuna nessuno mi ha ancora fatto un Oblivion” scherzò.

“Ok, quindi dimmi che diavolo ti passa per la testa! Invitare Hermione alla Tana proprio oggi che è giovedì, per giunta! Lo sai che la mamma il giovedì viene sempre a Diagon Alley a fare compere e passa a salutarci invitandoci a cena stasera. Cosa devo dirle quando non ti troverà?”

“Quando arriverà la mamma le dirai una bugia. Ti inventerai qualcosa, ne sono sicuro.”

“Fred! Allora, o mi dici cosa stai combinando o giuro che non ti lascerò uscire di qui!” George aveva appoggiato le Orecchie su uno scaffale e guardava Fred con uno strano cipiglio severo.

“Ehi, stai per caso imitando Percy?”

“No, in realtà imitavo Angelina, lei fa sempre così quando vuole farmi dire qualcosa che io non voglio rivelarle.” I gemelli si guardarono e scoppiarono a ridere. Verity li guardò perplessa dal bancone, certa di avere proprio due capi molto bizzarri.

“Ok, Freddie. Non dirmi nulla ma lascia che ti dia un consiglio.”

“Sarebbe?” chiese Fred alzando un sopracciglio.

“Vacci piano con lei. È sposata. E con nostro fratello per giunta! È nostra cognata. Ricordalo sempre.”

“Non sono così stupido, George” disse con una punta di risentimento nella voce. “E nel caso tu non te lo ricordassi, io sono fidanzato.”

“Oh, certo! Jessica! Come ho fatto a dimenticarla.” George si batté una mano sulla fronte in modo estremamente teatrale. “Eppure sai una cosa. Sono convinto che non avresti dovuto lasciare andare Angelina. I mesi in cui sei uscito con Hermione ti hanno fatto male, fratello. O, per essere più precisi, ti ha fatto male il post-Hermione. Con Angelina non avresti mai avuto tutti questi problemi. Però devo ringraziarti altrimenti se tu non l’avessi lasciata, lei non sarebbe mai venuta da me a farsi consolare.” E rise di gusto, seguito a ruota da Fred.

“Vedi, alla fine sei ancora tu in debito con me. E non preoccuparti che conosco benissimo i limiti di una donna sposata. Soprattutto se la donna in questione è la Granger.”

“D’accordo, d’accordo. Ora però smettila di pensare a lei e vai a dare da mangiare alle povere Puffole altrimenti i prossimi clienti che verranno a comprarle non le vedranno più così reattive ma solo rachitiche e maltenute e i nostri affari ne risentirebbero.” George diede una pacca sulle spalle a Fred prima di recuperare le due Orecchie dallo scaffale e tornare ad arrampicarsi sulla scala traballante per sistemarle.
Fred, dal canto suo, seguì la seconda parte del consiglio di George e diede da mangiare alle Puffole ma non riuscì a togliersi dalla testa Hermione. Lei gli aveva detto di sì; sarebbe andata alla Tana nel pomeriggio. Possibile che avesse veramente creduto che fosse stata Ginny a mandarle la lettera? In tal caso il loro ultimo prodotto era davvero un’ottima invenzione se era riuscito ad ingannare persino la Granger. Eppure, in cuor suo, Fred pensava solo a lei e al momento in cui l’avrebbe nuovamente rivista da sola.

 

Hermione era sempre stata una ragazza puntuale e da grande non era di certo cambiata. Alle due in punto comparve nel giardino della Tana e andò a suonare alla porta. Il suono della campanella si propagò attraverso le colline verdeggianti circostanti la casa dei suoi suoceri. Le era sempre piaciuta la Tana. Era il posto che le ricordava la sua adolescenza. A dire il vero, negli anni che aveva frequentato Hogwarts, Hermione aveva soggiornato più volte alla Tana che a casa sua. Un po’ se ne rammaricava per i suoi genitori, ma d’altra parte, il fatto che la Tana fosse una casa di maghi, la faceva sentire sempre a suo agio. Suonò un’altra volta perché nessuno era ancora venuto ad aprirle. Aspettò ancora un momento sentendosi per un attimo presa in giro. Possibile che non ci fosse nessuno? Nemmeno Fred? Hermione abbassò piano la maniglia e si accorse che la porta era aperta.

