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Autore: ShadowsOfBrokenGirl    20/09/2014    1 recensioni
Non riuscivo a smettere di guardarli, mi trasmettevano calore, speranza. Erano il qualcosa che cercavo. Erano l’unica bussola che potesse guidarmi verso un porto di pace. Un’ancora in quella tremenda tempesta che stava avvenendo intorno a me. Dentro di me.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chocola Meilleure, Houx, Pierre Tempête de Neige, Vanilla Mieux
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’ancora nella tempesta
Chocola

Un cielo senza stelle

Camminavo agitata per la stanza, torturandomi le mani. La mia lunga camicia da notte bianca danzava ad ogni soffio di vento che penetrava dalla porta aperta, quella che dava sul balcone. Guardai in direzione del caminetto, nel quale il fuoco si era ridotto ad un mucchio di cenere e a qualche carbone ardente.

Scorsi un ritratto che era stato affisso alla parete da molto tempo, ma al quale per abitudine non facevo più caso. Io e Houx avevamo posato per quel dipinto qualche giorno dopo il nostro matrimonio e lo avevamo appeso in cima al camino. Singolare che proprio in quel momento lo avessi notato! Cosa può fare il senso di colpa :  è capace di ridare la vista ai ciechi!

La donna del quadro, seduta su una poltrona stile rococò, mi fissava. I suoi occhi verdi mi rimproveravano e col suo sorriso si faceva beffe di me. Mi faceva notare a cosa mi fossi ridotta! Mi faceva costatare come mi avesse trasformata quell’amore malato, che non riuscivo a scacciare dal mio cuore. Anche l’uomo in piedi dietro di lei mi incolpava. Il suo sguardo era deluso. Gridava : “Come puoi incontrare quello che ha cercato di uccidermi? Come puoi amarlo?”

Stringeva più forte la presa sulle spalle della sua sposa. Quella del ritratto. Quella fedele e adorante. Mi sedetti sul materasso e mi chiesi come fosse possibile che io fossi la stessa persona di quel dipinto. Come una furia corsi allo specchio e confrontai l’immagine che vedevo con quella che era stata disegnata dal ritrattista. Quale delle era la più realistica? Che domanda inutile! Sapevo chi sarei dovuta essere e chi invece ero! Il pugno serrato contro le mie labbra soffocò i miei singhiozzi. Lacrime amare bagnarono i miei occhi, ma non caddero. Respirai profondamente.

Una domestica entrò nella mia camera e si inchinò. Appoggiò sul comodino, accanto al letto, un’ anfora colma d’acqua ed un bicchiere, che le avevo richiesto.

-Vostra maestà ha bisogno d’altro?-mi chiese.

-No-

Cercai di ricompormi alla meglio, ma non fu affatto facile. I miei occhi, nonostante non fossero più bagnati dalle lacrime, esprimevano ancora enorme tristezza.

-Non si preoccupi : suo marito si rimetterà presto!-mi disse, cercando di confortarmi.

Annuii. Credeva che stessi così per Houx ed aveva ragione : avrei dovuto soffrire per mio marito, che era aveva rischiarato la morte. Io, invece, mi stavo facendo travolgere unicamente dai sensi di colpa e anziché stargli accanto, mi stavo rimproverando per il tempo trascorso a pensare a Pierre. Rimuginavo piuttosto che cercare di farmi perdonare. Pensai che stessi commettendo un grande errore, ma era tardi per i ripensamenti. E poi quello che stavo per fare avrebbe eliminato il re degli Orchi dalla mia vita per sempre.

Mentre la cameriera stava per uscire dalla porta, la richiamai.

-Ah, Letizia, do ordini che nessuno mi disturbi per le prossime ore. Devo riposare! Qualsiasi cosa accada, qualunque suono voi udiate, non dovete permettervi di entrare qui senza il mio permesso. E’ tutto chiaro?-

La mia voce dura la sorprese, tuttavia annuì e mi lasciò sola. Non volevo che nessun altro sapesse quello che stavo per compiere e soprattutto quello che avevo già eseguito in passato. Bastava il disprezzo che io provavo per me stessa, non volevo attirarmi anche quello altrui.

Le lancette dell’orologio affisso alla parete segnarono le nove. Udii dei passi delicati alle mie spalle e sussultai. Mi voltai lentamente e lo vidi lì, a pochi centimetri da me. Il suo largo mantello scuro si agitava dietro al suo corpo come un paio di ali nere. Sembrava un angelo della notte.

