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Autore: unleashedliebe    19/09/2014    1 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(c)ADL

Capitolo XIX

Pov Bill

Mercoledì la sveglia cominciò a suonare alle sei e mezza, un orario decisamente inconsueto per me – amante delle lunghe dormite – in programma però avevo un incontro con David Jost e il resto dello staff, nella sede della Universal di Amburgo assieme al resto della band; già intuivo del perché il manager volesse riunire tutti: ormai la mia permanenza alla clinica stava per volgere al termine..
Così dopo averci parlato al telefono avevamo concordato di trovarci tutti in ufficio nella prima mattinata.
Ancora mezzo addormentato mi recai in bagno e indossai meccanicamente i vestiti scelti la sera prima, così da non dover passare un’ora fra le valigie, ero molto lungo quando si trattava d’abbigliamento, nonostante nessuno oltre ai miei collaboratori più stretti mi avrebbe visto. Ero fatto così, perfezionista e pignolo. Mi truccai leggermente, anche perché non ero abbastanza sveglio per tentare a un make-up più estremo e curato; inviai un messaggio a Mel per augurarle il “buongiorno”, sapevo che quel giorno aveva una giornata pesante: terapie la mattina, pomeriggio lezioni e la sera prove per lo spettacolo; ancora non mi aveva detto la canzone che aveva scelto, ero curioso. Dopodiché ricevetti lo squillo di Tom che indicava fosse sotto con la Cadillac e le due G ad attendermi.
-Salve ragazzi- dissi salendo sul sedile anteriore, accompagnando il tutto con un sonoro sbadiglio. La risposa fu uno strano insieme di versi ben poco umani; -direi che tutti e quattro necessitiamo di un bel caffè.. molto forte anche- affermai.
-Concordo con te Bill- annuì Gustav, l’unico mattiniero fra di noi, quindi l’unico in grado a emettere una frase a quell’ora, ancora l’alba per me.
-Tom fermati nel primo autogrill che trovi, poi scendo io e vi prendo qualcosa di forte, sembrate degli zombie- costatò scuotendo la testa.
Una ventina di minuti dopo il santo batterista era andato nel bar ed era tornato con quattro caffè potenti per noi poveri musicisti nel mondo dei sogni. Con movimenti lenti tracannammo la bevanda mentre i nostri sensi pian piano tornavano normali.
Ecco come si svolgevano i risvegli dei Tokio Hotel.  Se non ci fosse stato Sch
äfer probabilmente saremo stati in stato vegetativo un bel po’ di ore.
-Grazie Jutschel- proferì Tom leccandosi il labbro. Il biondino scosse le spalle, ormai ci sera abituato alle nostre lune.
-Allora,- cominciò Georg rivolto verso di me, -non ci hai ancora raccontato com’è andato il weekend con Mel-
 -Io lo so!- si intromise mio fratello, facendo girare la pallina del piercing con fare malizioso.
-Oh! Qualche dettaglio sconcio?- domandò l’Hobbit avvicinandosi al mio sedile, repentinamente mi girai e gli tirai un piccolo schiaffo sulla fronte.
-No, sognalo- annuncia categorico.
-Vuoi che lo sogni?- chiese retorico, facendo ridere quel porco di Tom.
-Cretino- esclamai sconsolato, cercando di colpirlo, mi lesse nel pensiero e riuscì a scansarsi.
-Dai Hagen lascialo in pace, quando mai Bill ha raccontato i dettagli della sua vita privata e intima?- mi soccorse Gus.
Un giorno o l’altro avrei dovuto fare una statua a quel ragazzo, sedava sempre le liti ancora prima che iniziassero con calma e pacatezza, due cose che al resto della band mancavano.
-Grazie, per fortuna qualcuno che mi capisce!- affermai incrociando le braccia.
-Gustav sei un traditore, sei sempre dalla sua parte!- piagnucolò l’altro Kaulitz, assumendo l’espressione di un bambino a cui avevano appena rubato il pacchetto di caramelle.
-E dai ragazzi, non ho voglia di assistere a sceneggiate di prima mattina- si giustificò semplicemente.
-Allora Tom, raccontami tu qualcosa! Pratichi astinenza da quando sei alla clinica con Bill, no?- lo stuzzicò il piastrato.
-Astinenza? Sto cazzo!- ridacchiò ammiccando, -Mi basta uscire in giardino, a volte mi sento come il miele, attraggo tutte le api che sono la attorno!- solamente Georg rise alla battuta, mentre scambiai un’occhiata afflitta con l’altro.