“Ehi, c’è nessuno?” chiese rimanendo sulla soglia. Era sempre stata una ragazza ben educata e anche se quella casa era ormai come se fosse una seconda abitazione per lei, non si sarebbe mai azzardata ad entrare senza permesso.

“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui! Buon pomeriggio.”

Decisamente quella giornata non era giornata. Qualcuno doveva volerla morta, sì, proprio morta d’infarto! “Ehi, ti ho fatto spaventare?” Fred, che naturalmente l’aveva vista sobbalzare, la guardava con il suo classico sorriso sghembo dal pianerottolo del primo piano.

“No, Fred. Mi hai fatto solo prendere un accidente!” spiegò sarcastica. Fred rise e la raggiunse. “Non stare lì sulla porta. Entra pure. Che bella sorpresa! A cosa debbo l’onore della sua visita, ex Prefetto-perfetto?”

Hermione lo guardò torva. “A che gioco stai giocando, Fred? Mi hai scritto tu di venire qui questo pomeriggio.”

“Io?” Fred assunse un’aria incredula. “Io non ho scritto nulla a nessuno.”

Hermione, che nel frattempo si era chiusa la porta alle spalle, aveva incrociato le braccia al petto con fare risoluto. “Certo, come no! Allora la lettera che ho ricevuto stamattina non era tua ma guarda caso tu sei qui alla Tana.”

La ragazza aveva assunto un’espressione di disappunto così comica che Fred scoppiò a ridere. “Così hai capito che non era di Ginny. E come hai fatto se posso saperlo? Il Post Scrittum non ti ha convinto?”

“Ti facevo più furbo, Fred. Hai mandato Howard. Perché mai Ginny, che abita ancora alla Tana, avrebbe dovuto mandare Howard che è il gufo personale tuo e di George?”

“Perspicace conclusione, Granger. Ho voluto mettere alla prova la tua sagacia. Un ex Prefetto deve mantenere certi standard. Complimenti, mi hai scoperto. Ma vorrei chiederti una cosa. Non hai pensato nemmeno per un momento che potesse essere davvero una lettera di Ginny?”

“Beh, la scrittura era identica.”

“Ah, allora hai controllato!” esclamò Fred con fare indagatore.

“Certo che ho controllato. Ginny che scrive una lettera con la vostra posta personale. Mica sono stupida, Weasley.”

“Sei sempre riuscita a tenermi testa, Granger. Anche a Hogwarts, devo ammetterlo.”

“È per questo che mi hai lasciata?” Hermione si morse la lingua un attimo dopo che quelle parole erano uscite dalla sua bocca. Cosa diavolo le era preso? Fred la guardò per un attimo, stupito. Non pensava che lei sarebbe mai tornata sull’argomento dopo così tanto tempo. Fred Weasley preferì non rispondere. Le diede le spalle ed entrò in cucina invitandola a seguirlo.

“Se non sbaglio ti avevo invitata per un thè o preferisci una tisana?”

Bene. Lui non voleva risponderle e lei lo avrebbe accontentato ripagandolo con la stessa moneta. “Dov’è Molly?” disse non rispondendo di proposito alla sua stupida offerta. Fred corrugò per un attimo la fronte. Aveva del carattere, la Granger.

“Mia madre è a Diagon Alley. Sai, è giovedì oggi.” Hermione capì all’istante. Sapeva esattamente che il giovedì per Molly Weasley era sacro. Passava a Diagon Alley a fare spesa per la settimana e poi immancabilmente passava dai gemelli al negozio, per salutarli e per invitarli a cena la sera stessa. Naturalmente era un’abitudine che si era consolidata con gli anni e tutta la famiglia Weasley ne era al corrente. “Allora, thè o tisana?”

“Tisana, grazie” si arrese la ragazza.

“Al karkadè, presumo.”

“Come fai a ricordartelo?” chiese stupita. Fred fece spallucce. “Sei l’unica in questa casa che riesce a bere quella brodaglia. Mamma compra quelle tisane apposta per te, quando vieni a trovarla.”

Hermione non aggiunse altro. Lei e Fred rimasero in silenzio mentre il ragazzo si dava da fare a preparare un thè e una tisana. “Allora, Granger. Non sei curiosa di sapere come ho fatto a scriverti quella lettera?” le chiese mentre le porgeva una tazza enorme di tisana che emanava un buon profumo.