Si inchinò e sussurrò suademente : - Mi desiderava, vostra maestà?-

Riuscii solo a balbettare un sì. Feci un giro su me stessa e la mia gonna si gonfiò e ballò trasportata dal vento. Poi mi sedetti sul materasso. Pierre stava per seguirmi, ma con aria autoritaria gli indicai una poltrona. Quello era il suo posto.

Un po’ deluso vi si accomodò, appoggiando il mento sul pugno chiuso. Quella posa gli dava l’aspetto di un poeta maledetto.

-Non immagini perché ti abbia chiamato?-gli chiesi indignata.

Lui scosse il capo con uno sguardo innocente.

-Hai quasi ucciso Houx oggi!-esclamai indignata.

-Ah sì! Come sta?-rispose noncurante.

-Per fortuna una volta che la ferita, che gli hai impresso sul petto, si sarà rimarginata starà bene-

-Ne sarai sollevata! Sei una moglie così tenera e affezionata! Se lui fosse morto lo avresti seguito nella tomba, non è così? Hai trascorso tutto il pomeriggio a vegliare al suo capezzale, no? Magari sussurrandogli dolci parole d’amore! Già, perché lui è il tuo unico amore!- mi provocò.

La mia mascella tremò e risposi stizzita con un “certo” che suonò falso. Mi aveva punto nel vivo : da quando Houx era stato portato a Palazzo, non ero andata nemmeno a vedere come stesse. Sulla sua salute mi aveva informato Letizia.

-Ti ha detto chi lo ha salvato?-mi interrogò.

-No! E’ stato Saule?-gli chiesi confusa.

Annuì, sorridendo con un’espressione impenetrabile.

-Cosa volevi fargli?-

-Volevo strappargli il cuore. Il tuo cuore non appartiene a lui. Deve essere mio. E’ mio!- gridò, battendo il pugno sulla fodera decorata della poltrona.

Mi coprii la bocca con le mani inorridita. Non riuscii a pronunciare alcuna sillaba per diversi istanti. Alla fine  mi alzai in piedi indignata ed esclamai: -La gelosia ti ha reso folle!-

Scattò dalla sedia e mi bloccò con forza la mano che avevo puntato contro di lui.

-Non giudicarmi! Tu non sei diversa da me! La gelosia per Vanilla ti ha accecato e ha eliminato dal tuo cuore ogni goccia d’affetto che nutrivi per lei! L’invidia ti ha spinto ad abbandonare tutti i tuoi propositi di salvarla!-

-Non giudicarmi! Tu non sei diversa da me!- ripeté, guardandomi negli occhi. –Siamo entrambi dei mostri!-

-Io però non ho cercato di ucciderla!-ringhiai.

Lasciò la presa sul mio arto e allontanò i suoi occhi di fiera dai miei. Appoggiò una mano alla tempia e si fermò al centro della camera da letto, immobile come una statua. Mi inorgoglii poiché ero riuscita a prevalere su di lui e a metterlo a tacere.

Tuttavia ricordai improvvisamente le immagini che mi avevano turbato la notte precedente. Rividi Pierre e Vanilla baciarsi, avvinghiati l’uno all’altro.

“Per noi non può esserci felicità”

Risentii le parole che mi avevano fatto sobbalzare nell’oscurità della stanza.

Dovevo ammettere che un’esistenza infelice e senza amore era la cosa che mi spaventava di più e con le mie azioni mi stavo condannando a viverla. Questa prospettiva mi faceva tremare tanto da togliermi il fiato. Non potevo essere felice con Pierre per via di quello che mi aveva fatto. Non potevo essere felice con Houx per via di quello che gli avevo fatto.

Mi passai le mani sul volto e sussurrai sconsolata : “Hai ragione : per me non potrà mai esserci serenità e gioia”.

Lui si voltò sorpreso dalle mie parole e mi guardò stranito. Vide il mio volto stravolto e segnato dalle lacrime. Mi abbracciò. Cominciò ad accarezzarmi i capelli e ad ogni leggero tocco fece seguire una dolce parola di conforto.

-Non deve andare per forza così. Noi possiamo ancora cambiare le cose, possiamo rimediare. La mia proposta è ancora valida. Noi possiamo ancora scappare insieme. Lasciarci tutto alle spalle. Raggiungere la vera felicità.-

Le sue promesse erano allettanti, ma fasulle. Non volevo cascarci di nuovo.