-Le anoressiche e le bulimiche.. sarà perché non mangiano, le trovo molto.. affamate- si inumidì la lingua come al solito, -Fa un po’ senso, sono talmente magre che temo si spezzino.. però ne vale la pena. Ve lo consiglio- concluse.
-Seriamente?- chiese conferma l’Hobbit.
-Provare per credere!- esclamò con fare misterioso.
-Okay, direi di chiudere questa sottospecie di discorso- fermai qualsiasi tentativo da parte dei pervertiti del gruppo di iniziare una conversazione alla base di sesso; -piuttosto, che avete fatto in questo mese?-
Finalmente riuscimmo a istallare un discorso più sensato e interessante. Come avevo immaginato Georg si era dato alla pazza gioia uscendo per bar tutte le sere accompagnato dal federe Andreas, il quale non rifiutava mai un boccale di birra e ragazze; anche il biondo si era unito qualche volta a loro, anche se prevalentemente aveva passato quei mesi a casa con la famiglia, dedicandosi a un po’ di sport – sembrava dimagrito in effetti – e si era allenato con la sua amata batteria.
-Nessuna ragazza quindi?- domandai incuriosito.
-No- dissero le G in coro.
-Per fortuna!- esclamò Tom, -insomma, basta già avere un cantante rincoglionito e fra le nuvole, almeno noi dobbiamo rimanere fedeli alle care e amate ‘One-night-stand’!- si spiegò.
-Ben detto Kaulitz!- concordò ovviamente Listing, dandogli una pacca d’intesa sulla spalla.
-Idioti- sussurrai io non abbastanza piano da non essere scoperto, in quanto una mano si intrufolò in mezzo ai miei capelli scompigliandoli tutti.
-Georg- sibilai voltandomi verso di lui, -me la pagherai, guardati alle spalle- i miei occhi divennero due fessure inquietanti e la minaccia ebbe l’effetto sperato, in quanto il ragazzo si spalmò contro al sedile, mentre gli mostravo un sorrisetto sadico.
-Io avrei paura- rincarò la dose Tom ghignando.
-Voi non avete fame? SexGott dei miei stivali fermati in quel bar, voglio una brioche!- a sedare la ‘guerra fredda’ fu sempre il santo batterista, la proposta fu accolta da tutti e l’appetito fu placato da quattro cornetti fumanti.
-Quanto manca ancora?- domandai a Tom, i viaggi in macchina mi annoiavano sempre, soprattutto se la colonna sonora era Samy Deluxe.
-Una ventina di minuti, se non ti lamentassi ogni volta che supero il limite faremo prima!- brontolò.
Ovvio che mi lamentavo, potevo comprendere superare il limite di una decina di chilometri all’ora, ma quando il massimo era settanta e lui premeva sull’acceleratore per raggiungere i cento mi pareva logico iniziare uno dei miei monologhi sulla sicurezza stradale: alla fine, stordito dalle mie parole, cedeva e rallentava.
-Senti, so che può sembrare strano… ma tengo alla mia vita! Non voglio finire spappolato in questo mostro di macchina!-
-Come osi chiamare la mia amata vettura, MOSTRO?- mi guardò esterrefatto, -chiedi scusa alla piccola Samie!-
Avevo sempre immaginato ci fosse qualcosa che non andasse in mio fratello, soprattutto quando a nove anni tornò a casa con quei serpentelli in testa,  poi si erano aggiunti quei vestiti così orribili, mai avevo però pensato sarebbe arrivato a chiamare la sua macchina con un nome!
-Spiegami- iniziai calmo, -La tua auto ha un nome?- la mia voce aveva un non so che di.. isterico.
-Sì- ammise come fosse la cosa più normale al mondo.
-Non sei a posto tu- lo apostrofai inarcando un sopracciglio.
-Disse quello che, nonostante i diciotto anni, dorme con un peluche, TEDDIIIII!- ricambiò l’accusa.
Non c’era niente di male nell’avere un pupazzo, lo tenevo con me dall’età di sette anni, era logico non volessi abbandonarlo, mi ci ero affezionato.
Dallo specchietto retrovisore potei notare Gustav e Georg guardarsi e ridacchiare, scuotendo la testa. Avevano fatto abitudine ai litigi miei e di Tom, per ogni motivo e per ogni cavolata, puntualmente però si risolvevano in poco tempo. Sicuramente erano sollevati ci trovassimo in macchina, non avevamo a disposizione padelle da tirarci dietro, quando eravamo nel nostro appartamento però..