“Dovrei esserlo, Fred?” Poi le balenò in testa un’idea improvvisa. “Non è che per caso hai coinvolto davvero Ginny in questa storia inducendola a scrivermi da parte tua?”

“Mi stai forse accusando di aver usato un Imperius su mia sorella?” Fred rise di gusto.

“Dai, dimmi come hai fatto. Vedo che muori dalla voglia di raccontarmelo” disse rassegnata la ragazza.

“Mi conosci bene, Granger” le rispose soddisfatto.

“Più di quanto vorrei, purtroppo” aggiunse lei, questa volta sottovoce. Fred non la sentì o, forse, fece finta di non averla sentita. Estrasse quella che sembrava una comune penna a sfera dalla tasca della sua giacca color melanzana e la mise sotto gli occhi di Hermione.

“Ammira, Granger. L’ultima brillante invenzione dei gemelli Weasley.”

La ragazza guardò l’oggetto perplessa. “A me sembra una comunissima penna babbana.”

“Ed è proprio questa la genialità! Non è quel che sembra! Questa è un a penna a sfeba!”sentenziò convinto il gemello. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. Gli Weasley erano tutti uguali: non riuscivano proprio a non storpiare i nomi degli oggetti babbani. “Una penna a sfera, vorrai dire” lo corresse lei, paziente. “E io cosa ho detto?” chiese, piccato.

Hermione scrollò il capo. C’era poco da fare con gli Weasley e ancor di più con Fred. Era dannatamente testardo.

“Ok, lasciamo stare e dimmi cosa ci fai con una penna. Avete abbandonato le Piume Autocorreggenti in favore delle penne babbane?”

“Questa non è una comune penna babbana. Cioè, lo era prima che io e George gli facessimo qualche piccola modifica” un ghigno soddisfatto si fece largo sul suo volto. “Guarda, ti faccio vedere come funziona.” Fred recuperò al volo una pergamena vuota e una lettera che aveva scritto Ginny. Usando la penna, scarabocchiò sulle parole scritte dalla sorella ma nessuna traccia di inchiostro scese a deturpare la bella e minuta grafia della ragazza. Fred guardava di sott’occhi Hermione che attendeva la magia, pazientemente. Fred lasciò passare di proposito qualche secondo e poi si mise a scrivere sulla pergamena bianca che improvvisamente si riempì della grafia di Ginny. Hermione non riuscì a trattenere un’espressione colpita.

“Stupita, vero Granger?” ammiccò il ragazzo. Era troppo tardi per Hermione fingere  che quell’incantesimo non l’avesse sbalordita. “Niente male, Weasley. Devo ammetterlo. Ed è già in commercio?”

“Non sarai mica interessata seriamente ad un nostro prodotto, Granger? Altrimenti ti assicuro che ti potremmo assumere subito come ragazza per gli sponsor ufficiali. Ne stiamo giusto cercando una.”

“No, grazie. Ho già un lavoro” affermò convinta e risentita. Fred si accorse della punta di acidità trapelata dalle sue parole “Ehi, mica ti ho proposto un lavoro disonorevole! Comunque tornando alla tua domanda… no, non è ancora in commercio. La lanceremo in estate, prima che inizi la scuola. Nessuno sarebbe interessato adesso ad una chicca del genere, ti pare?”

“E perché contate che l’inizio della scuola farà avere successo a questa penna?”

“Granger, stai perdendo colpi. Immagina di possedere un simile tesoro. Niente più lettere di rimprovero insegnanti-genitori. Solo, se necessario, lettere di elogio. Per non parlare di voti cambiati”.

Hermione sgranò gli occhi. “Fred! È illegale questa cosa e lo sai!”

Fred fece spallucce. “Noi vendiamo solamente. Sta a chi la compra farne buon uso. Io ad esempio l’ho sfruttata in modo positivo.”

“Per farmi giungere qui con l’inganno.” La ragazza incrociò le braccia al petto, indispettita.

Fred scoppiò a ridere. “Dai, Granger. Non dirmi che davvero non avevi capito che venendo qui oggi avresti trovato me! Me l’hai confermato tu stessa quando sei entrata.” Hermione era arrossita. Fred aveva ragione. Sapeva esattamente che quel pomeriggio non avrebbe incontrato Ginny eppure aveva deciso di recarsi comunque alla Tana.