-Non possiamo ripetere il passato. Abbiamo perso la nostra unica possibilità – risposi decisa.

Anche lui però era risoluto a riuscire nel suo proposito. Spostò un ciuffo di capelli dietro al mio orecchio e cominciò a canticchiare. Mi fece muovere dolcemente al suono delle sue parole tratte da una vecchia ballata.

“Saprò fermare il tempo, portarti nel mio mondo!”

Appoggiò le labbra sulla mia fronte e la baciò. Poi mi sfiorò il naso e le labbra con le sue. Scossi il capo e cercai di allontanarmi, ma lui mi strinse più forte.

“Se sia sbagliato o no, ti chiedo questo”dissi a voce bassa.

“Dimentica chi sei e dimmi sì!” sussurrò, prima di cominciare a baciarmi con foga. Non riuscii a difendermi : mi sentivo debole e stanca. Mi lasciai prendere in braccio e stendere sul mio letto con molta facilità. Gli concessi di accarezzarmi i fianchi e sbottonarmi la camicia da notte. Mi sentii subito, però, invadere dalla vergogna : non avevo mai permesso che giungesse fino a tanto. Immaginai inorridita i rimorsi che mi avrebbero colpito e agitato, quando lui se ne sarebbe andato soddisfatto. Non potevo permetterlo. Quando cominciò a baciarmi la pelle del collo, io mi ritrassi tremante. – Lasciami andare! -lo intimai.

-Dai, non allontanarmi, lo vuoi anche tu! Altrimenti perché mi avresti fatto venire qui a notte fonda?-

Riflettei sulla possibilità che avesse ragione : in effetti invitare un uomo in camera, quando il proprio marito è assente e dare ordine affinché nessuno venga a curiosare, può risultare sospetto. Mi rimproverai per essere stata così ingenua e decisi che era ora di riprendere in mano la situazione.

-Non ti ho convocato qui per questo- specificai.

-Ah e per cosa? Per vendicare tuo marito?-

Si avvicinò nuovamente a me con il suo odore dolce e travolgente, i suoi occhi ingannevoli, le sue labbra piene di desiderio. Approfittai della vicinanza del suo corpo per frugare nelle sue tasche ed estrarne un pugnale, senza che lui se ne accorgesse. Puntai la lama, ancora sporca di sangue, sulla sua gola. Alzò il suo sguardo su di me e i suoi occhi sembrarono pregarmi di non farlo.
-Non mi abbasso ai tuoi livelli, tranquillo. Ma esigo che tu mi togli le mani di dosso … -sussurrai, premendo il coltello contro la sua pelle.

Allentò la presa su di me e si staccò, senza però mai distogliere gli occhi dal mio viso.

 -Desidero inoltre che tu esca dalla mia vita, per sempre- aggiunsi decisa.

-Non puoi volerlo-disse sconvolto.

-E invece sì. E’ questa l’unica ragione per cui ti ho fatto venire. Volevo solo mettere questa cosa in chiaro.- Lasciai cadere l’arma  e lo osservai mentre scendeva abbattuto dal materasso e camminava in direzione del balcone. Mentre stava per uscire, esitò.

-Perché non te ne vai? Rivuoi indietro il coltello?-gli chiesi.

-Ti lascerei, se sapessi che è quello che vuoi, se fossi convinto di non commettere un altro errore. E non lo sono-

Lo guardai interrogativa, domandandomi come potessi persuaderlo che questa era la cosa migliore per entrambi.

-Prima ti sei disperata perché avevi paura di un’esistenza infelice e solitaria, ricordi? Ebbene è quello che ci accadrà, se me ne vado.-

-Pierre ti sbagli : quando io mi ero rassegnata alla tua assenza, ero serena. Se ci lasciamo per sempre lo saremo entrambi. Ci dimenticheremo di quello che c’è stato tra di noi e ci abitueremo. E dalla rassegnazione nascerà la felicità.-

Lui indugiò per qualche istante ed infine mi chiese di avvicinarmi a lui e di giurargli, guardandolo negli occhi, che era ciò che desideravo. Scesi dal letto, pronta ad accontentarlo, quando la testa cominciò a girarmi velocemente. Le ginocchia tremarono e cedettero facendomi accasciare a terra. La vista si offuscò sempre di più e i suoni giunsero ovattati al mio orecchio.

Fui risvegliata dal fastidioso suono di una campanella. Aprii gli occhi e vidi Pierre, visibilmente agitato, scuotere come un pazzo un campanellino, che serviva per chiamare i domestici.