-Arrivati!- esclamò Jutschel, Tom parcheggiò di fronte alla Universal e il piccolo battibecco fu archiviato e dimenticato.
Entrammo e trovammo Helen ad accoglierci, la stessa segretaria che c’aveva fatto fare il giro della seda ben tre anni prima, all’epoca dell’uscita di “Durch den Monsun”.
-Giorno ragazzi! È bello rivedervi- sorrise cordiale, -Tutto bene? David e gli altri vi aspettano nella sala riunioni- ci informò.
Scambiammo qualche chiacchiera e qualche convenevole per poi raggiungere il manager.
Mi era mancata la sede della casa discografica, mi piaceva l’atmosfera che c’era al suo interno: vi lavoravano moltissime persone e ci si poteva confrontare sulla musica, c’era sempre qualcuno pronto a darti un consiglio e anche una critica quando serviva.
-Giorno!- salutammo in coro non appena entrati e accomodati attorno al tavolo.
-Bentornati a casa- ci fece l’occhiolino Dunja, -tutto bene ragazzi?- rispondemmo positivamente.
-Allora, immagino sappiate perché siete qui, no?- iniziò David, catturando l’attenzione di tutti, lasciando poi a me la parola.
-Beh, sto completando il percorso di riabilitazione, ho praticamente concluso il programma senza complicazioni. Posso già tornare a cantare, ho avuto una visita ieri con il medico e ha confermato la mia completa guarigione- sorrisi contagiando il management. –Quindi..-
-Quindi dobbiamo recuperare le date perse a marzo e aprile, ne sono state cancellate parecchie. Perciò stiamo procedendo con l’organizzazione di un ‘Open air summer tour’- informò.
Sospirai, mi sentivo combattuto. Morivo dalla voglia di tornare a cantare, era quella la mia vita. Salire sul palco, prendere il microfono e proseguire con lo show, sentire l’adrenalina, il contatto con il pubblico.. in questi mesi tutto ciò era mancato e ora ne avevo davvero bisogno.
La musica era una parte integrante della mia esistenza. Senza non sarei stato io.
Ciò che mi impediva di godere della notizia era Mel, anche lei era entrata a far parte di me, insinuandosi timidamente nel mio cuore e rimanendoci.
Che situazione difficile, senza via d’uscita.
-Quando potresti lasciare la clinica?- mi domandò Roth.
-Direi che potrei rimanere ancora due settimane, anche meno- mi strinsi nelle spalle.
Come l’avrei comunicato a Mel?
-Perfetto! Va bene con ciò che sto pianificando, per ora ho le prime date: tre maggio in..- fece una pausa, -America! Al ‘Bamboozle Festival’-
Fissai sbalorditi i miei amici, America! Era un sogno che si realizzava. Grazie David, grazie fans.
-Poi il primo giugno ci sarebbe il Rock in Rio a Lisbona, in tredici si tornerebbe in Germania a Dorthmund… scusate mi sto facendo prendere dall’entusiasmo- ridacchiò, -ma ciò deriva anche da tutte le lettere ricevute dalle fan, in questo periodo – non avendo nulla da fare – ne ho lette un po’, e tutte aspettano il vostro ritorno- affermò allegro.
-E noi le accontenteremo- sorrisi e cercai l’approvazione degli altri, ottenendola.
-Perfetto! Allora direi abbiamo concluso qui per oggi, avrò il mio da fare nell’organizzazione. Potete andare, grazie per essere venuti!-
David ci congedò, decidemmo di fermarci ancora un po’; Gustav, Georg e Tom uscirono nel giardino per fumare una sigaretta, io optai per una tappa alle macchinette, così da prelevare una RedBull.
-Non fa bene bere queste cose la mattina sai?- Natalie mi si affiancò, rimproverandomi scherzosa.
-Non mi hai neanche salutato!- sbuffò facendomi ridacchiare.
-Ciao Nat- mi sporsi verso di lei per darle un bacio sulla guancia. Era l’unica amica donna che avevo, mi stava affianco da quando avevo quindici anni, era una specie di sorella maggiore.
-Allora, ci siamo sentiti così poco! Ti vedo felice, da tempo non ti vedevo così spensierato- osservò fissandomi, mi conosceva bene.
-Sono innamorato- confessai in imbarazzo.