“Ok,” ammise “allora dimmi perché mi hai fatto venire qui. Non sarà solo mica per mostrarmi una stupida penna, vero?”

“Ehi, la penna a sfeba non è stupida!” protestò Fred, fingendosi offeso. “Comunque no. non ti ho fatto venire qui per questa. Volevo vederti, Granger. Voleva stare un po’ da solo con te.” La schiettezza disarmante di Fred le fece trattenere il respiro. Fred era scaltro e lei lo sapeva bene.

“E perché volevi stare da solo con me? Ieri non ti è bastato?” L’unico modo che Hermione conosceva per tenere a bada Fred in questi suoi momenti di irresistibile e disarmante franchezza era giocare la carta della studiata indifferenza. Hermione assunse così un’espressione di ostentata superiorità.

“Mi è forse proibito passare del tempo con mia cognata, da solo?” Fred, dal canto suo, rispondeva ad una domanda con una domanda. Era chiaro che non voleva risponderle.

“No di certo. Ma ci sarà un motivo. D’altra parte, avrei anche altro da fare, se permetti.”

“Smettila, Granger. Dì la verità. Te lo aspettavi questo invito.” Hermione si morse il labbro inferiore. Se l’aspettava davvero? Fred continuava a guardarla con il suo consueto sorriso sghembo.

“Questo non ha importanza. Ma tu non mi hai risposto. E nemmeno ieri sera, se vuoi proprio saperlo. Perché mi hai detto quelle cose?” Hermione ripartì all’attaccò, ricordando lo scopo che si era prefissata nel momento stesso in cui aveva risposto affermativamente all’invito. Doveva scoprire cosa voleva Fred da lei.

Fred alzò gli occhi al cielo. “Uffa. Possibile che uno per fare dei complimenti ad una ragazza debba per forza avere un motivo nascosto?”

“Sì, non sei tipo da complimenti, Weasley. E lo so bene.”

“Ehi, vacci piano. Una volta, se non ricordo male, ti feci un complimento a scuola che costò molto ad entrambi.”

Hermione non se l’era dimenticato. Era lo stesso complimento che, la sera prima, Fred aveva spassionatamente negato di aver mai, non solo detto, ma anche "subìto". Nessuno mi ha mai rubato il cuore. Quelle parole fecero montare la rabbia ad Hermione.

“Ti riferisci per caso a quel Mi hai rubato il cuore, Granger che ieri hai prontamente smentito con il tuo Nessuno mi hai mai rubato il cuore?”

“Vedo che ti ricordi.” Fred non sembrava affatto turbato dal tono minaccioso della ragazza. Anzi, pareva divertito.

“Qualcosa mi è rimasto in mente.” sbottò  sarcastica.

“Anche quello che seguì?” Fred la stava facendo dannare e la stava conducendo, un passo alla volta, sulla via di ricordi dolorosi che lei pensava di essere riuscita orami ad archiviare. A quanto pareva però non si trattava propriamente di un capitolo interamente chiuso. Hermione si sentì percorrere da un brivido quando ricordò quello che era accaduto quel giorno tanto tempo prima e si ricordò anche di come avesse mentalmente, maledetto prima e benedetto poi, l’entrata inopportuna di Cho Chang in quel corridoio nascosto dove l’aria era satura di baci e sospiri.
Fred la osservava attentamente. Le guance di Hermione si erano tinte improvvisamente di rosso e lo sguardo di lui si era fatto ad un tratto più malizioso.

“Noto con piacere che hai buona memoria, Granger” le disse, commentando il suo evidente imbarazzo.

“L’ho sempre avuta. Ma Fred, ora basta. Dimmi cosa vuoi da me?”

“Che tu sia sincera con me.”

Hermione lo guardò stupita. “In che senso?”

“Se la Chang non ci avesse interrotto quella volta, saresti arrivata fino in fondo con me?”

Le pupille di Hermione si dilatarono per la sorpresa e sulle sue guance probabilmente avrebbe potuto friggerci due uova. Accidenti a Fred Weasley e alla sua stramaledetta schiettezza!

“Che importanza può avere ora? Sono passati tanti anni.” Hermione cercava di costringersi a respirare normalmente. Per fortuna Fred gli era seduto di fronte e non a fianco. Il tavolo tra loro era un’opportuna barriera.