-E’ inutile : ho dato ordine che nessuno entrasse in questa stanza, senza il mio permesso- gli spiegai.

Lui mi strinse la mano, felice che mi fossi ripresa. Prese un’enorme cuscino e me lo sistemò dietro la testa per farmi stare più comoda.

-Ti ringrazio, ma sto bene adesso. E’ stato solo un capogiro.-

-Svenire non è normale, esigo che tu ti faccia visitare da un medico.-

Ragionò un secondo e poi aggiunse: -Ma certo, dovrebbe essere ancora qui il dottore che ha guarito Houx. Lo andrò a chiamare.-

Gli fermai il braccio e lo ammonii : -Impossibile, non voglio che qualcuno sappia che tu sei stato qui. Ma se proprio insisti, andrò io a chiamare qualcuno.-

Lui mi squadrò preoccupato e scosse il capo, ma io gli assicurai che ero in grado di reggermi in piedi. Credo che non avrebbe mai accettato, se non fosse stato che era l’unica possibilità accettabile. Scesi dal letto, tenendomi a lui e camminai fino alla porta. Lo pregai di andarsene, ma lui non volle sentire ragioni. Disse che sarebbe rimasto fin quando non avrebbe sentito il medico rassicurarmi riguardo la mia salute. Sorrisi e lo lasciai da solo, intento a nascondersi dietro la spessa tenda di taffettà rosso.

Camminai per tutto il corridoio tenendomi al muro, poiché, nonostante ciò che avevo detto a Pierre, mi sentivo ancora debole. Quando finalmente mi imbattei nella mia cameriera, le chiesi di accompagnarmi in camera e di chiamare all’istante il medico. Stesa nuovamente nel letto, scrutai la tenda posta di fronte a me che copriva il balcone, adesso chiuso e riconobbi la sagoma di Pierre. Era strano ma le sue attenzioni e la sua sincera preoccupazione mi lusingavano.

Il medico impiegò pochi istanti ad arrivare e cominciò subito la visita. Ascoltò la mia respirazione attraverso uno stetoscopio, mi misurò la pressione e mi pose alcune domande. Alla fine appari un sorriso sul suo viso, mentre mi annunciava che ero incinta. Ebbi un colpo al cuore e cominciai a tremare, mentre il dottore e le mie domestiche si congratulavano con me. Accorrevano sempre più persone pront a inondarmi con il loro entusiasmo e la loro gioia, mentre io sarei voluta solo sparire. Non era il momento, assolutamente, non era il momento adatto. L’equilibrio nella mia vita matrimoniale era sparito e ci sarebbe voluto molto tempo per ricostruire la serenità, che regnava prima. Il regno era sconvolto dalla guerra e dalla morte, la vita di ognuno di noi era continuamente in pericolo e presto lo sarebbe stata anche quella di questo bimbo che stava per nascere.

Alzai lo sguardo e vidi l’ombra di Pierre, celata dal rosso della tenda. Cercavo stupidamente in lui un conforto. Vidi quella sagoma scura stringere i pugni, batterli contro le ginocchia.

Chiesi di restare sola e aspettai che tutti si fossero congedati per poter correre sul balcone. Lui era già sparito. Trovai a terra un fogliettino su cui vi era scritto “Hai ragione : non si può ripetere il passato”.
Se ne era andato e questa volta per sempre. Mi chiesi perché non fossi sollevata da questa cosa. Non ero stata io a desiderare che mi lasciasse?
Mi appoggiai al parapetto e mi rammaricai di non avere nessuno con cui poter parlare, con cui confidarmi. Avevo perso in pochi anni la mia migliore amica e il mio unico amore. E adesso non avevo più ancore, né punti di riferimento. Mi persi nell’ammirare il cielo nero e senza stelle, che faceva da tetto a me ed ai miei pensieri. Anche quella distesa scura, solitamente così affascinante, senza stelle era uno schermo vuoto, spento. E senza una guida, avevo paura che sarei andata presto alla deriva. In questa tempesta che ormai era la mia vita. 

Good morning a tutti, spero vi sia piciuto il mio capitolo! Avevo diverse cose da dirvi, ma al momento le ho dimenticate tutte. Al prossimo capitolo!! :) Ah sì le frasi della ballata di Pierre sono prese da due canzoni del "Fantasma dell'opera", Passa il ponte tra noi due e Nient'altro chiedo più  
  
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