-Davvero? Oddio sono così felice per te, l’hai conosciuta alla clinica?-
-Si..- sospirai, -è una situazione complicata. Lei è malata, ha la leucemia da quattro anni-
-Oh- mi guardò afflitta per un attimo poi mi prese per mano e mi fece sedere al suo fianco, cingendomi la spalla con un braccio.
-Esatto, oh. Si chiama Mel, mi ha colpito subito. Sai, non conosceva neanche i Tokio Hotel- sorrise, -Mi piace parlare con lei, perché non conoscendo ‘Bill Kaulitz von Tokio Hotel’ vede solo me, con difetti e pregi. E ha imparato ad amarmi così. È stato difficile, non voleva saperne di me, diceva fossi solo un amico, e non ci ho creduto neanche per un attimo, lo vedevo nei suoi occhi… ha degli occhi magnifici, sono azzurro chiaro, a volte sembrano di ghiaccio, ma trasmettono una dolcezza inimmaginabile. Respingermi, lo faceva per me: non voleva che stessi con una persona malata, si preoccupa sempre degli altri e mette se stessa in secondo piano. Ho insistito, tanto- ridacchiai, -alla fine ha ceduto, la i dubbi ci sono ancora, forti. La vedo tentennante appena si accenna all’argomento “futuro”, perché so già che, non appena uscirò dalla clinica, fra noi sarà finita- chiusi un attimo gli occhi, -Non posso biasimare la sua scelta, la capisco. È la cosa più giusta per tutti e due.. non riesco ad accettarlo, mi impongo di non pensarci, perché fa male. Sono veramente innamorato di lei, e..- posai le mani sul viso, le labbra cominciavano a tremare, non volevo piangere.
-Cucciolo- mormorò, -E’ proprio complicata come situazione. Mi piacerebbe conoscerla questa ragazza, sembra una brava persona, soprattutto perché se ha conquistato il tuo cuore deve essere speciale. Capisco quanto tu soffra al pensiero della separazione, ma è la cosa più giusta in fondo. Una relazione a distanza sarebbe massacrante per entrambi, ne uscireste distrutti.- mi parlò con tono dolce, quasi materno.
-Come posso dirglielo? Fra neanche due settimane parto e non ci vedremo più? Se glielo comunicassi ora sono certo troncherebbe tutto subito per non soffrire. Di certo non posso dirglielo la mattina prima della partenza!-
-Non ci sarà mai un momento giusto per comunicarglielo- sorrise tristemente.
-Non mi resta che “Leb die Sekunde” direi- sussurrai.
-“I know that one day we’ll see again, try to go on as long as you can”, pensa a questo Bill, se è vero amore vi ritroverete-
La ringraziai, mi era mancata molto, sapeva sempre dire le cose giuste al momento giusto, aveva un talento innato per consolarmi.
-Ah Bill sei qui!- ci venne incontro Jost, -ti stavo cercando-
-Dimmi- cancellai ogni segno di tristezza e indossai una maschera da ragazzo felice ,ormai ero diventato bravo a
fingere.
-Ho parlato con il direttore della clinica per via dello show- annuì seguendo ciò che diceva, -Mi ha assicurato che I video fatti in quelle occasioni non vengono mai diffuse perché è una regola, quindi non avrai problem.
Suonerai per ultimo, “Wir sterben niemals aus” in versione acustica con Tom. Gustav e Georg sono impegnati con le loro famiglie e non possono partecipare-  
-Perfetto!- assentì io, -gli altri dove sono?-
-Mi hanno detto che ti aspettano in macchina per andare a mangiare qualcosa. Quegli ingordi- ridacchiò.
-Okay, allora ci vediamo sabato Dave- rispose con un cenno e sparì in ufficio.
-E Nat, teoricamente a.. fra due settimane-
-Mi raccomando, voglio essere tenuta informata- la abbracciai affettuosamente per poi raggiungere i tre bifolchi in macchina.
Raggiungemmo il primo ristorante disponibile, mandando sempre Gustav a prendere le cose da mangiare, per poi ingozzarci nella macchina di Tom, sotto sua stretta osservazione, attento che non sporcassimo la sua amatissima Samie.
-Tom,- disse Hagen ancora a bocca piena, -Puoi lasciare me e Wolfgang al solito pup, stasera dormiamo in albergo.. anche se non ho in programma di dormire, io- ammiccò.
-Va bene SexGottJunior- concedette mio fratello, lanciandogli uno sguardo di intesa.