“Molta” disse con disinvoltura il ragazzo, bevendo un sorso di thè. “Perché se tu mi rispondi a quest’unica domanda io ti dirò perché ieri ti ho detto quelle cose e perché oggi ti ho invitata qui.”

Hermione vide qualcosa di strano scintillare negli occhi del ragazzo ma sperò ardentemente di essersi sbagliata. La sua sanità fisica e mentale cominciava a vacillare. Rifletté per un istante e vagliò tutte le opzioni. Poteva mentire e andarsene da quella casa chiedendo a Fred di stare lontana da lei, oppure poteva dire la verità e mettere in pericolo il suo matrimonio perché, quello che Hermione aveva letto negli occhi di Fred, era chiaramente desiderio. Desiderio di lei. Valeva la pena rischiare? La parte più incosciente di lei prevalse.

“Sì, Fred. Sarei arrivata fino in fondo.” Non smise di guardarlo negli occhi, anche se farlo gli costò molta fatica. Fred, contrariamente a quanto si era aspettata, non fece commenti ma si limitò a rispondere alle sue domande.

“Ieri ti ho detto quelle cose perché ho sentito il bisogno di dirti la verità. Ho capito di averti persa per sempre quando hai sposato mio fratello. Finché uscivate insieme non mi era mai passato per la testa che tu potessi davvero sposarti con lui ma poi… quando ti ho vista andare verso l’altare… Dannazione, Granger! Ho realizzato davvero che avresti trascorso la tua vita lontano da me e che non sarei stato io la tua prima volta. E oggi ti ho chiesto di venire qui perché volevo che tu sapessi tutto questo. Sono stanco di fingere. Ho aspettato fin troppo: otto mesi. Anche se non te l’ho mai detto io ti amo e ti amerò sempre.”

Hermione a stento tratteneva le lacrime. Mai aveva sentito Fred parlarle in modo tanto appassionato e malinconico ad un tempo.

“Fred, io… io non posso tradire Ron. Io… gli voglio molto bene. Non posso distruggere quello che abbiamo costruito per una cosa che ci è quasi successa da ragazzi e di cui nessuno capirebbe l’importanza che per noi avrebbe potuto avere.” Ora le lacrime le scendevano copiose sul volto. Fred strinse i pugni e si costrinse a rimanere seduto. Non si sarebbe avvicinato a lei. Per quanto potesse desiderarla, entrambi in quel momento erano vulnerabili. Lei più di lui e lui, non poteva approfittare così della situazione e di lei. Sua cognata. Non avrebbe mai fatto questo torto a Ron, suo fratello.

“Lo so, Hermione. E ti capisco. Anche io voglio bene a mio fratello e so che lui ti renderà felice.”

Hermione continuava a singhiozzare in maniera incontrollabile e si chiese perché Fred non la consolasse ma restasse lì, seduto di fronte a lei, distante anni luce dal suo dolore. Eppure anche Fred soffriva. Soffriva in silenzio. Aspettò che i singhiozzi di lei si calmassero da soli, poi, come se entrambi avessero capito di non avere più nulla di cui parlare, si alzarono e Fred la accompagnò alla porta.

“Abbi cura di te, Granger. Sei una ragazza forte. Sopravviverai alla mia smielata confessione e andrai avanti” abbozzò un sorriso che era solo l’ombra di uno dei suoi soliti ghigni. Le diede un bacio sulla fronte e poi la guardò, ancora con il volto rigato di lacrime, smaterializzarsi dalla Tana, da lui e da un sogno ormai infranto.

 

Fred si lasciò cadere sulla poltrona del salotto e si prese la testa fra le mani. La consapevolezza di averla persa ancora una volta, gli cadde addosso come un macigno. E questa volta l’aveva persa per sempre. Lei l’aveva rifiutato, lui si era reso conto che, comunque fossero andate le cose, non avrebbe mai potuto compiere un atto così meschino nei confronti di suo fratello. Il loro peccato magari non sarebbe stato punito perché si volevano bene ma il peso di ciò che avrebbero potuto fare li avrebbe logorati ed infine distrutti. Hermione l’aveva capito così se n’era andata via. Lontano da lui.

 

 

 

 

  
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