Abbandonammo i due sotto al pub, uno dei più noti di Amburgo, per poi tornare nella triste Colonia. Inizialmente il viaggio procedette fra i miei e i suoi battibecchi, io non volevo sentire Deluxe e lui non voleva sentire Nena. Ci fu poi un momento di silenzio che scelse lui di interrompere.
-Ti vedo inquieto, centrano Mel e il tour, giusto?- mi guardò serio, bingo.
-Esatto-
-Se fossi stronzo – e lo sono, quasi sempre – ti direi “te l’avevo detto”, ma non mi sembra il caso. Sapevi a cosa andavi incontro quando ti sei messo con lei, anche io ero contrario, e ho fatto fatica ad accettarlo. Però Mel è stata chiara fin dall’inizio: una volta lasciata la clinica, avreste chiuso. È la cosa migliore, per quanto ti possa sembrare.. ingiusta. Mi dispiace, perché un pelino mi sono affezionata a quella ragazzina timida, un pelino.. ma non c’è altro da fare, non ci sono altre strade possibili-
Rimasi ad ascoltare tutto quello che diceva, raramente faceva uscire la sua parte “matura”, però quelle poche occasioni in cui lo faceva mi aiutava sempre a capire, perché Tom mi conosceva.. meglio di quanto io conoscessi me stesso.
-Goditi questi momenti, cerca di non farti condizionare dal futuro, come fa lei- mi fece promettere.
-Grazie- dissi riconoscente.
-Figurati, è questo a cui servono i gemelli, no? A impedire che l’altro si faccia mille seghe mentali inutile, così da cadere in paranoia.. e dover poi consolarlo per ore e ore- fece l’occhiolino e mi ritrovai a ridere delle sue parole.
E bravo Kaulitz, era riuscito a smorzare l’atmosfera e a farmi rilassare.
Grazie Tom.

* * *

Già sabato; avevo perso la cognizione del tempo e il giorno dello spettacolo era arrivato troppo in fretta. Mille paranoie e pensieri occupavano la mia testa, non ero riuscito a confessare a Mel che la settimana successiva sarei partito perché stava per ricominciare il tour, cercavo il momento giusto, sapendo non l’avrei mai trovato. Glielo volevo davvero dire? La risposta era negativa, era sbagliato non metterla a conoscenza di ciò, ma conoscevo le conseguenze qualora gliene vessi parlato.
Guardai il mio viso struccato, non era una bella visione: stanco, sciupato; avevo dormito poco a causa degli ultimi avvenimenti e ciò era ben visibile dalle occhiaie che risaltavano sulla pelle pallida. Svogliatamente cominciai ad applicare il fondotinta con attenzione, coprendo tutti i punti critichi. Passai al trucco, tirai una linea di eye-liner sopra e sotto gli occhi, presi l’ombretto nero coprendo la palpebra e sfumando con il grigio nella parte esterna. Solito trucco bistrato, era tanto che non mi truccavo con cura, nella clinica mi limitavo a qualcosa di più leggero; passai della cipria sulle guance e mi potei ritenere soddisfatto del risultato. Le imperfezioni erano sparite, ero perfetto.
Raccolsi un paio di jeans dall’armadio,  stretti e strappati. Cintura con le borchie, t-shirt con una stampa gotica, giacchino in pelle. Polsino grigio, bracciali e collane. Tenuta da palcoscenico. Passai nuovamente la piastra sui capelli e fissai qualche punta con della lacca.
Una goccia di profumo ed ero pronto.
Lo specchio rifletteva un Bill Kaulitz sicuro, sfrontato, sorriso tranquillo sul volto.
Immagine illusoria.
Il mondo dello spettacolo m’aveva insegnato a recitare, a mentire, nascondere ciò che pensavo veramente e ciò che era scomodo per la mia immagine. Business spietato, o segui le regole e verrai tagliato fuori. Tuttavia non ero la marionetta di nessuno io, tanti provavano a farmi cambiare, cercando di rendermi “normale”. Senza risultati.
Nessuna metteva i piedi in testa a me, cantante dei Tokio Hotel.
Nessuno mi poteva fermare, niente è più forte di chi lotta per un sogno.
-Ehi, sei pronto? Dobbiamo scendere- esclamò Tom entrando in camera mia.
-Sì- sospirai dandomi un’ultima controllata. Bill Kaulitz era tornato.

Lass uns hier raus, wir wollen da rein
In unserem Traum die ersten sein!
 Halt´ uns nicht auf „

   
 
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